Monotreme Records Tag Archive
Niagara – Hyperocean
“Musica dell’altro mondo”, come si suol dire, perifrasi entusiastica di cui spesso si abusa, a voler condensare in poche parole la sensazione tonificante di star ascoltando qualcosa di inedito. Giunti al terzo album in studio i Niagara ci mettono in condizione di poter usare l’espressione senza risultare poi così esagerati.
Non che nelle puntate precedenti Davide Tomat e Gabriele Ottino abbiano mancato di sorprenderci piacevolmente, ma c’è uno scarto sostanzioso tra le intuizioni del passato e l’ambizione con cui Hyperocean è nato, come luogo ancor prima che come disco, perchè questo terzo atto ha davvero la pretesa di essere musica dell’altro mondo, colonna sonora di un pianeta immaginario e immaginifico: brano dopo brano, le sue undici tracce modellano le fattezze di un universo che non contempla terre emerse, in cui apprendere l’arte dell’ascolto in apnea è condizione necessaria per la sopravvivenza.
L’attrazione dei Niagara per lo stato liquido, che pure era tangibile nei suoni immersi nel fluido elettrico di Don’t Take it Personally, si spinge fino a diventare principio ispiratore di una dimensione parallela governata da logiche compositive ancora da scoprire, in cui l’acqua è elemento imprescindibile, che lasciato a reagire con le strutture melodiche le disgrega e ne disperde il senso.
Il duo cementa il sodalizio con la londinese Monotreme Records e conferma la necessità di guardare oltre i confini della Penisola nel caso in cui ci si voglia sforzare a collocarli entro correnti e tendenze: le arguzie compositive di producer come Arca e Lapalux, le perturbazioni ovattate di Oneohtrix Point Never, l’ossessività degli Animal Collective. Nelle liriche sommerse dei Niagara trova spazio un nuovo modo di fare cantautorato, che rifugge i costrutti collaudati eppure mantiene la vocazione Pop, scegliendo la musicalità della lingua inglese che si confà al suo ruolo, perchè il cantato ha lo stesso peso degli altri layer sonori.
L’analogico è ridotto all’osso, percussioni e acqua, catturata da idrofoni in ogni condizione e stato, dagli abissi marini al ghiaccio in una bacinella. Il resto è lavoro in digitale di sovrapposizione strato per strato di anomalie e pulsioni emotive. Sui gorgheggi metallici dell’opener “Mizu” si incastra una voce femminile robotica, sopraffatta poi dal crescendo dei synth. Materia sonora di ogni tipo confluisce nei brani e ne esce snaturata: orchestre di archi acidi che suonano come vetri rotti in “Escher’s Surfers”, molecole di nebbia elettrica che sibilano in “Fogdrops”, abrasioni regolari a cadenzare linee vocali e riverberi Psych plastificati di “Blackpool”. Nell’accumulo di elementi sonori, sono piccoli escamotage quelli che innescano la detonazione, come ad esempio un lieve sfasamento, quello tra i sample che si rincorrono nella title track, o quello tra i singhiozzi sintetici e i loop vocali di “Solar Valley”.
L’impasto è artefatto ma suona vivo e pulsante, dall’inizio al finale incompiuto di “Alfa 11”, una nenia disturbante che degenera dilatandosi in sferzate apocalittiche per oltre dieci minuti, fino a placarsi in una calma che ha tutta l’aria di essere solo apparente.
Al termine del viaggio le linee guida del sound dell’altro mondo sono ben delineate, e il disco che ne porta il nome suona organico, più oscuro e inquieto del suo predecessore. Quelli esotici e tecnologici di Don’t Take it Personally sono stati luoghi affascinanti, ma pur sempre parte del nostro pianeta e confinati in quel limbo che è il presente, mentre Hyperocean ha le ispirazioni giuste e l’audacia sufficiente per inventarsi un possibile futuro post-elettronico.
