Riccardo Merolli Tag Archive

Pills Týden Patnáct (consigli per gli ascolti)

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“Le Pills non sono cattive. Le Pills sono musica. Il problema è quando quelli che ascoltano le nostre Pills le considerano una licenza per comportarsi come teste di cazzo.” Frank Zappa
Dalle novità extraconfine (su tutti il nuovo The Knife) proposte dal nostro Don, ad una mini carrellata storica targata Sannella. Dalla solita nuova scoperta della nostra Diana (stavolta svedese), sempre in crca di talenti nascosti, ad un classico tutto italiano proposto da Riccardo.

Silvio Don Pizzica
Mazes – Ores & Minearals   (Uk 2013)   Noise Rock     3/5
Come all’esordio, ancora psichedelia sporca in chiave Indie per la band britannica. Come all’esordio, il secondo lavoro dei Mazes non lascia intravedere niente di sensazionale, sotto ogni aspetto.
Dirk Serries – Microphonics XXI-XXV   (Bel 2013)   Ambient, Drone Music   3/5
L’artista belga riesce ad essere imprevedibile, qualunque cosa decida di fare. Questo lavoro ne è la riconferma. Tra atmosfere Ambient e droni elettrici e languidi, non potete perdervi l’ultimo capitolo della pseudo saga Microphonics. Sempre che non sia musica a voi indigesta.
The Knife – Shaking the Habitual    (Sve 2013)   Electronic, Experimental   3,5-4/5
Non per fare lo snob ma un po’ fa rabbia ascoltare tutto l’entusiasmo creato attorno a questa formazione considerando che da fine millennio a l’altro ieri la cagavano veramente in pochi. Oggi sembra la moda del momento ma in realtà, dietro a tutto questo, c’è un album fantastico che ha il merito di crescere ad ogni ascolto.

Max Sannella
Country Joe And The Fish – I Feel Like I’m Fixin’ To Die   (Can 1967)   Psichedelia    5/5
LSD e amori  incontrollati a cavallo di una psichedelica ottenebrante e a due passi dalla luna.
Culture Club  – Colour by Numbers  (UK 1983)   Pop Dance   3/5
Boy George e Soci strabiliano i dancefloor  internazionali con un mix di pop entravesti e calori jamaicani. Fanno centro!
The Cure – Wild Mood Swing    (UK 1996)   Dark Wave   4/5
Dalla “Generazione degli Sconfitti” i Cure di Smith si ricolorano di altre sfumature e promuovono un capitolo sonoro che cambia di non poco il loro status.

Diana Marinelli
Den Svenska Bjornstammen – Ett Fel Narmare Ratt   (Sve 2012)   Pop Techno   3/5
Cliccando a caso si può scoprire musica interessante come questa band svedese formatasi nel 2010 che miscela Pop, Techno e una puntina di Folk.

Riccardo Merolli
CSI – Linea Gotica    (Ita 1996)   Art Rock, New Wave    4,5/5
La migliore (post)rock band italiana di sempre incide un disco dalle tinte forti e sapori amari, l’inizio di una rivoluzione musicale che purtroppo in Italia non si può fare.

Marialuisa Ferraro
Smashing Pumpkins – Mellon Collie And The Infinite Sadness    (Usa 1995)   Rock    5/5
È semplicemente un must have, si presenta da solo, ma va assolutamente ripassato in cuffia di tanto in tanto, per sentire come la voce di Corgan si amalgami perfettamente con l’orchestrazione.
Half Japanese – Half Gentleman/Not Beasts    (Usa  1980 – Ristampa 2013)   Rock   3,5/5
Molto complesso etichettare con un genere questo lavoro: é un’esplorazione primitiva tra le matrici dei generi e le pulsioni ritmiche del reagire umano. Un disco cupo per molti aspetti, violento e crudo, che raramente cede il passo al puro godimento armonico-melodico.

Vincenzo Scillia
Iggy Pop & The Stooges – The Stooges    (Usa 1969)   Punk Rock    4,5/5
Il suono primitivo di un gruppo che è pura storia. “The Stooges” racchiude quel grandioso suono da garage che in tanti hanno seguito. Rispolverare questa perla è stato un vero privilegio.
Finntroll – Nattfodd    (Fin 2004)   Folk Metal    4/5
“Nattfodd” dei Fintroll è un simpatico disco che ha la capacità di farti immaginare di stare in mezzo agli abitanti del piccolo popolo. Tra fate, elfi, nani e troll vegliano più che mai i riff, le cornamuse ed il cantato in growl dei Finntroll. Una chicca di album.

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Albedo Una Sonora Lezione di Anatomia

Written by Interviste

Gli Albedo sono certamente una delle band più seguite e ben recensite di questo ultimo periodo, il loro disco Lezioni di Anatomia sembra essere davvero una figata. A questo punto abbiamo deciso di interpellare il frontman della band Raniero per vedere quanta verità ci fosse dietro questo fenomeno, il risultato è una bella chiacchierata tra Dente che incarna Battisti, ri(e)verberi esageratamente abusati, promoter sbagliati e osterie romane… buona lettura.

Gli Albedo pubblicano Lezioni di Anatomia, il terzo lavoro ufficiale, è quello giusto?

E’ solo un disco. Quando scrivi i dischi pensi che sia sempre quello giusto. La cosa migliore che tu abbia mai fatto. Poi magari te lo risenti ad un anno di distanza e non ti piace più. Sicuramente qua abbiamo dato un taglio piuttosto preciso e cercato di dare un colore uniforme.

Un disco molto intimo, le parti del corpo che cercano di farsi sentire dall’uomo, geniale l’effetto della voce per dare una sensazione di interiorità a chi ascolta, come nascono queste diavolerie?

Il fatto di scegliere a priori un argomento su cui lavorare ci stimola nello svolgere il tema, e non facendo i musicisti di professione e avendo sempre meno tempo da dedicare, credo che ci aiuti a restare concentrati e a trovare ancora delle cose belle in quello che facciamo al di fuori della routine. Anche la scelta dei suoni in fase di mixaggio soprattutto sulla voce l’avevamo già ampiamente discussa tra di noi proprio con quella idea di volerla in un qualche modo renderla innaturale, impersonale, lontana con l’aiuto del reverbero, effetto di cui molto probabilmente abbiamo abusato. Per fortuna abbiamo trovato Adel (il fonico) che si è prestato a quello che per molti potrebbe suonare come un errore.

Testi bellissimi e importanti, colonna vertebrale del disco, la loro creazione segue delle linee precise?

Grazie, non per questo disco. Abbiamo negli anni trovato le nostre formule per scrivere ma oggi come oggi per fortuna trovo delle linee vocali su quasi tutto quello che scrivo, forse perché ascolto tante cose e rubo un po da tutte le parti senza farmi troppi problemi.
Il testo è comunque condizione fondamentale nello sviluppo del brano. Suoniamo gli arrangiamenti in funzione di quello, oppure esattamente al contrario ma non cerchiamo mai di adattare forzatamente l’uno all’altra.

Io vi ho trovato molto post rock con attitudine pop, un genere direi innovativo, molti avrebbero scelto la lingua inglese, voi perché avete scelto l’italiano rischiando e non poco sul risultato finale?

Direi che ci hai preso in pieno. Il pop, inteso come forma canzone e comprensibilità dell’insieme fa parte di noi tutti da sempre. Non abbiamo velleità di sperimentazione alcuna e poi non ne abbiamo le capacità tecniche. Non ci interessa stupire con parti complesse. Ci piace cercare di suonare bene e rendere le parti strumentali interessanti ma non necessariamente prolisse o fini a se stesse. Nella fase di scrittura ho ascoltato molto quello che viene definito post rock ma adattarlo ad una tradizionale forma canzone sarebbe una bestemmia per il genere in sé ed il risultato è quello che c’è in questo disco. Se ci pensi bene i nostri brani potrebbero reggere tranquillamente con una chitarra e voce e così vogliamo che sia. Però non fateci fare più date in acustico perché siamo già abbastanza depressi di natura.

C’è anche un evidente omaggio ai Beatles (A Day in The Life) nel pezzo Stomaco, un legame speciale con le loro canzoni o soltanto una questione di gusto del sound?

Chiunque suoni ha un legame con loro. Al di la di tutto quello che si può dire e che è stato già sicuramente detto, credo che l’attualità del testamento che hanno lasciato alle generazioni future sia soprattutto l’idea di cui parlavamo prima, cioè dell’accessibilità. Quell’incredibile dono per cui quello che scrivi è universalmente riconosciuto straordinariamente bello da tutti. Donne, uomini di qualsiasi età. Non ci piace l’idea che ci si debba chiudere in un genere e cercare di essere riconosciuti in “questo” o “quello”. Per questo aspetto mi sento molto più legato a loro che a tanti gruppi a cui musicalmente siamo più simili. Naturalmente parlo di attitudine e non di risultati artistici. Sapevamo di farla fuori con questa citazione pesante ma noi abbiamo sempre scritto senza il dover pensare al dopo.

Cosa è cambiato dalle precedenti produzioni? Vi sentite artisticamente diversi?

Ci piace pensare di essere maturati,almeno un pochino. Ci piace anche cercare di fare qualcosa di diverso probabilmente perché le cose che facciamo ci stufano presto. A dire la verità, e lo penso sul serio, non crediamo di essere un gruppo fico. Non risento quasi mai i nostri dischi. Non mi piacciono. Semplicemente penso che non siamo tanto peggio di tanti altri. Quando leggi ovunque che Dente è il nuovo Battisti, everything is possible. Albedo i nuovi Bee Hive? Ci sta tutta.

