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RB.Novembre – Acriliche Addizioni Umane (Disco del Mese)
Gabriele Squartecchia, in arte RB.Novembre, esordisce in un full length di incantevoli chiaroscuri con questo Acriliche Addizioni Umane: nove tracce che mescolano Elettronica dai toni Ambient e Pop impalpabile e sofisticato, utilizzando gli strumenti come pennellate leggere d’acquerello, in arrangiamenti sempre puntuali e ragionati, tra beat e batterie, chitarre elettriche e synth, pianoforti e archi.
Punti di forza del lavoro sono soprattutto la voce eterea e carezzevole di Gabriele, pronta a disegnare linee melodiche ipnotiche e appiccicose senza sembrare per questo eccessivamente ruffiana, e le piacevolissime fughe strumentali che si nascondono attorno ai brani, con quei tocchi di psichedelia atmosferica architettata con gusto e precisione (penso al finale di “Ironichetragiche”, alla coda di “Il Tempo lo Spazio le Visioni”, con un certo gusto orchestrale, o ai ritmi di “Se Poi pt.2”). C’è poi, nel complesso, un notevole gusto, quasi Prog, nella mescolanza di generi, negli arrangiamenti labirintici, nella rivoluzione delle strutture dei brani, che sono funzione dell’artista e della sua visione, e non il contrario, come spesso accade.
Acriliche Addizioni Umane è insomma un esordio curioso e stuzzicante, che pecca di qualche rara ingenuità vocale e di qualche lieve imperfezione sparsa che, ne sono certo, una produzione più attenta e più matura saprà correggere, regalandoci un secondo tempo ancora più entusiasmante.
Da ascoltare se siete degli inguaribili romantici alla ricerca di una colonna sonora per farvi un viaggio mentale di tre quarti d’ora e rotti, sognando.
Mike 3rd – The War Is not Over
In genere i dischi fatti da (poli) strumentisti “sgobboni” che arrivano dalla musica più colta e complessa e si gettano a fare simil-concept album da ventuno brani con ospiti internazionali di alto livello mi preoccupano molto. Percepisco spesso quel puzzo di elevato livello tecnico che lascia in secondo piano i contenuti a favore di un masturbatorio cantarsela allo specchio per mettere in risalto muscoli e abilità. Questa volta però la situazione si è salvata: la sfida è capire quanto. Mike 3rd (al secolo Andrea Michelon Prosdocimi), già fondatore degli Hypnoise, sforna, con puntualità sul centenario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, il suo secondo disco, The War Is not Over. Ispirato nella struttura ai “Quadri di un’esposizione” di Musorgskij, il disco è un fervente e sentito omaggio a tutte le vittime della guerra e un inno alla pace e alla fratellanza. Le coordinate sono quelle di un Prog Rock funkeggiante e spesso arioso, in cui le zone più aperte e pinkfloydiane sono quelle che funzionano di più (“In the Twilight”, verso l’inizio, con Tony Levin, o la vicina “Black Sun”, o, ancora, la desertica, a tratti vuota, “Lost”), mentre quelle più ritmiche e mobili stonano alquanto col senso generale del disco (“Night with a Thousand Furry Animals”, per esempio, o il Rock più quartato di stampo sixties di “In the Light”). In generale si tratta di un disco di raffinato livello tecnico e produttivo (registrato in analogico con una particolare cura per la dinamica e la “pasta” del suono) e con un lodevole intento lirico, che però non sconvolge né innamora.
Bad Love Experience – Believe Nothing
Questo è il Pop che mi piace: complesso ma non complicato, leggero ma con una sua densità. I Bad Love Experience volano alti nei venti minuti e qualcosa che compongono il loro ultimo Believe Nothing. Lingua inglese, sapore internazionale, atmosfera retrò, miscele di Art Rock e Art Pop con innesti Elettronici e sfumature Prog, un parco sonoro che dire vario è sminuire (“Inner Animal”), un gusto per la melodia che si accompagna all’idiosincrasia verso le strutture tradizionali della canzone (“Below as Above” e quel riff…). Gli anni Settanta visti dallo spazio o qualcosa del genere.
C’è poco altro da dire, perché il progetto fila e il disco è godibilissimo. A fine ascolto l’unica cosa che personalmente mi manca è quel qualcosa in più, chiamatelo “sguardo”, “identità”, “voce”, un qualcosa di personale che mi faccia innamorare irrazionalmente di loro, qualcosa che fra un anno mi obblighi a recuperarli e a immergermi di nuovo nei loro abissi luccicanti e vellutati. Ma voi non datevene cruccio e fate un tuffo, poi chissà.
Annot Rhul – Leviathan
Ebbene, Annot Rhul, la creatura del polistrumentalista Sigurd Luhr Tonna, si è concretizzata, ha avuto la sua benedizione ed è pronta a far sognare. Tonna sforna Leviathan, un disco dalle varie sfumature che a tratti omaggia gli Anathema, a tratti pilastri come i Tool, i Goblin o i Porcupine Tree. Anche questo è un lavoro che solo una label come la mastodontica Black Widow Records poteva promuovere. Parliamo di un disco che è capace di far viaggiare e creare sottili momenti di riflessione attraverso le sue soavi atmosfere. E’ un lavoro a tinte Ambient, Gothic e Progressive. Leviathan è di facile ascolto, riesce a trascinarti con la mente in posti bui ma candidi al tempo stesso: un cielo stellato, un bosco ricoperto da lucciole o un mare tagliato a metà dal riflesso della luna. Sono pratici esempi dell’ espressione del disco: il connubio tra luce ed oscurità. La tecnica di Tonna è invidiabile sia sugli strumenti che sui missaggi e le registrazioni. Leviathan si ispira ai lavori di H. P. Lovecraft e con molta probabilità l’ operato del chitarrista/tastierista norvegese potrebbe fare da colonna sonora dei racconti del grande scrittore. Il disco si poggia molto sui giochi delle tastiere e non a caso queste ultime hanno un ruolo importantissimo se non principale. Ci sono gli elementi giusti per un sound che dal Prog passa allo Psichedelico e al Gothic in stile Goblin. Un buon lavoro è stato svolto anche per l’ artwork molto suggestivo e particolare. Non solo è bella l’ immagine ma anche i colori adoperati che rappresentano al meglio la musica di Annot Rhul. E’ un disco che va assolutamente ascoltato e sono sicuro che piacerà perchè l’ operato di Tonna è davvero impeccabile.