Devo ammettere che non sono mai stato un grande estimatore della New Wave. Ma la frase de “La Storia Infinita” nel libretto del cd del duo romagnolo Fermoimmagine mi ha fornito sicuramente uno stimolo ad affrontare questo ascolto con un naturale sorriso. E devo ammettere che i muscoli facciali difficilmente si rilassano al passaggio delle undici tracce e il sorriso vince la noia apparente che aleggia in alcuni momenti e perfida spunta ad assopire gli entusiasmi di un progetto sincero, coraggioso e indubbiamente appassionato. Si perché chi osa oggi proporre questo tipo di sonorità “anni 80” (catalogare una musica come “anni 80” suona quasi dispregiativo, vero?) non può che essere un appassionato. E chi unisce queste sonorità a parole centellinate e intelligenti non puo’ che essere coraggioso.
Foto Ricordo porta a contatto universi lontanissimi, linee che fino a ieri credevo parallele, binari destinati a non incontrarsi mai. Due su tutti? De Andrè e Depeche Mode. Insieme per mano in un onirico viaggio a mezz’aria, pilotati da un gelido vento che ci punge la faccia. “C’è chi si batte per tornare a casa” è l’inizio freddissimo di “Quello Che Siamo” e il preludio di un vento che non ha alcuna intenzione di scaldarci le ossa, ma nonostante questo sotto sotto ci riesce, con spirito battagliero che brucia il sangue nelle vene. Nonostante i tetri paesaggi autunnali, la resa sembra non essere contemplata. Intanto le chitarre si mischiano ai synth e ad elaborate basi elettroniche, tutto suona a dir poco anacronistico ma non per questo fuori dal nostro tempo. Arrangiamenti acuti e scelte di suoni indubbiamente azzeccatissime, con quel filo di calore che non guasta le mie papille gustative, troppo sensibili al gelo dei sintetizzatori. Degna di nota la cantautorale “Fuori Dal Finestrino Dell’Auto”, dove il tema madre del disco entra prepotentemente: dannato tempo qui non ci dai nemmeno un istante per un timido ricordo.
“Le Nuvole” è l’episodio migliore del disco colorato dalla spensieratezza della seconda voce femminile di Naima, protagonista anche nella teatrale (Capovilla anche qui?) “Ozio”, frutto più fresco della produzione dei Fermoimmagine. Foto Ricordo perde solo un po’ di smalto verso la metà adagiandosi in scelte a mio avviso (da profano?) monotone. Ma la fine è col botto e “Due Fragilità” ci regala la migliore interpretazione melodica dell’album. Il sorriso che potrebbe parere fuori luogo in un contesto del genere, per fortuna ritorna dopo qualche cedimento. E il sorriso si rinvigorisce prepotente durante l’ascolto ogni volta che mi cade l’occhio sulla frase del maestro Michel Ende, che alla decima lettura mi sento in dovere di riportare pure qui. “Puoi continuare ad avere desideri fintanto che ti ricordi del tuo mondo. Quelli che vedi qui invece hanno fatto fuori tutti i loro ricordi. E chi non ha più un passato non ha neppure un avvenire”. Questo disco sarà freddo e triste ma come si fa a non intravedere nel gelido vento un’esplosione di speranza?