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Kozminski – Il Primo Giorno sulla Terra

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Kozminski. Un nome difficile come un sospetto […] La loro musica in definitiva non è altro che il tentativo di restituire la poesia che si respira negli appartamenti affacciati sulle circonvallazioni, gli abissi che si scorgono negli spartitraffico affollati di rifiuti, ma anche la mirabolante vertigine del mondo che si compone appena dietro i nostri occhi. Loro amano descriversi così. Sono in cinque, sono di Milano e non sono di certo gli ultimi arrivati sulla piazza. Il progetto nasce nel 2007 con la pubblicazione di Bausan EP, che asfalta la strada al loro disco d’esordio. Dopo un’attesa di due anni, viene alla luce Kozminski, primo grande lavoro studio dell’omonima band. Il Primo Giorno sulla Terra si fa ben attendere e soltanto quattro anni dopo si affaccia sul mercato discografico.

La struttura è suddivisa in dieci capitoli, in cui si suol raccontare la malinconica realtà del mondo che ci circonda, attraverso un Pop all’italiana, di certo non scontato. L’espressione è criptica e si racconta tale realtà attraverso continue metafore ed una sottile poesia. Un disco introspettivo, ma che tenta di trovare una finestra che dia direttamente sulla città. Il vetro eternamente chiuso distorce l’immagine e mette a fuoco le piccole cose quotidiane cui non si fa più caso. Richiami asimmetrici traccia dopo traccia, da un Battiato a piccole dosi in “Granularia” ad uno sfrontato Nek in “La Metà”. Nulla di sbagliato in tutto ciò, ma neppur qualcosa di sofisticato in grado di stupire e coinvolgere. Nonostante la forte determinazione iniziale, l’intero disco si ritrova a sfumare traccia dopo traccia, lasciando un po’ d’amaro in bocca. La curiosità si riaccende alla traccia numero 7, “Elliot”, in cui lo strumentale si fa leggero e trova adeguata melodia, fermo restando lo scarso entusiasmo suscitato dall’episodio. Qui la malinconia si fa più estroversa e lascia ben apprezzarsi, quanto meno dagli amanti del genere. Tuttavia, per ascoltare qualcosa di seriamente interessante, occore dedicarsi alla title track. Qui senza dubbio emerge tutto l’impegno e l’entusiasmo dei Kozminski, riuscendo a conquistare qualche punto extra e a donare valore aggiunto all’opera. Non scontato il regalo di fine lavoro “Dopo il Tramonto”, celato ed ispirato alla logica della secret track. Non se ne sentivano da un po’ e l’idea di certo non disturba, tuttavia sono spiacente, non mi basta.

Nulla di particolarmente entusiasmante. Avrei voluto aspettarmi qualcosa in grado di farmi muovere il capo a ritmo e di coinvolgermi. Di certo Il Primo Giorno sulla Terra non può definirsi un progetto di scarso valore, anzi, è evidente l’impegno artistico dei cinque ragazzi. Lo strumentale sufficientemente sofisticato, per quanto permetta il genere, i testi adeguati al messaggio intrinseco nell’opera e le premesse di certo non negative. Il complesso tuttavia non sembra volersi ben raccontare, celando i punti forti e mettendo in evidenza la difficoltà del genere. Raccontarsi attraverso il Pop è un’impresa non da poco, in continuo bilico sul baratro della banalità e sull’orlo del “già sentito”. Insomma, nonostante si possa credere il contrario, la strada intrapresa dai Kozminski è tutt’altro che lineare ed esente da buche, ma di certo non impossibile. Insomma, resto fiducioso nel prossimo lavoro, con la speranza che possa spazzar via l’amaro lasciato.

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Vuoto Apparente – Storyteller

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Tracce intrise di utopie, amori, ricordi, constatazioni e illusioni, parole che fanno tiro alla fune tra amarezza dolcificata, pensieri che vorrebbero essere ottimisti oltre il livello di guardia delle nuvole: questa è la bella condensa che staziona nella poetica del cantautore siciliano Riccardo Piazza in arte Vuoto Apparente qui con l’official Storyteller, e la sua è una voce, un richiamo o eco fisico e consumato tra le pieghe delle storie che racconta e che parlano sincere, che fanno intravedere il rosso porpora delle loro venosità, dolci e risentite, ma sempre sul dondolio di chi le dice col cuore gonfio e un sorriso sempre abbozzato sulla faccia.

Cantautorato apprezzato tra il Pop e qualche immaginazione Rock, sette brani che inseguono i decibel dell’anima per esplorare e distillare poetiche a mezz’aria, urbane e lunatiche ma con sempre quel “fondino” – come in un bicchiere di rosso appena scolato – sul quale si rispecchia l’inclinazione di un giovane artista a tratteggiare senza mai incidere di forza situazioni passeggere o sconquassi profondi, raccontandole e stornandole come in un notes intimo ma disponibile a confidarle a tutti, ed è questa la forza di Vuoto Apparente, anche se il suo è un vuoto pieno di cose da conoscere e assaporare. Ironia e sarcasmo, verve e malinconia sono i punti forza dell’arte di questo siciliano, parole semplici e sguardi in tralice tra la società e le stanze di vita quotidiana, le analogie con colori smorti e squarci accecanti di luce, ma tutti contemplati con la purezza descrittiva di un osservatore dentro, che fa della canzone una pellicola da srotolare ogni volta che se ne avverte il bisogno di rivisitarla, di riviverla appieno.

E’ il primo passo discografico, ma già la racconta lunga, e l’occasione di  intercettare l’aria libera di un Benvegnù in “Dall’America Con Amore”, lo snodamento southerm che fila in “Farfalle Nel Metrò”, il voltarsi nel letto sfatto di una notte insonne “Il Mattino Non ha Loro in Bocca” o il field da fiore in bocca e cuore spezzettato “Fatti di Parole” è di quelle da non perdere. Le mode passano e le tecnologie musicali soffocano ma intercettare queste nuove penne di poesia ci fanno sperare bene e dedurre che il fattore semplicità è il vero miracolo di questi anni Zero sonici, il vero toccasana che conforta e ci rende più forti.

Lui è Vuoto Apparente, tanti altri sono solamente Vuoti A Perdere, e non è la stessa cosa. Consigliato!

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