Tutte le recensioni parlano bene di Lezioni di Anatomia, siete consapevoli di aver fatto un ottimo lavoro? Considerando il post di Miro Sassolini che definisce il vostro disco il migliore in circolazione in questo periodo?

Ai gruppi come noi rimangono solo tre cose: le pacche sulle spalle alla fine dei concerti accompagnate da un fragrante “Bravi, cazzo”, i messaggi e i post su facebook dove per fortuna ci insultano ancora pocome le parole di persone che ascoltano tantissimi dischi e che rimangono entusiasti dal nostro e ci danno le 5 stelle Michelin. Certo quando poi ne arrivano di belle da chi ha scritto una parte di musica alternativa italiana allora è tanta roba, perché è interessante scoprire che interessi anche a generazioni musicali differenti in tutto e per tutto,persino e soprattutto in termini fruizione. Questo ovviamente fa onore a lui e non a noi, che come generazione facciamo poco parlando tanto.

Adesso è il tempo di montarsi la testa?

Adesso è il tempo delle mele.

Sono a conoscenza della prossima uscita del video “ufficiale” di Cuore (l’opener di Lezioni di Anatomia), volete parlarci del video?

Un giorno mi ha chiamato Fabio Valesini, mi ha detto che non aveva mai fatto un videoclip musicale, che aveva uno storyboard dove succedevano cose che non si capivano, che era girato tutto al contrario ma montato dritto ma che poi alla fine il risultato sarebbe stato metà e metà, che c’era una scena con delle radiografie che si animavano, e che avremmo dovuto procurarci un carrello della spesa perché con il budget che gli era stato dato non ci prendevamo nemmeno una sedia di legno.
Come potevamo dirgli di no?
Ed in effetti il risultato è sopra ogni nostra aspettativa,come ogni idea malsana che si rispetti.

Gli Albedo quale ruolo potrebbero ricoprire all’interno della musica italiana?

Ci siamo abituati all’idea di essere marginali. Uno di quei gruppi che fa 34 dischi ma li scopri al 33. Quello che facciamo ha bisogno di maturare nel tempo. Il fatto è che non siamo abbastanza originali per spiccare e non siamo abbastanza stronzi per farci odiare… Non ci tingiamo i capelli, non siamo omosessuali, non siamo intellettuali, non ci vestiamo con gli stracci e non viviamo nei furgoni. Non fingiamo di essere quello che non siamo. Menchemeno ci dichiariamo artisti quando tra 4 o 5 anni nessuno si ricorderà più di noi. E nemmeno di tutti gli altri. I tempi sono cambiati. Ci sono troppi dischi e troppi gruppi per cui alla fine non emerge nessuno davvero. E se lo fa, lo fa per un tempo assai breve. Non possiamo essere tutti i Joy Division, dai,siamo seri. Noi  abbiamo una casa, una famiglia un lavoro. Le nostre scelte le abbiamo già fatte. Per questo forse nei nostri dischi c’è una buona dose di realismo. Certo un’ampia cassa di risonanza ci aprirebbe ad un pubblico più grande, ma poi perderemmo il fascino degli eterni incompresi e non sarebbe più divertente per noi lamentarci e parlare male di tutti gli altri.

Avete un disco da promuovere quindi presumo un tour da onorare, c’è qualcos’altro che bolle in pentola?

La verità è che a suonare in giro ti diverti molto solo quando la situazione è perlomeno decente. Quando trovi realtà assurde a 700 km da casa la prima volta ci ridi, la seconda spacchi un disco de I CANI, la terza ti chiedi se ne vale la pena di fare tutta quella strada. Proprio perché abbiamo scelto di suonare solo per divertirci se andiamo a suonare ed è tutto una merda non ci andiamo più. Quindi faremo meno date ma meglio organizzate. Non perché pensiamo di meritare chissà cosa ma è perfettamente inutile per noi andare fino a Bari in un locale che di solito fa suonare cover band al cui pubblico non interessa nulla di noi, perché il promoter non sa fare il suo lavoro. O suonare con la chitarra acustica mentre la gente mangia manco fossimo nelle osterie romane.
Onoro e rispetto chi fa quello ma non è quello che vogliamo fare noi.

La scelta di affidare il disco ad una nuova e freschissima etichetta (V4V Records) è stata una buona idea?

Potrei trollare quei deficienti qui ed ora per diciassette minuti di applausi ma ti dico in verità che trovare persone che investono cosi tanto in un progetto come il nostro facendolo bene, è ad oggi in pratica impossibile.
Ci perdono soldi ma soprattutto tempo. Lo sanno e lo fanno consapevolmente. Se ci pensi è assurdo. Allora quello che ci lega davvero sono le stronzate che ci scriviamo in chat e l’idea di condividere insieme qualcosa di tanto nostro quanto loro. Va oltre le aspettative di vendita o di successo mediatico. Posso solo dire che se avessero i mezzi e fossero persone come loro a capo di importanti case discografiche non staremmo adesso nella situazione in cui siamo. La competenza in questo settore sembra essere una chimera.

Adesso che siete ricchi e famosi e scopate da Dio potete dire tutto quello che vi passa per la testa, questo è il vostro spazio…

Se questo fosse il mio spazio direi a tutti i lettori di non drogarsi e di avere rispetto per gli alberi e di non farli pisciare dai cani. Comunque come tu sappia certe cose rimane per noi un mistero.

 

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Droning Maud – Our Secret Code

Written by Recensioni

C’è voluto del tempo, c’è voluto il tempo necessario, i Droning Maud registrano ufficialmente il loro disco d’esordio Our Secret Code. Se ricordate le loro precedenti produzioni  Promo (2007) e The World of  Make Believe (2008) cercate di dimenticarle, non vi serviranno assolutamente da esca per l’ attuale lavoro in promozione, negli anni ci sono stati cambiamenti di line up, sperimentazioni sonore e fortunati incontri artistici che hanno dato vita ad una band completamente rigenerata nel sound e nella mente. Adesso è il tempo di Our Secret Code, è tempo di una nuova vita. Hanno conservato quella vena New Wave Post Rock di matrice nettamente britannica, i toni si abbassano e la produzione dei Dronig Maud prende strade Shoegaze con punte avvelenate di elettronica. Poi lo zampino dell’ormai sempre presente Amaury Cambuzat impreziosisce e di molto l’importanza del disco ( prima di questo vengo dall’ascolto di Oslo Tapes quindi le affinità riesco a sentirle tutte nonostante il risultato prenda strade diverse), le soluzioni sanno di freddi paesaggi incontaminati come la musica dei Sigur Ròs se proprio dobbiamo cercare un paragone (e che paragone) plausibilmente valido e preciso, senza dubbio dobbiamo lasciare da parte la musica italiana per entrare a stretto contatto con Our Secret Code. Le chitarre viaggiano incontrastate verso l’ignoto manipolando le menti di chi vorrebbe seguire l’esecuzione con attenzione, le ritmiche (senza basso) dettano tempi degni degli ultimi Radiohead, un continuo picchiare dritto e lineare con improvvise sterzate. La voce si amalgama al tutto giocando molto di squadra, intuizioni elettroniche non fanno mai sentire il vuoto sotto la struttura. Un disco pieno e deciso quello arrangiato dai Droning Maud, la volontà di avere tra le mani un prodotto esclusivo di cui andare fieri senza strani pensieri per la testa.

Un album pulito nei suoni con forti dosi di rock all’avanguardia, pezzi come “Nimbus” rendono molto bene l’idea di un lavoro comunque sia molto variegato nelle soluzioni sonore, uno studio valido e l’esperienza non fanno arrancare mai a fatica i Droning Maud lanciati a tutta velocità. Poi ci sono pezzi come “Ghost” che rendono leggera l’aria intorno, le chitarre girano e rigirano come fossero maledette da una profezia, l’intenzione surreale de Our Secret Code è subito chiara, non lasciare la ragione a chi si dedica all’ascolto del disco. Anche questa volta mi trovo a elogiare una band dai suoni nettamente nord europei, quasi come fossimo a corto di un identità italiana, come se non fossimo in grado di permetterci una propria e definita personalità al di fuori del cantautorato. I Droning Maud conoscono la ricetta della felicità artistica e registrano un album sopra le righe della decenza, maturo e completamente godibile in ogni sua sfumatura. Dieci pezzi che non mi metto qui a citare tutti sullo stesso livello compositivo, voglio invitare all’ascolto ripetuto de Our Secret Code per far cogliere le infinite scelte presenti, più si ascolta e più vengono fuori cose nuove e maledettamente belle. Una band che trova la propria maturità artistica non perdendo comunque l’entusiasmo della prima volta. Un disco che sinceramente ci voleva proprio.

