“Come ti Vorrei” narra di “una lettera” che poi viene “buttata via”: è una resa. Ma il testo della canzone dice altro: parla di un uomo che non si rassegna all’idea di non poter avere la donna che desidera. Il videoclip, ideato e girato da Chiara Feriani, racconta l’ossessione di questo desiderio attraverso un tallonamento in macchina, seguendo le vie di una metropoli in un moto circolare, in apparenza senza fine, come una continua ricerca dell’altro che in realtà abbiamo accanto, ma senza accorgercene. Il colpo di scena finale riassume alla perfezione il concetto alla base delle parole cantate da Pierpaolo.
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“Come ti Vorrei” è il nuovo video di Pierpaolo Capovilla.
Codeina – Allghoi Khorhoi
L’ultima fatica dei Codeina è Allghoi Khorhoi registrato e mixato da Fabio Intraina al Trai Studio di Inzago (MI). L’Allghoi Khorhoi è un verme rosso brillante leggendario, che sputa acido, emette scariche elettriche ed è in grado di uccidere un uomo. Più che gli Afterhours sembrano i Verdena dei primi dischi già nell’ascolto di “22 Dicembre”, il singolo di lancio dell’album. Si sgola Mattia Galimberti (“non sei uguale a me”) probabilmente contro la massa, intenta, sotto le feste, a fare regali o a scoppiare botti: “Anche se sei bello ricco e intelligente sappi che sei merda”. Si sentono i Germi degli After nel DNA dei Codeina e la voglia di scatarrare sui giovani d’oggi. Il “Male di Miele”, la melodia e il rumore ritmico controllato di Emanuele Delfanti al basso e Alessandro Cassarà alla batteria. Il sound attufato, per scelta, trova finalmente un po’ d’aria in “Cascando”, canzone intima, sull’ansia di essere amati o no e si fa notare anche qualche similitudine con il Teatro degli Orrori. Sembrano un “Carrarmatorock” in “L’Appeso” ma con le voci più lontane rispetto a quella di Pierpaolo Capovilla mentre mi ricorda “Dea” degli After, il brano “Crepa”. È un derivato dell’oppio la Codeina e non è proprio la musica giusta da ascoltare in estate.
In arrivo “YEAHJASÍ! BRINDISI POP FEST 2014”
Lunedì 4 e martedì 5 agosto 2014 nel laboratorio urbano ExFadda di San Vito dei Normanni ritorna YEAHJASÍ! Brindisi Pop Fest, il festival dedicato alla nuova scena musicale brindisina e pugliese. Nato da un’idea dei musicisti Amerigo Verardi e Roberto D’Ambrosio (direttori artistici della manifestazione) con il prezioso supporto di Roberto Covolo (responsabile di Exfadda), YEAHJASÍ! Brindisi Pop Fest ha l’intento di risvegliare un senso di responsabilità collettiva per creare una rete tra artisti, operatori e fruitori di musica.
Lunedì 4 agosto tocca al leader e fondatore dei Marlene Kuntz Cristiano Godano e al cantautore Riccardo Sinigallia impreziosire la manifestazione dedicata alla nuova scena musicale brindisina. Martedì 5 agosto sarà la volta di Pierpaolo Capovilla de Il Teatro Degli Orrori ed Emidio “Mimì” Clementi dei Massimo Volume. Non solo grandi musicisti ma uomini disponibili allo scambio artistico con i giovani talenti del territorio brindisino, in una interazione progressiva che prenderà il via alle 17 con i workshop pomeridiani curati da Barbara Santi (“Rumore”) fino ad arrivare alla collaborazione in sala prove e sul palco.
Come nelle edizioni precedenti del festival, suoneranno anche alcune band della provincia di Brindisi e altre provenienti dal resto della regione. Lunedì 4 agosto toccherà a Giooge, MinimAnimalist, Non Giovanni, Plof, Sofia Brunetta; martedì 5 agosto sarà la volta di Fukjo, The Black Spot, Moustache Prawn, Ph-, Thee Elephant.
