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Me First and the Gimme Gimmes – Are We not Men? We Are Diva

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Vi è mai capitato di aver bisogno di un disco nei momenti di scazzo per poter sfogare un po’ di frustrazione e ritrovare la serenità perduta? Se state pensando a qualche mattonata New-Age o Chill-out siete fuori strada. Dopo più di 6 anni tornano i Me First and the Gimme Gimmes a riportare un po’ di serenità nelle vostre orecchie con il loro ultimo album Are We not Men? We Are Diva. Il titolo, che oltre ad omaggiare il disco più famoso dei grandiosi Devo, ci fa capire fin da subito chi sono state le loro fonti d’ispirazione per la registrazione di questo disco: le più grandi dive della musica leggera anglofona (lo so, Boy George non è tecnicamente una donna, ma sicuramente si sente una Diva!). La formula per sfornare le loro cover è grosso modo sempre la stessa, ovvero un Punk Rock in puro stile californiano abbinato ad una linea melodica che ricorda quella della canzone originale.

Il risultato, per chi conosce i MF&GG’S è abbastanza superfluo dirlo, è spassoso e, come anticipato prima, anti-stress grazie ai suoi ritmi serrati e alla voce rauca di Spike Lawson che interpreta a modo suo le canzoni delle ugole d’oro della storia della musica (immaginatevi Cippa dei Punkreas interpretare una qualsiasi canzone di Laura Pausini). Degne di nota sono sicuramente “I Will Survive” (Gloria Gaynor) che apre il disco con schitarrate e batteria rullante per mettere in chiaro fin da subito di cosa si tratta, e “Beautiful” (Christina Aguilera) che risulta la più divertente nel disco: Spike Slawson, che non è esattamente l’uomo che a primo impatto può sembrare fragile e insicuro, che canta la canzone per eccellenza delle ragazzine che faticano ad accertarsi per il proprio aspetto estetico.

“My Heart Will Go On” (Celine Dion) è l’unica canzone arrangiata in stile Country e ricorda, forse scimmiotta, lo stile dei Mumford & Sons poiché è sovraccarica di cori, accompagnamento di banjo e fisarmonica. La cover più riuscita del disco è sicuramente “Believe” (Cher) in cui la voce del cantante viene modulata in puro stile Dance anni 90 (forse una delle trovate più brutte nella musica commerciale, ricordate gli Eiffel 65?) con accompagnamento di tastiere con effetti spaziali. Are We not Men? We Are Diva! dura, ahimé, solamente 35 minuti ma vi basteranno per rendervi la giornata migliore!

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Punkreas: svelata la copertina e i primi ospiti di Radio Punkreas

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“Sotto Pressione” (Africa Unite) feat Bunna, “La Ballata del Pittore” (Enzo Jannacci), “Poliziotto” di e con Alberto Radius e, da poche ore, “Nuova Ossessione” (Subsonica) feat. Samuel sono le prime tracce di Radio Punkreas svelate nella campagna virale iniziata da pochi giorni sul facebook dei Punkreas.
Radio Punkreas (in uscita il 10 Giugno per Canapa Dischi) è un disco di cover di canzoni italiane che rappresenta un tuffo nella memoria sonora della band, pensato per portare in superficie alcuni frammenti sparsi della loro identità: musicale e non. Una straordinaria raccolta per festeggiare 25 anni di storia sui palchi di tutto lo Stivale. E questo venerdì 30 Maggio i Punkreas ritornano a grande richiesta in tour con uno spettacolo completamente nuovo. Ci sono anzitutto i brani di Radio Punkreas. A questi brani vengono accostate alcune b-sides, cioè canzoni dei Punkreas che – per i motivi piú diversi – sono state raramente o addirittura mai inserite nel live pur meritando maggior esposizione. Ecco a seguire le prime date confermate del tour che proseguirà per tutta l’estate.

