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La Linea del Pane – Utopia di un’Autopsia

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Stranissimo, nel nostro panorama musicale, trovare una band con una profonda matrice cantautorale e un certo distacco dalla canzone di protesta. La Linea Del Pane non ha niente a che vedere con i Ministri, Il Teatro degli Orrori, Il Management del Dolore Post Operatorio. Niente. Né le sonorità, né i testi, né la costruzione delle linee melodiche o delle liriche. A ispirare la band sembrano piuttosto riferimenti del passato: De Gregori, De André (quello delle ballate d’amore più che quello delle canzoni politiche), ma anche il più recente Giorgio Canali, per quanto riguarda i testi, Marlene Kuntz, Negrita, e, stranissimo, persino i Dire Straits, per le sonorità.

Il disco, Utopia di un’Autopsia, si apre con il brano “Apologia della Fine”, in cui si sente anche qualcosa dei romani Eva Mon Amour, tanto nel modo di cantare, quanto nella versificazione. “Urlo di Ismaele” apre con sonorità acustiche che le danno un taglio più pop e leggero, subito controbilanciato dalla grandissima elaborazione del testo, pieno di figure retoriche e costruito su un lessico complesso. Dissonanze alla Marlene Kuntz caratterizzano “Tempo da Non Perdere”: il testo è artificioso, con l’andamento di una ballata, in cui spostamenti di accenti tonici rispetto a quelli ritmici dell’accompagnamento, tradiscono una probabile composizione letteraria antecedente all’arrangiamento strumentale. “Favola non Violenta (Indovinello 1)” è una ballad d’amore (almeno in apparenza, perché è facile, nel corso del brano, trovare spunti riflessivi per altre tematiche), tutta imperniata su un arpeggio un po’ Indie e un po’ pulp; in “Specchio” è impossibile non cogliere un riferimento letterario a Dorian Grey, musicato tra sonorità Alternative anni 90 forse un po’ sentite, ma impreziosite da una certa commistione con timbri Prog. Questi ragazzi sono colti, probabilmente anche un po’ hipster per il compiacimento con cui trasudano la loro conoscenza. Non c’è nulla di male. Anzi. Solo una volta giunti ad “Ambrosia”, se ne ha un po’ le scatole piene di tutto questo artificio retorico, nonostante il crescendo musicale sia veramente efficace e riesca a far ancora sentire il brano con un certo interesse. Certo è che da qui la mia concentrazione è calata. Non è questione di volere a tutti i costi leggerezza o immediatezza. Sarebbe davvero molto superficiale da parte mia e di qualsiasi eventuale ascoltatore. La questione è che sembra che a La Linea del Pane manchi la capacità di accalappiare l’attenzione per poi servire il loro messaggio nella bella confezione articolata, complessa e aulica che gli hanno riservato. Ed è un peccato. L’album prosegue, comunque, con “Occhi di Vetro” e “Gli Alberi d Sophie” in cui si nota quanto il cantato sia impeccabile, ma piuttosto monocorde: lo è stato per tutto il disco, ma qui inizia a pesare anche questo aspetto. Personalmente ho trovato bellissima la successiva “Favola Non Violenta (Indovinello 2)”, con un arrangiamento alla Band of Horses davvero curioso e coraggioso, dato il testo in italiano. Della penultima traccia, “Nekropolis”, voglio sottolineare l’impiego degli archi: difficilissimo nel Pop-Rock inserire nel tessuto strumentale violini e loro parenti senza cadere nella melensa banalità del già sentito, ma La Linea del Pane li sfrutta con grande maestria, tra colpi d’arco e dissonanze dai valori larghi. Ben fatto. Utopia di un’Autopsia chiude con “Solstizio d’Inverno”, malinconica, riflessiva, nostalgica, avvolta attorno alla voce narrante. Non poteva essere diverso, in fondo.

