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FFD – Antifa Riot

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Con un carnet di mille e più live in ogni dove Italiano ed estero e quasi vent’anni di “sonica anarchica professione”, i parmensi FFD non danno il minimo sentore di fermarsi a godere delle loro “incursioni” scatenate tra spiriti bollenti e coscienze da ripulire, e come in una sempre rinnovata energia da spendere senza risparmio spingono il loro nuovo disco “Antifa Riot”, quindici tracce più un bonus scritte in pochi giorni e con la consueta diabolica strafottente  urgenza di dire quello che hanno fisso nel cuore, ovvero l’Antifascismo, la ribellione e, in questo caso, anche poetiche urbane omaggianti le loro passioni per le Vespe e le Lambrette.
E la ribellione è la vera loro caratteristica, il loro ineccepibile orgoglio di andare contro tutto quello che è compreso e compresso nei dogmi sociali, negli ordini costituiti dell’arroganza del potere e delle angherie dall’alto verso il basso sempre più remissivo e soggiogato; tracce al fulmicotone, pogo liberatorio e stage diving da angeli maledetti, queste le “apparecchiature baldanzose” che la band diffonde tra sangue sociale e fun punk-Oi!, senza nemmeno un minuto di tregua, di calma, dritti nelle sensazioni e nelle euforie di un “Sol dell’Avvenir” sognato da tanti.
Compagni di stile e “compagni” di lotta che li porta ad essere affiancati stilosamente a Derozer, No Relax, 2Minutos ecc., il combo FFD scardina l’ascolto con una sequenza di brani fibrillanti e pieni fino all’inverosimile di linguaggi trascinanti di aggancio se si crede a certi ideali, inni e visioni che non tramontano mai (menomale)  e che riportano il calore del riaprire gli occhi e urlare a tutti quello che non va bene per un cazzo e che è da combattere con tutte le forze possibili. “Noi siamo per l’anarchia”, “We steel fight again”, “We are the soul”, “Saturday night”, due belle registrazioni corali live “Riot squad” e “ Freedom”, una ottima comparsata speed-core “Parma antifascista”, il twist sbicentrato “Lambret twist” ed il boato esaltante di “Grazie a voi” sono i gioielli rossi che vagano, tra gli altri,  in questo “salutare” disco di amore e lotta per la giustizia di tutti, poi è la sua musica epilettica che fa saltare il cuore oltre e ancora più in la delle ipocrisie organizzate.
Avanti o Popolo alla riscossa, è il nervo teso di un disco che brucia di gioia & rivoluzione.

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Back To Business – Ten

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Ska-ska-skattare, è questo l’imperativo dei veneti  Back To Business, che con il loro nuovo  lavoro “Ten” occupano stabilmente per tutta la durata del suo running time il lettore stereo con una energia strabiliante, viva e sudaticcia, di quelle che ti infradiciano anche l’anima dopo aver saltato  e gioito ad un concerto che rapisce corpo e muscoli; ma non solo ska, pure bordate rock  che se anche non apportano nulla di nuovo al catalogo stilistico perlomeno danno quel move-it forsennato che scarica e dissipa tossine canaglie e contribuisce a stendere nervi “tesi” come cordami.

A gettare le basi del loro sound – chiaramente riferito a Ten –  e di questo forte movimento sonoro, la visuale d’insieme che sbircia la Bay-Area Californiana e i nostri gloriosi scatti elettrici targati ’90, di quelle versioni scatenate e ibride che eroi come Vallanzaska  per la parte oltranzista e qualcosa di Meganoidi o sprizzi di Shandon per quello che riguarda il magnetismo, alzarono il sangue OI a temperatura di mosto; e se ska-core deve essere che sia, un fenomenale approccio che non paga pegno a standard modaioli o quantomeno  ruffiani a diktat discografici, pura energia “ska” che ama il funk e adora tingersi la pelle di nero. Dodici traccianti luminosi, dodici traiettorie consolidatissime che si tramutano in urbanità colorata e pensieri intelligenti, pensieri che colgono e trasmettono socialità e prese di coscienze multiple.

Dieci anni passati “sul pezzo” per questa formazione di Bassano  del Grappa, e che li celebra dentro a questa maturazione e innovazione formato album, arrangiamenti e brividi che  il funky alla Sly & The Family Stone di “Anyway you know” mette in evidenza in tutta la sua funzione di incantatrice tesa a sradicare dal posto  il corpo fermo in un frenetismo senza limiti, e non solo, “Take your time”, il basso sincopato e carribean di “Too many songs” e la corsa dinoccolata e rivisitata di “Rock the Casbah” danno quell’indipendenza mentale che se uno non ci fa caso, viene portato a decollare in un sogno culturale immaginifico.

In fondo allo spirito di questi eccezionali musicisti c’è il reggae e tutta la sua nobiltà molleggiata, e onestamente – anche se potrebbe sembrare una frase di “parolone” e non lo è affatto – è diabolicamente difficile controllarsi quando i piedi si mettono in movimento durante questa straordinaria deflagrazione di sensi e respiri sanguigni.