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ECCO LE PRIME DATE DEL “RADIO PUNKREAS” TOUR:
30.05 DESIO (MB) – VILLA TITTONI
07.06 LEGNAGO (VR) – SOUNDVITO
13.06 MEDICINA (BO) – MEDICINA ROCK FESTIVAL
20.06 BOGOGNO (NO) – FESTA DELLA BIRRA
21.06 MESERO (MI) – FUSTOCK / MESERO LOVE FESTIVAL
05.07 GRIGNANO (BG) – EASY RIDER FESTIVAL
25.07 COSSERIA (SV) – MACHETE FEST
02.08 PINARELLA DI CERVIA (RA) – ROCK PLANET
10.08 TREVISO – SUONI DI MARCA
29.08 TRESCORE (BG) – FESTA BIRRA E MUSICA

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Rainska – Media Stalking

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Ci sono voluti ben cinque anni per sfornare il primo disco dei Rainska, Lo Specchio delle Vanità ed altrettanti per la loro seconda fatica discografica, Media Stalking. Prodotto con l’etichetta discografica Udedi, registrato presso gli studi de La Baia dei Porci di Nereto, e mixato e masterizzato presso l’Indie Box MusicHall di Brescia, il disco vede la partecipazione di Totonno DUFF nell’opening “Le Bocconiane”, Maury RFC ne “Il ‘93” e Clode LAZULI in “500 Lire”. Oggi lo Ska (o Bluebeat, chiamatelo come volete) non è certamente più di moda come quando nacque nei primi anni Sessanta quando da esso derivarono altri generi che poi divennero persino più famosi quali il Reggae e il Rocksteady. Lorenzo Reale (voce), Angelo Di Nicola (chitarra e voce), Giulio Di Furia (basso e voce), Lorenzo Mazzaufo (batteria), Pierpaolo Candeloro (sax), Eliana Blasi (tromba) e Martina D’Alessandro (sax) ce la mettono tutta quindi per emozionare l’ascoltatore sin dall’incipit della già citata “Le Bocconiane”.

Il risultato è certamente egregio, ma forse da un gruppo che ha festeggiato il decennale della carriera (pochi vi riescono) ci si aspettava anche qualcosa di più. Gli spiriti di Madness e The (English) Beat per fortuna rimangono costanti con i sette teramani sino alla fine garantendo loro un buon fine. Un ulteriore sforzo poteva essere fatto inoltre anche a livello di testi, talvolta troppo semplici ma certamente di sicuro effetto ed il sospetto è che si sia badato più agli arrangiamenti dei fiati che a tutto il resto. Del resto di esperienza ormai ne hanno accumulata talmente tanta da garantire loro la presenza su prestigiosi palchi al fianco di artisti famosi quali Shandon, Punkreas, Velvet, Piero Pelù, Teatro degli Orrori, Giuliano Palma & The Bluebeaters, Paolo Benvegnù, Linea 77, Vallanzaska, Africa Unite e Bandabardò. Dopo tanti e ripetuti ascolti ci si abitua anche al sound che a tratti ricorda persino quello della premiata ditta Sting / Summers / Copeland, ovvero dei Police, e talvolta persino quello del Punk anni Novanta dei Green Day e degli Offspring. Consigliato a chi vuol passare quaranta minuti circa in allegria, da evitare per chi non sa apprezzare Ska e Reggae.

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Nemesi – La Sottile Linea Grossa

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Che cosa rende valido qualcosa di modesto? Cosa rende speciale qualcosa apparentemente normale? E al contrario cosa trasforma il buono in mediocre?
Evitiamo di affrontare inutili approfondimenti su ciò che può legare la proposta della band con il nome scelto Nemesi, che può essere visto sotto diversi punti di vista, letterario, mitologico, cinematografico, pittorico e via discorrendo anche perché il termine, che altri non è che il nome della dea atta a distribuire la giustizia nel mondo, è diventato nel corso del tempo oggetto di “speculazioni” e interpretazioni diverse, diventando sinonimo di vendetta, ma anche titolo di un libro di Philip Roth e potrei continuare con un elenco interminabile di utilizzazioni non sempre lusinghiere. Molto più semplice è parlare dell’album numero due della formazione di Como (e Lecco) composta da Alessio Gentile, Alberto Riva, Moris Colombo, Fausto Tripaldi e Daniele Ferrara ma che in line up non manca di mantenere vivo il nome di Gilberto Valsecchi, voce nel primo album, “L’Alba dei Morti Viventi”, scomparso ad agosto di tre anni fa.