Pierpaolo Capovilla – Obtorto Collo
Nudo e pesante: le prime parole che affollano la mia mente ascoltando questo nuovo lavoro di Pierpaolo Capovilla. Il ben noto frontman de Il Teatro degli Orrori e dei One Dimensional Man tenta la strada solista attraverso undici episodi di pura maledizione: Obtorto Collo. È senza ombra di dubbio un disco viscerale, con il quale il Capovilla si mette a nudo, mostrando quanto di più profondo, libero dagli schemi del Rock, dalla ritmica e da ogni altra forma di indirizzamento. S’incammina in una nuova strada, tortuosa e buia, sperimentando a tratti uno scurissimo reading sulle note di Paki Zennaro. Già in passato la sua musica ha suscitato non poche critiche, risultando complessa ed affascinante allo stesso tempo e generando un’ambigua scissione fra odio e amore. Un po’ come accade per i Marta sui Tubi, il cui pubblico è scisso: o 10 o 0, nessun brano escluso. Capovilla è uno a cui non piacciono mezzi termini nè scale di grigi. È tutto o niente. L’ultimo lavoro ne è la prova.
Obtorto Collo è un lavoro di estrema ambizione, fin troppo sperimentale: è Icaro, incontentabile e presuntuoso. Capovilla demolisce poco a poco ogni forma di armonia, cedendo il passo alla mera poesia. Riesce ad andare oltre. Un poeta maledetto. Racconta di storie tragiche, di storie vere, di intellettuali rom di periferia, di violenza e di maltrattamenti ospedalieri. Racconta dolore su note buie, attraversando capitoli di tremenda agonia come “Ottantadue Ore”, capitoli di sfogo politico e capitoli di più lieve impatto e maggiore armonia, quali “La Luce delle Stelle”. La title track è l’assoluta maledizione del poeta. Fra strumentale e parlato è in grado di generare la più profonda angoscia nell’ascoltatore. È il teatro dell’oscuro e, personalmente, lo trovo un estremo azzardo. Troppo estremo.
Sono molti i punti in cui la critica ha riscontrato un avvicinamento ai Massimo Volume, ma francamente lo trovo un paragone forzato ed assolutamente fuori luogo. Le differenze sono enormi! Tematiche, generi e musicalità sono lontani anni luce. Il sol fatto di adottare un reading style non comporta la possibilità di raffronti. Sfatato questo mito, posso affermare che, personalmente, trovo il disco eccessivamente complesso, molto più del necessario. Un artista come Capovilla può certamente darsi arie e permettersi di osare, ma per lanciare un messaggio è necessario adottare il linguaggio del popolo. Troppa distanza, troppo buio, troppa sperimentazione, troppa intimità. “Invitami”, primo episodio, è un sunto perfetto al riguardo. Il mio giudizio si basa sull’aver troppo osato, sull’essere andati troppo oltre. Restano i complimenti per l’incredibile personalità mostrata ancora una volta. Pierpaolo Capovilla conferma la sua intellettualissima vena artistica, dando prova di potere praticamente tutto. Ma troppo oltre trovi il nulla e dal nulla non si emerge. Cinque e non di più. Anche Icaro volò in alto, ma così in alto che il Sole sciolse la cera che gli teneva le ali. E cadde giù.
Pierpaolo Capovilla presenta Obtorto Collo
Solo ieri è uscito in tutti i negozi e digital store Obtorto Collo, il disco scuro e romantico di Pierpaolo Capovilla, leader della storica formazione de Il Teatro degli Orrori.
Sempre ieri sera presso La Feltrinelli di Torino si è tenuto il secondo appuntamento di una serie di incontri con l’artista che prosegue oggi a Verona e venerdì ventinove maggio a Roma.
Pierpaolo Capovilla, il primo singolo ad Aprile
E’ di poche settimane fa l’annuncio del debutto solista di Pierpaolo Capovilla, dopo un lungo percorso da protagonista con la band cardine Il Teatro degli Orrori. Il suo primo album sarà nei negozi entro l’estate su etichetta Virgin / La Tempesta per Universal Music.
