Modena City Ramblers Tag Archive

Modena City Ramblers – Niente di nuovo sul fronte occidentale

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Album doppio per gli zingari del combact-fol italiano, i Modena City Ramblers, il combo che dalla cima delle diciotto tracce del nuovo “Niente di nuovo sul fronte occidentale” tornano a fomentare risvegli di coscienza e a riscaldare animi intorpiditi, e nell’emisfero delle loro elucubrazioni scardinano – con le loro cavalcate d’ideali –  qualsiasi resistenza alla “resistenza”, quella bella declinazione di ballate, acustiche e morsi d’Irlanda che da sempre convince e fa incendiare le notti dell’anima.
Già dal titolo, come nume tutelare Erich Maria Remarque e come estetica un mondo aperto e sconfinato, un viaggio continuo e carrettero in ogni pizzo dell’istinto e la rabbia ritmata di tante, tantissime cose da combattere della società che non carburano affatto, una mano aperta a chi sta sotto e una poesia come medicina per moltitudini; questa è sempre stata la filosofia dei MCR, di quella ambientazione folk perennemente “on the road” al di qua e al di la delle partenze e degli arrivi, una storia – la loro – che ad ogni nuovo capitolo torna a srotolare magnificamente le corde emozionali dell’inquietudine libera. Oltre il combo al completo – senza mai dimenticare il grande Cisco ora zingaro solitario – alcune guest alle strumentazioni quali la tromba di Eusebio Martinelli, Anna Lometto alla ghironda, Daniele Contardo all’organetto, il fonico della band Talu Costamagna e l’ex Luciano Gaetani alla cornamusa elettrica, e una “rappresentazione uditiva” divisa in due pièce – se vogliamo allargarci freneticamente, la prima mostra i denti “Occupy Wall Street”, “Pasta nera”, “La luna di Ferrara”, “Beppe e Tore”,  la seconda coccolona, amaro dolce e con la poesia  pendoloni sui rami di una vita speranzosa per almeno un futuro da poter acchiappare “Due magliette rosse”, “Tarantella Taranto”, “Afro”, “Il giorno che il cielo  cadde  su Bologna” e l’agra ninnananna che “Briciole e spine”  insinua nel labirinti di una notte pensierosa stendendola a fine corsa di questo bel doppio.
Grandi maestri affabulatori, i MCR non hanno bisogno e necessità di inventarsi nuovo percorsi, si sanno elevare al di sopra delle convenzioni e tracciano da anni l’insofferenza della staticità a favore della libertà e la colorano tutto d’intorno con la bella musica, le belle ventate in faccia che spettinano e tonifico la voglia irreversibile di andarsene via, per sempre via. Oltre il tutto.

Immenso.

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Twiggy è Morta! – Credo Mi Citeranno Per Danni

Written by Recensioni

Prima di buttare totalmente testa e orecchie nelle nuove produzioni del nuovissimo anno duemilatredici, ho deciso di mettermi ancora a spulciare tra quanto è rimasto dell’anno vecchio, sperando di trovare qualche cosa che si faccia maledire per non essere spuntato fuori prima, fosse anche per colpa mia. Fidatevi, non è tempo perso. Solo ieri mi sono deciso, ad esempio, ad ascoltare seriamente l’omonimo esordio dei King Tears Bat Trip, band Avantgarde e Free Jazz di Seattle e cavolo, se l’avessi fatto prima… In realtà non sarebbe cambiato un cazzo. Forse avrei ascoltato solo un paio di dischi di merda in meno ma non è neanche detto e forse avrei inserito quell’album nella mia classifica di fine anno, cambiando radicalmente la vita di ogni essere umano. Avrete capito che, in realtà, l’unico motivo per cui si va alla ricerca di qualcosa di bello è semplicemente per udire qualcosa di bello (wow, che scoperta rivoluzionaria) e allora, come già detto, eccomi a rovistare tra le vecchie uscite sperando di essere colpito dal disco giusto.

