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8 pezzi per 8 episodi: la colonna sonora di “The Bear”

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Dopo anni da chef in ristoranti stellati, Carmen torna a Chicago per dare una nuova vita al diner fatiscente di famiglia dopo il suicidio del fratello Mikey.
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10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #08.10.2018

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M83 – Oblivion OST

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L’ultimo disco dei francesi M83, ex-duo (ora più che altro nom de plume del frontman Anthony Gonzalez)di musica elettronica sui generis, è in realtà la colonna sonora del film Oblivion, diretto da Joseph Kosinski (anche co-sceneggiatore e produttore), con Tom Cruise e Morgan Freeman.

Non ho ancora avuto modo di vedere il film, quindi non posso dirvi se la colonna sonora funzioni come accompagnamento drammatico, né quanto sia azzeccata come atmosfere o scelte di mood. È un disco interessante, però: gli M83 creano una colonna sonora “classica”, piena di archi e atmosfere retrò, dove lunghi crescendo elettronici sospesi si aprono in cavalcate orchestrali ritmiche e aperte (il finale di “Tech 49”), in pieno stile hollywoodiano, senza inventare granché ma rendendo epica ogni risoluzione, ogni svolta nel discorso intrapreso. D’altronde lo stesso regista ha commentato la scelta degli M83 in questo modo: “la musica degli M83 mi è sembrata fresca e originale, e grande ed epica, ma allo stesso tempo emotiva, e questo è un film molto emotivo, e mi è sembrata un’ottima scelta”.
Ecco quindi che sintetizzatori e archi si mischiano in soundscapes intriganti (“StarwWaves”), arpeggiatori e ritmiche elettroniche montano cupi qua e là (“Odyssey Rescue”, “Canyon Battle”), misteri s’infittiscono nelle rapide movenze degli alti e nelle esplosioni dei bassi (“Radiation Zone”). E poi terzine d’archi che s’alzano e scorrono incalzanti (“Ashes of Our Fathers”) e cupezze e cori angelici da un altro universo (“Temple of Our Gods”), o firme Ambient in calce, interrotte da poche, parche note di piano (la sospesa “Undimmed by Time, Unbound by Death”).

L’impressione generale è che, come colonna sonora, la musica degli M83 possa funzionare bene, così sospesa tra passato recente e contemporaneità, soprattutto per un film di SF che pare si ispiri ai classici degli anni ’70. Certo, non inventa niente, non c’è un approccio originale al materiale, e nemmeno il gancio che li farà passare alla storia (un tema alla Mission: Impossible, o alla Pirati Dei Caraibi, per fare solo due – piccoli – esempi). Anche la traccia conclusiva, la title track, l’unica cantata (da  Susanne Sundfør, che in alcuni momenti pare Florence Welch), non si muove tanto dal già sentito (anche se è decisamente scritta bene per una colonna sonora, e immagino sia servita per i titoli di coda, che scommetto abbia accompagnato alla perfezione). Sono soundscapes che sembrano spacescapes, quando riescono meglio; quando riescono peggio, invece, assomigliano ad una qualsiasi colonna sonora “di mestiere” fatta da un professionista qualunque di un qualche studio di Hollywood.
Come disco a sé stante non regala molto: forse è troppo “colonna sonora” per funzionare da solo, troppo pieno di ambienti sonori, di tappeti svuotati e poi riempiti, ma con una lentezza parsimoniosa, che così bene s’adatta al grande schermo, ma meno ad un ascolto dedicato. Non mi resta che vedere Oblivion e vedere quanto, di tutto questo, rimane durante il film.

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