Della serie “come con pochi elementi/ingredienti si può tirare fuori un pranzetto niente male”, dalla Torino dei Murazzi e del coloratissimo Balon arrivano gli Arturocontromano, combo musicale con dodici anni di mestiere musicale sulle spalle, e con loro il terzo disco, sgargiante e meticciato “Quello che ci resta”, dodici traiettorie che spaziano tra rock, pop e un frullato di stilemi che, anche se non inventano nulla, sicuramente non annoiano l’orecchio e tanto meno assillano l’anima, si fanno ascoltare come un bel raggio di sole che fa cucù all’improvviso in una giornata traballante, incerta, uggiosa.
Il sestetto Piemontese cuce un disco che suona come un classico, ma ha un portamento strano, profondo ed impegnato nelle liriche, attraversato non da quei non pensieri “vuoti a rendere” innocui che purtroppo intasano la musica dell’ultima ora, ma da un’autorevolezza intelligente e attenta su quello che vive intorno al giorno, dentro l’anima e fuori, dietro l’angolo, un’inquietudine sana che porta emozione e pathos tra elettricità e cortocircuiti personali.
Con lo spiritello di un Rino Gaetano che sorride e s’incazza qua e la lungo le ramificazioni della tracklist, il disco scorre limpido e squillante, abbondantemente musicale e vero, una forza interpretativa che abita in un mondo reale, con quella buona salute che hanno solamente quei dischi che “dicono qualcosa” senza perdersi nel nulla; è musica ideale per riflessioni e rotte soniche da attenzionare, come le incandescenze rock sulle pagine di una vita tutta uguale “E’ ancora mattino”, la circospezione di un viaggio irraggiungibile “Mare ovunque”, la funkadelica che sbatte forte nel “Il paese del terrore”, lo swing latin che circuisce movimenti e lontananze “Insegnava a volare”, l’atmosfera urbana che annebbia le tinte pastello della ballata “Tramonto” o, per tornare all’inizio di questa bella storia, i resoconti notturni di chi il sonno lo ha venduto non per soldi ma per bugie “Bugie notturne”.
Si un “pranzetto niente male” quello apparecchiato dagli Arturocontromano, la loro musica che vive di chiaroscuri intriganti che va molto oltre la giostrina delle somiglianze, e poi perché la semplicità già si premia da se, ma principalmente funziona perché – a capo di tutto – ci sono due cose molto, ma molto importanti: stoffa e testa!