Twiggy è Morta! Oddio chi era Twiggy? Quella modella inglese supermagra di qualche decennio fa, se non ricordo male. Deve essere proprio il suo, sulla copertina di Credo Mi Citeranno Per Danni, quel volto, tutto scarabocchiato, come vi capita di fare con la foto di Michele Cucuzza in prima pagina alla Settimana Enigmistica, quando seduti sul cesso, noia e stitichezza, avanzano tra le vostra budella.
Molto accattivante la cover. Ho scelto cosa ascoltare.
Sembrano fare le cose in grande questi romani, almeno all’apparenza. Hanno anche un manifesto:
“L’arte è citazione. L’artista copia, il genio ruba. Ridiamo l’arte agli artisti! Twiggy è Morta! Significa che l’arte è morta. La musica è morta, verso un decadimento apparentemente irreversibile. Twiggy è il simbolo, la musa, il feticcio utilizzato. Se prima nascevano i Modena City Ramblers, i Diaframma, i Verdena, gli Afterhours, Paolo Benvegnù o Moltheni, ora è il tempo de Lo Stato Sociale, I Cani, Dente: musica da quattro soldi fatta di slogan in un periodo in cui nessuno ha più niente da comunicare. È tempo di ridare all’arte la sua collocazione.”
Direi che chiamarlo “manifesto” è un po’ eccessivo, però spiega bene il senso di quello che vogliono o forse vorrebbero fare. E poi, cazzo, hanno le palle di dire quello che sembra impossibile da far dire a qualunque artista, soprattutto emergente, del mondo Indie italiano. Lasciando stare il mio giudizio, hanno il coraggio di proferire parole come… ora è il tempo de Lo Stato Sociale, I Cani, Dente: musica da quattro soldi fatta di slogan… Parole che mai, nel corso di un’intervista anche con veterani della scena, sono riuscito a cavare dai loro (dei musicisti) denti. Già solo per questo, Twiggy è Morta! mi fa simpatia. Mentre scorre il loro Ep, cerco di capire chi sia questa band. Come detto, si tratta di quattro ragazzi laziali, Paolo Amnesi (voce e chitarra), Andrea La Scala (chitarra), Valerio Cascone (basso) e Simone Macram (batteria) con già all’attivo un Ep autoprodotto e più di cinquanta esibizioni live e un bootleg, L’arte Marziale (lo trovate in download gratuito o anche su You Tube), tratto un loro live alla Festa De L’Unità. Come avrete capito, i Twiggies (pare che cosi si facciano chiamare) si sono dati un ruolo da supereroi nel mondo Indie, salvatori della musica contro il male rappresentato dalle canzonette nostrane. Assolutamente niente da dire. Anzi, magari ci fosse qualcuno a ridare linfa artistica alla nostra musica. L’unica cosa che mi viene da sostenere è: “Non è che state esagerando?”. Magari converrebbe prima scrivere, suonare, farsi sentire, costruire arte che non lo sia solo per chi la fa, ma anche per chi ascolta e poi, aspettare che qualcuno si renda conto, magari con qualche aiuto, che questa è Musica e non Lo Stato Sociale o I Cani. Non lo dico perché l’arroganza può essere antipatica ai più ma soprattutto perché si rischia di fare la figura dei coglioni.
Intanto che il primo album Le Parole Sono Un Muscolo Involontario, sempre per l’HitBit Records, sarà pronto, io continuo ad ascoltare questo Ep. Sentiamo che succede.
Succede che si parte con il Rock molto classico de “Il Parossismo Del Cuore”, brano che nella sua semplicità melodica e nelle sue esternazioni derivative è abbastanza apprezzabile anche se non proprio originale. Ma questa cosa dell’originalità, come avrete capito, non riguarda necessariamente l’arte o il genio, almeno a detta di tanti, tra cui i nostri Twiggies (vedi il manifesto). Se da un punto di vista musicale i possibili riferimenti sono tantissimi, sia italiani sia stranieri, in ambito vocale, si sfiora in maniera preoccupante non tanto la copia o il furto, ma la parodia involontaria di Giovanni Gulino (Marta Sui Tubi) e Pierpaolo Capovilla (Il Teatro Degli Orrori). Più distesa l’atmosfera di “Crepapelle”, che insegue, a differenza del brano precedente, linee soprattutto vocali più Pop, anche grazie ad armonie sonore languide e struggenti e un cantato a volte quasi solo sussurrato. Con “Legno”, la musica di Twiggy è Morta! sembra fare per un attimo un passo indietro, verso le sonorità del Rock alternativo anni ’90 stile Diaframma, fatto di riff puntuali e mai ridondanti. Il testo non si occupa più dell’amore ma guarda prima all’esterno, attraverso un pessimismo letterario che vi sfido a riconoscere e poi si fionda alla ricerca del genio presente dentro l’animo di ognuno di noi. L’ultimo brano, “A Bocca Aperta” è quello che più di tutti, specie nella sezione ritmica, richiama il sound delle nuove leve della No Wave, come Editors, Interpol, The National, ma anche dei Piano Magic ultimo periodo. Il testo invece sembra essere una specie di manifesto (anch’esso) di quello che significa Twiggy è Morta!, affrontando il tema della bulimia culturale e sociale in un metaforico parallelo con l’anoressia di una modella come Twiggy, appunto.