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Albedo – Lezioni di Anatomia

Written by Recensioni

Non riesco mai a trovare una giusta collocazione per la musica bella e interessante in questo ultimo periodo, sono sommerso da “immondizie musicali” a quintalate e non sono capace più di reagire in maniera lucida alle cose. Poi ti capita un disco “diverso” e pensi che non tutto è perduto, che la musica importante ancora riesce a portarsi a galla, non sappiamo bene per quanto tempo però riesce ancora a farlo. Arrivano al terzo disco i milanesi Albedo, ci arrivano in forma smagliante registrando in presa diretta Lezioni di Anatomia uscito per V4V Records con la partecipazione di Inconsapevole Records. Ebbene questo disco suona una bomba. Lo avrete già letto in tutte le altre recensioni già uscite e penserete a qualche mega pompaggio commerciale per cercare di convincere psicologicamente il pubblico, non è affatto così, trovate il modo di sentirli (e di questi tempi basta accendere il pc) e crederete ancora nella sostanza della musica italiana, in fondo c’è qualcuno che si lascia ancora influenzare dalle recensioni? Immaginate un sound molto post rock accompagnato da una voce che canta in italiano, non smetterete mai di ascoltare e poi ascoltare nuovamente Lezioni di Anatomia senza tregua, quasi una dolce lotta per farsi male. I pezzi lanciano brividi in continuazione, bisogna soltanto riuscire a coglierli e collocarli sul pezzo di cuore che si preferisce, un percorso intimo e interiore che ogni ascoltatore può rendere proprio assumendo la musica degli Albedo come alterante sottofondo emotivo. Un disco assolutamente grigio nei colori, non traspare mai la luce, associo malinconia a profondità, la felicità è leggerezza e noi siamo persone profonde. Il resto potrebbe tranquillamente sparire senza lasciare traccia.

Lezioni di Anatomia come dicevamo prima è il terzo disco ufficiale degli Albedo, arriva dopo i precedenti Il Male (2011) e A Casa (2012), praticamente un disco all’anno, in sostanza un percorso continuo e crescente che trova la punta di diamante nell’attuale lavoro, è difficile scrivere musica in questa maniera, è molto più semplice decrescere nel tempo.
Il lavoro è composto da nove pezzi tutti ben legati tra loro, tutti allacciati indivisibilmente come le parti del nostro corpo (difatti una lezione di anatomia),  l’opener “Cuore” è di una bellezza impressionante, la mente viene lasciata da parte e il continuo duello del ragionare col cuore o la testa marca forte il messaggio lanciato dalla canzone. Tanta dolcezza in pezzi come “Dita” e “Polmoni” (non sto più citando i brani in maniera sequenziale), la rabbia sviluppata in “Stomaco” e l’elettronica elegante in “Occhi” e “Pance”. Lezioni di Anatomia rassicura e parecchio la mia situazione di ascoltatore di musica, non pensavo fosse ancora possibile arrivare ad un disco del genere in Italia, fortunatamente gli Albedo ci arrivano al terzo disco, quello decisivo, quello del rischia tutto. Loro hanno giocato benissimo le proprie carte realizzando un prodotto ottimo da mantenere sulla bocca e orecchie di tutti il più a lungo possibile, loro attualmente hanno il merito di aver scritto uno dei migliori album degli ultimi anni, il resto per la gran parte è soltanto merda.

Dimenticavo una cosa fondamentale, Lezioni di Anatomia degli Albedo va ascoltato con un volume altissimo, assolutamente.

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Martino Adriani

Written by Interviste

Finalmente è pronta l’intervista con il vincitore della prima edizione del nostro concorso per band emergenti AltrocheSanRemo. Non dimenticate che è in corso la seconda edizione ma intanto godetevi le risposte di Martino Adriani.

Il primo vincitore del contest AltrocheSanremo; che opinione hai dei vari “concorsi” per artisti emergenti?
Credo che ce ne siano di validi e meno validi. Fino ad ora non avevo mai partecipato ad un concorso, contest o roba del genere. Dico la verità, son sempre stato un po’ scettico, pensando che la musica dovesse “emergere’’ in modi differenti. Inoltre,credo che molti siano pilotati…ma non è certo il caso di AltrocheSanRemo, che, per come è stato impostato su internet, ha garantito il massimo della trasparenza. Poi, l’ho vinto io, quindi..non può che essere valido!…Scherzi a parte, credo che i concorsi, quelli “fatti per bene’’, al giorno d’oggi siano per un emergente un ottimo mezzo per farsi conoscere da gente del settore e cercare di diffondere la propria musica ad un pubblico più ampio.

Parlaci del tuo ultimo disco…
‘’Non date retta a me’’ è un mini album, autoprodotto, composto da 6 canzoni.
Ho iniziato a lavorarci su nella primavera del 2012, dopo aver conosciuto Daniele Brenca, arrangiatore e musicista di gran parte degli strumenti presenti nel disco, per poi dargli vita il 13 agosto dell’anno stesso.
Per quel che riguarda i contenuti, i brani presenti, fondamentalmente, son figli di paranoie e di un “disagio sociale’’ di fondo. E ciò che ho cercato di fare, è stato trattare temi “delicati’’ con ironia e comicità, con spirito ribelle, a volte di denuncia, mantenendo costante quella leggerezza che sfocia spesso in paradossi e surrealità. Il tutto barcollando su un filo sottile, dove non si capisce bene dove sta la follia e dove sta la realtà. Spero di suscitare sorrisi negli ascoltatori, ma soprattutto la famosa domanda:
“Gli diamo retta???’’

Il cantautorato devi averlo nelle vene oppure ti puoi svegliare una mattina e avere l’ispirazione?
Credo che ci sia un percorso da affrontare, avere negli anni i giusti “maestri’’, che siano i grandi cantautori della storia, i grandi letterati o i grandi poeti.
E secondo me bisogna essere particolarmente sensibili, un po’ tormentati, decisamente narcisisti. Quindi si, penso che devi averlo nelle vene.

L’Italia intesa come sistema musica aiuta gli artisti nella tua situazione ad emergere?
Bah. Credo poco. Siamo nel tempo dei “Talent Show’’, in cui vengono creati e studiati ad arte “prodotti commerciali’’ differenti dal mio stile. Non mi è mai balzata l’idea di provare a partecipare a programmi televisivi come “Amici’’ o ‘X Factor’’, non perchè li condanni, anzi, credo sia troppo facile oramai dargli contro, ma semplicemente per il fatto che la mia musica e il mio modo di fare musica non credo siano adatti a tali show.

Cosa faresti se avessi la possibilità di cambiare le cose?
Cercherei di aprire al cantautorato nuovi veicoli di accesso, diversi rispetto alle più facili opportunità di emergere oggi offerte dal sistema musica italiano.
Tuttavia concretizzare tale idea mi vien difficile forse perché non vi è attualmente un’apertura orientata al ritorno e all’affermazione del puro cantautorato di una volta.

La tua musica è diretta a chiunque oppure vuole un pubblico preciso e selezionato?
Credo sia diretta a chiunque. E’ proprio quello il mio intento, far canzoni che possano risultare piacevoli a tutti. Almeno ci provo.

Come nascono le tue canzoni?
Non so dare una vera a propria spiegazione. Le mie canzoni nascono per caso. L’ispirazione viene e va, va e viene. A volte mi abbandona per mesi, ma quando ciò inizia a preoccuparmi, torna con decisione e mi catapulta addosso decine di lampadine accese, tanto da farmi consumare le molteplici Bic rimaste inutilizzate nel periodo “spento’’. Naturalmente, tutto ciò è figlio degli avvenimenti che giorno dopo giorno si presentano nella mia vita.

Raccontaci qualche episodio che vale la pena raccontare della tua carriera artistica ad oggi?
Nel 2007, esordii live nella piazza del mio paese con una canzone-filastrocca scritta a 13 anni, dal titolo “La mia vicina è pazza’’, che affrontava in modo assai comico il tema del “vicino di casa rompiscatole’’, un luogo comune, insomma. Essendo la piazza sottostante alla mia abitazione, la mia vicina di casa ascoltò dal suo balcone il brano, e la prese decisamente sul personale. Giammai avrei potuto pensare qualcosa di simile!
Fatto sta che la carissima signora, imbestialita più che mai, il giorno dopo si recò da un avvocato con l’intenzione di farmi causa, cosa che poi non fu portata a termine, ovviamente, per assoluta infondatezza delle accuse!!! Insomma, a 19 anni, al mio esordio, per “colpa’’ di una filastrocca scritta da bambino, son stato a rischio denuncia! Ne valeva la pena raccontarla, no?

Quali sono i tuoi ascolti giornalieri e quali influenzano la tua arte?
Sono influenzato da sempre dai grandi del cantautorato italiano, Giorgio Gaber e Rino Gaetano su tutti. Per quanto riguarda i miei ascolti, variano a seconda del mio stato d’animo. Ma tutto ruota sempre intorno al rock: da quello italiano, ove ad accompagnare le mie giornate da oramai un decennio ci sono i Marlene Kuntz, e il tempo mi ha portato ad avere un folle amore per Elio e le Storie Tese, a quello straniero, riscoprendo, ultimamente, Nick Cave e Patti Smith.

Meglio vendere dischi o fare tantissimi concerti? O entrambi? Perché??
Ovviamente, entrambe le cose. Ma dovessi scegliere, preferirei suonare come un matto qua e là: il contatto diretto con le persone è qualcosa di sensazionale.

La diffusione della musica su internet un bene o un male?
Anche se sono un po’ all’antica, ovvero tra quei pochi che ancora comprano i cd originali, credo che la diffusione della musica su internet sia un bene. Soprattutto per gli emergenti. Io stesso ho usufruito di tale vantaggio.

Perché qualcuno dovrebbe avvicinarsi alla tua musica? 
Un’amica mi disse tempo fa che quando era giù di morale, metteva le mie canzoni e gli ritornava il buonumore. Da lì scrissi una frase in “Non date retta a me’’(Brano che dà il titolo all’EP) ‘’Mi presento: sono un inventore ma solo di strofette che portano buonumore!” …Ecco perché dovrebbero avvicinarsi alla mia musica: le mie strofette cercheranno a tutti i costi di far sorridere. Chissà se ci riusciranno….ma non vale la pena provare???