Il sound che caratterizza La Sottile Linea Grossa è un po’ il sunto di quello che è lo spirito e lo stile da sempre connaturato alla band e le diverse esperienze fatte in chiave live al fianco di band come Il Teatro degli Orrori, Linea 77, Sick Tamburo e Punkreas. Un Nu Metal estremamente classico (anche se non molti sono gli esempi noti da utilizzare per aiutare i non addetti ai lavori) con cantato in italiano che spazia da temi intimi che spesso si ricollegano alla scomparsa di Gilberto (“Fenice”, Evasione”) ad altri apparentemente più sarcastici (“Io Porto Sfiga”) o di denuncia non necessariamente sociale e impegnata ma anche più spicciola come quella rivolta all’attuale panorama musicale italiano. Crossover fatto con energia e attitudine Punk ma che non disdegna le ruvidezze, la tempra e la determinazione del Post Hardcore a stelle e strisce riuscendo comunque a esprimersi con una puntualità esecutiva non indifferente. Ovviamente il cuore pulsante dell’opera resta quello stile Metal alternativo all’italiana (quindi con testi e liriche ben in risalto) che ha fatto la fortuna (per modo di dire) dei Linea77 ma l’opera nella sua interezza presenta rimandi diversi anche a generi in parte lontani che talvolta si fanno manifesti (vedi introduzione Ambient e Post Rock), altre volte si celano dietro la potenza sonica.

Cantando in italiano, i Nemesi dedicano tanta attenzione al significato della parte testuale e anche se in Italia troppo spesso si fa l’errore di stare molto attenti a cosa si dice e a far si che il messaggio verbale giunga all’orecchio dell’ascoltatore che ci si dimentica che la poesia è qualcosa di diverso dalla musica e si mette in secondo piano la parte strumentale quando invece dovrebbe essere il principale strumento che un musicista ha per lanciare messaggi. Oltretutto, spesso puntare i riflettori sui testi rivela non tanto i nuovi Umberto Piersanti o Gianni D’Elia ma piuttosto parolieri ingenui, banali, qualunquisti e non troppo brillanti. Nel caso specifico siamo perfettamente nel mezzo e le canzoni passano velocemente tra meandri di frasi sarcastiche, pungenti e azzeccate anche come resa sonora e altri passaggi non troppo interessanti. A dirla tutta, quando i Nemesi cercano di fare i seri e si lanciano in accuse strampalate e pseudo rabbiose al “sistema”, rischiano più volte di perdere credibilità ma è innegabile che i già citati più famosi Linea77 pagherebbero oro tanti dei testi scritti dai Nemesi.

Ma cosa rende ottimo qualcosa di modesto? Molto semplice. Il dettaglio. E tra il caos pazzesco delle tracklist che non corrispondono nel Cd e nella cover, titoli e testi sbagliati nel libretto con conseguente adesivo messo sul cellophane con commento atto a sdrammatizzare, Cd che (per quanto apprezzabile l’autoproduzione tramite Musicraiser) si blocca fastidiosamente al minuto uno e trentadue e una registrazione non proprio impeccabile direi che l’attenzione al dettaglio non pare qui una peculiarità. La cosa conta e tanto anche se quello che più conta è la musica.

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Jerry Moovers – A Cresta Alta

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Questa non me l’aspettavo. Forse non ci pensavo neanche più. Come se tutto quello che ho vissuto (oserei dire quasi “subito”) nei concerti di fine anno del liceo fosse scomparso insieme ai miei brufoli, ai pantaloni larghi coi tasconi e allo zaino scarabocchiato dell’Invicta. E’ un dato di fatto: uno dei “desaparecido” della musica underground anni 10 pare proprio essere il verace e diretto Punk. Certo, vive ancora di rendita grazie ai grandiosi fasti di fine anni 90. Vive nelle sue forme più spinte e più smussate, vive nelle puzzolenti cantine Hardcore e nelle altalenanti classifiche, in cui a volte fa stile scomodarlo. Sopravvive come un virus difficile da estirpare, ancorato nelle venature della musica americana e britannica, ma la sua forma più grezza, più pura, pare essere un vecchio ricordo sbiadito.

Non tutti però la pensano così, o forse sarebbe meglio dire che se ne fottono. E i Jerry Moovers da Bergamo, già a vederli in faccia, pare proprio che se ne fottano alla grande. Seppure giovanissimi vantano numerosi concerti (a dire il vero però quasi tutti nei paraggi di casa) e un secondo disco in uscita, dal titolo inequivocabile: “A Cresta Alta”. Sulla musica poco da dire, se non che il disco è suonato strabene, prodotto con la giusta dose di marciume che non snatura l’essenza del genere. Rullate velocissime, basso plettrato ipermedioso e assoli di chitarra scrausi sono le scelte sicure ma anche le carte vincenti. Il riffone alla Sum 41 nell’intro “Punto di Domanda” ci indica subito la direzione da seguire. Se cercate ciuffi fashion, facce da pomeriggio su MTV o singoli per le vostre comode playlist, questo non è il disco per voi. Questo disco è sigarette fumate di nascosto, pomiciate a caso e pogo davanti a piccoli palchi sudici. Questo disco è più Rock’n Roll di quanto possa sembrarvi. Sparato ai mille all’ora già dal secondo pezzo, “Solo” dimostra che i ragazzi non sono poi così immaturi e sfoggiano pezzi mai banali, nonostante la musica e il cantato di Jako non lascino grande spazio alla fantasia e il rimando ai “classici” (Pornoriviste, Derozer e Punkreas) sia dietro l’angolo.

