#music Tag Archive

Explosions In The Sky @ Circolo Magnolia, Segrate (MI) 31/05/2016 [PHOTO REPORT]

Written by Live Report

Il circolo Magnolia di Segrate (MI) ha ospitato martedì 31 Maggio sul suo palco esterno i texani Explosions in the Sky.
I ragazzi di Austin hanno pubblicato il 1° Aprile scorso la loro ultima fatica The Wilderness, disco che personalmente, per quanto ben suonato e per quanto al suo interno si trovino pregevoli trame, trovo un po’ piatto ma che eseguito dal vivo riesce a trovare maggiore visceralità (inevitabilmente considerando che on stage i ragazzi, come noto, non si risparmiano).

P1060402 (640x337)P1060453 (640x361)

P1060403 (640x361)

I picchi emotivi più elevati sono comunque giunti coi brani più datati del repertorio del quintetto tra i quali “Greet Death”, “The Birth and Death of the Day”, “Your Hand in Mine” ed il travolgente finale di “The Only Moment We Were Alone”.
Insomma, anche questa volta le esplosioni, nel cielo e nel cuore, non sono mancate.

P1060413 (640x434) P1060438 (640x306) P1060448 (640x476) P1060449 (640x385) P1060452 (640x361) P1060469 (640x393) P1060470 (640x453) P1060471 (640x310) P1060477 (640x361)

Read More

Clowns From Other Space – Zeng

Written by Recensioni

Disco d’esordio dell’ensemble abruzzese, Zeng è un frullatone di Rock distorto e melodia, immerso fino alle ginocchia negli anni ’90 soprattutto inglesi, dove batterie lineari ma con personalità si accompagnano a un intreccio di chitarre sempre ragionato, mai sciatto. I pezzi sono gonfi di suoni: c’è in Zeng un’attenzione lodevole all’insieme compatto e pieno degli strumenti, ma questo non va a inficiare la resa melodica del disco, che è un disco di canzoni. I brani riescono a distinguersi, a rendersi riconoscibili pur in un contesto uniforme e coeso.

La voce di Cesare Di Flaviano, strascicata, sghemba, che sembra quasi stonare senza mai risultare fuori luogo, è un accompagnamento melodico perfetto. Lo scazzo generale è molto british, ma non disturba particolarmente, anzi: rende i brani piacevolmente equilibrati, li fa giocosi, sospesi come sono in quella terra di nessuno che non è Rock duro, non è Grunge, non è Brit-Pop, ma è un po’ tutto questo insieme.

Alcune scelte di composizione sono forse troppo facili: arrivano subito, questo è vero; rimangono nelle orecchie, ma sorge il dubbio che sia così perché già sentite altrove, già sperimentate tante (troppe?) volte. Piccolo neo anche per quanto riguarda i testi: un inglese non eccelso, che non convince al 100%. Interessante l’idea di dare al disco un’architettura strutturata, con la prima parte più diretta e la seconda più misterica, criptica; una distinzione che però non si percepisce molto nei fatti e che magari poteva essere maggiormente sottolineata.
I Clowns From Other Space hanno costruito un disco godibile nella sua interezza, che non fa magari innamorare perdutamente ma regala quei quaranta minuti (per nove tracce) di piede battente e testa oscillante. Forse osare di più aiuterebbe, ma la direzione presa è buona e il passo non è casuale, e si sente.