In questo spazio puoi promuovere tutta la tua attività…
Vengo da un periodo in cui, fortunatamente, ho avuto modo di suonare abbastanza. Recentissime le esibizioni a Battipaglia in due fantastici locali a cui aspiravo da tempo , il Capri Jazz Bar e La Cruna dell’Ago, per ‘’Prove di Rock’’. Sono in trattativa per le prossime settimane per altrettante serate, tra cui l’esordio in quel di Napoli in cui spero molto. Ad aprile intanto, l’11 sarò al Tex Saloon di Cava dè Tirreni  per ‘’Democraticontest’’,  il 17 al Koy Tavern di Fisciano. E sarò in compagnia del mio attuale compagno di “duo’’, Daniele Brenca, con basso e contrabbasso.
Per quel che riguarda lavori prossimi in studio, a sei mesi dall’uscita dell’EP, sto iniziando a pensare ad un secondo disco contenente una decina di canzoni. Ad anticiparlo, un brano registrato in acustico, chitarra e armonica, intitolato ‘’Marlene’’ (Che tral’altro potrete ascoltare su Youtube). Mi ero prefissato l’uscita di quest’ultimo ad un anno esatto da quella dell’EP, ma, essendo andato incontro agli elevati costi dell’autoproduzione, credo che i tempi saranno un po’ lunghi. Spero di trovare un’etichetta, insomma. Ma se così non fosse, nessun problema, qualche mese in più e il lavoro sarà comunque fatto…ho una voglia matta di dare un proseguio a ‘’Non date retta a me’’!
Abbiamo parlato poi di contest, oltre al vostro appena terminato e vinto(Yuppiii!!), sono in corsa per il ‘’Democraticontest’’ di cui accennavo prima, e per l’ “Ecomusic Festival’’, progetto interessante creato dall’associazione di Agropoli Panico Art. Possibilità di finanziamenti e di aperture di concerti importanti le poste in palio.
Altro progetto iniziato di recente con l’amico cantautore Martin Devil, è quello di omaggiare con svariate cover i grandi cantautori della musica italiana che più amiamo in una “rassegna’’ a cui abbiamo dato il nome di Lunedì d’autore La prima canzone, “Genova per noi’’ di Paolo Conte
Ora lascio un po’ di miei contatti…
La mia OfficialPage su Facebook, eccola qui.
Il mio canale Youtube…voilà.
Il mio MySpace (Che però non uso mai).
La mia mail: Martinokk@libero.it
Ah, se avete voglia di guardare i miei due primi videoclip ufficiali:
Marika Discarica (Video completamente improvvisato durante la manifestazione contro una discarica follemente progettata nel Parco Nazionale del Cilento)
…. Le physique du role (Video della canzone vincitrice del concorso, che con varie scenette racconterà il mio fantastico rapporto con lo sport)

Ciao Rockambula! Oh…Yeah!

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MF/MB/ – Colossus

Written by Recensioni

Partiamo subito dal presupposto che gli MF/MB/ non sono una band emergente in cerca di fortuna, sono di fama mondiale e molto conosciuti. Spieghiamo il perché a chi per ovvie ragioni non li conoscesse. Vengono dalla gelida Svezia e alcuni pezzi estratti dal loro primo disco Folded del 2010 sono stati inseriti in colonne sonore di serie televisive di caratura mondiale come CSI:NY e The Inbetweeners, forse avete ascoltato i loro brani tantissime volte senza sapere di chi fossero. Siamo quindi d’accordo che gli MF/MB/ sono già una grande band non in cerca di fortuna. Sotto quest’ombrello non piove di sicuro. In una fresca primavera svedese del 2012 decidono di tornare in studio per dare vita al loro secondo disco Colossus esaltando le loro capacità compositive oltre l’umana immaginazione. Colossus esce per Adrian Recordings dopo un accurato missaggio di Magnus Lindberg (Deportees, David Sandström, Totalt Djävla Mörker e Refused), Colossus ti spacca la faccia al primo ascolto. I ritmi sono esagerati, i suoni bellissimi e il concetto di musica raggiunge prospettive non ancore conosciute in Italia, o meglio, non ancora valorizzate come dovrebbero essere. La batteria spinge talmente forte che ogni drum-machine ben confezionata risulterebbe banale a confronto, i suoni freddi sanno di elettro new wave, la voce calda porta il giusto equilibrio e le chitarre scavalcano i confini della realtà. Colossus non lascia mai spazio alla libera interpretazione da parte di chi ascolta, è talmente deciso da possedere potenti armi persuasive, sono gli MF/MB/ che decidono in quali direzioni bisogna andare per godersi il disco in tutte le sue parti più intime. Gli MF/MB/ dicono del loro ultimo concept rispetto al precedente:” Colossus è auto-analisi e terapia. E’ affrontare noi stessi e la bestia che è la nostra band. In Folded la nostra rabbia e frustrazione erano dirette verso l’esterno a tutti i bastardi che non capivano. In Colossus abbiamo invece guardato dentro, sperando di ottenere risposte a tutte quelle cose che non capiamo”.

Un disco terribilmente personale al quale dobbiamo riconoscere la propria bellezza, non esistono pezzi migliori di altri, il livello si mantiene alto dall’inizio alla fine ma per dovere comunicativo sono costretto a citare l’opener “Unto Death” , il primo singolo estratto “Casualties” (di cui sotto potete vedere anche il video) e la conclusiva “You Where The Last One to do Such a Thing”. Niente viene lasciato al caso, niente può essere fatto per caso quando vengono fuori dischi del genere, una scalata verso la magnificenza in chiave gotica. Una lezione molto forte alla musica italiana ormai sempre più strumentalizzata e comandata a svolgere il compitino classico, gli MF/MB/ sono tanta roba.

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Altrochesanremo: commentiamo?

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Partita la seconda tornata di iscrizioni per il concorso Altrochesanremo, una formula ideata dalla redazione di Rockambula per permettere alle band emergenti di farsi promozione attraverso la nostra testata online. Le modalità di partecipazione sono molto semplici: si tratta di inviare il file mp3 di un brano che l’artista reputa più rappresentativo della propria produzione. L’unico vincolo imposto dall’organizzazione è che non sono ammesse le cover. Una volta raccolte le adesioni, la redazione pubblica dieci brani in ascolto sul sito e, parallelamente, redige un sondaggio sulla pagina Facebook di Rockambula, a cui tutti possono accedere per votare il migliore. Terminata la votazione viene decretato il brano vincitore a cui la redazione offre un banner di rimando al proprio sito web, una recensione, un’intervista e l’ascolto in streaming del demo, ep o album sulla home page di Rockambula.com. La gratuità dell’iniziativa e la struttura del concorso, che si pone come un’importante vetrina nel panorama indipendente nazionale, soprattutto se teniamo conto del considerevole numero di utenti di tutta la penisola che accedono quotidianamente al sito della webzine o alla pagina Facebook (e tra questi anche discografici, agenzie di booking, colleghi giornalisti), hanno contraddistinto Altrochesanremo come un’occasione ghiotta per gli emergenti e garantito una massiccia adesione alla prima edizione, che si è conclusa la scorsa settimana con la vittoria del cantautore Martino Adriani, i cui brani sono già in ascolto sul nostro sito web. Cosa insolita per un contest, poi, non ci sono state polemiche di sorta: tutte le fasi di selezione si sono svolte con grande serietà e serenità, in uno spirito di spensierata competizione, in cui gli artisti hanno messo in campo le loro abilità “spammatorie” condividendo il sondaggio sulle loro fanpage del social network e invitando più amici possibili a votare. Qualcuno avrà cliccato alla cieca il nome del proprio beniamino, altri invece si saranno incuriositi e avranno ascoltato tutti i  brani in gara, mettendo in azione il motore della promozione a cui puntiamo.

Ok, sono senza dubbio di parte, ma trovo molto bello che una webzine, che spesso viene vista come una macchina sputa-sentenze e assegna giudizi, possa dimostrare con un sistema tanto semplice quanto il suo scopo primario sia in realtà quello di aiutare le piccole realtà musicali che cercano di farsi strada, fornendo loro più visibilità possibile. Per questo vi ricordo che sono aperte le iscrizioni al secondo turno di gara: inviate un brano in formato mp3 con una breve biografia e una foto in allegato a pizzicasilvio@virgilio.it o riccardomerolli@katamail.com o rockambulawebzine@gmail.com.

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Oslo Tapes – un cuore in pasto a pesci con teste di cane

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Nella musica uno degli elementi fondamentali è emozionare l’ascoltatore, non importa il tipo di emozione provata, l’importante è emozionarsi. Ognuno di noi deve farlo per sentire viva quella parte intima che altrimenti rischierebbe di soffocare.

Ed ecco che Marco Campitelli (The Marigold e Deambula Records) incontra l’estro passionale del sempre attivo Amaury Cambuzat per dare vita al progetto Oslo Tapes  (un cuore in pasto a pesci con teste di cane), atmosfere cariche di nuvole pesanti sopra un cielo rumoroso di quasi primavera. Non c’è molto da rivendicare se pensiamo ad un disco ricco di spunti melodicamente sporchi e pieni di significato, non credo tanto nella banale categorizzazione del semplice rock italiano, qui abbiamo tanto nord Europa dentro picchiato a forza dalle chitarre comandate come fossero angioletti cornificati dall’esperienza di Cambuzat. Campitelli sorride come un diavolo quando può avvalersi della complicità artistica di musicisti come Nicola Manzan e Giole Valenti (solo per citarne alcuni), il prodotto finale assume uno spessore rilevante al quale bisogna in ogni caso rendere omaggio, la differenza si sente. Impercettibili vibrazioni mandano in affanno il cervello.