Nel complesso è un disco davvero ben costruito, che risente della staticità di un certo atteggiamento meditabondo e monocorde, aggravato dalla vocalità del frontman, pulitissima e tecnicamente perfetta, ma incapace di slanci melodici e agogici, che puntellino e colorino i brani. L’artificio retorico che sottende la stesura dei testi, poi, è davvero eccessivo in molti casi. La canzone finisce per essere quasi un esperimento linguistico o un arzigogolato scioglilingua tra allitterazioni e rime. Preso singolarmente ogni brano sarebbe una buona speranza per la musica nostrana, l’intero disco non mi fa dire lo stesso.

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Ancora un mese per iscriversi ad Arezzo Wave!

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Arezzo Wave Band è un concorso nato 26 anni fa per dare modo alle piccole realtà musicali di emergere. Da allora moltissimi sono le formazioni che, sulla scia del concorso, hanno saputo salire alla ribalta (Mau Mau, Quintorigo, Afterhours, Marlenke Kuntz, Scisma, Amari, ecc..). Iscriversi è semplice e gratuito: basta mandare i dati della band e due brani originali all’organizzazione. Trovate informazioni e regolamento sul sito di Arezzo Wave.

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Australasia – Vertebra

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Comporre brani interamente strumentali è un’arma a doppio taglio. Da un lato c’è una grandissima libertà a livello costruttivo, come se tutto il brano fosse fondamentalmente improvvisato, dall’altro manca una certa direzionalità del messaggio che si intende comunicare e si rischia di esser fraintesi o non ascoltati con la debita attenzione, solo perchè manca un esplicativo testo letterario. Gli Australasia, però, riescono bene nel loro intento: i brani sono costruiti con una grande libertà, cosa che in qualche modo disorienta l’ascoltatore, ma che sottolinea motivi, timbri e passaggi, che vengono immediatamente riconosciuti a ogni riproposizione.

“Aorta”, in apertura, ha sonorità Post Rock che ricordano molto le ballate dei Marlene Kuntz, mentre “Vostok” è caratterizzata da un intro molto elettronico, con un che di fantasy: non è un brano che mi ha particolarmente colpito, anche se è sicuramente cinematografico e carico di pathos, sottolineato soprattutto dall’inserimento armonico delle chitarre distorte  in un crescendo dinamico che gradatamente conduce alla fine del brano affidato a sonorità acustiche che proprio non ci si aspettava. “Zero” ha un andamento molto più marziale e una ricerca timbrica che ricorda particolarmente i Mogwai. Il disco prosegue con “Aura”, di nuovo artificiale nelle sonorità e ammorbidita dalla voce femminile che canta un paio di frasi che diventano subito più un pretesto fonico che un messaggio vero e proprio. Molto più Progressive sono le ispirazioni di “Antenne”, un tripudio Noise sperimentalissimo in cui ogni breve inciso melodico viene reiterato ossessivamente, sommandosi ad altri. Una voce registrata apre “Volume”, brano dal sapore epico e sicuramente degno del titolo che porta. La title track, “Vertebra”, è onirica. Il dialogo melodico sembra venire da lontano, sia in senso fisico sia in senso metaforico e il pezzo sembra essere un viaggio in una landa solitaria, impressione che pare essere confermata dal cinguettio degli uccellini registrato e aggiunto sul finale. Troviamo di nuovo la voce femminile in “Apnea”, che, pur con qualche pretesa Trip Hop, non mi ha convinto. Bello è invece “Deficit”, cortissimo per durata ma incendiario e frenetico per andamento e sonorità. Il disco chiude con “Cinema” che, oltre alla sua costruzione decisamente Alternative, ha anche un aggancio timbrico con l’iniziale “Aorta” e con “Vertebra”, in un ideale riassunto e chiusura del cerchio.

Sarebbe troppo facile sostenere che i brani degli Australasia andrebbero bene per la sonorizzazione di qualche film. Non li ho trovati così carichi di descrittività come si confarrebbe allo scopo. Vertebra è un disco da ascoltare e meditare. Non sempre e non per forza ci si guadagnerà in emozione ma sicuramente se ne avrà tratto del piacere.

