punk Tag Archive

Pig Tails – So What

Written by Recensioni

Due ragazzi di Mantova. Solo due. Niente basso, niente seconda chitarra. Un organico ridotto all’osso, col cantante che suona anche la chitarra e il batterista. Questi sono i Pig Tails, che hanno dato alla luce So What, il loro full lenght composto di dieci tracce, oscillanti tutte tra il Punk americano e il Grunge anni ’90. Energia da vendere, indubbiamente, come si intuisce già da “Spitfire”, brano modellato sulle sonorità Garage con chitarre anni ’70 e un retrogusto pop, un po’ alla White Stripes.

È con la title-track “So What”, però, che si delinea meglio lo stile del duo: un bel Punk’n’Roll graffiante, su cui si muove la linea vocale dalla timbrica chiara seppure urlata. Particolarmente interessante in questa traccia è la perizia strumentale: i due ragazzi sono davvero molto bravi anche nella ricerca timbrica. “Papercut” e “The Revolution” sono profondamente in debito con i primissimi album dei Green Day quelli delle distorsioni, dei pantaloni al ginocchio e delle scarpe da skater, non certo quella copia patinata di loro stessi che sono ora. Con l’intro di “I Promise”, invece si evidenzia un certo gusto per la dissonanza che ricorda le esperienze del Grunge dei Nirvana di Incesticide, con un cantato più trascinato che lanciato: la ballad finisce però presto per diventare un po’ noiosa e ripetitiva, meritandosi in poco tempo l’etichetta di pezzo meno riuscito del disco.

Per fortuna parte “Stonecutter II” con il suo bel riffone Seventies: il brano potrebbe non essere davvero nulla di speciale, ma gli effetti usati alla voce allontanano dall’Hard Rock tradizionale e lo stacco improvviso che muove verso il Grind rendono la canzone ulteriormente originale. Lo stesso si può dire della successiva “We Can’t Fall”, mentre con “Too Bad” si torna al classico Punk-Rock. La chitarra di “Reptiles” richiama di nuovo il Grunge, ma quello degli Alice in Chains questa volta, e il disco si chiude con un nuovo richiamo ai Green Day, con la tripartita “I’ll Be Here”.

I Pig-Tails giocano con la forma canzone, scombinando le canoniche relazioni e apparizioni delle strutture strofiche e dei ritornelli, mescolando i generi, allargando le maglie di compenetrazione degli stili. Solo sono due e sembrano tanti e hanno i numeri per poter dire qualcosa. L’impressione è che, al momento, stiano esplorando un terreno in cui già molto è stato detto così tutto suona già sentito, ma l’augurio è quello di individuare un taglio più personale, che, supportato dall’indubbia capacità tecnica, non potrà far altro che portare un po’ di fortuna.

Read More

Spaccaossa Punk HC: ecco la line up

Written by Senza categoria

Lo Spaccaossa Punk HC è un festival dedicato alla musica emergente punk e hardcore. La manifestazione si terrà il 5 luglio a San Vito Marina (CH). Di seguito la line-up:

-STRAIGHT OPPOSITION (Pescara HC)
-DIGOS GOAT (Teramo HC)
-PRECARIATO ARMATO (Vasto punk)
-E’PATER LE BOURGEOIS (Lanciano HC)
-RADIOSHAKEDOWN (Pescara punk)

Read More

Teenage Gluesniffers – Chinese Demography

Written by Recensioni

Non voglio spendere troppe parole per Chinese Demography dei Teenage Gluesniffers. Non voglio e, comunque, non potrei neanche volendo. Perché questo breve lavoro del trio milanese scorre prevedibile e inutile dall’inizio alla fine, brano dopo brano dopo brano.

È il solito Punk liceale, quello che andava di moda tra i ’90 e gli anni ’00 del Duemila. Non sto neanche a descrivervelo, sapete già di cosa sto parlando. E sinceramente, per quanto possano essere tecnicamente ineccepibili (o forse proprio per questo), mi sorprende che ci sia ancora gente che fa questo genere senza mai aggiungere nulla, senza mai reinventare. Posso capire le band storiche, che portano avanti, con dignità e passione, un genere che hanno contribuito a definire (e dico anche in Italia, eh). Ma perché continuare a sbattere la testa su questo insieme di cliché sempre identici, sempre uguali, sempre noiosi allo stesso modo?

