Post-metal Tag Archive
Agriculture – Agriculture
Written by Francesca Prevettoni• 21 Settembre 2023• Recensioni
Le sonorità più estreme si fanno veicolo di un messaggio carico di tensione positiva: il quartetto “ecstatic black metal” di L.A. sorprende sovvertendo ogni cliché.
Continue ReadingBIG|BRAVE – nature morte
Written by Daniel Molinari• 24 Febbraio 2023• Recensioni
Un santuario noise che si muove lentamente in una danza feroce sprigionando un universo heavy contemplativo e catastrofico.
Continue ReadingAsian Glow & sonhos tomam conta – Dreamglow
Written by Silvio Don Pizzica• 13 Gennaio 2023• Recensioni
Corea e Brasile si incontrano per dare vita a una insolita fusione di generi.
Continue Reading10 dischi usciti quest’anno (perché sì)
Written by Maria Pia Diodati• 19 Luglio 2019• Recensioni
Tra le novità 2019 i lavori di Orville Peck, MorMor, La Batteria…
Continue ReadingRecensioni #18.2018 – Tomat Petrella / The Whip Hand / The Rambo / Lachlan Denton / PinioL / Ropsten / Truemantic / Nereide
Written by redazione• 26 Ottobre 2018• Recensioni
10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #23.06.2017
Written by Maria Pia Diodati• 23 Giugno 2017• Playlist
Dotzauer – Deep
Written by Lorenzo Cetrangolo• 11 Gennaio 2014• Recensioni
I trevigiani Dotzauer si inabissano nel loro album d’esordio Deep, un concept sull’affogare, tema affascinante e veramente adatto alle sonorità sommerse, lente e interiori che il trio riesce a ricreare in sei (lunghi) brani di un Post Metal all’apparenza cupo e riflessivo, ma che in realtà non risulta poi così difficile all’ascolto. Ecco, forse il pregio dei Dotzauer è proprio questa capacità di miscelare il suggerimento di una pesantezza (“Organic Silver”, o il corpo centrale di “Air Hunger”, con il suo incedere Sludge dai riff ruvidi e martellanti), con atmosfere iridescenti, più acide e frizzanti (“Water Buries the Skyline” o l’inizio della stessa “Air Hunger”, dove si toccano attimi di intenso Post-Rock), fino a raggiungere fondali Ambient quasi fossero pause fra un’immersione e l’altra (“Deepster”, quattro minuti di un soundscape pressoché perfetto).
L’unico particolare che non riesce a soddisfarmi fino in fondo riguarda il cantato, curato da Alberto Brunello degli Whales and Aurora: un growl monocorde e che dal secondo brano in poi inizia ad annoiare, per poi rilassarsi giusto all’inizio sia della quarta che della quinta traccia, dove riprende in naturalezza. Intendiamoci: tecnicamente il risultato è più che sufficiente, ma si ha come l’impressione che il comparto vocale sia per i Dotzauer un aspetto secondario, magari non a livello produttivo, ma, implicitamente, nell’economia generale del disco. Forse avrei preferito una maggiore varietà vocale, o forse, semplicemente, mi attanaglia la curiosità di poter un giorno ascoltare i Dotzauer misurarsi con una produzione 100% strumentale, sento che il risultato potrebbe essere parecchio interessante.
Al di là di queste piccolezze, Deep (altro esempio di oculatezza da parte di Red Sound Records, che continua a produrre dischi sensati e con un taglio molto netto e competente) resta un album che mantiene ciò che promette. Un album da riascoltare, da perdercisi. Da tuffarcisi dentro, anche: da cui farsi sommergere. Ci vediamo sul fondale.
Gli Altri – Fondamenta, Strutture, Argini
Written by Lorenzo Cetrangolo• 13 Marzo 2013• Recensioni
Un bellissimo titolo, Fondamenta, Strutture, Argini. Azzeccatissimo. I brani di questo bel disco de Gli Altri, quintetto savonese, sono sudati, graffianti, impulsivi, come a combattere una geometria, un’aridità del paesaggio che li (ci) circonda.
Fondamenta, Strutture, Argini è una sorta di concept su “la mutazione degli spazi, del territorio, dei modi di pensare e di vivere, l’individualismo”, con testi diretti, senza fronzoli, che si salvano dal rischio di apparire banali soprattutto quando raccontano, immediati, una necessità personale, un’ansia particolare, la voglia di urlare nel vuoto, con la propria voce, e non con quella di un insieme, di una generazione, di una classe sociale.
Musicalmente mi ricordano i Linea77 più hardcore, soprattutto per la parte vocale, cadenzata, urlata, dove la melodia non esiste. C’è la rabbia di certi NiCE, c’è il caos, il rumore, il furore, insieme ad aperture e dissonanze noise/shoegaze in zona One Dimensional Man/Teatro Degli Orrori, e lontane eco di cantilene alla Peggio Punx: in effetti, a tratti, gli anni ’80 del punk italiano affiorano nei testi de Gli Altri, soprattutto quando si parla di inadeguatezza, di solitudine, di insofferenza. Alcuni brani (penso soprattutto ai due strumentali, “06:33” e “Istanbul”, ma anche alla lunga “Cera”) aprono pozzi di rumore e architetture sonore in cui è obbligatorio sprofondare, immersi tra il piacere di perdersi e l’inquietudine per il dover subire ondate su ondate di distorsioni vibranti e ritmiche incessanti.
Ma ciò che rende veramente Fondamenta, Strutture, Argini un prodotto interessante è l’intuizione che sta dietro la visione d’insieme: l’inadeguatezza del singolo, la propria impotenza, che viene specchiata nell’ambiente, artificiale e non, circostante. “Fra le fessure / lungo i margini / nei solchi rifiutati / negli interstizi abbandonati / il mio solo spazio possibile”, oppure “Noi due soli sulla spiaggia, ombre viola sulla sabbia / e all’orizzonte ciminiere, cave e isole nascoste / un cimitero a cielo aperto, schiavo degli investitori / ecomostri di partito, piattaforme e tricolori”, e ancora “Costretto dagli spazi imposti da geometrica complicità / imposti nel silenzio, in scatole compresse / legittimati da un modello che si pone come un solo paradigma / un unico sistema”: l’interno e l’esterno si confondono, in un discorso in cui si fatica a distinguere la precisa linea di demarcazione tra emozione umana, così cangiante e viva, e freddezza del metallo, del cemento, della pietra.
Da ascoltare pensando alle baracche, ai muri scrostati, ai lavori in corso infiniti, alle buche per strada, ai palazzi vuoti e anneriti dallo smog… insomma, alle nostre città, simboli perfetti del caos esistenziale che ci portiamo dentro.