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Marlene Kuntz – Nella Tua Luce

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Tornano i Marlene Kuntz. Torna Godano con i suoi sottili testi di estetica conflittualità. Torna Tesio con le sue curate distorsioni e ritmiche seducenti. Torna Ma-Ma-Marlene, quindi, con la sua figa per cercare di accecarci con la sua luce. Ormai veterani del Alt Rock del bel paese, passati, a mio malgrado, lo scorso anno al Festival della Canzone Italiana a San Remo che li vede eliminati nella seconda serata ma vincitori di un premio sfigato con la stralunata Patti Smith. Maturi dunque, d’un suono proprio, subito riconoscibile, e per me, riconducibile alla fucina che è stato il Consorzio Produttori Indipendenti (con, Il Vile e Ho Ucciso Paranoia) negli anni novanta. “Bei tempi” direbbe Godano, a sentirlo nelle ultime interviste rilasciate, dove denuncia la decadenza della musica (per quella che era l’accezione pre-digitale) nell’era del file sharing. Cosa che era già stata decantata nel precedente lavoro Ricoveri Virtuali e Sexy Solitudini (2010). Ma questa è un’altra storia.

Oggi sto ascoltando Nella Tua Luce, ultimo cantico della tormentata band cuneese che tra scena indipendente e musica italiana cerca di trovare un estasi alle proprie composizioni, cercando di raggiungere la vetta gettandosi le briciole per tornare indietro, agli albori. Suoni puliti, immersi nel candore della narrazione per cercare la luce che li riappacifichi con se stessi. “Nella Tua Luce è anche la traccia che apre l’album che senza troppi peli sulla lingua e giri di parole recita: “…ci sono cose brutte in giro e a volte non mi basto più.. tu sei la mia Beatrice ispirami l’anima”. Un’ode sulla strada della rinascita, una riaffermazione della propria identità. Un atto di fede alla propria musica. “Solstizio”, altra traccia e primo singolo estratto, è un altro esempio di come la maturità giunga alla consapevolezza di essere Marlene. E non c’è, Onta non c’è, Mistero che, Si intoni con quel che accade a me. E pure io non sono un’isola completa in sé Sono anch’io nel continente”. L’album è una narrazione continua, ogni canzone è legata in qualche modo all’altra, e, ovviamente è pieno di riferimenti letterari nel pieno stile MK. Potrei farvi un elenco di tutte le tracce ma lascio a voi l’ascolto, so per certo tanto che Godano & co piacciono o non piacciono affatto e quindi cari fan datevi da fare!!!

Il tempo passa per tutti, sono cresciuto con i primi Marlene ed è ovvio che li prediligo, questo non vuol dire che i “nuovi” più attenti al contesto e alle nuove esigenze non siano degni di nota. Hanno trovato la loro forma e le parole incastonate nella melodia rimangono sempre un’impronta indelebile del loro essere.

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Dimartino + Stazioni Lunari + The Electric Flashbacks

Written by Live Report

Note Sulle Ali di Farfalla @Teramo (Villa Comunale) 07/09/2013

La mente era lì che viaggiava verso il paradiso, pensando a Federica Moscardelli e Serena Scipione (due studentesse tragicamente decedute nel terremoto dell’Aquila nel 2009), per molti degli accorsi a questa manifestazione che, giunta alla sua quinta edizione, ha saputo fidelizzare il suo pubblico e creare anche un po’ di turismo culturale in una regione come l’Abruzzo. Per loro, e anche gli altri presenti, l’evento aveva quindi un sapore diverso rispetto al classico concerto Rock o al solito festival Indie.

Sembrava quasi, per citare parole alla Battiato “un rapimento mistico e sensuale” quello che sono riusciti a creare gli artisti che vi hanno partecipato. La sera del 7 settembre finalmente lo spettacolo “Stazioni Lunari” ideato da Francesco Magnelli (membro fondatore di BeauGeste, C.S.I. e PGR ed in passato collaboratore dei Litfiba) è approdato in terra abruzzese in occasione della quinta edizione di “Note Sulle Ali di Farfalla – Notte per Federica e Serena”, manifestazione di solidarietà che ha ospitato precedentemente artisti quali Afterhours, Marlene Kuntz, Bandabardò, Brunori Sas, Calibro 35, Offlaga Disco Pax, Bugo, I Cani e Pan Del Diavolo e che si svolge ogni anno a Teramo in ricordo delle due studentesse Federica Moscardelli e Serena Scipione, tragicamente decedute nel terremoto dell’Aquila.

