I Nadàr Solo sono tre giovani musicisti di Torino, città caratterizzata da un underground musicale vivace e fervido, sostenuto da un discreto numero di locali e realtà pubbliche e private, oltre che da un pubblico di giovani curiosi, studenti, appassionati. Una bella scena. E il terzetto non è di certo di primo pelo. Han ormai anni di carriera alle spalle, costellate di esibizioni, recensioni e collaborazioni di un certo pregio nel panorama musicale nostrano, come quella con Pierpaolo Capovilla. Non stupisce quindi di far partire Fame e trovarsi davanti a un disco ben fatto, ben registrato e ben prodotto. Naturalmente a una band non basta una buona confezione e una buona reputazione. “La Vita Funziona da Sé” ha quell’alone di precariato e instabilità tanto caro all’Alternative nostrano. I tempi sono quelli, in fondo, e non ci si può certo inventare una realtà diversa. Il cantato di Matteo De Simone è in rima, espediente che usa spesso nel corso del disco per la costruzione delle liriche, come anche nella successiva “Non Volevo”, dal tenore ben più scanzonato e canzonatorio. Dall’Alternative Rock arriviamo al Cantautorato con “Cara Madre”, che cede il passo a “Jack lo Stupratore” con le sue sonorità Post Punk anni 2000, pulite pur nella distorsione, le chitarre di contrappunto, ben utilizzate e la voce che sottolinea il sarcasmo su cui è costruito il violentissimo testo. Il ritornello è ridotto a una sola frase reiterata densa di significato ma risulta quasi svuotato dalla sua funzione mnemonica, perché sempre diversa. I testi dei Nadàr Solo sono articolati: lessico altisonante alla Marlene Kuntz e costruzione della frase in stile Il Teatro degli Orrori.
“La Gente Muore”, ha un incalzante andamento in levare scandito dall’intrecciarsi melodico delle chitarre sulla sezione ritmica, mentre colpisce il riff iniziale di “Piano Piano Piano”. Spesso i testi del trio non sono immediatamente intellegibili: i Nadàr Solo sembrano voler dire troppe cose, che non possono comprimersi nello spazio di un verso. Il risultato è un cantato con una scansione sillabica rigida e velocissima, poco ariosa e che non si concede mai un virtuosismo. E stupisce, da astigiana quale io sono, sentire un torinese descrivere la “Ricca Provincia” con tanta amarezza e tanto realismo: una riflessione lucida sulle piccole realtà cittadine, stereotipate e ancorate ai propri stereotipi per definizione stessa, condizioni e modi di fare d’uso, cristallizzati nel tempo e immutabili. Musicalmente ben costruita è “Akai”: sempre in tensione, come in un climax continuo che non trova mai risoluzione, se non forse, per continuità, nella seguente “Splendida Idea”. Davvero pregevole è “Shhh”, un crogiolo di stilemi Indie padroneggiati alla perfezione, in un risultato che richiama quasi gli ultimi Arctic Monkeys – che non saranno al top della forma, ma sono pur sempre gli Arctic Monkeys.
Il disco chiude in sordina, con le sonorità acustiche e Pop di “Non Sei Libero”. Fame val bene un ascolto. Non è il disco della vita e non piazza i Nadàr Solo in nessun qualsivoglia Olimpo musicale. Ma rende indubbiamente giustizia a tre bravi strumentisti, capace di cogliere il mood quotidiano di una gioventù precaria e instabile, in una realtà a volte stantia, a volte distorta, a volte violenta. Se vi capita, concedetegli mezz’ora del vostro tempo.