Sono bravi i Teenage Gluesniffers? Sì. È un bel disco Punk? Probabilmente sì. È un disco che vi consiglio? No. Non sprecateci del tempo, se volete pogare e bere birra con sotto una bella traccia di Punk popolare ed orecchiabile ascoltate Rancid, Blink-182, NOFX, (e non me ne vogliano i puristi per gli accostamenti azzardati…) e, dal Bel Paese, Duff, Punkreas, Pornoriviste. Ne sto tacendo probabilmente molti altri, ma perdonatemi, il tempo in cui mi ammazzavo di schiaffi sotto un palco è passato da anni, ormai… e sarebbe ora di guardare avanti e farsene una ragione.

Read More

Il video bootleg dei Totale Apatia al Roxy Bar

Written by Senza categoria

Dopo avere intervistato RuSsU e visionato il video di “Sai Perché?” per il progetto LaGrandeOnda (che andrà in onda su RoxyBarTv) presso il MUSIC ITALY SHOW in Fiera a Bologna, RED RONNIE ha deciso di invitare i TOTALE APATIA ad esibirsi live nei mitici studi del ROXY BAR, riaperto SABATO 15 GIUGNO per una serata in collaborazione con Aramini Strumenti Musicali che tra l’altro metteva in palio un set completo di batteria e amplificatori per l’artista ritenuto più meritevole.

In qualità di partner dell’esibizione, Rockambula vi propone il video bootleg dei Totale Apatia al Roxy Bar.

Vi invitiamo inoltre a visitare e partecipare, magari inserendo un commento, alla pagina https://www.facebook.com/events/387718038004928/ dedicata proprio alla promozione del video bootleg.

Read More

Bakunin – Bakunin EP

Written by Recensioni

Ispirati forse dal padre russo dell’anarchia moderna, i Bakunin, con questo nome e album omonimo, ci presentano un extended play d’esordio Garage Punk che va a pescare spuntinelle vecchie generazioni rocker degli anni Settanta. Di strada da fare i Bakunin ne hanno tanta; non riesco a trovare elementi innovativi nella loro musica. Chitarra, basso, batteria non fanno nulla in tutti e cinque  i brani per uscire dalla canonicità di un ci “stiamo provando” e risuonano già sentiti e noiosi alle mie orecchie. Ora il lavoro va sempre premiato ma in questo caso non sento né ricerca del suono, né nel ritmo, né un modo originale di cantare a squarcia gola. I gruppi Garage Punk in Europa e USA stanno facendo passi in avanti in questi ultimi anni, cercando sempre nuovi modi per spiattellarti la realtà addosso; provate ad ascoltare i canadesi Metz o i più vicini danesi Ice Age (anche se tacciati di essere filo Nazi per i tatoo) per avere conferma. Questo lavoro non ha niente d’esaltante se non la voglia di emergere della band e la spensieratezza tipica del Punk.

I Bakunin hanno ancora molta strada da asfaltare. Soprattutto dovrebbero discostarsi, se intendono ampliare il proprio pubblico e cercare di farsi spazio nelle solite litanie Punk Rock improvvisate. Chiariamo un concetto: non è che se il Punk è facile da suonare allora basta un ritmo serrato, una chitarra distorta, voce urlata e spensieratezza. Potrebbe bastare tutto ciò ma se non ti muovi dalle “solite cose” non fai passi avanti e vieni percepito come “scontato” da chi ascolta. Nel complesso l’album è pieno di licks, refrain, riff e triads già sentite e superate. Ascoltate “I Wanna Get You” per un lik scandito a 4/4 sul rullante, “I Love You” per un refrain che sa di già ascoltato o il riff iniziale di “Mum” e “Street” per le triads. Di certo non manca la grinta ma da sola non basta, non ci si può fermare alle apparenze ma bisogna andare oltre e creare un progetto con un’idea ben precisa.

Read More

Vietcong Pornsurfers – We Spread Desases

Written by Recensioni

Beata ignoranza. Quanto mi piacciono i gruppi così diretti e sfrontati. Pochi fronzoli e buona musica rabbiosa. Sbava dalle casse e mischia la sua saliva con il sudore che si genera già dal solo tasto play del lettore CD.
I Vietcong Pornsurfers (e il nome è già un “fottutissimo” programma) vengono dalla Svezia ma per loro fortuna non si sente troppo. Tutto si può dire ma non di certo che siano i soliti cloni di Backyard Babies, The Hellacopters o Hardcore Superstar.Certo, i maestri scandinavi echeggiano non troppo lontani nelle sonorità dei quattro ragazzacci, ma la base rimane ancorata al vecchio Garage Punk americano e all’Hard Rock più veloce e grezzo che ci sia. Allora onore a leggende come Iggy and The Stooges, MC5, Misfits e Motorhead. Il risultato? Rozzo come un topo di fogna e frenetico come un bolide ai 200 kilometri orari.