scaletta dimartino

scaletta Dimartino

La cornice dell’evento è stata la Villa Comunale nel quale erano presenti anche stand alimentari, una mostra fotografica curata da Dante Marcos Spurio, un mercatino musicale, un’esposizione artistica di Massimo Zazzara, una di moda a cura di Joele, giovane stilista teramano, con i suoi figurini ideati appositamente per l’occasione e persino una di Alessandro Paolone con le sue creazioni astratte su cotone egiziano. La serata è stata aperta da Dimartino, gruppo musicale indie pop italiano originario di Palermo che prende il nome direttamente dal suo leader, il cantante e bassista Antonio Di Martino.

Qualcuno dei presenti probabilmente lo aveva già visto anche in occasione del Soundlabs Festival a Castelbasso (Te) essendo il target del pubblico lo stesso ma riascoltarlo dal vivo seppure per un breve set di dieci canzoni è stata un’emozione non da poco. La sua scaletta infatti includeva tutte le canzoni più conosciute del gruppo, da “Venga il Tuo Regno” a “Non Siamo gli Alberi” passando per “Poster di Famiglia” e “Maledetto Autunno”.

Dopo circa trentacinque minuti di spettacolo è stata poi la volta dell’attesissimo progetto Stazioni Lunari che in passato ha ospitato artisti del calibro di Bugo, Teresa De Sio, Piero Pelù (Litfiba) e  Daniele Sepe (per citarne solo alcuni) e che per l’occasione ha riunito oltre ai soliti Francesco Magnelli e Ginevra Di Marco, Cisco (ex Modena City Ramblers), Cristina Donà e Cristiano Godano (voce, chitarra e anima dei Marlene Kuntz). Il format è lo stesso di sempre, Ginevra di Marco a fare gli onori di casa, padrona in movimento da una stazione all’altra che determina successioni, movimenti e favorisce commistioni fra i diversi mondi musicali degli ospiti che sono disposte su tre pedane disposte su un palco con una scenografia tanto minimalista ed essenziale quanto attraente.

scaletta stazioni lunari

scaletta stazioni lunari

Lo spettacolo è aperto da “Del Mondo”, proveniente dal repertorio dei C.S.I. che recentemente hanno deciso di riunirsi senza il loro cantante Giovanni Lindo Ferretti per un breve tour che porterà Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli, Giorgio Canali e Massimo Zamboni in giro per l’Italia fino a dicembre accompagnati alla voce dalla carismatica Angela Baraldi.

Tornando invece alla serata del 7 dicembre c’è da dire che massiccia è stata la partecipazione del pubblico che si rivelerà sempre educato e composto (nessun tentativo di pogo, neanche durante i pezzi più animati). La scaletta in questo caso ha incluso invece pezzi provenienti dal repertorio dei singoli artisti (ad esempio “Lieve” e “Trasudamerica” dei Marlene Kuntz) e persino un sentito omaggio al genio musicale di Lucio Dalla (“Com’è Profondo il Mare”) e brani tradizionali della nostra penisola.

Gradita ed inaspettata sorpresa è stata la ricomparsa sul palco verso la fine del concerto di Antonio Di Martino che ha voluto lasciare così un suo ulteriore contributo alla serata che si è conclusa con l’esibizione al laghetto della Villa Comunale del nuovo progetto di  Tito, leader dei Tito & the Brainsuckers, The Electric Flashbacks e con un dj set a cura di VxVittoria C. & Marco Mattioli (COSEPOP). “Note su ali di farfalla – Notte per Federica e Serena” quest’anno ha supportato il centro antiviolenza “ La Fenice”, di cui è intervenuta anche una rappresentante che ha spiegato le attività che svolge durante una breve intervista.