Ed Tullett – Fiancé (Disco del Mese)
Nome non nuovissimo per gli appassionati di musica cantautorale avendo collaborato con Local Natives, Ajimal e remixato “Hinnom, TX” di Bon Iver, il ventiduenne britannico tira fuori un album di debutto che, sono pronto a scommetterci, rimarrà tra le cose più interessanti del nuovo anno appena iniziato. La vicinanza stilistica proprio con Bon Iver è evidente, soprattutto nei passaggi più inclini al Folk Songwriting (“Posturer”) ma Ed Tullett si addentra ben oltre, miscelando con più risolutezza quelle atmosfere richiamate dall’artista di Eau Claire all’Elettronica, non intesa come elemento principale dell’opera ma piuttosto come un sostegno, uno scheletro funzionale e di grande impatto estetico come fosse l’armatura di un ipotetico Beauborg sonoro. Lo stile canoro dell’artista di Oxford teso all’acutezza potrà non suonare troppo originale ma la sua timbrica comunque calda e avvolgente riuscirà a trascinare la voce oltre l’ostacolo dell’anacronismo, il tutto grazie anche ad arrangiamenti essenziali ma perfetti. Dentro le nove tracce che compongono Fiancé, troverete una serie innumerevole di punti di riferimento, che vanno dal passato britannico del Songwriting, al Folk a stelle e strisce, passando per le moderne contaminazioni elettroniche con il Neo Soul, l’R&B e l’Art Soul di James Blake (“Saint”, “Ivory”) ma anche paradossali e pericolosi incroci con il Kanye West più fuori contesto di My Beautiful Dark Twisted Fantasy (“Canyine”). Fiancé è un full length splendido e magniloquente, che riesce a creare atmosfere eteree ai limiti del Dream Pop (“Kadabre”, “Ply”), costruite su strutture complesse e articolate, in grado di trasportarci senza mai annoiare. Un’opera non facile da definire, che sa gonfiarsi tanto di un unico lirismo, quanto di una potenza grave e inquietante (“Are You Real”) e che riesce a evocare i moderni fantasmi viventi del Pop rileggendoli in chiave introspettiva e più eterogenea, senza scorciatoie per un immediato gradimento.
Già dall’introduttiva “Irredeemer” appare chiaro l’obiettivo ultimo del lavoro di Ed Tullett eppure non ci lasci trarre in inganno dall’eccessiva delicatezza delle note di chitarra e della voce perché il seguito sarà ben più multiforme e a tratti veemente e, a tal proposito, basta la sezione ritmica martellante di “Malignant” a rendere l’idea. Il seguito è racchiuso tutto nelle mie precedenti parole, anzi, nelle note di questo gioiello che spero possa trovare spazio non solo nel vostro cuore ma anche nel tempo di chi cerca dalla musica qualcosa di più di belle e orecchiabili melodie. Se James Blake cerca un discepolo, credo lo possa trovare in Ed Tullett.
Niagara, ascolta Don’t Take it Personally Remixes
Un anno fa – ad inizio settembre 2014 – usciva Don’t Take it Personally, il secondo album dei torinesi Niagara. Dopo aver conquistato sia la stampa italiana che quella internazionale, il duo torna con un remix album rilasciato dalla londinese Monotreme Records, che sembra aver puntato molto sul nostro Paese, vantando nel proprio roster anche gruppi come M+A e Stearica. In uscita il 18 Dicembre, il remix album, oltre a contenere brani firmati da musicisti di fama mondiale come Gonjasufi, Acid Pauli (Notwist), Liars e Christian Fennesz, riesce a riunire sotto lo stesso tetto molte delle nuove leve dell’elettronica made in Italy. Tra queste anche tanti vecchi amici come Diego Perrone, che oltre ad essere la seconda voce di Caparezza è anche stato uno dei fondatori dei Niagara; o Titta che segue i Niagara dal vivo sia come tour manager sia come VJ; o Silvio Franco, già nei N.A.M.B insieme a Tomat e Ottino. Una sorta di abbraccio collettivo, quindi, con cui celebrare la splendida annata appena conclusasi ed annunciare un 2016 ricco di sorprese. Tra pochi mesi uscirà infatti il terzo attesissimo album di quello che sembra essere già diventato uno dei fiori all’occhiello dell’elettronica made in Italy.
Halite: il nuovo video degli Stearica
“Halite” è l’ultimo video degli Stearica estratto dal loro album, Fertile, uscito per Monotreme Records nel mese di aprile. Il video è stato girato presso il Monolith Studio di Brescia, ed è stato rifinito da Gabriele Ottino al Superbudda Studio di Torino. Come per il precedente video di “Geber”, si tratta di un live-video che mette in evidenza la potenza delle esibizioni live del trio. Buon ascolto.
Esce oggi Fertile, il nuovo disco dei Stearica
Il disco esce oggi 13 aprile con distribuzione mondiale attraverso i canali di Monotreme Records (65daysofstatic, This Will Destroy You, sleepmakeswaves): dunque in piena primavera, stagione di rinnovamento e fertilità in gran parte del mondo, inclusa la storica regione in cui sorge il sole, nota come ”Mezzaluna Fertile“. Ispirato dagli impulsi rivoluzionari della Primavera Araba, Fertile si avvale della “vivificante” collaborazione di alcuni pesi massimi della scena internazionale quali Scott McCloud dei Girls Against Boys (voce in ”AMREEKA“), Ryan Patterson dei Coliseum (voce in ”NUR“) e l‘acclamato sassofonista Colin Stetson, noto per aver lavorato con Tom Waits, Arcade Fire, David Birne, Lou Reed, The National, Tv On The Radio e Bon Iver. Prodotto da Francesco Carlucci (polistrumentista della band), Fertile rappresenta su disco la natura materica e primordiale del suono che gli Stearica esprimono dal vivo. A tratti brutale e caotica, spesso misteriosa, a volte quieta: è musica figlia del nostro tempo, istintivamente rivoluzionaria.