Natura, cultura rurale e territorio. Questi tre elementi sono già sufficienti a dare una prima immagine de I Salici, band friulana che coniuga un animo dichiaratamente Folk ad un’attitudine DIY. E’ infatti opera dei ragazzi il proprio studio di registrazione ricavato in una casa di pietra nella campagna friulana. Musica ma anche valorizzazione del territorio per I Salici che sette anni fa hanno dato vita al festival AESON, rassegna che porta performances culturali all’interno dei boschi e delle acque del fiume Isonzo. Ed è inevitabile che tutto ciò non si rifletta nella musica. Dopo il buon esordio, seppur acerbo, di Nowhere Better Than This Place, Somewhere Better Than This Place I Salici ritornano con Sowing Light. Mai titolo fu più profetico, seminare la luce è proprio ciò che la band riesce a fare in un disco rapidissimo e coinvolgente. Il passaggio da un genere all’altro avviene in modo molto fluido: il prog accennato di “Ocean’soutshine” cede il passo al Folk sudato di “Fernando” e a quello più tranquillo di “Wild One”. Ma Sowing Light non è solo un rimbalzarsi di questi due generi, c’è anche il Rock Blues radicale dei 70s (“Young Heart Be in Love Tonight”, “Got a Clock”). Il punto di contatto per tutto è il sogno, un’aleggiante atmosfera onirica che in musica si traduce con la psichedelia, concetto che permea ogni singola traccia dell’album. Siamo di fronte ad un prodotto fresco e nuovo che riesce a sposare in modo non troppo cervellotico l’unica via ormai possibile per la musica indipendente: il Crossover. Sowing Light ci regala dodici tracce mai stucchevoli che sebbene declinate in vari generi, trovano una perfetta coerenza interna che emerge e che qui ha il significato di riconoscibilità, in senso buono. I Salici superano abbondandemente la prova del secondo album con la faretra ancora piena di idee per il futuro.