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La Band Della Settimana: CocKoo

Written by Novità

I CocKoo nascono tra le alcooliche colline astigiane nel freddo inverno del 2005.
Dopo un primo periodo di riscaldamento compositivo e di sempre più intensa attività live, nel 2006 esportano per la prima volta la loro musica classificandosi primi alla finale nazionale di “Emergenza Acustica” e ottenendo un secondo posto alla finale europea a Monaco, in Germania. Contemporaneamente registrano la loro prima demo distribuita a soli fini promozionali. Nella primavera del 2007 il gruppo ottiene il primo posto al concorso “Il nostro canto libero” che gli vale la produzione di un nuovo promo di 5 pezzi: nel Novembre esce dunque EP#2_SenzaFarRumore, scaricabile gratuitamente dai siti ufficiali della band, che ottiene centinaia di downloads in pochissime settimane e ottime recensioni dalle più famose webzine e magazine italiane.

Dalla primavera 2008 riprendono quindi i live, intanto i CocKoo rientrano tra i quattro vincitori scelti tra gli oltre 300 partecipanti del concorso AREA24 promosso da Rosso Alice e si aggiudicano il primo premio decretato dalla giuria di qualità del “Concorso Internazionale per Artisti Emergenti” presso la MAD – FIERA DELLA MUSICA che, per l’edizione 2008, ospita Subsonica, Elio e le Storie Tese, James Taylor Quartet e Piero Pelù. Durante l’estate 2008 partecipano a svariati festival estivi tra cui il “Pistoia Blues” in apertura a Tommy Emmanuel, Andy Timmons e ai Deep Purple, al festival “AstiMusica” in apertura ai La Crus e al “Pop-Eye festival” in apertura ai Marlene Kuntz. Dal Settembre 2008 i cocKoo si ritirano al Vanilla Studio di Andrea Bergesio per la registrazione del debut album con la produzione artistica di Max Zanotti dei Deasonika, le uniche uscite valgono al gruppo il primo premio della 9° rassegna GREENAGE, il concorso organizzato dalla Maison Musique di Rivoli, con una giuria di qualità guidata da Fabio Barovero (Mau Mau), e l’apertura al progetto milanese Atleticodefina. Durante l’estate del 2009 il gruppo è tra i 3 finalisti selezionati dai new media per prima edizione del M.E.I. Web, partecipano a diversi festival, per presentare in anteprima il disco, condividendo il palco anche con Tricarico e Velvet.

Nell’Ottobre 2009 esce, con la produzione artistica di Max Zanotti (Deasonika, Rezophonic), La Teoria Degli Atomi (EMI Music Publishing / Volume!), anticipato dal singolo “Voodootech”, che scala la Indie Music Like. Con il “Tour Degli Atomi” collezionano oltre 50 date in circa un anno, arrivando ad aggiudicarsi la “Targa Giovani 2010” al M.E.I. 2011 e il “Premio Testi Opera Prima” al Festival Internazionale della Poesia di Genova sezione Musica, intanto, mentre il video di Voodootech viene selezionato tra i 100 finalisti del “Premio Italiano Videoclip Indipendente”, esce, nell’Ottobre 2011, “Seta Porpora”, il secondo singolo estratto dal disco, che si aggiudica dopo poche settimane il terzo posto come “Brand New 2010” promosso dal M.E.I. Web e il cui videoclip porta la firma di Stefano Poletti (già con Baustelle, Tre Allegri Ragazzi Morti, Nek, Pan del Diavolo, Sick Tamburo). Da Settembre 2011 iniziano a lavorare al loro secondo disco. Il resto è ancora da scrivere.

Ah…dimenticavo, si legge cocù.

Genere    Elettropop
Membri    Andrea Cerrato (voce, chitarra), Alberto Pozzo Tebani (tastiere, synth), Silvio Colombaro (batteria, percussioni), Luca Genta (basso)
Posizione attuale    Asti
Informazioni di contatto
Sito Web
Contatto stampa
info@cocKoo.it

CocKooBuongiorno / Presentazione ufficiale Nuovo Album
28 settembre alle 22.00 in UTC+03
Loft Club, Via Antico Ippodromo 3, 14100 Asti

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Gilberto Gil

Written by Live Report

25 luglio @Zoom Park – Cumiana (TO)

