Non Voglio Che Clara Tag Archive

‘Chi suona stasera?’ – Guida alla musica live di aprile 2017

Written by Eventi

The Notwist, Steve Gunn, Ofeliadorme, One Dimensional Man… Tutti i live da non perdere questo mese secondo Rockambula.

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“Dovresti Alzare il Volume” è il singolo di esordio di Sara Loreni

Written by Senza categoria

“Dovresti Alzare il Volume” è il singolo di esordio di Sara Loreni ed anticipa l’uscita imminente di Mentha (Maciste Dischi, 14 Settembre 2015). La produzione artistica del brano, così come di tutto l’album, è a cura di Martino Cuman (Non Voglio che Clara) e si presenta come una perla synth pop, pur strizzando l’occhio in maniera sapiente all’alternative rock di St. Vincent e Tune Yards. La regia del videoclip è stata affidata a Stefano Poletti (Baustelle, Tre Allegri Ragazzi Morti, Tricarico…).

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Non Voglio che Clara 14/02/2015

Written by Live Report, Senza categoria

Non Voglio che Clara @Blah Blah, Torino, 14/02/2015
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14 febbraio 2015: la finale del Festival di Sanremo e la festa di San Valentino, lo stesso giorno. Forse non si è mai verificato un conflitto di interessi di tale portata nell’intera storia dell’umanità, di sabato sera poi. La decisione è dura, il dilemma è forte: rimanere col culo attaccato ad un divano rischiando la vita per eccesso di lercio televisivo, o rischiarla sulla sedia di un ristorante “très chic” per una rara forma di diabete da smancerie tra innamorati? Siccome non riusciamo proprio a prendere una decisione di fronte alle suddette allettanti proposte, e non siamo nemmeno troppo in vena di morire, ce ne andiamo al concerto dei Non Voglio che Clara. La formazione veneta propone stasera un concerto in chiave acustica, e si presenta sul palco munita di due tastiere ed un posto centrale destinato al musicista che impugnerà una chitarra. Dettaglio non da poco, questo, perché ogni membro della band cambierà spesso il proprio ruolo sul palco, fermo restando che la voce principale sarà sempre quella di Fabio De Min. Grandi assenti, dunque, la batteria e le percussioni in genere, cosa che contribuirà a creare un’atmosfera intima e raccolta; con l’aiuto di qualche birra quest’atmosfera che mira all’introspezione ci aiuterà ad assaporare meglio le liriche e ad adagiare i pensieri sulle linee armoniche. A smorzare un po’ i toni, evitandoci di inciampare in qualche trip mentale, ci pensa lo stesso Fabio, che introduce ogni brano con degli ironici aneddoti di vita vissuta veneta. L’intero pubblico sembra essere entrato appieno nel mood del concerto; durante “Le Mogli” noto che in molti accennano a un labiale evitando di invadere il campo con la propria voce. Gli unici soggetti fuori posto sono i due stronzi che ho accanto, i soli che continuano ad intrattenersi a vicenda con inutili chiacchierette sul fuorigioco di non so chi. I brani eseguiti sono tratti dall’intero repertorio discografico della band; si spazia dunque da Hotel Tivoli a L’Amore fin che Dura, senza tralasciare Dei Cani e l’omonimo album Non Voglio che Clara. Grande assente, per quel che mi riguarda, “La Mareggiata del ‘66” (bisognerà pur trovare una scusa per non perdersi un altro live dei Non Voglio che Clara, no?). Grandi musicisti sul palco e personaggi di gran simpatia e compagnia sotto il palco. La serata finisce tra belle risate, dimenticando chi siano San Valentino e Sanremo. Credo che nessuno ne abbia sentito la mancanza. Meglio così.

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. Le foto ed il video per questo live report sono state gentilmente offerte da NienteFluorescente.

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Non Voglio che Clara, un brano inedito

Written by Senza categoria

“Se Chiami Rendi Tutto più Facile”, l’inedito che arricchisce la ristampa di Hotel Tivoli.