Il combo è giovane ma ha la faccia come il culo, la sfrontatezza giusta. Lo dimostra allo start con “Marcel”, chitarre distorte al punto giusto (scelta molto apprezzata), cassa e rullante da cardiopalma e la voce di Tom K a metà tra James Hetfield e Rob Tyner.   La bomba è servita e pronta ad esploderci tra le mani. Semplice e d’effetto: nulla di nuovo eppure un sound spensierato, alcolico e per nulla scontato o banale. Come altre band del recente passato i Vietcong Pornsurfers danno grandi speranze al loro genere. Con una terribile facilità sparano fuori un prodotto convinto e moderno, nonostante in tutto questo ci siano i soliti vecchi e ritriti giri di accordi Punk Rock. La stessa sensazione mi è capitata negli ultimi anni con Buckcherry, The Gaslight Anthem e Gotthard. Tutte grandissime band, a mio avviso troppo sottovalutate.

Paragoni a parte, l’album scorre e la sensazione dall’inizio alla fine è quella di correre a più non posso per scappare da una miriade di dobermann incazzatissimi. Nessuna ballata, tutte tracce killer. La botta è reale e lo stomaco la sente tutta. Dall’inizio bassoso molto Danko Jones di “Dead Track” alla viscerale distorsione vocale (lo conoscono bene il Garage eh?) di “Selfdestructive” che sfocia in un assolo impazzito simbolo di una produzione molto libertina ma non per questo meno efficace della miriade di prodotti iperlimati e infiocchettati che invadono la scena. Degne di nota “Deseases” (accompagnata da un divertentissimo video, guardate sotto!): inno alla musica di Lemmy Kilmister, ma anche grido unito per tutti i disadattati che ancora oggi credono in quella illusione che prende il nome di “Rock’n’roll”. Già perché la sensazione è che i “surfers del porno” non abbiano alcuna intenzione di piacere a qualcuno se non a loro stessi. Anche il singolo “I Hate Your Band” non scende a compromessi, nessun ammorbidente, nemmeno quando emergono i coretti più Glam/Sleaze del ritornello.
Non mi resta che rispondere alla domanda che mi affligge ogni volta che ascolto un disco del genere. Il Rock è davvero morto? La risposta più spontanea che mi viene è: vaffanculo, no!

Read More

Annullata data bellunese dei Punkreas

Written by Senza categoria

Per cause non imputabili alla band e all’agenzia di booking, ma unicamente alla volontà dei gestori, il concerto previsto per sabato 25 Maggio allo Shadows Music Hall di Belluno e’ annullato.
I Punkreas si scusano con i fans e chiunque avrebbe voluto partecipare, sperando quanto prima di tornare a suonare in citta’.

