Paola Turci Tag Archive
Sara Velardo – 3
Sara Velardo è una giovane cantautrice con un carattere forte, pochi peli sulla lingua e una quantità di energia e passione davvero invidiabili. Dopo due album di matrice prevalentemente acustica il suo terzo lavoro in studio, intitolato 3, evolve verso un sound più elettrico e Rock, riuscendo a trasmettere tutta la necessità espressiva dell’autrice, con ancora maggiore enfasi e impatto. Questa svolta elettrica la avvicina ancora di più e per molti versi a cantautrici Rock come Carmen Consoli e Paola Turci.
Sara Velardo, però, con il suo personale stile diretto, ma al tempo stesso carico di sensibilità, ci parla dell’attualità che spesso fingiamo di non vedere, raccontando dal suo punto di vista storie che si legano a doppio filo con tematiche sociali e di degrado, che includono riflessioni sull’immigrazione e sulla violenza sulle donne. Potremmo definirla come una dolce violenza, spesso enfatizzata dalla voce di Sara, dal cambio di registro linguistico e dall’uso del dialetto calabrese , che attraverso i suoi suoni ruvidi e incalzanti, come in “Trageriaturia” e “Migranti”, riesce a superare la barriera linguistica. In generale lo stile del disco non cede mai il passo a frivolezze e mode passeggere e richiama suoni e sapori antichi, senza suonare vecchio e polveroso. Tra i nove brani si spazia molto: dal cantautorato americano un po’ sixties, che porta con sè tutta l’aria delle strade metropolitane ad episodi in cui la vena femminile e leggiadra prende il sopravvento per brani dalle atmosfere sospese, fino al Pop e agli spunti ritmici tribali.
Possiamo dire che 3 è sicuramente un disco sincero e vissuto, un racconto lucido e moderno in cui c’è spazio per una cover dei Beatles (“Tomorrow Never Know”), per un quasi Rap sperimentale de “I Confini Di Casa Mia”, fino alle ballate struggenti “Come Una Poesia”, senza sembrare contradditorio ne’ confusionario, anzi.
Malerba – La Deriva dei Sogni
Devo dire che ho avuto molta difficoltà a giudicare questo primo album dei bolognesi Malerba. Sebbene sia un esordio, appare come un disco d’esperienza, un disco che pesca qua e la nel tempo e spazia in tutto lo scibile musicale italiano. Il risultato è interessante ma a tratti insipido. Sicuramente da apprezzare c’è il lavoro di produzione al limite del maniacale e alcuni spunti di buona musica italiana. L’incipit non è dei migliori e non rende giustizia ai bolognesi. “Francine” è un po’ sciatta come il personaggio di cui si parla: un tentativo di aggressività sonora non totalmente riuscito. Prova di forza che guarda troppo alle prime produzioni dei Litfiba. “Dove Crescono i Fiori del Male” vacilla per la poca “pompa” (master un po’ trascurato?), ma richiama i vecchi fasti della New Wave con tanto di testo cupo e voce dalle tenebre. Per sentire la prima perla dobbiamo attendere l’arrivo di “Sunshine”. Soffice, parlata, una vera confessione a cuore aperto. Forse troppo simile a “Volo Così” di Paola Turci ma comunque personale e vincente. Superlativi anche l’incastro con la voce femminile e il sapiente arrangiamento di fiati. Perfetta canzone d’amore, per nulla scontata. Il tema caldo del lavoro sbuca fuori con un titolo divertente come “Il Blues della Cassa Integrazione”, che però scade in un testo banalotto. Peccato perché qui basso e batteria tirano avanti un bel groove. Il tempo storto di “Ricordando te – Fingere di Essere Felice” ci sbilancia con qualche slancio Prog Rock. Purtroppo non ci fa cadere, dopo lo sgambetto iniziale; questo pezzettino strumentale ci conduce a “Marylin” porta ad un suono più standard, acustico e moderno ma con un testo vero e sincero, che richiama la mitica “Albachiara”. Nonostante le rullate incerte, il pezzo è trascinante insieme alla sua storia di dita che toccano punti proibiti e i lati oscuri del piacere. Ci lascia poi con una frase che esalta il realismo del pezzo: “Il sesso è una scintilla che illumina l’amore”. Come dargli torto? Anche perché il filone acustico continua con “Allo Specchio”, chiacchierata, intima, quasi adolescenziale e che sta volta fa l’occhiolino a Luca Carboni. Con lo stesso stampo ma meno riuscita è “Tra le Pagine”, un po’ stanca e lenta rispetto alle precedenti. Rimane l’epica di una melodia molto sentita “la tua voce che resta dopo la piena, resterà qui per sempre ma smarrita, tra le pagine che hai scritto della mia vita”. La band chiude il cerchio poi con citazioni del romanzo “Cuore di Tenebra” e una vera cavalcata Progressive che non manca di regalarci le ultime melodie in bilico tra PFM e Timoria. Difficile davvero è valutare un lavoro così complesso e eterogeneo, a volte povero e a volte pieno di idee, che riescono ad inondarci e stupirci. Sicuramente da ascoltare, perché la musica italiana potrebbe non averne necessità e voglia di ascoltare una band così, ma sicuro ha bisogno di stimoli e
di voglia. E qui ne troviamo da vendere.
Fink @ Teatro Quirinetta, Roma 28/01/2015
Resoconto del live nell’intima sala nei sotterranei di Palazzo Sciarra.