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GramLines – Coyote

Written by Recensioni

Non è di certo una novità che il Veneto sia culla di sana musica. Abbiamo spesso sentito parlare di One Dimensional Man, progetto idea del geniale Pierpaolo Capovilla, dei Non Voglio che Clara, determinati e scuri, degli Artemoltobuffa, simpatici, indipendenti e dal carattere naif. E quanti locali hanno passato “Warp 1.9” del progetto The Bloody Beetroots o il metallo degli Arthemis. E la Patty Pravo che riecheggia per le strade. La lista è sufficientemente lunga e la conosciamo bene, ma oggi siamo interessati ad un nome soltanto: GramLines. Sono in cinque e sono di Padova. Tutta roba italiana, recitata in inglese, che ben si addice allo stile aggressive Alternative che hanno deciso di abbracciare. Nel 2012 esce il primo EP della band, sotto il titolo di Burning Lights EP e due primavere dopo, in maggio sboccia un nuovo lavoro: Coyote EP, suonato su palchi condivisi con nomi del calibro di Linea 77 e Zen Circus. Non male.

Il disco si presenta caratterizzato da tonalità molto impetuose, perfettamente realizzate nella stesura di “The Bone”, capitolo #2. L’orecchio viene inevitabilmente spiazzato da un basso incredibilmente in linea con quanto proposto dai The Strokes ed il paragone è inevitabile, seppur mancante la vena Indie, sostituita da un perfetto stile Alternative. Il risultato è di gran lunga più orecchiabile, caratterizzato da venature a tratti metalliche e a tratti Blues Rock, nulla togliendo ai mitologici newyorkesi. Nell’episodio successivo si fa spazio a tastiere ed arpeggi maggiormente melodici, accompagnati da lievissimi chorus, ma lo stile si afferma e continua a risaltare quella tendenza Blues di cui poc’anzi. Le estroverse chitarre di Stefano Bejor e la camaleontica voce di Francesco Campaioli ben sanno raccontarsi attraverso gli oltre 6’ di “The Road”. Ma Coyote EP sa farsi ben apprezzare e non ha di certo paura di sfoggiare strutture alternative attraverso l’intro Rock’n’Roll di “The Thrill of a Breakdown”, che cede presto spazio al bit bass di Alberto Pavinato. Strutture non di certo banali accompagnano l’intero brano per tutta la sua durata, donando alla traccia un carattere molto più internazionale. L’ultimo episodio dell’EP continua a manifestare lo spirito animalesco dei cari GramLines ed è soltanto a questo punto che si riesce ad apprezzare pienamente il timbro di Francesco e le doti artistiche di tutti i musicisti protagonisti del progetto. Una splendida credit track per uno splendido lavoro.

Nulla da aggiungere, a questo punto, attraverso Coyote EP la vita diviene una strada. È questo il tempo delle bestie? Amano raccontarsi così. Noi intanto raccontiamo le aspettative attraverso un giudizio dal carattere interessante, in attesa di un vero album studio.

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Lucio Corsi: il nuovo album in uscita questo autunno per Picicca Dischi.

Written by Senza categoria

Un talento purissimo. Avevamo iniziato a tenere d’occhio il giovanissimo cantautore toscano Lucio Corsi all’uscita del suo ep di debutto Vetulonia/Dakar. Atmosfere bucoliche, una schiettezza di provincia e un immaginario a metà tra il fiabesco e il contadino. La notizia è che il nuovo disco di Lucio uscirà questo autunno proprio per Picicca Dischi (Brunori Sas, Non Voglio che Clara, Dimartino, Giuradei) ed è stato prodotto da Federico Dragogna dei Ministri (già al lavoro con Iori’s Eyes e Le Luci della Centrale Elettrica).

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Non Voglio che Clara – L’Amore Fin che Dura