Read More

Officina della Camomilla – Senontipiacefalostesso

Written by Recensioni

Quando ti sei fatta la fama di smonta-cd a forza di rifilare dei 2 e invece inizi a ricevere dischi veramente pregevoli, aspetti l’inversione di tendenza da un momento all’altro. Non è ancora arrivata l’ora di ricominciare a sbuffare e storcere il naso e faticare per arrivare al fondo di un album, però, perché mi arriva questo irriverentissimo Senontipiacefalostesso, creatura dei milanesi Officina della Camomilla. Un ascolto solo e già li si ama per la loro abilità nel mal celare volontariamente tutta la profondità di cui sono capaci. Amore, disillusione, solitudine metropolitana e quella costante sensazione di asfissia dell’uomo soffocato da se stesso, sia psicologicamente, sia concretamente, tra l’architettura urbana che non ha nulla a misura d’uomo, questi ragazzi ci offrono canzoni in cui si parla di una bruttezza preconfezionata, venduta e servita come bellezza. Fanno i punk e piaceranno anche agli hipster. Il disco si apre con sonorità alla Strokes, con echi di quei gloriosi Sixties che per noi hanno un sapore così fresco e pop, che tanto emerge in “Dei Graffiti al Mercato Comunale” e in “Morte Per Colazione” e il suo eco geghegé e la frase, che colpisce per gli accostamenti, «Nell’azzurro dei cazzi miei». La scanzonatura prosegue in “La Tua Ragazza Non Ascolta i Beat Happening” (con quel «Siamo pieni di droga la la la la» che tradisce una sofferenza sociale profonda, affrontata con un’ironia graffiante resa ancora più densa dalla lallazione non sense, che invece che alleggerire il tutto fa scuotere la testa). “Agata Brioche” è quasi Folk, con un certo gusto francese per le sonorità, che si riscontra anche in “Un Fiore Per Coltello”, con molti riferimenti testuali pop (da Monica Vitti al Walkman, dal frigorifero ai quadri di piante) e autoreferenziali, in cui l’autore dice di ascoltare musica orrenda, di ribaltare i poeti e di non avere voglia di vedere nessuno, in una romantica ricerca di rifugio nella solitudine. “Città Mostro di Vestiti” è, invece, un divertissement con un’introduzione pianistica che ricalca un carillon, mentre in “Lulù Devi Studiare Marc Augé” la de-identificazione dell’individuo moderno è richiamata dall’antropologo maestro del Nonluogo, che distingue spazi realizzati intorno all’uomo e spazi, al contrario, che non hanno nessun riferimento storico, nessuna funzione aggregativa, nessuna particolare identità. Torna il rock’n’roll anni ’60 in “Le Mie Pareti Fluorescenti di Nord-Africa”, che cede di tanto in tanto il passo a una marcia, in stile Beatles. Il degrado urbano è il protagonista di “La Provincia Non è Bella da Fotografare”, mentre squisitamente Punk adolescenziale è “Ho Fatto Esplodere il Mio Condominio”. “Pegaso Disco Bar” inizia con uno sfruttamento del rumore alla Sonic Youth che cede il passo in breve a sonorità liquide, con un cambio di ritmo che diventa pesante e dilatato. “Ti Porterò a Cena Sul Braccio di Una Ruspa” ironizza sull’amore, sui ruoli, sulle convenzioni sociali ne rapporti di coppia, mentre la traccia di chiusura “Senontipiacefalostesso”, che nulla ha a che vedere col titolo, è una ballata tradizionale con tanto di archi, una sorta di delicata confessione sentimentale («Ti ho sempre chiamata, senza sapere il tuo nome»). Nessun lamento sterile, nessun compianto, nessuna autocommiserazione. In tutto il kitsch che viene descritto nel disco, in tutta la disillusione che porta a desiderare la solitudine in cui in fondo già si è, si sente una voglia di vivere con un’energia genuina e un’attitudine Punk che non cede mai, però, alla volgarità gratuita, alla provocazione tout court come negli ultimi esiti nostrani del genere (e mi riferisco al Management del Dolore Post-Operatorio). Ascoltatevi questi Officina della Camomilla perchè meritano davvero un po’ del vostro tempo.

Read More

The Neigers – S/t EP

Written by Recensioni

Un salto indietro nel tempo, quando la musica era divertente, facile e rumorosa: grazie al loro omonimo EP, The Neigers trascinano indietro le lancette dell’orologio e riattaccano le pagine al calendario, per farci muovere la testa, i piedi, le mani a tempo, proprio come una volta (bei tempi quelli!).
Il trio mantovano registra in presa diretta, ed è una scelta ottima, che fa passare tutta l’immediatezza di questi cinque brani sospesi tra Rock’n’roll, Proto-Punk, Garage dei tempi che furono e un pizzico di Surf qua e là. Tra le influenze che citano sulla loro pagina Facebook ciò che risalta ai miei occhi sono i Kinks, che mi pare infestino questo disco in modo sottile ma ammiccante, più che altro nell’attitudine che si respira: ironica, leggera, luminosa, ghignante.

Intendiamoci, niente di nuovo sotto il sole, come spesso accade: ma almeno questa volta abbiamo la soddisfazione di cinque brani suonati bene, energici, sorridenti, da testare ad alto volume con la capote abbassata e una bionda con tanto di foulard agitato dal vento a fianco. “Stoned by Your Love” è una canzone da high school prom, ed è quella che più mi ha convinto (quelle più Rock’n’roll in senso stretto mi garbano di meno – “I Want it All”, ad esempio, è troppo deja vu, mentre “Mary”, che mi suona molto Arctic Monkeys, già va meglio). “Monday Morning” è forse la più old school, tra i Kingsmen di “Louie Louie” e qualcosa dei Rolling Stones dei tempi d’oro (e potrei infilarcene mille altri, ma tant’è…). “Burn Like A Bomb” è un degno finale, quasi da spot (scarpe o zaini o diari divertenti, non saprei).