Certo che scegliere lo Zoom Park di Torino, una specie di zoo fighetto con piscina per i visitatori, aree ristoro con noodles orientali preparati con prodotti a Km zero, per far suonare un artista bahiano e nero, può sembrare più attinente a una qualche festa leghista che altro. In realtà lo Zoo ha organizzato, per l’estate 2013, una serie di eventi live, sfruttando il super kitsch anfiteatro mezzo savana africana e mezzo architettura Maya: sul palco si sono già alternati Marlene Kuntz e Vinicio Capossela e, oltre a Gilberto Gil, si attende lo spettacolo di Morgan per gli inizi di agosto. Insomma. Niente di razzista.

Il prezzo del biglietto (39€ più diritti di prevendita) non ha sconfortato il pubblico, numeroso, per lo più composto di over 40 e brasiliani trapiantati in Piemonte, chiassosi, colorati, sudaticci. Gilberto Gil esce tra gli applausi degli astanti e si ha subito l’impressione di essere a un meraviglioso evento. Il padre del Rock brasiliano, uno dei tropicalisti che sfidarono la dittatura a colpi di ritornelli orecchiabili e sfrontati, sperimentatore di tanti generi musicali diversi quanto di tante droghe diverse, apre il concerto con “Fé Na Festa”, “Dança da Moda” e “Assim Sim”, un vero inno al sé in cui tutto il pubblico manifesta la sua presenza e la sua partecipazione. Gil si accompagna a un paio di pregevolissimi e giovanissimi musicisti: il violista e il fisarmonicista non avranno neppure trent’anni, ma mostrano fin da subito un’affinità con lo spirito del bahiano e una passione sul palco, che scavalcano la loro pur grande competenza tecnica.

Impressiona vedere un mostro sacro della musica affidare la sua produzione con tanta scioltezza a due poco più che ragazzini. Impressiona e causa stima. Sono passaggi di testimone simbolici, che attestano quanto sia più importante preservare il patrimonio musicale che lasciarsi andare a divismi e personalismi. Il concerto prosegue in una vera e propria lezione sulla MPB, la música popular brasileira, dai samba tradizionali al choro, dalla bossa nova alla embolada. E così la scaletta continua con “Oi Eu Aqui de Novo” e “Sao Joao Carneirinho” ed “Expresso 2222”, il brano che segnò il ritorno in patria di Gil da eroe della libertà dopo la dittatura. Gilberto Gil non manca occasione, come sua abitudine, di rendere omaggio a Bob Marley intonando “Three Little Birds” e la versione portoghese di “No Woman No Cry”, “Nao Chore Mais”. Classe 1942, il bahiano è magrissimo, drittissimo, sorridente e in una forma fisica smagliante. Accenna passi di samba, si avvicina al pubblico, stringe mani, tocca le bandiere del Brasile che gli vengono porte. E canta con una voce che non ha mai nessun tentennamento, nessuna incertezza: “Vamos Fugir”, “Andar Com Fé”, “Lamento Sertanejo”, “Casamento da Raposa” e la meravigliosa “Asa Branca”, scritta dal duo Cavalcanti-Gonzaga e già riportata in voga alla fine degli anni ’60 da quel Caetano Veloso con cu Gil ha diviso i primi anni di attività, la prigione, l’esilio europeo.

Per me, che ho fatto la tesi di laurea sul Tropicalismo, è stato come vedere concretizzato quanto ho solo letto sui libri, quanto sono riuscita solo a sentire da cd. Gilberto Gil racchiude in sé il misticismo del culto yoruba, il rispetto delle tradizioni, la sincretica sovrapposizione di generi e stili propri del Brasile, su cui ha innestato, fra i primi, il Rock anglo-americano, in una continua ricerca durata quasi cinquant’anni e che ancora non accenna ad arrestarsi. Felice di poter dire: io c’ero.