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Tornano i Non Voglio che Clara e lo fanno con questo L’Amore Fin che Dura, disco denso ma allo stesso tempo rarefatto, in cui risplende la nostalgia per la canzone italiana di una volta, tutta pianoforte, archi, atmosfere plumbee e piovose, rigagnoli di synth, e occasionali comparsate di fiati a inserirsi nell’insieme. L’Amore Fin che Dura è un disco principalmente fatto di parole e atmosfere. Il lato musicale non spicca, se non nella misura in cui dà spazio alle parole, e si incurva e si scansa per accompagnarle emotivamente. E qui sta poi il merito dei Non Voglio che Clara: quello di scrivere dei testi veramente belli, giocati sul suggerimento di emozioni e sentimenti che vengono raramente poi messi in mostra: una poetica dell’ellisse, dello spiazzare, con parole che ci accompagnano sulla strada per poi abbandonarci là sul ciglio senza veramente raggiungere la meta. È il caso di “Il Complotto” (che ricorda qualcosa di Dente), ad esempio, dove le ansie e le paranoie sentimentali del protagonista sono suggerite da una serie di indizi, per poi farci distogliere lo sguardo mentre lui beve “una birra da finire in tutta fretta”. O “La Sera”, altro esempio – e ce ne sono molti, nel disco, una vera vena narrativa – di racconto di un’ansia sentimentale, di paure e paranoie e sfiducia, che culminano con la fuga (ma si può veramente scappare? “Immagina una specie di vacanza sdraiata sulla sabbia di una spiaggia a pochi metri dalle onde e soffia un vento freddo e il sole scende”). Il tutto è raccontato per immagini solitarie, sprazzi di memorie, un racconto “a pezzi” che va ricomposto, e nelle mancanze riempito di emozione, che nei testi – e nel cantato – spesso manca: ciò ci costringe ad elaborare, a sopperire ai vuoti, e ci muove – e commuove – nella ricerca di un senso, di una soluzione, di un finale, felice o infelice che sia.

Ci sono tanti temi che si sfiorano, in L’Amore Fin che Dura, e forse a suggerirci un filo conduttore può essere proprio il titolo: sono storie di fallimenti, di resistenza che non resiste, di abbandono, sfiducia, perdita. Non è un disco allegro, e non sono allegri i Non Voglio che Clara, ma d’altronde l’allegria è sopravvalutata e per quella c’è tanto altro. L’Amore Fin che Dura parla di vigliaccheria (“L’Escamotage”), di speranze forse insensate (“Le Mogli”), di malattia (“Lo Zio”), di uomini e donne impreparati ad affrontare la vita e l’amore (“Le Anitre”). E in tutto questo c’è lo spiraglio de “I Condomini”, dove tutto questo viene rimpicciolito e riproporzionato alle sventure qualsiasi di una ragazza qualsiasi: “Poi le ossessioni svaniscono nel nulla se mi parli di una dieta o dei difetti di uno smalto, con le unghie, con i denti mi attacco ai tuoi di fallimenti e scopro di non esser così stanco”. I Non Voglio che Clara mettono in piedi un bel disco, di parole sussurrate, di mal di pancia e mal di testa assortiti, popolato di personaggi che non sanno bene come comportarsi, non sanno bene dove andare o perché andarci. Il tutto immerso in musiche piano-driven, che ci riportano a certi anni 60 nostrani, dalle parti di un Battisti dei meno conosciuti, e che ci ricordano (l’abbiamo già detto) qualche volta un Dente e, ancora più spesso, i Baustelle. Musiche costruite sulla sospensione, la levità, o ancora la pesantezza di un’atmosfera temporalesca e cupa, ma di certo senza il guizzo personale di musiche che abbiano sempre un’identità propria: se cerchiamo quella, la andremo a trovare nelle parole, nelle storie, delle quali la musica apre la processione, a spargere incenso come nebbia fonda prima che esse avanzino nella loro scomoda, storpia, inadeguata bellezza.

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Non Voglio Che Clara in Tour!

Written by Senza categoria

Annunciate le date che vedranno i Non Voglio Che Clara impegnati nel tour di presentazione dell’ultimo disco, L’Amore Finché Dura:

31 GENNAIO – CONEGLIANO VENETO (TV) – Apartaménto Hoffman
06 FEBBRAIO – MILANO – BIKO Milano
20 FEBBRAIO – ROMA – RADICAL POP – Circolo degli Artisti
21 FEBBRAIO – S.MARIA A VICO (CE) – SMAV FACTORY
22 FEBBRAIO – GUAGNANO (LE) – Arci Rubik
27 FEBBRAIO – FIRENZE – tender:club
28 FEBBRAIO – TORINO – Officine Corsare
01 MARZO – PADOVA – MAME
06 MARZO – BOLOGNA – LOCOMOTIV CLUB Bologna

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Bologna Violenta – Uno Bianca