Continue ReadingValerio Piccolo – Poetry
Con un occhio sempre fisso al nuovo cantautorato Folk e Rock americano, Valerio Piccolo con il suo ultimo disco Poetry appare un prodotto quasi sui generis in Italia. Poesia sonora allo stato puro, sempre gradevole, anche se a tratti malinconica e triste, spesso divisa fra l’asse America / Italia, tanto da arrivare a scomodare una certa Suzanne Vega che ha detto di lui: “Mi piace molto il suo modo di scrivere canzoni. Ce n’è una che racconta di un clown imprigionato in un lavoro quotidiano ‘The clown Isstuckbetween The Desk And The Chair.’ Un’ottima opening line.” Non male come bigliettino da visita vero?
Se poi ci aggiungete che l’artista ha anche condiviso il palco con artisti famosi quali Massimo Roccaforte (chitarrista di Carmen Consoli e suo attuale produttore), Neri Marcorè e Paola Turci che collaborano anche al disco quale ospiti illustri il gioco è fatto. Poetry si compone di nove canzoni che nascono traducendo in suoni altrettante poesie americane attinte dal repertorio di scrittori quali i bestsellers Jonathan Lethem e Rick Moody, il romanziere e critico musicale della rivista New Yorker Ben Greenmane e poetesse quali Sarah Manguso e MeghanO’Rourke. Il tuttosenza mai trascurare l’aspetto musicale, fatto di arrangiamenti abbastanza complessi che però non sfociano mai in inutili virtuosismi che sarebbero forse persino fuori luogo in questo contesto. Se vi era capitato di ascoltare già i precedenti lavori Manhattan Sessions, con cui esordì nel lontano 2007, e Suono dell’aria, risalente al 2011, non griderete certo al miracolo, in quanto già in essi era evidente il talento di Valerio Piccolo, ma rimarrete comunque incantati dalle dolci melodie di canzoni come “Pioggia di Stelle” e “Il Barman all’Inferno”. L’album è stato lanciato dal singolo “Ordine” e dal suo relativo videoclip che ha visto impegnati alla regia Francesca Zanni ed in veste di attori Jacopo Olmo Antinori, Maya Camerini, Arcangelo Jannace, Ignazio Oliva, Antonella Attili, Orlando Camerini e Lucia Ocone.
La dolcezza del suono della chitarra, l’armonia dei brani musicali, insieme ad una elevata padronanza tecnica contribuiscono alla ricerca di un ascolto rilassante.
Paul Mc Cartney
26 giugno 2013 @Arena di Verona
Paul è Paul!
E’ questo il primo commento che viene da fare appena usciti dall’Arena di Verona a tutti…
In quasi tre ore di concerto Mc Cartney infatti ha dato fondo a tutte le sue energie per garantire ogni singolo secondo il migliore degli spettacoli, gradito da persone di tutte le età (c’erano giovanissimi ma anche sessantenni e persino qualche over 70!) e da alcuni vip avvistati tra il pubblico (si sono fatti i nomi di Paola Turci, Marco Mengoni, Elisa, Mario Venuti e Cesare Cremonini che tra l’altro sedeva a poche file di distanza da chi scrive). Avrà superato i settanta, ma la grinta è ancora quella di un ragazzino, tanto da indurlo a provare diciannove delle quasi quaranta canzoni previste per lo spettacolo serale in un soundcheck segnato da un violento acquazzone. All’arrivo all’Arena nel medio pomeriggio è stato accolto da un centinaio di impavidi fans che lo attendevano già tempo sperando di potergli rubare un autografo o una foto in compagnia (sogno però spezzato dal fatto che si è fermato scortato dalle guardie del corpo giusto una manciata di secondi accennando appena un saluto). L’Out There Tour è approdato quindi ufficialmente in Italia per un unico concerto andato ovviamente tutto esaurito che è cominciato verso le 21:30 con un “Buona sera Verona, siete tutti matti?” per l’esecuzione di “Eightdays a Week“.
L’Arena di Verona solitamente sarebbe ad uso della musica lirica ma già negli scorsi anni mostri sacri della musica pop e contemporanea quali Deep Purple e Duran Duran vi si sono esibiti ottenendo grande successo di critica e pubblico. Molti sono stati durante la serata i pezzi attinti al repertorio dei Beatles, grandi classici quali “Let it be”,“Hey Jude”, “Day Tripper”, “Get Back”e“Yesterday” ma tralasciando anche “Penny Lane” o “Michelle”. Probabilmente quindi ci sarà stato anche chi come me si sarà lamentato di non avere sentito “Goodbye and Hello”, ma forse era davvero impossibile proseguire lo show dopo due ore e quaranta minuti davvero al top. Ogni tanto qualche dedica ai suoi ex compagni di gruppo, John Lennon (succede in occasione di “Here Today” che confessa essere il dialogo mai avuto con l’amico ucciso nel lontano 8 dicembre 1980 dal folle Mark Chapman) e George Harrison ed anche alla sua ex moglie Linda, indimenticato grande amore e musicista accanto a lui sin dai tempi dei Wings per la quale scrisse “My Valentine” eseguita in una toccante versione. C’è stato anche tempo per un breve tributo al più grande chitarrista della storia del rock, Jimi Hendrix (bellissima l’esecuzione strumentale di “Foxy Lady”) e per dei fuochi d’artificio durante “Live and Let Die”, colonna sonora del noto omonimo film di James Bond.
La chiusura è stata affidata (giustamente) a “The End”, ultimo brano di “Abbey Road” per un 25 giugno che difficilmente chi era lì dimenticherà mai! Tanti gli accorsi da fuori regione, molti persino dall’estero per il baronetto del rock che a cinquant’anni dal primo disco dei Beatles non smette di far sognare persino le ragazzine…