The Neigers EP potrebbe piacere ad un sacco di persone: agli appassionati di California e viaggi on the road, ai quelli che si scatenano sui dancefloor appena odono del sano vecchio Rock’n’roll, ai fanatici della semplicità e dell’immediatezza senza tanti fronzoli, ai nostalgici dei tempi d’oro della musica, dove bastava un “pa papapau papapau papapau papapau pa” per svoltare la serata, tutto il ballo di fine anno e, forse, anche un bel pezzo di vita. Siete tra questi? Prestate orecchio alle chitarre infuocate e retrodatate de The Neigers and see for yourselves.

Read More

Collettivo01 – Cronovendetta

Written by Recensioni

Il punk è un genere che non passa mai di moda, vuoi per la facilità di esecuzione, vuoi per l’immediatezza comunicativa. Ad ogni modo, di gruppi punk è pieno il mondo e anche la nostra penisola vanta una certa copiosa discendenza. Gli esiti, ovviamente, sono qualitativamente molto vari e i Collettivo01 si insinuano a spalle larghe e testa alta in questo panorama. Genuini sin dalla prima schitarrata del loro autoprodotto Cronovendetta, si distinguono per un cantato in italiano (che a volte subisce contrazioni d’accento perché le parole si adeguino alla musica, dettaglio che personalmente trovo parecchio irritante) e l’immediata riconoscibilità stilistica. Certo, non è un genere che lascia spazio a grandi improvvisazioni e la band non brilla per creatività. A onor del vero alla quarta traccia ha già anche un po’ stufato, ma se ci si concentra sulle liriche si scopre che questi ragazzi hanno qualcosa da dire. A parte l’incazzatissima title-track, sono molti i momenti di rabbia e sdegno, come “Non Voglio Stare Qui” e “Tutto il Male Che C’è”, davvero d’impatto. Disillusione generazionale, rabbia adolescenziale, ribellione giovanile, ma anche paura e delicatezza, frustrazione e un generale atteggiamento da outsider che guarda dall’alto e con disprezzo la società in cui è sciaguratamente inserito. Insomma. I Collettivo01 sono una band che, ohibò, ha qualcosa da dire, ma dovrebbero togliersi la patina del già sentito e, pur restando fedeli al loro genere, trovare un nuovo personalissimo hook con cui agganciare l’ascoltatore.

Read More

Mudhoney – Vanishing Point

Written by Recensioni

In molti si credeva che fossero spariti inghiottiti con i panni addosso nel baratro finale del grunge, in quel di Seattle, magari divorati dalla stessa loro febbre tagliente, se non addirittura liofilizzati per voglie inespresse di roba scottante da tirar fuori nei momenti di nostalgia profonda, come quelle fami compulsive che prendono a notte fonda, invece, con un colpo di coda che arriva dopo un lungo silenzio, i Mudhoney si risvegliano e Vanishing Point è il loro nuovo e ritrovato ruggito, anche se un po’ dimesso.

Hanno resistito alle slavine – appunto – Seattleiane, e non sentono gli anni addosso – loro – ma li sentiamo noi all’ascolto, infatti la carica  della “differenza” appare leggermente moscia e glabra dei peli urticanti dei quali la band americana andava fiera, certo rimangono sempre una icona di muscoli, cuore e cervello “andato”,  il loro spunto isterico di rock’n’roll è brutto, sporco e cattivo – come nella pubblicità – ma ascoltando questo nuovo lavoro, di nuovo pare avere pochissimo, tutto risuona di risentito e di movimenti vicini all’anchilosaggine  che non ne fanno più eroi onnipotenti di potenza; dieci tracce che conservano sotto sotto il respiro elettrico e forsennato di Stooges e Black Flag “Slipping”, “I Like it Small”, “In This Rubber Tomb”, ad ogni modo sempre col passo dell’Iguana Iggy che si palesa vunque, a domicilio coatto in tutta la tracklist, ma la testardaggine della band è tanta e credono in quello che fanno e che hanno sempre fatto, forse un’autoindulgenza ma rimane la sensazione netta di un qualcosa che si sta esaurendo vertiginosamente.