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Con l’uscita, nel 2012, di Utopie e Piccole Soddisfazioni, Nicola Manzan, in arte Bologna Violenta, ha fissato per sempre i paletti della sua espressione stilistica, permettendoci di distinguerlo al primo ascolto, anche in assenza quasi totale della voce, sua o di chi altri. Con quel terzo disco, il polistrumentista già collaboratore di Teatro Degli Orrori, Non Voglio Che Clara, Baustelle, sembrava gridare all’Italia la sua ingombrante presenza, divenendo poi uno dei punti fermi (grazie anche alla sua etichetta, Dischi Bervisti) di tutta la scena (ultra) alternativa che non si nasconde ma si offre in pasto a ogni sorta di ascoltatore, dai più incalliti cantautorofili, fino agli inguaribili metallari. Nicola Manzan non colloca alcuna transenna tra la sua arte e i possibili beneficiari e allo stesso modo non pone freno alla sua creatività, fosse anche spinto dal solo gusto per il gioco e l’esperimento divertente magari senza pensare troppo al valore per la cultura musicale propriamente detta. Arriva perfino a costruire una specie di storia della musica, riletta attraverso quaranta brani che sono rispettivamente somma di tutti i pezzi composti da quaranta differenti musicisti. Dagli Abba ad Alice in Chains passando per Art of Noise, Barry White, Bathory, Bee Gees, Black Flag, Black Sabbath, Bob Marley, Boston, Carcass, Charles Bronson, Dead Kennedys, Death, Donna Summer, Eagles, Faith No More, Genesis, Jefferson Airplane, Kansas, Kyuss, Led Zeppelin, Michael Jackson, Negazione, Nirvana, Os Mutantes, Pantera, Pink Floyd, Queen, Ramones, Siouxsie and the Banshees, T. Rex, The Beatles, The Clash, The Doors, The Police, The Velvet Underground, The Who, Thin Lizzy e Whitney Houston. Ogni traccia è il suono di tutti i frammenti che compongono la cronaca musicale di quell’artista. Poco più di una divertente sperimentazione che però racconta bene il soggetto che c’è dietro.

Dopo questo esperimento sonico per Bologna Violenta è giunta finalmente l’ora di far capire a tutti che non è il caso di scherzare troppo con la sua musica e quindi ecco edito per Woodworm, Wallace Records e Dischi Bervisti ovviamente, il suo quarto lavoro, Uno Bianca.  Se già nelle prime cose, Manzan ci aveva aperto le porte della esclusiva visione cinematografica delle sue note caricando l’opera di storicità, grazie a liriche minimali, ambientazioni e grafiche ad hoc, con quest’album si palesa ancora più la valenza fortemente storico/evocativa della sua musica, in contrapposizione ai cliché del genere Grind che lo vedono stile violento e aggressivo anche se concretamente legato a temi pertinenti politica e società. La grandezza di Uno Bianca sta proprio nella sua attitudine a evocare un periodo storico e le vicende drammatiche che l’hanno caratterizzato, attraverso uno stile che non appartiene realmente all’Italia “televisiva” di fine Ottanta e inizio Novanta. Il quarto album di Manzan è proprio un concept sulle vicende della famigerata banda emiliana guidata dai fratelli Roberto e Fabio Savi in attività tra 1987 e 1994, che ha lasciato in eredità ventiquattro morti, centinaia di feriti e strascichi polemici sul possibile coinvolgimento dei servizi segreti nelle operazioni criminali. Un concept che vuole commemorare e omaggiare la città di Bologna attraverso il racconto di una delle sue pagine più oscure, inquietante sia perché i membri erano appartenenti alla polizia e sia perché proferisce di una ferocia inaudita. Il disco ha una struttura categorica che non lascia spazio a possibili errori interpretativi e suggerisce la lettura già con i titoli dei brani i quali riportano fedelmente data e luogo dei vari accadimenti. Per tale motivo, il modo migliore di centellinare questo lavoro è non solo di rivivere con la memoria quei giorni ma di sviscerare a fondo le sue straordinarie sfaccettature, magari ripassando con cura le pagine dei quotidiani nei giorni prossimi a quelli individuati dalla tracklist, perché ogni momento del disco aumenterà o diminuirà d’intensità e avrà un’enigmaticità più o meno marcata secondo il lasso di tempo narrato o altrimenti attraverso la guida all’ascolto contenuta nel libretto.