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Marlene Kuntz: nuovo album

Written by Senza categoria

Che i Marlene Kuntz fossero al lavoro su un nuovo album lo si sapeva già, così come già si era sentito il nuovo singolo di lancio, Solstizio, uscito proprio in occasione del solstizio d’estate, il 21 giugno scorso, lanciato attraverso il social network Facebook. E di nuovo Facebook è stato scelto come mezzo per comunicare ai fans titolo e copertina del disco nuovo. Nella tua Luce ha una copertina semplice, ossimorica perchè molto buia, ma piena di speranza. Ecco il messaggio con cui la band ha lanciato la notizia: “Eccola qua. Piacetevela. Memorizzatela. E quando uscirà il disco compratelo  (Dice… “Quando uscirà?” Prossima settimana ve lo diciamo. Giusto il tempo di avere delle certezze sul giorno esatto)”.

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Il video della settimana: Mad Chickens – Gun in my Head

Written by Senza categoria

Chi sono le fantomatiche MAD CHICKENS?

Questa settimana potrete gustare sulla nostra home il loro video del brano “Gun in my Head” ma per chi volesse saperne di più ecco la loro Biografia.

Bella domanda, ce la siamo posta anche noi ma con scarsi risultati. Scherzi da nerd a parte, le Mad Chickens nascono nel 2004, con tanta voglia di suonare Punk, Noise e Grunge. I loro mentori sono gruppi che hanno tracciato le linee essenziali della storia del genere: Nirvana, Sonic Youth, Melvins, Marlene Kuntz e anche Verdena. Iniziano come cover band, ma ben presto si rendono conto che è ora di cacciare del proprio. Tocco femminile e voglia di misurarsi con le proprie capacità sono le parole chiave. I cambiamenti di line up sconvolgono il gruppo fra il 2005 e il 2006 (Noemi, sempre con noi, comunque) ma alla fine sembra esserci un momento di tregua e Leandro Partenza sembra gradire la loro follia e i pezzi che tirano fuori; dunque prende sotto contratto, nella sua Label Lady Music Records, le quattro ragazzacce. Nell’agosto 2007 presso l’Animal House Studio di Ferrara nasce il loro primo EP (masterizzato ad Aprile 2008 nella Red House Recordings di Ancona) di sei tracce, in memoria della bassista scomparsa, dal titolo Goodbye Butterfly. Viene distribuito dalla Jestrai Records e promosso da Lady Music Records. L’EP ha sonorità graffianti e arrabbiate, isteriche e rudi. L’estate del 2007 è però molto calda e non si ferma alla sola registrazione: partecipano infatti al MUSIC VILLAGE, l’evento che coinvolge ogni anno circa 500 musicisti emergenti. Le Mad non hanno vita facile e non amano annoiarsi. Ancora cambi di line up sconquassano gli equilibri della band: dopo varie peripezie arriva Nicola Santucci alla batteria. Si chiudono in sala prove per dar vita a Kill, Hermit!  Questa volta si tratta di un album di 12 tracce, caratterizzato da cura e passione. I pezzi variegati e di istinto sperimentale vengono registrati e missati da settembre 2011 presso lo Studio Wax di Roma, grazie al sapiente aiuto di due grandi fonici: Alessio Pindinelli e Fabio Galeone, che, con la loro passione e professionalità, hanno saputo aiutare e supportare la band da ogni punto di vista. Kill, Hermit! è la sintesi di un percorso irto di difficoltà e di gioie, di crescita musicale e personale. Molto diverso dall’EP, vede l’entrata in scena anche di altri strumenti (tastiera, clarinetto…).
Kill, Hermit! esce ufficialmente nel giugno 2012.
Maria Teresa lascia il gruppo e le Mad decidono di rimanere in tre.

Ecco quindi la formazione attuale:

Valeria Guagnozzi: Voce&Chitarra
Laura De Benedictis: Chitarra&Tastiere&Cori
Nicola Santucci: Batteria

Essere polli può sembrare da stupidi, ma è essere folli che fa la differenza.

 Nota: L’album è stato registrato e mixato in analogico presso lo studio Wax di Roma, e masterizzato in analogico presso l’Alphadept di Bologna da Andrea Suriani.