Il disco sarà anticipato ad aprile dall’uscita del primo singolo, un estratto che introduce al nuovo viaggio intrapreso da Capovilla, un viaggio che lo porterà nuovamente sul palco a partire dall’estate di quest’anno.
Capovilla annuncia il suo primo album solista
Cantante, bassista, leader e fondatore di due dei gruppi che più hanno segnato la storia della musica indipendente degli ultimi 10 anni, Pierpaolo Capovilla è stato protagonista, oltre che con One Dimensional Man e Il Teatro degli Orrori (l’ultimo disco Il Mondo Nuovo è del 2012), anche nel recente ciclo di letture tratte dal romanzo di Matteo De Simone “Denti guasti”, e nel reading “La Religione del Mio Tempo”, interamente dedicato a Pier Paolo Pasolini. Un lungo percorso che oggi vede Pierpaolo per la prima volta impegnato in un progetto solista che uscirà nei negozi entro l’estate su etichetta Virgin / La Tempesta / Universal Music.
Il Magnetofono – S/T
Ottima ricerca e raffinato pathos in questo diamantino d’altri tempi, un ammiccante registrato che porta la polvere in bocca e il seducente delle cose ritrovate, ha il nome della formazione che lo a creato, Il Magnetofono, Alan Bedin, Emmanuele Gardin e Marco Penzo, un trio e un disco che fa luce lontano dai moderni riflettori ed ingentilisce di molto, straordinariamente, il timbro di ascolto fino a piegarlo delicatamente sotto la sua “saudade” pregevole.
Canzone d’autore per traiettorie estranianti, un piccolo lusso uditivo che trascina all’indietro tra nebbie jazzly, Buscaglione, amarezze e disillusioni da tabarin, tratteggi alla Sergio Bruni e Arigliano, un Tenco discostato “Finezze” e tutte le atmosfere di un tempo andato e che ritorna in punta di piedi per far “rumore di classe” tra tanti ascolti roboanti e scalcagnati, tracce dove la staticità vibrazionale non è rintracciabile, tutto scorre come un magone nella gola dei ricordi, dei bei ricordi.
Il disco ospita a bordo Capovilla, Freak Antoni e Vincenzo Vasi mentore di Capossela “La Merenda Del Mago”, una registrazione da centellinare in notturna, in quel lasso di tempo in cui tutto riaffiora e si condensa dentro l’animo, magari con un qualcosa dentro un bicchiere e con gli occhi fissati al soffitto di una stanza vuota, tanto alla riempitura ci pensano queste micidiali tracce, queste dolci schegge musico/teatranti che una volta entrate nell’immaginario si prendono tutto quello che non si sospetterebbe mai di possedere; anni Cinquanta e prosceni messi su traccia, sogni, deliri e un sustains di sana egocentricità circense Felliniana “La Dichiarazione Del Mago” fanno bagaglio stupendo da sdoganare a chi vuole un senso musicale e di parole tra il setoso e il grezzo del tessuto da balla, poi man mano che il tempo passa questo disco si dichiara in tutto il suo intento, quello di stregare (facendolo) con una devastazione poetica sublime.
Appena ascoltata la bella rivisitazione di “It’s A Man’s, Man’s, Man’s, World di James Brown e che prende il nome di “Mondo Di Uomini”, altri sono i punti di contatto con la bellezza come la filologia di un Carmelo Bene che Capovilla marca alla voce in “Non Ho Finito” e le mosse di un tip-tap degno delle “sciantoserie” da Belle Epoque dove un Vasi si fa giocoliere di parole, storie e intrecci da film quasi-muto, poi il resto è elogio puro alla creatività di una voce, pianoforte e contrabbasso che, come dentro una capsula del tempo, ci fa suggestionare e assaporare, in perfetta solitudine, un incastro musicale sfacciatamente stupendo.