Sotto l’aspetto musicale, Manzan non concede nessuna voluminosa novità, salvo mollare definitivamente ogni legame con la forma canzone che nel precedente lavoro era ancora udibile in minima parte ad esempio nella cover dei Cccp; i brani sono ridotti all’osso e vanno dai ventuno secondi fino al minuto e trentuno, con soli due casi in cui si toccano gli oltre quattro minuti. Il primo è “4 gennaio 1991 – Bologna: attacco pattuglia Carabinieri” che racconta l’episodio più feroce e drammatico di tutta la storia dell’ organizzazione criminale; la vicenda delle vittime, tre carabinieri, del quartiere Pilastro. La banda era diretta a San Lazzaro di Savena per rubare un’auto. In via Casini, la loro macchina fu sorpassata dalla pattuglia e i banditi pensarono che stessero prendendo il loro numero di targa. Li affiancarono e aprirono il fuoco. Alla fine tutti e tre i carabinieri furono trucidati e finiti con un colpo alla nuca. L’assassinio fu rivendicato dal gruppo terroristico “Falange Armata” e nonostante l’attestata inattendibilità della cosa, per circa quattro anni non ci furono responsabili. Il secondo brano che supera i quattro minuti è “29 marzo 1998 – Rimini: suicidio Giuliano Savi”, certamente il più profondo, il più tragico, il più emotivamente violento, nel quale è abbandonata la musica Grind per una Neoclassica più adatta a rendere l’idea di una fine disperata, remissiva e da brividi. L’episodio che chiude l’opera è, infatti, il suicidio del padre dei fratelli Savi, avvenuto dentro una Uno Bianca, grazie a forti dosi di tranquillanti e lasciando numerose righe confuse e struggenti.

Come ormai abitudine di Manzan, alla parte musicale Grind si aggiunge quella orchestrale e a questa diversi inserti sonori (a metà di “18 agosto 1991 – San Mauro a Mare (Fc): agguato auto senegalesi” sembra di ascoltare l’inizio di “You’ve Got the Love” di Frankie Knuckles ma io non sono l’uomo gatto) che possono essere campane funebri, esplosioni, stralci radiotelevisivi, rumori di sottofondo, e quant’altro. Tutto serve a Bologna Violenta per ricreare artificialmente quel clima di tensione che si respirava nell’aria, quella paura di una inafferrabile violenza. Ora che ho più volte ascoltato i trentuno minuti di Uno Bianca, ora che ho riletto alcune pagine rosso sangue di quei giorni, comincio anche a ricordare meglio. Avevo circa dieci anni quando cominciai ad avere percezione della banda della Uno bianca e ricordo nitidamente nascere in me una paura che mai avevo avuto fino a quel momento. Il terrore che potesse succedere proprio a me, anche a me, inquietudine di non essere immortale, ansia di poter incontrare qualcuno che, invece di difendermi giacché poliziotto, senza pensarci troppo, avrebbe potuto uccidere me e la mia famiglia non perché folle ma perché uccidermi sarebbe servito loro a raggiungere lo scopo con più efficacia e minor tempo. Ricordo che in quei tempi, anche solo andare in autostrada per raggiungere il mare era un’esperienza terrificante, perché l’autostrada è dove tutto cominciò. “19 giugno 1987 – Pesaro: rapina casello A-14”, qui tutto ha inizio; una delle storie più scioccanti d’Italia e uno degli album più lancinanti che ascolteremo quest’anno.

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Ecco le nuove uscite più attese del 2014!!! Prendete carta e penna…

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Evitando di farci prendere da facili entusiasmi, dai nostri desideri e di farci trascinare nel vortice delle “voci di corridoio”, cerchiamo di fare il punto su quelle che saranno solo alcune delle uscite più interessanti previste per il 2014, sia album che singoli ed Ep.  Dopo due anni o poco meno tornano i Maximo Park con il nuovo album Too Much Information in uscita a febbraio, insieme ai Tinariwen con Emmaar, a The Notwist e a St. Vincent. Ci sarà da aspettare molto meno invece per Metallica e il loro film documentario Through the Never e il nuovo full length Pontiak, INNOCENCE (28 gennaio), cosi come per il grande Mike Oldfield che dopo il non entusiasmante remix del suo capolavoro torna con Man on the Rocks (27 gennaio). Tra le tante raccolte che ci accompagneranno, da non perdere Original Album Series (24 gennaio) di Kevin Ayers e The Beatles con The U.S. Albums (21 gennaio).

