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La Band della Settimana: Spiral69

Written by Novità

Vi avevamo già parlato in passato di questa band Darkwave romana e oggi, quasi in concomitanza con l’uscita del loro nuovo videoclip, cogliamo l’occasione per parlarvi ancora di loro, o meglio per suggerirvi gli Spiral69 eleggendola a nostra Band della Settimana.

Riccardo Sabetti, già fondatore della band Pixel e bassista/chitarrista del gruppo Darkwave partenopeo Argine, nel 2007 lascia gli Argine per dedicarsi al proprio progetto solista Spiral69. Il nome Spiral69 viene da una pellicola hard tedesca degli anni 80 e viene scelto durante le session di registrazione del primo album, avvenute in una villa sull’isola di Procida. Nel progetto Spiral69, Sabetti mischia le proprie precedenti esperienze, l’Industrial dei Pixel e la vena gotica e malinconica degli Argine, con un suono a metà tra il Folk, la New Wave, l’Elettronica e il Rock. Nel maggio 2009, in co-produzione con l’etichetta indipendente Megasound, pubblica l’album d’esordio, A Filthy Lesson for Lovers, scritto, arrangiato e suonato interamente da Sabetti. Al disco segue un tour di più di settanta concerti in quindici mesi in Europa. Da questa esperienza si costruisce attorno a Riccardo Sabetti un vero e proprio gruppo: Licia Missori (piano), Enzo Russo (chitarra) e Stefano Conigliaro (batteria). Nell’album e nei concerti vi sono collaborazioni con altri musicisti, come: Marco Manusso, Andrea Ruggiero, Edo Notarloberti, Stefano Ratchev ed Emanuele Colella.

Nel marzo 2011 la band pubblica il secondo album, No Paint on the Wall. L’album è realizzato insieme con la band che ha accompagnato Sabetti nel tour del primo album. Spiral69 non è più una “one man band” ma una band a tutti gli effetti. Si susseguono i singoli che promuovono l’album, tra i quali il brano “Best Porno” e “The Girl Who Dances Alone in the Disco” che vede la band duettare con Tying Tiffany. Durante il tour di “No Paint on the Wall” del 2011, Stefano Conigliaro viene sostituito dal batterista Andrea Freda. Ad aprile 2012, gli Spiral69 entrano in studio per la produzione del nuovo album. L’album questa volta sarà prodotto da Steve Hewitt, missato da Paul Corkett e registrato nei Moles Studios di Bath, in Inghilterra. Il 18 Febbraio 2013 viene pubblicato il primo singolo estratto dal nuovo album, “Please”; il brano è accompagnato da un video che ripercorre in forma di documentario, le tappe più importanti percorse dalla band negli ultimi anni.

Questo invece è il nuovo singolo e videoclip “Low Suicide”.

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“Diamanti Vintage” 24 Grana – Loop

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La Napoli delle grandi sorprese, serbatoio inesauribile di vecchie e nuovissime esigenze espressive, in questo caso un pezzo della Bristol muffin e caliginosa che viene fuori dai vicoli partenopei che aprono gli occhi su se stessi e su nuove direttrici soniche; i 24 Grana sono una delle più straordinarie nuove proposte underground che questa città geniale conia tra umori rarefatti, denuncia, ritmi trasognanti e tutta quella psichedelica urbana, anni novanta in cerca di altro e che trovano in questa formazione una certa risposta alle nuove ondate che arrivano dall’Inghilterra e da altre prospettive.
Loop”, l’album d’esordio, è lo sfogo libero di una quartetto che ama la posse e il dub, vive al centro focale di un fermento culturale – quello degli anni novanta – ed innesta nella sua musica istinti tribali e sonorità Giamaicane, un frullato lento ed inesorabile che ipnotizza e suggestiona al pari di un giro mantrico che se ne frega della staticità; Francesco Di Bella chitarra e voce, Renato Minale batteria, Armando Cotugno basso e Giuseppe Fontanella chitarra, mettono in circolo un suono a spirale, tradizione e sperimentazione viaggiano fondendosi e vanno ad implementare una sonorizzazione “drogata”, una moltitudine di “stati galleggianti” decisamente mirabolanti, genuini nella loro carica psicotropa ad oltranza. Cantato in napoletano, l’album è un piccolo capolavoro di nervi, tensioni e dolcezze fumiganti, un’elettronica che infilza emozioni ed un crescente pathos che spinge chiunque a dondolare il proprio corpo con esso.
Un movimento continuo, il reggae saltallimpo “Introdub”, le sintomatologie indo-balcaniche “Pixel”, le nebbie stratificate “Patrie galera” e le scandagliate in levare che portano “Lu cardillo” a chiudere l’ascolto dell’album, ma poi ti ricordi della magia a cerchio della titletrack e ricominci daccapo questo gioco inviolabile dei 24 Grana rimanendoci sotto, impossibilitato a riprenderti da li a poco.
Capolavoro  oltre le usure del tempo

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