Oslo Tapes al contrario di una tradizione passata adottata dalle produzioni vicine a Campitelli che voleva solo liriche in inglese inizia una sperimentazione dei testi (se pur brevi) in italiano, possiamo considerare questa scelta molto importante ai fini della divulgazione nei circuiti indipendenti italiani che non vedono di buon occhio lo sperperare della lingua britannica ai soli fini d’esportazione e musicalità. Insomma, siamo Italiani e nonostante tutto ci piacciono anche i pezzi cantati in italiano. Oslo Tapes (un cuore in pasto a pesci con teste di cane) racchiude undici brani diversi ma con un percorso molto concettuale, situazioni mistiche in ambienti prevalentementi cupi, la new wave indirettamente trova il proprio spazio all’interno del disco, ascoltare brani come Distanze e Attraversando per farsene un idea precisa. La vita non lascia certezze a cui aggrapparsi, meglio perdersi in infinite spirali senza fine (Nove Illusioni e Tremo) per dimenticare di essere sovrastati da un sistema brutto e decisamente pesante. Il finale viene affidato ad una ballata profonda (Crux Privèe) alla quale il progetto Oslo Tapes decide di affidare la firma dell’intero lavoro senza nessuna remissione di peccato.

Era tanto tempo che non mi caricavo di tanta fragilità mentale, Oslo Tapes suona come un ipnotico
gioco di prestigio in una serata di pioggia, un progetto molto importante per la sperimentazione musicale tricolore, qualcosa che riesce a smuovere le menti della gente.
Qualcosa di tendenzialmente bello e importante. Il disco uscirà il 12 Marzo, nel frattempo qui sotto vi lasciamo un assaggino.

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Cranchi – Volevamo Uccidere il Re

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Il cantautorato italiano può tranquillamente essere sezionato in due: quello impegnato e fatto di sognanti poesie e quello incompetente, commerciale e vergognoso. Lo spacco è talmente netto che chiunque riuscirebbe a scegliere la propria sponda (collocazione) al primo ascolto. Non per questo l’impegnato debba essere meglio del demenziale ma necessariamente superiore al vergognoso commerciale (una fetta molto ampia e diffusa della musica in circolazione oggi).

I Cranchi sono la band del musicista Massimiliano Cranchi e per nostra fortuna fanno parte dello schieramento poetico impegnato, una scelta difficile perché in questo caso bisogna dimostrare di esserne capaci e loro non senza troppe difficoltà lo sono. Il loro disco Volevamo Uccidere il Re arriva come secondo lavoro ufficiale dopo Caramelle Cinesi mantenendo costante le proprie capacità compositive che iniziano a saldarsi prepotentemente all’ossatura della musica d’autore italiana più classica. I Cranchi o Cranchi Band non nascondono mai una somiglianza vocale quasi impressionate con De Gregori, anche il modo di affrontare un brano sembra essere molto simile al vecchio cantautore, un’affinità a doppio taglio per la band, da una parte la facile digeribilità delle canzoni dall’altra un effetto cover sempre nei paraggi. Dobbiamo però considerare la poca originalità di tutto il sistema dei cantautori italiani, ascolti dieci cantanti e nessuno o quasi mette una firma inconfondibile.

Detto questo torniamo al nostro disco Volevamo Uccidere il Re e confermiamo malgrado tutto la propria bellezza, attualità e freschezza. Ho ascoltato il disco per intero almeno quattro/cinque volte prima di arrivare ad una conclusione definitiva, imparavo subito le melodie folk, canticchiavo qualche strofa ma il colpo di fulmine è arrivato per il pezzo La Primavera di Neda (e chi ha già ascoltato il disco ribadirà le proprie perplessità sulla mia critica a questo disco). Non chiedetemi come mai visto che chiaramente non è il cavallo di battaglia della band padana ma il rimanere folgorati non deve per forza avere una spiegazione logica. Forse quel testo dolce e significativo, una melodia condita nel verso giusto, non lo so ma il pezzo merita decisamente. Poi altri grandi brani come Cecilia (penso all’Alice di De Gregori) o Anni di Piombo dove la musica folkeggiante ricorda in maniera convinta Edoardo Bennato. Volevamo Uccidere il Re mantiene un buon atteggiamento positivo per tutta la durata del disco (anche pezzi come Il Cuoco Anarchico) senza mai avere picchi di superiorità o di desolazione, un giusto concentrato di musica e parole, quel cantautorato equilibrato con il quale ogni persona dovrebbe confrontarsi almeno una volta nella propria vita. I Cranchi suonano il sentimento umano di una società senza valori destinata al collasso e lo fanno sulla punta dei piedi senza infastidire niente e nessuno.

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Orchestra Dark Italiana – S/t

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“Invitami a casa, è più tranquillo a casa” (GiapponeOrchestra Dark Italiana).

Il quartetto Orchestra Dark Italiana è composto dai musicisti Flavio Michele, Federica Nardi, Giuseppe Paolillo e Savino Pace. La loro missione è portare musica disorientante nelle orecchie mal messe dell’ascoltatore moderno. Quello impavido e dai grossi problemi, quello disposto a mangiare merda pur di non concedere un minimo delle proprie capacità intellettuali alla cultura artistica (musica o arte in generale).
Esistono molti modi per sentirsi padroni del proprio (fortunato) destino nel mondo della musica, trafiggere l’ascoltatore al primo ascolto è uno di questi, farlo sentire a proprio agio è la cosa migliore. L’Orchestra Dark Italiana debutta con il primo omonimo (s/t) disco lasciandosi un gradevole profumo alle spalle, un orchestra nel vero senso della parola con una strumentazione ben assortita e mirata, la quinta essenza di un interpretazione magistralmente corretta. Elettronica in chiave moderna, molto lenta con reti vocali calme e atmosfere cupe, dark appunto ma non new wave. Poi il cantautorato sembra essere uno dei migliori in circolazione con una cura dei testi sopra le righe ( ascoltare Giappone, Vera, Youthell) e la volontà di esporre un buon prodotto finale. Un disco d’esordio chiamato semplicemente s/t per arginare l’incomodo omonimo, una storia raffinata raccontata sopra le proprie esperienze di vita, di terra, di mare, di sole. Orchestra Dark Italiana confonde fortemente l’animo di chi si cimenta nell’ascolto rendendolo incapace di garantire un attenzione sincera per tutta la durata dell’album e ci troviamo sempre davanti a cambiamenti improvvisi figli di una sperimentazione sonora in continuo movimento. Un orchestra degli (nostri) anni dieci da non confondere con quelle sedicenti alla Bregovic, abbiamo davanti meno complessità di arrangiamento e più fascino emotivo, niente virtuosismi da camera e più esecuzioni che vengono dallo stomaco. Certo perché ormai siamo stufi del tutta tecnica (e disciplina) e niente cuore, il periodo attuale che stiamo vivendo ci rende vulnerabili ai sentimenti e quelle poche emozioni belle o brutte che siano vanno vissute fino all’ultimo respiro (non mettendo comunque in discussione la loro tecnica ). Orchestra Dark Italiana suonerebbe bene tra i vicoli emancipati di una triste festa cittadina, tra mangia fuoco, prestigiatori e mimi, la copertina di Strange Days dei Doors trasmette lo scenario lasciato dalla musica di questa band. Un s/t troppo profondo per circolare nella sciatta insoddisfazione dell’indie rock italiano, qualcosa di veramente diverso e interiormente valido, non buttiamoci troppo velocemente in giudizi ultra positivi prima del tempo dovuto ma riconosciamo all’Orchestra Dark Italiana il merito di aver suonato e portato a nostra conoscenza un buon album d’esordio come pochi in questo periodo. Le chiacchiere poi lasciamole portare via dal vento freddo di questa metà di Febbraio e godiamoci un disco che a primavera potrebbe già sfiorire.

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Intervista (video e non) ai De Rapage. Delirio Totale!

Written by Interviste

I nostri Silvio Don Pizzica (il cameraman) e Riccardo Merolli (l’intervistatore?!) sono andati a Chieti, nella sala prove dei De Rapage (https://www.rockambula.com/de-rapage-sberle/) per realizzare con loro una video intervista. Avrebbero potuto chiedere della loro musica demenziale, del nuovo disco in preparazione, delle loro influenze, dei loro live spettacolari ma se mettete insieme due pazzi come Riccardo e Don Pizzica con una band fuori di testa come i De Rapage, non poteva che succedere questo:

Qualche giorno dopo, Don Pizzica ha reincontrato i De Rapage e ci ha provato ancora. Secondo voi come è andata? Leggete voi stessi:

INTERVISTA AI DE RAPAGE (Francesco-voce, Pasquale-basso, Marco e Maurizio-chitarra)

Don
Ciao a tutti. Per prima cosa, come state? Vi siete ripresi dall’ultima volta che ci siamo incontrati?
M.Z.: perchè ci siamo incrociati? Oddio la testa….
F.: io ho avuto una leggera diarrea ma in fondo bene.
M.S.: mai più (naso di pinocchio)
F.: naso di Pinocchio?
M.S.: nel senso che mento.
M.Z.: vabbè francè..lassa sta! Mento o naso? deciditi cazzo!