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Jolebalalla – Themocracy

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La Città di Castello si tinge ancora dei caldi colori in levare carribean col nuovo “Themocracy” dei miei conterranei Joleballa, umbri di corpo ma Giamaicani nel cuore, sangue e pensiero, un combo che da tempo agita i rumors reggae d’Italia e non solo e che, arrivati ad una maturità, una “generazione in più in avanti”, seguita a scaldare con la forza “biologica e d’anima” del reggae e dei suoi messaggi moltitudini e piazze, punto d’incontro tra liberazione ed estraniamento fisico, per ballare e ancora ballare tra le onde magnetiche dei suoi sinuosi dondolii estatici.

Appunto messaggi di popolo, esortazioni a levarsi in piedi, di riprendere la vita in mano, praticamente la conservatoria benedetta di questa Bibbia musicale, tutto dentro una atmosfera festosa e dancers, reggae allo stato puro e flavours freschi, integri mai stucchevoli come si penserebbe, ma anche nuovi proclami che riguardano la nostra fottuta società odierna, il “contro” l’omofobia, allo sfruttamento sessuale e alle pretenziosità del potere di assoggettare culture e sottoculture, uno j’accuse col sorriso della pace stampato in fronte e nel palmo delle mani; tredici motivi per pensare ed agitare il proprio corpo insieme, tredici strade ad alto contenuto atmosferico, prolissi di eccentricità e avvenenza, una continua esposizione al sole della Terra delle Terre, con Marley come protezione assoluta in ogni dettaglio, in ogni ciondolare di piacere misticheggiante.

Le verità che circolano in “La mia generazione”, lo stand-up come verbo da reintrodurre nel vocabolario umano “Ogni medaglia”, uno sguardo pietoso sull’Italietta svenduta “Che bella Italia”, il rispetto delle differenze sessuali “Mr. Babylon” o la bella “Money” in cui interviene Adriano Bono, ex-voce delle Radici Nel Cemento, fanno il punto focale dell’intero lotto in cui la forza gravitazionale si va a farsi fottere a discapito di una vorticosa sensazione di staccarsi dal metro di suolo in cui si sta in quel momento, ma non solo per un mero volo x volare come tanti, ma anche per vedere dall’alto delle visioni dei Jolebalalla il mondo come veramente dovrebbe essere per  girare come dovrebbe.

Ad ogni cambio traccia ci si lascia scappare un sorriso e si ingoia un magone per tanta ingiustizia che urla dintorno.

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Redska – La Rivolta

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Tempi propizi, bollenti e puntuali questi che corrono e vanno a sbattere con “La Rivolta” del combo romagnolo dei Redska, il nuovo disco e prova muscolare in quattordici tracce che pare proprio arrivare come un temporale giustiziero a freddare i calori che, poteri forti, 27 che non si raggiungono più, tasse e situazioni estere che sfuggono ad ogni controllo, e i “troppi controlli” crudeli dei nostri giorni, ci sgozzano come pecore sacrificali; i loro amplificatori, trombe, ska no-limits, antifascismo, reggae, eroi quotidiani, nuove favole e vecchie storie, coraggio e sangue elettrico, sono da anni la risposta “carrettiera” che infesta di voglia di lotta e rivoluzione, le piazze di questa nostra Italietta zimbello di potenti e nuovi invasori, la loro forza “gunner” è quella di farci saltare il cuore in gola per riprenderci il mondo nelle mani e toglierlo a chi ci gioca come fosse un pallone da football.
Il combo romagnolo condensa nella tracklist la “ventilazione sonora” dei quattro anni di tour nazionali ed europei sold out che li hanno visti protagonisti unici di un apparato spettacolare idealistico e di power-force sociale, un disco stradaiolo, ideato, concepito e nato dalla voglia di far esplodere mille NO in mano ai tanti Mangiafuoco della società.

Jumping, pogo, stage-diving e pensieri per un mondo migliore e senza scordare i piccoli grandi uomini che hanno lasciato loro malgrado un segno nella nostra mente, Stefano Cucchi ucciso dalla Polizia “Bastardi senza gloria”, Vittorio ArrigoniEroi”, e le tantissime prese di posizione politiche che urlano danzando per la loro libertà come il No al razzismo “Legato dalla Lega”, il No all’omofobia “Quello che sei”, i giovani precari dentro lo ska-swing “Studente precario antifascista” che ospita la voce di Kino degli Arpioni, poi la lotta alla pedofilia dei porporati “Lettera a sua santità”, contro il calcio violento “Holligan RudeBoys” insieme al cantante degli Offender e altre scosse telluriche che fanno tremare le circonferenze irte di questo bel disco epilettico.

Clash, Red-corner, Southampton, ed un’inesauribile carica di “contro”, una convincente massa di “Sveglia” che tra ragamuffin, Jamaica di casa nostra, punk rossastro e grandi idee in avanti da quello schiaffo robusto e danzereccio necessario per riaprire gli occhi, casomai ce ne fosse bisogno, ma a vedere i tempi d’oggi pare proprio di sì, e loro i Redska sono di nuovo qui a ricordarcelo, a farci sudare, divertire e a darci quel calcio in culo per non arrenderci mai, come dice il Subcomandante Marcos all’ingresso nello stereo di “Sounds of Revolution”.
Pugni chiusi in alto e Hasta Siempre Redska!

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