Dopo il melanconico omaggio “Sing This Song of Joy” per la scomparsa di Andy Kotowicz (Sub Pop), il rimanente in circolazione è una componente sonora di riff compressi, cantati svenati e ritmiche convulse che riportano solo indietro, pressappoco un operazione nostalgia in offerta speciale che passa senza la minima apparenza di interesse, e ciò – con tutto il rispetto che si deve ad una formazione seminale come poche –  dispiace enormemente,  e sull’onda di una delusione si potrebbe salvare a bordo campo l’ondulamento beat che agita “The Final Course” o la forsennata turbolenza che avvelena “Douchebags On Parade”, ma giusto per salvare l’onore della causa.

Read More

Pills (contraccettivo efficace) Consigli Per Gli Ascolti

Written by Articoli

“Prendo la pillola contraccettiva da più o meno 7 anni, è possibile che una pillola anticoncezionale smetta di fare effetto sull’organismo e quindi non funzioni più?” (cit. di un forum medico)
Questa volta invece dell’esperto rispondiamo noi, beccatevi le nostre Pills dall’effetto duraturo e immediato.

Ida Diana Marinelli
Cibo Matto – Viva! La Woman (USA 2006)/ Pop-Trip Hop  2/5
Duetto newyorchese che dopo molti anni di silenzio e rottura torna, per (s)fortuna, sulla scena musicale con un sound che contamina Pop con Elettronica e il solito stile da giapponesine doc.
Lita Ford – Lita (USA 1988)/Pop-Rock-Metal   3.5/5
Terzo album della chitarrista/cantante statunitense. L’album del successo, molto anni ottanta, una via di mezzo tra Madonna e Bon Jovi.

Silvio Don Pizzica
Captain Beefheart – Trout Mask Replica (USA 1969)   Avant-Rock   5/5
Per Scaruffi l’unico album Rock che valga la pena di essere ascoltato, per me il disco che ha cambiato il mio modo di concepire la musica.
Pink Floyd – The Piper at the Gates of Dawn (UK 1967)   Psych-Rock   5/5
L’unico album dove Barrett abbia un ruolo chiave è l’unico con quel sound speciale ironicamente lisergico. Da qui in poi la musica dei Pink Floyd non sarà più la stessa.

Marco Lavagno
Ministri – Per un Passato Migliore (ITA 2013) Rock  4/5
Finalmente il disco che aspettavamo dai Ministri. La band non pecca più di pressappochismo e sforna un album semplicemente pieno zeppo di grandi pezzi rock, concreti e reali. Suonati con la solita rabbia. Rabbia di coloro a cui (per fortuna) ribolle ancora il sangue.
Eric Clapton – Slowhand (UK 1977) Rock/Blues 4.5/5
Sommerse tra le radici del passato spiccano alcune grandi composizioni del chitarrista britannico: “Wonderful Tonight” e “Lay Down Sally” proiettano avanti una musica mai destinata a morire.

Ulderico Liberatore
Slo Burn – Amusing the Amazing (USA 1996) Stoner Rock 4/5
Album e band praticamente sconosciuti ma l’idea partita da John Garcia, con la sua inimitabile voce, non fa altro che essere un estensione dei Kyuss e un pezzo imperdibile di musica tostissima.

Lorenzo Cetrangolo
Arctic Monkeys – Whatever People Say I Am, I Am Not (UK 2006) Indie Rock, Garage 4.5/5
Il debutto degli alfieri indie del nuovo millennio. Un disco che, bene o male, ha segnato un’epoca.
Vari – Nightmare Revisited (USA 2008) Alternative Rock, metal 3.5/5
Compilation di cover dalla colonna sonora di Nightmare Before Christmas, capolavoro di stampo burtoniano del 1993. Con, tra gli altri: Korn, Rise Against, Marilyn Manson, Rodrigo y Gabriela, Amy Lee…
Pino Daniele – Dimmi Cosa Succede Sulla Terra (ITA 1997) Pop, Funk, Soul 4/5
Un bel disco di pop italiano, scritto e suonato bene. Da segnalare il piccolo gioiellino naif di “Canto do mar”, con Raiz.

Riccardo Merolli
Interpol – Antics (UK 2004) Alternative Rock 3.5/5
Un modo fantasioso di suonare Rock, una maniera inconfondibile soprattutto nella voce. Un disco interessante con tante cose da dire. Non è il paradiso ma neanche l’inferno.

 

Read More