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Ministri – Per un Passato Migliore
Io e i Ministri abbiamo un rapporto travagliato. Scoperti in tempi non sospetti quando li vidi aprire un concerto di Caparezza nel lontano (credo) 2008, seguiti in quell’inferno del Rocket di Milano a farmi cantare ad un metro di distanza alla presentazione del loro primo EP La Piazza, ho consumato, in quegli anni, il loro esordio I Soldi Sono Finiti. C’era eccitazione, intorno ai Ministri. Facevano rock, duro, diretto, ma anche melodico, semplice, popolare. Era la nuova canzone italiana, o almeno sembrava.
Poi uscì Tempi Bui, che a parte un paio di episodi non mi convinse più di tanto. E, dopo, Fuori, dove riuscivano a riprendere qualche filo interrotto nell’album precedente, ma dove ancora sentivo una qualche disarmonia generale.
Tutto questo per dire cosa? Che, all’uscita di Per Un Passato Migliore, primo disco (dall’esordio) senza la Universal, non sapevo cosa aspettarmi. Torneranno a fare I Soldi Sono Finiti? Ma perché, poi? Continueranno sulla strada, scalena e incostante, degli altri due dischi?
E invece no. I Ministri ripartono da zero, o meglio: dalle basi. Si spogliano di tutti gli orpelli e fanno quello che sanno fare meglio: scrivono, suonano, gridano, cantano canzoni. Né più né meno. Una batteria (mostruosa, le vere fondamenta di tutto l’impianto), un basso, chitarre (dai suoni pieni e allo stesso tempo distanti, confusi e totali, con inserti azzeccatissimi, minimali ma fondamentali) e voci (su cui è stato fatto un lavoro esemplare: costruite una sull’altra, quasi mai con una linea sola, con suoni che ripropongono fedelmente il range vocale di Divi, dal sussurro profondo all’urlo graffiante), il tutto, immagino, anche con l’apporto sapiente di Tommaso Colliva (già al lavoro, per dire, coi Muse) .
E le canzoni, è soddisfacente dirlo, sono belle. Ognuna con un motivo d’esistere, ognuna con qualcosa da dire, con qualcosa che ti fa tornare a riascoltarla, per trovarci, ogni volta, qualcosa in più. Sono brani semplici, ma non è una critica. È rock italiano puro, melodico, orecchiabile ma che spinge quando s’arrabbia, che colpisce forte quando vuole fare male. Così come i testi, criptici, ermetici, ma con quel verso, quell’immagine che non puoi non fare tua, che non puoi non ripeterti nella testa a disco finito.
Ci sono quindi gli inni, canzoni potenzialmente “simbolo” (cosa che ai Ministri riesce particolarmente bene): parlo dei due primi singoli, “Comunque” e “Spingere”, che nei ritornelli dipingono un mondo perdente, sporco, distrutto, ma allo stesso tempo gonfio di voglia di vivere, di “provarci comunque”, di (per l’appunto) “spingere”. C’è la rabbia intensa e pungente di “Mille Settimane”, l’amaro di “Stare Dove Sono” (“e se a togliere i colori / fossero proprio le ambizioni?”), la durezza de “Le Nostre Condizioni”. Ma c’è anche la sofferta e cupa “I Tuoi Weekend mi Distruggono” (“la guerra è semplice ma io / che cosa voglio distruggere?”), la disperata “Se si Prendono te”, la toccante “Una Palude” (“volavo sopra le nostre case / non c’era niente di eccezionale / non è un segreto che la terra sia / una palude senza di te”). “Caso Umano” è 100% Ministri, tremendamente seria ma con un afflato ironico che sa anche divertire, così come il piccolo pastiche “Mammut”. Completano il quadro “La Nostra Buona Stella”, una delle mie preferite (“il mondo è solo una sensazione / di cose che succedono altrove / e dentro me ci sono tutti i pianeti / e le stelle lontane che mi cercano ancora”), “I Giorni Che Restano” (“per dare il nostro nome a una scuola / dovremmo morir tutti in una volta sola”) e l’orecchiabilissima (paradossalmente) “La Pista Anarchica”.