Read More

Il Video della Settimana || Blastema – “Asteroide”

Written by Novità

Coucou, Sèlavy! – Nequaquam Voodoo Wake

Written by Recensioni

“Senza profilo da offrire alle galassie, ululavo alle costellazioni che indossavo a buon mercato…”

Artista romano che risponde allo pseudonimo di Coucou, Selavy!, l’autore di questo Nequaquam Voodoo Wake (terza opera, prodotta in trenta copie) è anche uno dei ricercatori vocali più importanti di tutta la penisola, uno dei pochi artisti ancora in grado di abbattere le esigenze del mercato; non semplicemente ignorarle ma farle letteralmente a pezzi e proporre qualcosa che si fa beffe di tutto il mainstream e lo pseudo alternative in circolazione, mostrandoci completamente a nudo la vera anima dell’arte, fatta di sperimentazione, libertà, necessità espressiva e compositiva. La sua opera è un’incredibile miscela di Post Punk (“Orfeo, Banfi, Lino-Lillà”), Neo Folk (“All This World”), Folk Apocalittico, Gothic (“Precipices”), Dark Cabaret (“Nequaquam”) il tutto impreziosito da una sensibilità, un’ironia ed uno stile unico, tanto da rendere praticamente impossibile e inutile il rimando ad alcun artista e musicista specifico e con al centro una vocalità straordinaria, poliedrica, capace di alternare scream, growl, canto classico e poi lingua italiana, inglese, francese e tanto altro. Prendete tutto questo e piazzatelo davanti ad un palcoscenico dall’incredibile gusto classico e barocco al tempo stesso ed eccovi una delle migliori opere uscite in Italia quest’anno, una delle cose potenzialmente più interessanti di tutto il globo che pecca solo nella qualità della registrazione e nell’idea di immediatezza che lascia scivolare con l’ascolto e che suona quasi come incompiutezza, non sappiamo quanto voluta viste le scarsissime informazioni a riguardo.

Come detto, è la voce di Coucou, Selavy! a mettersi al centro del palco ed è su questa che la nostra attenzione finisce per perdersi, alla ricerca di esperienze passate e future, di reminiscenze ottocentesche, di incursioni teatrali (“Incipit”), di spasmi avanguardistici, di sferzate ironiche e decadenti, demoniache e insane eppure godendo di capacità tecniche fuori dal comune e comunque lontane da quello cui siamo abituati (“L’Entropico Squallore”, “To the Center (of the Earth, of the Heart)”).

A chiudere la tracklist, l’incredibile ghost track, assurda reinterpretazione della nota “24000 Baci”, in una rilettura che confonde ogni nostra certezza e ci ricorda anche il passato dell’artista, già autore di tante cover di pezzi in assoluta contrapposizione agli originali. Non sappiamo cosa sarebbe potuto essere questo Nequaquam Voodoo Wake, non sappiamo perché un nome come quello del romano sia stato per tanto tempo nascosto ai più, non sappiamo se potremo godere anche in futuro delle sue qualità inumane e se un briciolo di notorietà in più saremo in grado di regalargli; quello che possiamo fare ora è mettere da parte ciò che non è o magari non sarà, dimenticare ogni illusione prospettica e godere dell’attimo presente in cui la sua musica ci scorre nelle vene.

Read More

La violenza primitiva dei Ban-Off al Garbage Live Club

Written by Eventi

Giovanissima band teramana i Ban-Off nascono sul finire del 2013 miscelando sonorità Proto Punk con la violenza dell’Hardcore e le melodie del Post Punk e della New Wave . Dopo aver condiviso il palco con gruppi quali The Hussy, The Ar-Kaics, Wild Weekend, The Provincials, Plutonium Baby, Thee Rathskellers, Human Race, Wide Hips 69, A Minor Place, Two Guys One Cup, Zarr ed altri, saranno i protagonisti assoluti dell’ultima serata al coperto della stagione al Garbage Live Club (SABATO 4 GIUGNO ORE 22:30) di Pratola Peligna che, invece, aprirà la stagione degli eventi a “cielo aperto” sabato 11 giugno con i Coconuts Killer Band.

Evento Facebook
Pagina Facebook Band
Pagina Facebook Locale

Read More

5 artisti emergenti da tenere d’occhio

Written by Novità

Ci sentiamo tra qualche anno e scommettiamo che queste cinque band ne avranno fatta di strada?