“Tra Sogni e Realtà” dona linfa e brucia di speranze, che sentite in bocche così giovani strappa un sorriso e fa stringere più forte i pugni, “Il Rumore del Silenzio” e “Ricorda” si spingono verso ritmiche più Hardcore dove il rullante di Seba sembra tagliare le casse a pezzettini. “Veronica” è invece il pezzo che ti aspetti, melodico, spudoratamente adolescenziale e tutto di un fiato. Un piacevole cliché. Inutile ingannarci, questo non sarà mai il disco dell’anno e i Jerry Moovers non saranno mai la band rivelazione dell’underground italiano. Potrei facilmente cavarmela dicendo che sono nati tardi, con un genere che spesso è stato considerato (da me per primo) facilotto e usa e getta. Ma scordiamoci di tutto: dei riff già sentiti, delle facili polemiche contro l’America e delle “creste alte”. Apriamo gli occhi. Qui dentro c’è la foga di fare musica per bisogno esistenziale. C’è tutta la passione che vorrei incontrare ogni volta che ascolto un disco di una giovane band. E datemi del romantico, ma sono ancora convinto che senza questa passione non si combini un bel cazzo.

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XI edizione per il Filagosto Fest

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Dal 30 luglio al 4 agosto si terrà l’undicesima edizione del bergamasco Filagosto Fest, un appuntamento ormai divenuto imperdibile per il panorama alternativo italiano. La rassegna, quest’anno, prevede l’esibizione di grandi nomi della scena musicale nostrana, tra cui spiccano Punkreas, Israel Vibration, Modena City Ramblers, Appino, Fast Animals & Slow Kids, Criminal Jokers, Selton. Tutte le informazioni in merito all’evento sono disponibili sul sito ufficiale della manifestazione.

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Teenage Gluesniffers – Chinese Demography

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Non voglio spendere troppe parole per Chinese Demography dei Teenage Gluesniffers. Non voglio e, comunque, non potrei neanche volendo. Perché questo breve lavoro del trio milanese scorre prevedibile e inutile dall’inizio alla fine, brano dopo brano dopo brano.

È il solito Punk liceale, quello che andava di moda tra i ’90 e gli anni ’00 del Duemila. Non sto neanche a descrivervelo, sapete già di cosa sto parlando. E sinceramente, per quanto possano essere tecnicamente ineccepibili (o forse proprio per questo), mi sorprende che ci sia ancora gente che fa questo genere senza mai aggiungere nulla, senza mai reinventare. Posso capire le band storiche, che portano avanti, con dignità e passione, un genere che hanno contribuito a definire (e dico anche in Italia, eh). Ma perché continuare a sbattere la testa su questo insieme di cliché sempre identici, sempre uguali, sempre noiosi allo stesso modo?

Sono bravi i Teenage Gluesniffers? Sì. È un bel disco Punk? Probabilmente sì. È un disco che vi consiglio? No. Non sprecateci del tempo, se volete pogare e bere birra con sotto una bella traccia di Punk popolare ed orecchiabile ascoltate Rancid, Blink-182, NOFX, (e non me ne vogliano i puristi per gli accostamenti azzardati…) e, dal Bel Paese, Duff, Punkreas, Pornoriviste. Ne sto tacendo probabilmente molti altri, ma perdonatemi, il tempo in cui mi ammazzavo di schiaffi sotto un palco è passato da anni, ormai… e sarebbe ora di guardare avanti e farsene una ragione.

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Annullata data bellunese dei Punkreas

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Per cause non imputabili alla band e all’agenzia di booking, ma unicamente alla volontà dei gestori, il concerto previsto per sabato 25 Maggio allo Shadows Music Hall di Belluno e’ annullato.
I Punkreas si scusano con i fans e chiunque avrebbe voluto partecipare, sperando quanto prima di tornare a suonare in citta’.

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