Don
Diarrea anche io e un mal di testa da paura. Non vi chiedo perché il nome De Rapage (la risposta è nel video) ma chi cazzo sono i De Rapage potreste spiegarlo al pubblico.
M.Z.: i De Rapage sono un gruppo fregno!
F.: i De Rapage sono la summa dello scarto e del fai-da-te, che come obiettivo hanno quello di distrarre, offendere ed essere offesi.
M.S.: i De Rapage sono un gruppo musicale che hanno iniziato a suonare proprio per essere un gruppo musicale. all’inizio erano molto, molto diversi.
P.: secondo me è uno stato mentale che noi rappresentiamo in musica, una sgommata al posto del cervello, un modo di rendere un po più marrone il reale

Don
Perché avete scelto di fare musica ironica, a tratti demenziale e non provare a fare qualcosa di veramente nuovo?
F.: perché è uno sfogo, principalmente. Non si tratta di affrontare temi universali, ma di sviscerare tutto quello che hai di malato dentro, senza falsi pudori o inibizioni. E poi ce l’ha suggerito satana.
M.Z.: fare qualcosa di nuovo? tutti ci provano, a noi non interessa (forse non siamo capaci)
M.S.: qualcosa di nuovo? il qualcosa di nuovo che ho in mente io non si può suonare con strumenti musicali tradizionali. Si divertono tutti, ma il disco non è il medium primario per noi, noi siamo da concerto.

Don
Ho letto da qualche parte (inutile dirvi dove) che vi divertite più voi che non chi vi ascolta. Pensate sia vero? E pensate che manchi qualcosa alla vostra musica per colmare il divario?
F.: è vero. Noi siamo divertiti da noi stessi ma anche dalle reazioni degli altri: c’è chi si indigna ma anche chi ride a crepapelle. Nello scambio siamo noi i maggiori beneficiari e vogliamo resti così.
M.Z.: l’importante è che ci divertiamo noi, del pubblico non ce ne frega un cazzo! Alla nostra musica potrebbe mancare tutto o niente, ma ce l’ha detto satana di fare così!
P.: be i De Rapage che suonano tristi è cacofonico
M.S.: io mi divertivo da spettatore ai loro concerti, e dopo anni di corte mi hanno chiamato a suonare. dobbiamo essere spettatori di noi stessi sennò diventiamo autoreferenziali senza avere le capacità tecniche e l’ideologia per farlo.

Don
Schillaci, sempre ultimo.
M.S.: perché ci penso.

Don
In pratica non vi frega se chi vi ascolta dà poco peso alla musica pensando piuttosto a divertirsi sulla base dei vostri testi. Non avete paura di essere presi poco sul serio come musicisti?
M.Z.: bhe..come musicisti siamo i primi che ci pigliamo poco sul serio! (a parte Schillaci)
P.: pure io mi divertivo ai concerti dei De Rapage; Jo di Tonno è musica seria?
F.: infatti io urlo, non canto. È questo forse il segreto del nostro divertimento e della nostra visione poco competitiva della musica in genere.
M.S.: il problema di essere preso poco sul serio come musicista non mi affligge nel momento in cui cerco di fare risaltare ciò che suono, su disco e live. abbiamo dato spazio a parti musicali molto più che in passato, se senti gli ultimi due dischi. Infatti l’idea di suonare in situazioni di volumi e sonorità differenti mi attira. il 23 febbraio suoneremo diversamente dall’ultima volta per volumi dinamiche e cazzi vari.
P.: essere preso sul serio facendo rock scostumato è sintomatico di una società alla frutta
M.Z.: poi ai concerti più che suonare mi diverte insultare Schillaci!!! Ahaah.

Don
Ottime esecuzioni e buona musica. Eppure i dischi vi tocca regalarli ai concerti. Chi ve lo fa fare?
M.Z.: credi che qualcuno veramente comprerebbe i nostri cd? Allora noi li freghiamo e glieli regaliamo!
M.S.: li comprerebbero pure, ma poi saremmo alla stregua di altri gruppi tipo i pr°°lax.
P.: bella marco! la musica non ha prezzo stavamo pensando di vendere i dischi a 2500€ a copia o gratis..abbiamo scelto la seconda non siamo attaccati al denaro
F.: Perché la musica è condivisione. Non me ne frega un cazzo di prendere la 5 euro dallo spettatore del concerto. Quello che facciamo è per la gente e non per noi stessi. Ci stiamo promuovendo ed il modo migliore di farlo è spargere più seme possibile. Il giorno in cui pagheranno per un nostro disco diverrà un lavoro. E satana si incazzerebbe.

Don
Perchè ce l’hai coi Prophilax?
M.Z.: perchè lui non può usarli!
M.S.: non ce l’ho con loro. non siamo così, punto.
P.: conosco gente che si fa le seghe con i profilattici
M.Z.: non fate incazzare satana
M.S.: dopo veramente la valigetta con le parolacce.

Don
Dunque l’unica via d’uscita per le band emergenti sembra essere l’esibizione live. Ma anche in questo, avete scelto la strada più difficile. Non solo vivete in una regione (Abruzzo) che sembra aver dimenticato l’esistenza della musica (salvo rare eccezioni) ma, visto che nei vostri testi siete spesso diretti, volutamente volgari, vi tocca pure prendervi le porte in faccia dai centri sociali che vi accusano di maschilismo o dai locali che non vi ritengono adatti ad un certo tipo di pubblico. Non vi va proprio di scendere a compromessi?
M.Z.: ricordati di Satana! A noi piace fare questo e questo facciamo!
M.S.: dei centri sociali ho altri ricordi di altre epoche. questi sono cresciuti con internet, mi sucano il cazzo loro e le loro teorie di complotto.
F.: mai. Che gusto ci sarebbe altrimenti? A quel punto meglio fare la tribute Band!
P.: sono i radical chic che non volano più in alto del loro nanismo
M.Z.: per quanto riguarda i centri sociali, sono fascisti! Come possono accusarci di maschilismo se io e Ficurilli un concerto si e uno no ci baciamo in bocca?
F.: Io bacio chi mi pare, ma tu…
M.S.: per quanto riguarda i locali, noi il pubblico ce lo sappiamo gestire abbastanza. il problema sono i gestori, finchè non contano i soldi in cassa sono (giustamente) diffidenti. ma non infanghiamoci con il discorso delle merdose coverband e di come abbiano rovinato il suonare live.
P.: sto fatto che vi baciate mi fa ribrezzo

Don
Meglio non esprimermi. Abbassiamo un po’ i toni. Che cosa ascoltavate dieci anni fa e cosa ascoltate oggi? Quali artisti vi hanno maggiormente influenzato? Nella mia recensione ho accostato la vostra musica a Oneida, Rage Against The Machine e Beastie Boys, Nirvana, Litfiba, Radiohead, Exploited, Skiantos e addirittura Benigni. Ditemi pure che cazzata ho detto?
M.Z.: aggiungi pure i SexPistols e stiamo a posto!
F. : nessuna. Personalmente aggiungo Sex Pistols e Massive Attack
M.S.: io sono cresciuto con il rock classico, tipo quello inglese. nel disco ci sono un sacco di citazioni al limite della caricatura: tutto voluto, eh…

Don
Massive Attack? Non l’avrei detto.
M.Z.: bhe… ascolta SEGEDOUT del primo album!
F.: e certo. Se ascolti bene al contrario il nostro primo disco scoprirai che suona esattamente come Mezzanine
P.: penso che per fare musica così bisogna aver ascoltato molto, sinceramente alcune volte sembra che si sia veramente un po di tutto, a parte Nilla Pizzi e Tiziano Ferro
F.: che comunque ascoltiamo da soli in macchina.

Don
Vediamo se vi faccio incazzare. Questi continui passaggi da un genere all’altro non vi sembra possano impedirvi di dare un’impronta personale alla vostra musica? Forse c’è qualche citazione (voluta come dice Maurizio) di troppo? (parlo soprattutto a lui).
F.: è colpa di Maurizio
P.: si ostina a sentire i Litfiba, scusa Maurì ma Ghigo Renzulli fa cagare

Don:
Concordo. Su Renzulli.
M.Z.: infatti….è un casso con la chitarra!
F.: il peggiore
M.S.: le citazioni possono scomparire, non è un fatto involontario. ci penso spesso quando un brano sa già di già sentito.
F.: Maurizio è comunque meglio di Renzulli. Fisicamente

Don
Prendiamo Nkul Frekt Aua (l’ho scritto bene?). C’è tanto Creep dentro. Forse troppo?
F.: è veramente colpa di Maurizio e dei suoi arpeggi gay, ma ci piaceva così e chi se ne frega.
M.Z.: bhe, su Creep non sono d’accordo, ma l’idea era di fare qualcosa alla Radiohead
M.S.: non è che ci pensavamo più di tanto. gli accordi erano diversi all’inizio, ho modificato il sol e il la mettendoli in minore. c’è anche l’accordo indie per eccellenza, il do 7+!
P.: a parte gli scherzi nell’ultimo live, con il nuovo set, abbiamo migliorato di molto questo aspetto l’approccio ora è più denso e uniforme
F.: Pasqua ma a che domanda hai risposto?
M.Z.: Pasquale sta a fumà robba pesante!!
P.: ahh me che ci stanno le domande!?
M.S.: ngulo freket è stato scritto dal pubblico della lampara che assisteva ad un concerto indie di un gruppo indie. Erano tutti come nella canzone.
P.: sgamato