Continue Reading

Read More

Cronauta – The Bullring

Written by Recensioni

Ci vuole una buona preparazione fisica e psicologica per far fronte all’onda anomala che da Finale Emilia travolgerà le vostre case, spazzerà via tutto, lasciando solo detriti. The Bullring è il primo disco edito dall’etichetta danese 5Feet Under Records per gli Hardcore heroes Cronauta ed è tranquillamente riassumibile come il suono della frantumazione. Nevrotici come i These Arms Are Snakes, inclassificabili come i Melvins, in Italia solo i Die Abete reggono il confronto per il livello eccessivo di pazzia espressa. “We Knew Well a Lip-Service Payment Would Have Followed the Statement” ed il singolo “Harangue” danno il via alle danze e subito la voce di Nicolò si scatena, senza dare respiro nemmeno per un secondo a uno sprazzo di melodia. C’è solo qualche spiraglio Experimental Jazz a intervallare l’incedere furioso, ma è davvero poca cosa. Così le parole incomprensibili ruggite fuori dall’ugola del cantante finiscono per fare da sfondo a un tappeto Mathcore tessuto dai tempi dispari della sezione ritmica. È però un qualcosa che metti in conto se ti avventuri in un ascolto simile. “Gentlemen’s Agreement” è un brano beffardo: in quattro minuti di canzone, uno di questi è dedicato a un intro rilassante che non lascia presagire a come sarà il seguito. Dobbiamo essere furbi noi ad essere impreparati, ma non troppo. “Mancuerda” ci regala la prima sorpresa con un giro di chitarra Noise inaspettato che molto deve a Duane Denison dei Jesus Lizard. Un assalto all’arma bianca che soddisfa un bisogno primordiale di smorzare i ritmi altamente schizzati dell’album. “Arizona Law in Northern Italy” mi ha ricordato tantissimo il sound degli Snapcase, soprattutto dal punto di vista vocale, anche se con i Cronauta nulla è circoscritto ed è lecito uscire dal recinto della prevedibilità. La chitarra di Niccolò cambia continuamente forma, passando dal caos a un riff quadrato e ragionato, trovando un riscontro perfetto nel resto dei compagni d’armi, impeccabili e facenti sfoggio di una padronanza strumentale eccelsa. The Bullring è un disco potente e prepotente, non adatto ai deboli di cuore e a chi vive la musica come una fonte di relax. Tutti gli altri non abbiano paura di dare una chance a questi camionisti, anche perché “87% of the Homicides Are Committed by Truck Drivers”.

Read More

10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #27.05.2016

Written by Playlist

Fall Of Minerva – Portraits

Written by Recensioni

Portraits segna l’abbandono dell’autoproduzione per i vicentini Fall Of Minerva e il conseguente approdo alla Basick Records. Dopo tre EP registrati tra il 2010 e il 2013, può questo lavoro segnare la loro naturale evoluzione?

L’inizio è confortante: “Beyond The Pines” ha un incipit claustrofobico che fa da contraltare all’aggressività del resto del pezzo, dove una batteria articolata vibra dei colpi di rullante che paiono pietre volte a tumulare una lapide. Formula identica per “Novocaine” anche se in questo caso specifico è la voce di Sido a mettere le cose in chiaro, urlandoci di indossare i caschi protettivi perché le sue parole sono una pioggia incessante di granate. “Träume” è l’unico brano con il testo in italiano e per l’occasione a Sido si affianca Luca Rocco, cantante degli Storm{O}. Ne viene fuori un marasma urticante che è un ibrido malcelato di fragore ed estemporanea melodia. La medesima potabilità che fa di “Green Ghost” l’unico episodio serafico, se escludiamo la strumentale “Sguardi Nel Buio”. Di tutt’altro aspetto “Demagogy”, una traccia che possiede tutta la violenza di cui sono capaci i The Dillinger Escape Plan, amplificandola in modo crescente all’interno dei nostri padiglioni auricolari. Ci sembrerà di avere il cervello in fiamme.