Ci attende una svolta stilistica non indifferente e che non vogliamo anticiparvi, nel nuovo Alcest mentre segnatevi da qualche parte la data del 21 gennaio perché in uscita c’è il nuovo Ep di Glenn Branca, Lesson No. 1. Ci sarà non troppo da aspettare anche per vedere e leggere la recensione di Rave Tapes dei Mogwai mentre gli amanti dell’Idm si preparino al nuovo singolo targato Moderat cosi come i fanatici Ambient non dovranno aspettare molto per ascoltare  bvdub, già uscito nel 2013 (in coppia con Loscil) e prontissimo con un nuovo lavoro. Poche aspettative (eppure siamo molto curiosi) per il nuovo dei folli giapponesi Polysics, Action!!! (15 gennaio) mentre molte di più sono quelle per i Sunn O))) (che usciranno, quest’anno anche con Terrestrials, insieme agli Ulver) LA Reh 012 (13 gennaio). Per i fan più accaniti, annunciamo anche l’imminente uscita di Bruce Springsteen con High Hopes (10 gennaio) mentre proprio da due giorni è disponibile uno dei lavori più attesi, da noi amanti del Neo-Gaze, Cannibal singolo dei Silversun Pickups. Quasi dimenticavo anche l’ex Pavement, Stephen Malkmus & The Jicks con l’album Wig Out at Jagbags e poi Present Tense dei Wild Beasts.

Lasciamo per un attimo il panorama internazionale e guardiamo che succederà in casa nostra. Dente con Almanacco del Giorno Prima è pronto per gennaio. Con lui anche i Farglow, Meteor Remotes e gli Hysterical Sublime con Colours Ep. Tornano i Linea77 e speriamo che C’Eravamo Tanto Armati ne possa risollevare almeno un po’ le sorti. Quasi certa la prossima uscita per la ristampa di Da Qui dei Massimo Volume. Tra i lavori italiani più attesi non può mancare L’Amore Finché Dura, dei Non Voglio Che Clara mentre penso che si potrà fare a meno di ascoltare Omar Pedrini e il suo ultimo Che ci Vado a Fare a Londra, anche se un minuto di attenzione non si nega a nessuno. Paolo Fresu è in uscita con Vino Dentro mentre farà parlare, sparlare e litigare Canzoni Contro la Natura degli Zen Circus cosi come Brunori Sas e il suo Vol.3, Il Cammino di Santiago in Taxi. Nel frattempo ho già iniziato l’ascolto di Uno Bianca, il concept album di Bologna Violenta, in uscita il prossimo 24 febbraio.

Mettiamo da parte le uscite certe per questi primi mesi dell’anno e diamo ora uno sguardo più lontano nel tempo. Pare che Damon Albarn, leader di Blur e Gorillaz sia pronto per un album solista ma molto più atteso, almeno per quanto mi riguarda, è il nuovo album degli Have a Nice Life. Poi sarà certamente l’anno del nuovo U2, dei Foo Fighters e di Lana del Ray. Sale l’attesa per il nuovo di Beck, la cui uscita sembra quasi certa per il finire di febbraio, mentre ancora tutto da chiarire per quanto riguarda le nuove fatiche di Tool, Pharrell, Frank Ocean, Mastodon, Burial, Giorgio Moroder, Brody Dalle, Cloud Nothings, Flying Lotus, Grimes e The Kills.

Io mi segno almeno una decina di nomi, per gli altri vedremo. Nel frattempo speriamo che il 2014 ci regali qualche sorpresa in più rispetto a queste anticipazioni perché i nomi, nel complesso, non lasciano certo sperare in un’annata da ricordare. Comunque, ci sono sempre gli esordienti, magari ancora sconosciuti, da tenere in considerazione. Saranno loro a farci sognare, non ne dubito.

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