Nel complesso, quello che ho tra le orecchie è un buon Ep per una band in cerca del suo spazio che mostra ottime capacità esecutive ed anche una certa discreta voglia di essere diversi dalla massa, attraverso la riscoperta di una qualche forma di classicità Rock e soprattutto una scrittura lirica fortemente “arrogante” e concettualmente aggressiva. In realtà, preso come punto di riferimento quello che dovrebbe essere l’obiettivo della band palesato nel proprio manifesto, ci sono alcune cose che non vanno. Innanzitutto, in molti passaggi, non è chiaro quale sia il ruolo dell’ironia nelle loro esternazioni.  Inoltre, fermo restando e preso per buono il concetto che anche l’artista o il genio possono copiare o rubare, è anche vero che artista e genio, quando imitano, migliorano. Nel nostro caso, preso come punto di riferimento il Blues e il Rock Alternativo, la musica dei Twiggies, vi ruota attorno, schiantandosi di volta in volta contro Marlene Kuntz, Placebo, Afterhours, oltre ai già citati, senza mai riuscire, partendo dalla propria orbita, a seguire una strada diversa e comunque più efficace. In merito ai testi, certamente non possiamo negarne l’originalità e sicuramente, sotto questo punto di vista, la loro voglia di distinguersi dal gregge è ben rappresentata ma è anche vero che non ci sono molti spunti davvero poetici o affascinanti.
Credo Mi Citeranno Per Danni è quindi un Ep pieno di buona musica, stracolmo di buoni propositi ma anche una piccola delusione, visto l’obiettivo posto dai quattro laziali.
La speranza è che, con l’uscita del prossimo disco, alcuni limiti possano essere superati. Non vorrei minimamente che ridimensionassero la loro filosofia, anzi. Voglio solo che ce la mettano tutta per dimostrarci che la loro musica non è intrattenimento ma arte, voglio che ci facciano vedere che “se prima nascevano i Modena City Ramblers, i Diaframma, i Verdena, gli Afterhours, Paolo Benvegnù o Moltheni” ora non è solo il tempo de Lo Stato Sociale, I Cani, Dente ma anche di band ancora capaci di creare opere d’arte. Magari band dal nome Twiggy è Morta!.
Una cosa importante che dovrebbero comprendere i Twiggies è che la musica ha la forza di essere arte, a volte intrattenimento o anche tutte e due le cose. L’errore è di chi scambia l’una per l’altro più che di chi fa l’una o l’altro, sempre che non spacci i suoi cazzeggi per opere di valore assoluto. Non è colpa de Lo Stato Sociale, se il loro fare canzoni per divertire e divertirsi è stato scambiato da qualche idiota per il futuro della musica italiana. Prendersela con loro sarebbe come prendersela con chi fa i meme, incolpandoli di distruggere il valore artistico del fumetto. Se cercate dei nemici, cercateli tra chi si annoia a vedere Lars Von Trier e si fionda al cinema per Boldi a Natale, tra chi legge Fabio Vola e ne decanta le capacità filosofiche al bar, tra chi ascolta I Cani convinto della loro genialità e sparla del ritorno di “quel vecchiaccio” di David Bowie. Loro sono il Male. La gente è il Male. L’ignoranza è il Male.