Don
Andiamo avanti e parliamo della situazione Live della penisola. Parlando con un ex musicista ora membro di una cover band (non tribute ma pur sempre parte del Male) mi ha detto che le difficoltà ad emergere delle nuove realtà è soprattutto conseguenza dei gestori dei locali e del pubblico, poco avvezzo alle cose nuove. Chi ama suonare, vuole suonare e per farlo, in alcune piccole cittadine, può solo fare cover. Peggio i gestori che della musica non gli frega un cazzo ma le tasse le pagano, peggio il pubblico, che della musica non gli frega un cazzo ma ha sgobbato una settimana e un rum lo paga 5 euro o peggio i musicisti che si riducono a fare cover ma della musica gli frega eccome ma non vogliono continuare a suonare in uno scantinato?
M.Z.: per me il problema è sopratutto dei gestori. Io credo che si può creare un bel giro di gruppi originali e comunque riuscire a lavorare. E’ una questione culturale. Se crei un bel giro la gente ti ci viene al locale. d’altronde negli ani novanta c’erano molte band originali e non mi pare che i localli chiudessero tutti. Naturalmente ci vuole anche un minimo di selezione! Anche perchè scusate, noi alla fine siamo anche un piccolo esempio, i locali li riempiamo più delle cover band!
P.: questa si che è una domanda…la risposta è difficile, è tutta una questione di background culturale…siamo in italia e qui il pdl ha governato per 20 anni e rischiamo che piglia più del 16% a febbraio. Vabbè l’ho buttata sul pesante però c’è gente li fuori con le hogan
F.: se al musicista gliene frega di suonare le situazioni le può anche creare, è inutile mordersi la coda, i problemi sono quelli che hai appena citato ed è innegabile che le cose, per ora, non cambino. Ma se non le cambia chi la musica la fa allora cosa dovremmo fare? Aspettare in silenzio l’apocalisse? Se ci fosse una rete di musicisti vera o una struttura che li collegasse si potrebbero scambiare, oltre alle idee ed si musicisti anche locali e pubblico, ad esempio, i cercare spazi adatti al live che non siano locali. O crearli. All’inizio, inoltre, noi non chiedevamo una lira per suonare: la voglia è quella che conta! Così ci di diverte.
M.S.: hai presente la depressione quando da una persona passa ad un’altra, poi un’altra, poi un’altra come una pianta infestante e rovina una famiglia intera? è così, non è peggio nessuno, siamo tutti peggio. così la penso io. dove c’è gente sana, anche in piccolo circuito di una piccola comunità, trovi ancora creatività, fantasia e senso degli… affari (brutta parola!)

Don
Non deprimiamoci pensando troppo a questo paese del cazzo e alla sua gente del cazzo. Parliamo del vostro ultimo disco. Sberle. Che roba è? Fatelo capire a chi non ha idea di che musica facciate.
F.: io neppure l’ho capito, non ancora.
P.: è un disco tipo calendario francescano
M.Z.: Sberle è un capolavoro!
P.: aiuta il raccolto, è un rito propiziatorio alla inseminazione naturale
F.: ma nessuno risponde seriamente? Dai Mauri!
M.S.: “quello che cazzo ci pare”, perchè andava detto. non lo dice nessuno, sono tutti a spompinare il pubblico. siamo partiti dai titoli e poi abbiamo costruito i pezzi sopra, abbiamo applicato in musica la cementificazione selvaggia. ad esempio “sberle” è uscito fuori perchè da una ripresa audio delle prove fatta con uno smartphone il suono del ride della batteria sembravano schiaffi dati belli forte.
M.S.: ecco, ho scritto una risposta mega sgrammaticata…
F.: bravo cazzo

Don
Mi rivolgo a chi legge. Difficile parlare serio con i De Rapage. Forse solo con Schillaci. Ascoltatevi il loro pezzo sotto se volete capire di che parliamo. A proposito,ora mi rivolgo a voi quattro. Come è nato quel pezzo, Inquilino Sexy?

https://soundcloud.com/derapageband/10-inquilino-sexy
F.: da un volantino!
 Don
Cioè?
P.: la storia del pelo di cazzo io la so

Don
Spara.
M.S.: c’era un flyer nella pizzeria vicino alla sala prove in cui si pubblicizzava un tipo del grande fratello che faceva una ospitata in una discoteca:”L’inquilino sexy della casa del grande fratello”. La storia del pelo di cazzo è mia. ho immaginato di trovare un pelo di cazzo altrui nel letto della mia ex, magri c’era davvero. “Magari”
P.: la prima strofa parla di un tipo che mendicando un letto si è fatto ospitare dalla ex, durante la notte ha trovato un pelo di cazzo sul cuscino.

Don
In pratica è “tratto da una storia vera”. Immagino la scena.
P.: aaa eri tu? Scusa Mauri
F.: Ahahahah
P.: tutti i pezzi sono storie vere
F.: tranne tarzanello
M.S.: cioè, dopo mesi che non ci dormivo in quel letto poteva essere accaduto qualcosa che non mi coinvolgesse. in realtà la storia diventa gay, oppure l’io narrante è femminile, ma questo la sa francesco.
P.:  faccio una domanda io: Francesco parlaci di Megawatt
F.: è femminile, certo. Perché?

Don
Oh mio Dio. Lasciamo perdere. Abbiamo capito che la dimensione live è quella nella quale vi sentite più a vostro agio. Grazie ad un pubblico di fedelissimi che vi segue ovunque, intavolate uno spettacolo fantastico. Il vostro live non è solo esecuzione ma puro teatro partecipato col pubblico. “Fikurilli sei una merda”, “tua sorella è una troia”, una sfida all’offesa più originale con chi vi ascolta. Ma se doveste suonare dove nessuno vi conosce? Nessuno!
M.Z.: sarebbe bello! Il pubblico capirebbe subito!
P.: pagheremmo qualcuno per la clack, sicuramente, 200 € di buono e sano investimento
M.S.: avremmo bisogno di più tempo per entrare in confidenza col pubblico. siamo capaci di fare più di due ore di concerto filate, mica come quei poveri scheletri chitarra e barba tipo Dente.
F.: Stai sicuro che sapremmo comunque come farci offendere di brutto. Inoltre il nostro pubblico cresce ad ogni concerto e gli sconosciuti che ci offendono si moltiplicano di volta in volta. Alcuni sono degli acrobati della parolaccia, insospettabili per giunta! Maurizio stai infangando questo mondo e quel l’altro, sei un hooligan!
M.Z.: maurì pure tu sei uno scheletro chiatarra e barba
P.: montgomery
M.S.: ma siamo anche musicisti, non mortifichiamoci da soli con la storia dei testi. Se suoniamo bene attiriamo l’attenzione a prescindere dai cazzi e dai culi.
F.: che c’entra? Tu sei davvero il cognato del diavolo

Don
Appunto…vedi domanda numero tre.
Un giorno si potrà tornare a vivere della propria arte? Oggi il conto in banca sembra inversamente proporzionale alla qualità proposta.
M.Z.: solo se usciamo dall’euro! ahahahahhaha
M.S.: ottima domanda, io la girerei ad Umberto Palazzo. mi scriveva che quasi tutti i musicisti in italia sono poveri. effettivamente fai, mettiamo, 100 serate all’anno, ma se non arrivi a fare tipo 1500 euro al mese ddò cazzo vai? la gente lascia, smette… orrore.
F.: altrove è possibile, anche per quelli che non propriamente c’è la fanno, ma la deriva culturale, perché di questo si tratta fondamentalmente, coinvolgerà tutti. E noi potremo dire “te l’avevo detto”. Speriamo che aprano una banca gestita da solo artisti. Forse allora…
M.S.: ma TUTTI i musicisti,anche gli orchestrali!

Don
Tutti gli artisti, non tutti i musicisti.
F.: mauri concentrati

Don
Siamo in dirittura d’arrivo. Quale è il vostro sogno di musicisti e la vostra paura più grande?
P.: secondo me si e pure molto presto, è rimasto troppo poco in giro e tutto stramaledettamente appiattito e simile per il semplice fatto che non può tornare un neomedioevo
M.Z.: il mio sogno e poter continuare a suonare il più allungo possibile.
F.:  da musicista vorrei fare l’astronauta. La paura più grande è quella di dover rinunciare per andare altrove. Ma anche un po’ quella di rimanere incinta.
M.S.: vorrei definirmi artista senza paura di usare questo termine per non usare “disoccupato”. ci sono tre categorie di artisti.
P.: il mio sogno è diventare ambidestro e l’incubo è perdere la mano destra
M.Z.: la mia più grande paura è suonare per sempre con schillaci
M.S.: quelli veri veri veri, quelli definiti tali solo perchè hanno l’enpals e i nullafacenti che non sanno come altro definirsi.
F.: Mauri stai due domande indietro
M.S.: la mia più grande paura siete voi

Don
Ahahahahhaha. Una brutta domanda, alla quale praticamente non mi ha mai risposto nessuno. Chi è la grande truffa dell’Indie italiano? E perché?
F.: l’indie è una truffa, perché non esiste. Cosa significa ancora nel 2013 indie?
M.S.: guarda, Rockit promuove certi campioni da sette spettatori a concerto… “il rock è cazzo, e il tuo è morto” (The Doors, il film)
M.Z.: continua la crociata di Schillaci contro Rockit
F.: Maurizio sei il peggio
M.S.: la truffa è il pubblico. non ne capiscono un cazzo di musica.
M.Z.: quindi quando sei tu pubblico, sei tu a non capire un cazzo! Maurì, smittil a di cazzate!

