Qualche giorno fa vi ho raccontato, con una certa vena di eccitazione e sana inquietudine, di un disco chiamato Pislas, ristampato qualche mese fa, e di una certa band dallo strampalato nome, Paolino Paperino Band. Se avete letto quelle mie parole, avrete capito che cosa questi cinque ragazzi abbiano simboleggiato per la nostra gioventù ribelle a modo nostro; poi però succede che questa stessa formazione dallo sconclusionato nome, Paolino Paperino Band, decide di tirar fuori un album nuovo, oltre vent’anni dopo da quel mezzo capolavoro e ci tocca quindi smetterla di sognare ad occhi aperti pensando a tempi ormai andati e valutare con onestà intellettuale questo Porcellum. Che cosa è cambiato dai tempi di Pislas a oggi, nella loro musica? Poco, se guardiamo allo stile puro eppure tanto e non certo in senso positivo. Gli undici brani di Porcellum seguono le stesse dinamiche Punk degli esordi ma non riescono a proporsi con la stessa potenza, scivolando in maniera più lineare, senza troppi cambi di ritmo e riducendo al minimo quelle follie soniche che ci parevano ergere i nostri su un livello di superiorità rispetto ai colleghi italiani.
Anche in quanto a temi e testi, lo stile è quasi immutato, con un cocktail di attacchi al sistema e a nemici quasi reali e di spessore sempre cercando di velare il tutto in un’ironia che stavolta pare forzata oltremisura e poco incisiva e realmente divertente, a differenza di quanto succedeva venti anni fa. Oltre la nostalgia e la malinconia che evidentemente deve aver colpito anche loro, vista l’autocitazione di “Fetta”, storico brano dei Paolino (“fetta di salame o di prosciutto, fe-fe-fe-fe-fetta con il ketchup, con lo strutto”) resta tanta amarezza e delusione e anche quel fastidioso senso di malessere di chi sbatte la faccia contro la dura realtà. Cristo Santo, non ho più diciotto anni, non è più tempo di “giri morti” in macchina a zonzo, fumo e birra e i Paolino Paperino Band non sono più gli stessi forse perché noi non siamo più gli stessi o forse perché, certe cose possono dirle solo dei ragazzi un po’ fuori di testa e non degli adulti rimasti troppo ancorati al passato. La nostra rivoluzione è fallita eppure resta quella tristezza che mi ricorda che sognare che il tempo si sia fermato a venti anni fa, in fondo non costa nulla.