 

 

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Al via il Venice Festival

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Anche quest’anno Sherwood Festival raddoppia e diventa Venice Sherwood Festival, spostandosi al Parco San Giuliano di Mestre: sul palco Giuliano Palma, The Original Blues Brothers Band, Marlene Kuntz e tantissimi altri. In apertura, dal 19 al 23 luglio si svolgerà il Venice Sunsplash, un festival nel festival con grandi artisti della scena reggae internazionale, da Alborosie a Busy Signal. Il calendario è ancora in definizione, ma di seguito trovate già le prime esibizioni confermate:

19/07 | Alborosie & Shengen clan band  + Mellow Mood
20/07 | Sir Oliver Skardy & Fahrenheit 451 + Ska J
21/07 | Lion D & Jah Sun + Livity band + Anima Caribe
22/07 | Brusco + Skarra Mucci
23/07 | Busy Signal + Hi Voltage band + Sisyphos – alpine reggae system
24/07 | Bandanera + Ty Le Balnc & Stone Ty Temple
27/07 | Herman Medrano & The Groovy Monkeys
28/07 | Natalino Balasso in Stand Up Balasso
02/08 | Good Old Boys (Kaos One, Dj Craim & Colle Der Fomento)
03/08 | Marlene Kuntz in 3D3 Tour 2013
10/08 | Deproducers – il palnetario live/musiche per conferenze spaziali con Cosma, Casacci, Maroccolo, Sinigallia e il fisico Fabio Peri
15/08 | Giuliano Palma Orchestra – L’evento di Ferragosto
30/08 | The Original Blues Brothers Band (in collaborazione con Veneto Jazz) – data unica
Per tutti gli aggiornamenti (prezzi e orari), per tutte le info sui programmi extramusicali e gli eventi del second stage visitare il sito.

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Kash – Full Of

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Anche se in ritardo ho scoperto i Kash, gruppo nato nel lontano 1997 e formato dal cantante Stefano Abbà, dal chitarrista Paride Lanciani e dal bassista Luigi Racca, che nel 2012 esce con un nuovo lavoro Full Of, registrato agli Oxygen Studios sotto la regia attenta di Steve Albini (Scott Weiland, Iggy & The Stooges) . Il 2012 è un anno particolarmente fortunato per il gruppo che intraprende un tour promozionale negli USA e in Inghilterra, suonando al BBQ Festival e ATP Festival e in generale con artisti importanti quali: Il Teatro degli Orrori, Marlene Kuntz, A Toys Orchestra, Love in Elevator, Dandy Wharrol e molti altri.
L’album Full Of si presenta sotto la forma di otto brani che genericamente potremmo racchiudere nello scaffale dell’Indie ma che in particolare mi ha fatto pensare a quel Grunge graffiato e malinconico che riconduce ai Nirvana. Al primo ascolto non si capisce bene il significato di questa musica, ma mentre ci si addentra in questo corridoio sonoro si percepisce la necessità di sgombrare la mente e di farci entrare brani come “Monster of Fire”, “Eagle”, “Hero of Lovers” e “Private War”, i cui significati non colpiscono subito la parte razionale della testa ma che alla fine figurano e raccontano quegli elementi reali dell’esistenza di ognuno di noi e cioè l’amore, la paura, i demoni interni, le battaglie del mondo, i colori della mente e gli angeli che ci proteggono.

La registrazione dell’album, inutile dirlo, è uno degli elementi più belli, perché nella sua apparente semplicità si scorge quell’incastonatura sempre molto precisa della batteria con la chitarra, della voce con il basso e della musica con l’anima. Tutti elementi nascosti magari sotto la vocalità sospirata, che comunque sottolinea in maniera evidente la cifra stilistica e l’intenzione musicale che si vuole imprimere nel disco, che diventa Rock sofferto soprattutto nell’ultimo brano “Blood of” come a voler salutare chi sta ascoltando riempiendolo di un qualcosa di etereo e di impossibile da catturare. Che questa sensazione sia musica? Nessuno può dirlo prima di aver ascoltato in silenzio.

 

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Marlene Kuntz, autointervista in attesa del nuovo album.

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MK è ok!!! I Marlene Kuntz in attesa del loro nuovo lavoro si divertono a sperimentare i social network. Guardate i risultati sul loro canale YouTube.

 

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