Don
Giusto. Comunque, niente nomi. Come preferite.
P.: per me indie è una modalità alla musica, la truffa è attribuirgli un genere musicale specifico

Don
Invece c’è qualcuno che vi assomiglia? E qualche nome nuovo che pensate abbia tanto da dire? Sia italiano che straniero, ovviamente.
P.: i Bachi da Pietra
M.Z.: I Managment del Dolore Post Operatorio (solo perchè so abbruzzesi!!!)
M.S.: Pilar, MA.DE DO.P.O., Maria Antonietta, Paolo Benvegnù, e altri…

Don
Nessuno che vi somiglia però…
M.Z.: siamo unici!
P.: pensando a qualcuno che ci somiglia mi sta a venire l’emicrania, comunque inglesi gli Holyfuck ce garbano..ma io aspetto la risposta di Francesco
M.S.: ce ne sarebbe qualcuno ma è davvero borderline e il nome non ti direbbe nulla. il vincitore della coppa Rimetti del 2012, ad esempio, Francesco Niente.
F.: gli squallor. Escludendo che sono quasi tutti morti rappresentano indubbiamente il futuro. In questo momento sto seguendo molto anche gli Indian Jewelry, ma io non capisco un cazzo.
P.: Holyfuck so canadesi cafò…
F.: ah e aggiungo pure, dall’Italia, Gianfranco Marziano, nostro precursore sconosciuto a noi fino a qualche anno fa.
P.: lo sapevo che sbancavi bella Frangè
M.S.: ah, i Progetto Panico, grandissimi!

Don
Nomi non molto noti. Difficile diventarlo quando si fa musica come la vostra. Siamo in chiusura. Dove potremo ascoltarvi nei prossimi mesi, dal vivo?
F.: meno male. Avremo meno concorrenza.
M.S.: il 23 febbraio al Fictio di Chieti
P.: il 6 marzo a Berlino, in piazza vicino al bar che vende le birre alla spina
F.: il 23 febbraio al Fictio, a Chieti, dove giochiamo in casa e il 30 febbraio al macellaio di via cazzimma, a Caserta.

Don
E il prossimo album. Quando dovrebbe uscire? Che differenza ci sarà con “Sberle” ?
M.Z.: top secret
F.: il prossimo album sarà un ep in cui raccoglieremo delle cose che suoniamo in questo periodo è che ci piacciono in modo particolare. Ma prima ci sarà un DVD con il documentario sulle nostre origini e sulla nostra fine.
P.: forse qualche anticipazione potremmo farla..dai parlate. Ieri abbiamo finito le riprese..hehehe, manca il montaggio robba grossa.
F.: firmato dal nostro videomaker preferito Startakko.

Don
Ditemi quello che avrei dovuto chiedervi e non vi ho chiesto? Poi, se volete, rispondetemi.
F.: oggi hai fatto la cacca? – si, ma sono stato così tanto a leggere sulla tazza che mi si sono paralizzate le gambe e, quando mi sono alzato per aprire la porta di casa da dove qualcuno suonava insistentemente, sono caduto. Ho strisciato fino alla porta, erano dei testimoni di Geova, vi lascio immaginare il seguito.
M.S.: ci sto pensando ma mi vengono in mente domande assurde del tipo “perchè dovreste essere dei ventenni e invece ne avete più di 35?”
M.Z.: Maurì tu ne hai più di 40

Don
Ahahahah
P.: tipo jimmy dovè?
M.S.: più di 35, infatti. vado per i 43 e sto in giro con una fender a fare casino anziché stare in pantofole a subirmi le scoregge dei bambini e le ascelle di mia moglie.
P.: jimmy scopa … noi stiamo qui a sparare le cazzate
M.S.: onesto
P.: hahhahaha un frame del DVD!

Don
Non vi chiedo chi è Jimmy. Ciao a tutti, allora. A presto.
F.: a presto, cazzo!
M.Z.: buonanotte
M.S.: a presto , e grazie

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Oslo Tapes – intervista a pesci con testa di cane

Written by Interviste

Oslo Tapes (un cuore in pasto a pesci con teste di cane) è il progetto di Marco Campitelli dei Marigold prodotto e suonato (anche) da Amaury Cambuzat. Il 12 Marzo l’uscita ufficiale del disco. Cerchiamo di capirne qualcosa in anteprima, tra il cinema di Tarkovsky e le prestigiose collaborazioni della musica italiana presenti nel disco.

La musica di Oslo Tapes sembra essere perfetta per una colonna sonora, una musica che vuole essere vissuta, sbaglio?
Penso di sì, un pò in tutto quello che compongo si possono ritrovare delle “visioni”,  alcune personali, altre volte influenzate dal cinema (il cinema di Tarkovsky per quanto riguarda il disco degli Oslo Tapes)

Cosa spinge Marco Campitelli a creare questo progetto?
E’ da molto tempo che nel mio” studio” orbitano delle idee, pensieri e brani che non sempre trovavano collocazione adatta nei Marigold. Da qualche anno ho deciso di  dedicarmi in modo più sistematico alla cosa iniziando a “scomporre ” brani e organizzare le parole intorno ad essi.

Amaury Cambuzat suona e produce il disco, cerca di spiegare l’importanza di questo personaggio all’interno del disco?
Amaury da molti anni a questa parte ha sempre sostenuto le mie idee producendo i dischi dei Marigold…e mai come questa volta si è rivelata la persona più indicata per dirigere il lavoro nel suo complesso. La maggior parte del disco è stato registrato e composto da me e da lui in circa 4 giorni, solo con lui sarei riuscito a far tutto in modo così diretto. Amaury oltre ad essere un grande musicista è un bravissimo arrangiatore…e sa aiutarti a farti diventare un “vettore”, un mezzo per cui far passare la musica.

Musicisti eccellenti nelle collaborazioni, ne vogliamo parlare?
Volevo realizzare/arrangiare dei brani con persone che stimo stilisticamente e con il quale sto bene sul piano umano. Sono davvero molti quelli hanno contribuito alla riuscita del disco e tutti sono degni di nota. A partire dagli amici ed ottimi musicisti Valerio Anichini, Mauro Spada e Luca Di Bucchianico, Wassilij Kropotkin (La duma e King of the Opera) e Andrea Angelucci (Zenerswoon) con la loro versatilità e capacità compositiva, la precisione e la cura di Stefano Venturini e Alessia Castellano (Werner), Irene Antonelli  e Ferruccio Persichini (TV Lumieré) con i quali condivido un certo immaginario e scelte musicali, Gioele Valenti (Herself) fraterno amico e grande musicista che mi offre spesso utili consigli e intuizioni e infine Nicola Manzan (Bologna Violenta) musicista e arrangiatore di altissimo livello. Il tutto amalgamato e supervisionato dall’immancabile Amaury Cambuzat. Come sempre poi l’artwork del disco è sempre curato da Kain Malcovich, disegnatore e scrittore che ruota intorno al mondo della DeAmbula Rec.

Oslo Tapes ( un cuore in pasto a pesci con teste di cane )  titolo molto teatrale ad effetto, perché?
Il titolo dell’album è uscito fuori all’ultimo momento, doveva essere un omonimo, ma come ci insegna il buon Gioele Valenti, è l’ album a “reclamare” il suo titolo, OT ha reclamato il suo sottotitolo poco prima di andare in stampa. Si stratta degli ultimi versi cantati nel disco “un cuore in pasto a pesci con teste di cane” (in Crecefissione Privée) più che teatrale è un riferimento alle “visioni” che ho citato prima.

Un disco molto compatto ed emotivo, la gente apprezzerà? O pubblico di nicchia?
Mi suggerisci la risposta: per un pubblico emotivo, ma sicuramente appassionato di sonorità sperimentali.

Dopo l’uscita si parte per il tour promozionale del disco, novità nell’esecuzione live, tappe del tour, insomma, anticipaci qualcosa?
Il tour verrà realizzato in solo, ma non in veste “soft-cantautorale” i brani verranno suonati con un carattere molto sperimentale, mi alternerò fra chitarre, synth, loop a bassa definizione e qualche tamburo. In alcune tappe mi accompagneranno Ferruccio e Irene dei TV Lumiére, o Francesco e Andrea. Non mancheranno qualche incursione di Cambuzat e Manzan.

Il disco sarà distribuito soltanto in Italia? Sotto quali etichette/distribuzioni?
Il disco è stato prodotto da diverse label tra cui la mia DeAmbula Records, la Acid Cobra Records di Amaury Cambuzat che curerà la distribuzione francese, la Dischi Bervisti di Nicola (Manzan) e Nunzia, Atelier Sonique del caro amico Bonfo, gli instancabili ragazzi di Dreaming Gorilla Records e Overdrive Records. La distribuzione in Italia sarà curata da Audioglobe che si è interessata al progetto con entusiasmo.

Ho avuto la fortuna di ascoltare il disco in anteprima e i miei giudizi non possono che essere molto positivi, vuoi parlarci del disco menzionando qualcosa a cui tieni?
Sono felice che ti piaccia

Grazie Marco, in bocca al lupo!
Grazie a te Riccardo per la cortesia e l’attenzione che rivolgi alle nostre produzioni.

 

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