Se non è un centro pieno, ci manca veramente poco. Il parigino Axel Mannoaud, in arte Orval Carlos Sibelius, dopo i più che convincenti barocchismi dell’esordio omonimo e dopo il suadente Pop psichedelico di Recovery Tapes, riesce anche questa volta ad ammaliare pur senza sforzarsi di suonare troppo originale. Il Pop di Super Forma poggia su tappeti sonori tutt’altro che puliti, spesso rumorosi e gracchianti, con distorsioni antichizzate che aumentano il fascino delle basi dalla forte matrice classicamente popular. Le intelaiature strumentali hanno il fascino adatto ad accompagnare la mente attraverso viaggi spirituali e lisergici, in mondi industriali e tangibili. Super Forma sembra un disco che avrebbero potuto fare i Beatles se suonassero ancora oggi, pieno non solo delle melodie che hanno fatto la fortuna dei mitici Fab Four ma anche delle derive psichedeliche e allucinogene di echi, di voci corali, canti leggiadri e sublimi, effetti basilari, altalene sonore quasi teatrali. È dunque la psichedelia cosmica, che già sembra suggerita dalla copertina, a fare da materia primordiale per la costruzione di Super Forma mentre soprattutto le melodie vocali s’incuneano in meandri di note liquefatte cercando di dare una struttura più solida, Pop appunto, alla musica, generando motivi immediatamente riconoscibili e fruibili dal più ampio pubblico possibile.
A primo impatto saranno tantissime le evocazioni che l’ascolto lascerà trasparire nella vostra mente, tutte da riferirsi a un’epoca d’oro per la musica e riecheggianti nella variegata strumentazione utilizzata dallo stesso Orval Carlos Sibelius (che non disdegna neanche il glockenspiel o altre bizzarrie del tipo) ma anche dai diversi musicisti che lo accompagnano. Si andrà dunque dalle maestosità della scena di Canterbury (“Spinning Round”) fino alla più apparentemente semplice cornice Pop sia britannica e tendente alla danza (“Archipel Celesta”, “Good Remake”) che statunitense e più Folk; si va quindi con scioltezza dai Beatles fino ai Byrds (“Desintegraçao”, “Bells”). Addirittura sembrerà di assistere al compimento di un nuovo gioiello targato Morricone in alcuni brani (“Desintegraçao”, “Asteroids”) mentre la psichedelia diventerà padrona del palcoscenico (“Sonho de Songes”, “Cafuron”, “Huong”) specie dei momenti strumentali che sembrano rifarsi con forza al Progressive italiano, oltre che inglese e statunitense (“Super Data”). Altri apparenti omaggi al passato si avranno in alcune derive funkeggianti e Surf (“Asteroids”) ma la cosa che, in modo molto contraddittorio, sarà più interessante sotto l’aspetto della modernità del sound Super Forma sarà proprio l’utilizzo degli espedienti di un genere (se si vuole definire tale) che trova le sue caratteristiche nella riscoperta di sonorità datate e nella riproposizione di certi suoni, senza ripulirli da quella patina di antico che può essere anche un’imperfezione distorta. Se Super Forma non può certo definirsi un album Hypnagogic Pop, è altresì innegabile che proprio i mezzi di questa nuova corrente che sta facendo la fortuna di Neon Indian o Washed Out, tanto per fare qualche esempio, sono con cura proposti dentro le undici tracce facendo si che da materia non certo innovativa e giocando con il logoro e l’usato, si possa presentare un’opera dal sapore moderno e nello stesso tempo di mirabile valenza arcaica.
In chiusura l’immancabile ghost track, anticipata da una traccia vuota, sarà lo strumento per riassumere tutte le considerazioni possibili su Super Forma, attraverso una canzone/non canzone che si sviluppa in un crescendo vorticoso, nevrotico e psicotico. Per molti questo di Orval Carlos Sibelius sarà l’ennesima prova di un artista incapace di staccarsi dai fasti del Rock di qualche decennio fa ma chi ha dimestichezza con le novità, non farà grosse difficoltà a scoprire tra queste anticaglie soniche piccole gemme, opere d’arte moderna.