Questa volta i Fall Of Minerva hanno fatto il botto, sfruttando al meglio i mezzi a disposizione per confezionare un disco che non delude e che agisce come un Navy Seal: mantenendo un basso profilo e senza lasciare scampo.

Read More

Oddu – Genealogia delle Montagne

Written by Recensioni

Li si conosceva già, e non solo nell’underground piemontese, quando erano i Baroque. Sonorità Pop anni ’80, tastiere tastiere tastiere, smalto scuro sulle dita e declamato teatrale. Molto del progetto Baroque è rimasto negli Oddu, per quanto la formazione sia cambiata e siano cambiate anche le influenze, le matrici, l’età anagrafica (che comunque non è un dato trascurabile) e l’intenzione.

“Quattro Inverni” ha un’intro fresca, che dall’Indie americano scende nel cantautorato nostrano alla Tozzi, mentre “Nella Prossima Vita” strizza l’occhio al Folk Pop dei Mumford and Sons. E in due sole tracce gli Oddu sono riusciti a farci capire la babilonia di ispirazioni che sottostanno alla fase compositiva. “Atlanti Perduti” è figlia dell’esigenza di raccontare e raccontarsi, con quelle liriche impegnate e il cantato che piega il virtuosismo alla narrazione semplice e lineare; “Mostro Cammina” sa di pioggia e Francia, per dirla con Paolo Conte. Personalmente, poi, mi ha ricordato tantissimo La Rue Ketanou (se non li conoscete sarebbe più che opportuno rimediare). Con “I Buchi sul Sedere” sbucano le ceneri dei Baroque, gli anni ’80, una certa nostalgia Glam. “Un Cuore Buono” apre in maniera molto intima e introversa, con la delicatezza del piano che tratteggia un’atmosfera un po’ cupa, che si trasforma, di nuovo, in Popular, in Folk.
E gli Oddu sembrano, fin qui, averci fatto vedere tutto quello che sanno, pure forse in maniera un po’ troppo articolata e complessa. Eppure non abbiamo ancora sentito tutto: “Battisti” è una sorta di scherzo elettronico citazionistico, da Battiato (più che da Battisti) a “Jump” di Van Halen, dai Bluvertigo dei tempi d’oro a contrappunti Jazz.
L’unico leitmotiv che sembra davvero omogeineizzare la produzione degli Oddu è la nostalgia per un passato musicale glorioso, come sembra confermare anche “Non Fate Mai la Carità”: a tutti gli effetti un semplice brano cantautorale, dove però (e forse, per i tempi che corrono, stranamente), non si guarda a Capossela o Mannarino, ma più indietro, a Rino Gaetano e De Gregori, senza neppure pensare di scomodare l’inflazionato De Andrè. E’ una scrittura complessa quella degli Oddu, elitaria, macchiata dalla saudade aristocratica per i bei tempi che furono, più che animata dall’entusiasmo borghese.
“Savona 12 dicembre 2011” completa il quadro dell’eclettismo della band. Troviamo tutto: la formazione accademica, lo studio del pianoforte, il litigio con le maglie larghe del Pop-Rock. La chiusura di “Genealogia delle Montagne” è aulica e imponente sul piano fonico, un tributo al Progressive Rock, per tornare al principio.

Non è un disco semplice. Affatto. Manca qualcosa che guidi l’ascoltatore in un percorso, manca un’unità di intenti e narrazione, ma, lasciatemelo dire, è forse uno dei più interessanti lavori indipendenti che mi sia capitato di ascoltare. Un grande potenziale che spero gli Oddu sappiano incanalare nella giusta direzione comunicativa e sviluppare.

Read More

JuJu – JuJu

Written by Recensioni

Guignol, il videoclip di “Salvatore Tuttofare”

Written by Novità

“Salvatore Tuttofare” è il nuovo videoclip dei Guignol tratto dal disco Abile Labile uscito lo scorso febbraio.

Continue Reading

Read More