L”Inferno” dei Matta-Clast è un frenetico e allucinato ritorno all’originaria carica psicologica del Rock, la discesa introspettiva e mid-velenosa di un sintomo plagiato dallo scavare dentro, dalla lacerazione ossessiva d’anima e sangue che non trovano pace, requiem e linfa alla luce del giorno, che adora la notte come energia vitale sul mortale; la formazione Perugina qui con il loro secondo album, distribuiscono ansie, disagio e paranoia in un viatico elettrico che porta undici stazioni soniche lungo una tracklist che brucia, segna e scarnifica l’ascolto formando un’orgia di riverberi e nervi tesi come estratto esaustivo della loro “malattia di vivere” l’esistenziale.
Tutto è impatto duro e straordinario con il mondo al di qua dei coni stereo, un mefistofelico e desertico “imbevuto” d’estetica noir – a tratti color bluastro/ecchimosi – che poetica espansioni violente e calme piatte come dentro un cinematico progressive che non conosce contenimenti o linee proibite di sorpasso; con l’intensa atmosfera Kuntziana “Un po’ di disperazione sospesa nel buio” che permea i tormenti generali del registrato, timbriche, eccitazioni elettriche e pads sintetici fanno la voce grossa non come incarnazione estrema del musicista cercatore di stranezze emaciate perdute, ma come una diabolica tac del’Io ed il tentativo convinto di evidenziare il male del quotidiano, nudo e crudo nella sua impietosa mossa venefica.
Undici piste che regalano brividi ed obscured vision, undici tratteggi che il trio umbro formato da Nicola Frattegiani voce/chitarra, Paolo Coscia sinth e Tommaso Boldrini batteria/ SH 101/vocoder ti fa arrivare direttamente sottopelle come un dolce supplizio mai concordato, come una pena da scontare con te stesso; percorrendo questo bel disco andiamo incontro al Luciferino sconquasso di “Inferno”, capovolti dagli spiazzanti effetti doom che cesellano “Replica”, stritolati nei marchingegni rock rutilanti “Campo K”, schiacciati dall’apparenza kraut che robotizza “Allarme all’alba incauta” per finire a cavalcioni estasiati dentro la notte amarognola di Corganiana memoria “Cattivi pensieri in una bellissima notte stellata”, attizzata da un pathos che mette luce e bellezza maxima e porta le quotazioni – già di per sé alte – di questo disco a livelli immaginifici.
Dal de profundis alle stelle, questa è la liberatoria ideale per questo bel ritorno sulle scene discografiche dei Matta-Clast, di questa band che non usa il “basso” tra i suoi arnesi sonori ma gestisce divinamente i suoni del buio per fare definitivamente luce in un underground che senza queste “ toniche sollecitazioni” rimarrebbe continuamente al palo.
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