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Okkervil River – The Silver Gymnasium
A due anni di distanza da I Am Very Far del 2011 esce per la major Indie ATO Records The Silver Gymnasium l’ultimo lavoro degli Okkervil River capitanati dal frontman occhialuto Will Sheff e dai suoi capelli alla John Lennon. La loro fatica è un ritorno nella città natale di Sheff, una piccola town nel New Hampshire chiamata Meriden, e un ritorno alla sua infanzia anni 80 avvenuta proprio lì. Il risultato è quindi un concept album nostalgico in tutto e per tutto, a cominciare dal sito internet trasformato per l’occasione in un fighissimo videogioco Atari datato 1986 in cui il protagonista è un giovane Sheff che munito di zaino va alla ricerca della sorella avventurandosi tra bar, cimiteri, librerie, negozi di videogiochi, presentandoci così la sua vita adolescenziale. Lo scopo di tutto questo è quello di trascinare il fan (ormai diventato nerd anche lui) all’interno di un vortice Atari che gli farà comprendere meglio da dove arrivano le storie ed i luoghi raccontati in The Silver Gymnasium.
Si comincia con un piano alla “Hey Jude” in “It Was my Season” e si continua sulla stessa linea di cori e contorni beatlesiani in “On a Balcony” per poi approdare in un freddo dicembre fatto di insicurezze e di giovani speranze con “Down Down the Deep River”. “Pink Slips” è una classica ballata (drogata però, non romantica) che precede l’inizio musicalmente depressivo di “Lido Pier Suicide Car”, brano che parla delle solite zuffe tra ragazzini e che finisce diventando uno shaker di suoni allegri molto da pigliata per il culo. Belle le chitarre e la batteria in crescendo dell’intro di “Where the Spirit Left Us” (che però successivamente ricade in quell’ormai scontata e abusata forma compositiva di piano-forte = riff-ritornello). Cassa dritta, marcia militare, chitarra acustica completamente stereofonica e una voce retrò caratterizzano invece “White”, una delle migliori tracce del disco. Si continua il percorso infanzia-adolescenza con “Stay Young” (di cui non è difficile immaginare il contenuto) e con “Walking Without Frankie”, in cui a farla da padrone è un basso dritto molti anni 80 e giochi di pan tra i vari strumenti. Molto New Wave e molto Cure per intenderci. Ci avviciniamo alla fine con la penultima traccia caratterizzata da una conversazione a mo di domanda-risposta come testo, ed in cui la risposta a tutte le domande è sempre “All the Time, Every Day”, guarda caso anche il titolo della traccia. Il cerchio si chiude e Sheff saluta la sua infanzia ricordando le piccole gioie ed i piccoli dolori della quotidianità vissuta a Meriden con “Black Nemo”, ed arrivando alla conclusione che ormai è pronto per camminare su marciapiedi più affollati ed andarsene per una nuova strada che soprannominerà Okkervil River.
The Silver Gymnasium è un album con un inizio e una fine, un percorso musicale nostalgico, un ottimo ascolto per una giornata uggiosa in cui si è in vena di vecchi ricordi e di un raggio di sole che ci illumini il viso, un disco pieno di infelice speranza, ma niente di più e niente di meno.