http://www.youtube.com/watch?v=9qUIOo02COw

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Modena City Ramblers – Battaglione Alleato (Musiche e canzoni per una storia della resistenza)

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Fate quello che volete, ma ad ogni uscita dei MCR – a tutti quelli (me compreso) che hanno sentimento e memoria dentro – il sangue si rivolta tra malinconia, rabbia, voglia di urlare, correre, rivoluzionare qualsiasi cosa, amare, combattere e ritrovare tra sogni sbiaditi abbracci ed occhi lucidi una qualsiasi figura umana che è passata nella nostra vita e che ora si è persa negli sterminati angoli del passato; questo nuovo progetto si titola “Battaglione Alleato”, la storia, le storie di cento uomini che nella notte tra il 26 ed il 27 Marzo 1945 si allearono formando appunto il Battaglione Alleato per sconfiggere un comando nazista nel Reggiano, e per ripercorrerne le indimenticabili gesta, la band chiama a raccolta una “accolita” di band entusiaste di dividerne “le gesta” e poi inciderle in due cd che hanno come sottotitolo “musiche e canzoni per una storia della resistenza”, ventisei canzoni interpretate – oltre che dai MCR, da – tra i tanti – Daniele Contardo (FryDa), Jason McNiff,  Massimo Ice Ghiacci, Popinga, LoGici Zen, Luca Giovanardi (Julie’s Haircut) ecc ecc, ventisei canzoni che fanno bollire e ribollire.

Suoni Irish, idiomi stranieri, reggae, rap, ballate carrettiere, folklore operaio, colori rossi cupo, groppi in gola e denti stretti sono le vene scoperte di questa favola umana che racconta e si racconta con semplicità, che si spoglia e si fa umile come un fuoco di camino povero, ma ricco di voglia di vivere, se ce la facesse a rimanere vivo;  scrivere di questo bellissimo disco/opera è limitativo, solo l’ascolto rende al massimo l’idea di cosa si vuole trasmettere a tante teste consapevoli ed altrettante vuote e piene d’aria viziata, piene di niente, ma giusto per “cronacare” qualcosa immergetevi nel walzerone di “Avevamo vent’anni” (MCR), nuotate nel pop-dub di “Bastardi e pezzenti” (Nuju) e nel reggae che brilla in “This time” (Lion D), bellissima la ballata “Libertà e foresta” (Elizabeth), il folkly caracollante “27 Marzo” (Ned Ludd), “L’amore altrove” (Massimo Ice Ghiacci) o la fisarmonica ed il fiddle che danzano in”Nozze partigiane” (Fryda), ci sarebbe da scrivere per un’ora intera, è non è sempre facile tradurre in lettere quello che il cuore, dietro l’impulso della musica, detta o comanda.

Due dischi per un progetto che vanno in memoria come un bel bicchierone di vino rosso bevuto all’alba prima di intraprendere un viaggio tra le onde del ricordo, due dischi che vogliono togliere la cappa all’ottusità e agli svagati, due dischi che potrebbero essere additati come una mera paccottiglia nostalgica commerciale, ma chissenefrega, sono due dischi che sputano in faccia la realtà che è stata ed è esattamente quello che vogliono essere, e se questo deve essere un commercio ne voglio a chili.

Fascisti di merda, vi odio, viva la Resistenza ed i suoi angeli caduti.

 

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