I Ministri, insomma, fanno un disco dei loro, ma andandoci a mettere solo ciò che serve, e niente di più. La loro è una poetica del “noi”, un’epica del fiore nel deserto, del cristallo in un mondo di pietre, dell’amore nella melma. È rock, è italiano, è popolare: è un compromesso solido e riuscito tra “indipendenza” e mainstream. E questa volta c’è poco da fare o da dire: si prende Per Un Passato Migliore, lo si infila in uno stereo e si fa, per l’ennesima volta, play.
Ministri (+ Fast Animal And Slow Kids)
Sabato 18 Maggio @ PinUp Mosciano (TE)
Come era prevedibile, la serata di sabato 18 maggio al Pin Up di Mosciano Sant’Angelo si è rivelata un appuntamento che ha attirato centinaia di appassionati di musica Indie da ogni parte d’Abruzzo e persino da fuori regione.
I Ministri sono ormai un nome conosciutissimo nell’ambiente, ma la vera sorpresa della serata sono stati i Fast Animals And Slow Kids, progetto nato nel 2007 a Perugia per mezzo di Aimone Romizi, Alessandro Guercini, Alessio Mingoli e Jacopo Gigliotti e che esordì per l’etichetta umbra To Lose La Track di Luca Benni con un fortunato ep.
Oggi anche questi ultimi hanno un loro folto pubblico, ma per me che non li conoscevo (se non di nome) sono stati davvero un elemento che ha impreziosito il valore dell’evento.
I quattro ragazzi sul palco hanno una presenza scenica davvero fantastica e in poco meno di un’ora hanno sfoderato tutte le loro hits, tra cui la mitica “Troia” che è compresa nel loro ultimo album Hybris (uscito anche in vinile) scatenando più volte un pogo che ha coinvolto gran parte dei presenti.
I Ministri si presentano sul palco invece nella consueta formazione a quattro (nonostante i membri del gruppo siano tre) e danno il meglio già dalle prime note della prima canzone, “Stare Dove Sono”.
Tuttavia con la granitica “Mammut”, che tra l’altro apre il loro ultimo cd, Per un Passato Migliore riescono persino a migliorarsi.
La setlist li ha visti impegnati in ben diciotto canzoni che continuo ad elencare qui di seguito: “Il Sole”, “I Nostri Uomini ti Vedono”, “Comunque”, “Mangio la Terra”, “Gli Alberi”, “La Pista Anarchica”, “Una Palude”, “Tempi Bui”, “Spingere”, “Diritto al Tetto”, “Non mi Conviene Puntare”, “Il Bel Canto” e poi in bis: “Mille Settimane”, “Giornata Che Tace”, “Noi Fuori” e “Abituarsi Alla Fine” che conclude una scaletta di tutto rispetto (nonostante alcune grandi assenze quali “La Faccia di Briatore”, grande hit dei Ministri contenuta nel cd Tempi Bui).
Il locale era davvero strapieno ed era formato sia da fans fedelissimi che cantavano a squarciagola sia da semplici curiosi che comunque di certo non sono rimasti delusi dalle esecuzioni curatissime in ogni singolo arrangiamento.
A fine concerto poi spazio anche per autografi e foto coni ragazzi della band che come sempre si dimostrano disponibili verso tutti anche per scambiare due chiacchiere e ciò forse li rende migliori rispetto a molti colleghi pur essendo “arrivati” anche loro.
Un’ultima raccomandazione: se capitate a una loro data non mancate di far visita al banchetto del merchandising perché è davvero fornitissimo avendo a disposizione oltre a tutta la loro discografia magliette, spillette, manifesti, adesivi e quant’altro.