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RB.Novembre – Acriliche Addizioni Umane (Disco del Mese)
Gabriele Squartecchia, in arte RB.Novembre, esordisce in un full length di incantevoli chiaroscuri con questo Acriliche Addizioni Umane: nove tracce che mescolano Elettronica dai toni Ambient e Pop impalpabile e sofisticato, utilizzando gli strumenti come pennellate leggere d’acquerello, in arrangiamenti sempre puntuali e ragionati, tra beat e batterie, chitarre elettriche e synth, pianoforti e archi.
Punti di forza del lavoro sono soprattutto la voce eterea e carezzevole di Gabriele, pronta a disegnare linee melodiche ipnotiche e appiccicose senza sembrare per questo eccessivamente ruffiana, e le piacevolissime fughe strumentali che si nascondono attorno ai brani, con quei tocchi di psichedelia atmosferica architettata con gusto e precisione (penso al finale di “Ironichetragiche”, alla coda di “Il Tempo lo Spazio le Visioni”, con un certo gusto orchestrale, o ai ritmi di “Se Poi pt.2”). C’è poi, nel complesso, un notevole gusto, quasi Prog, nella mescolanza di generi, negli arrangiamenti labirintici, nella rivoluzione delle strutture dei brani, che sono funzione dell’artista e della sua visione, e non il contrario, come spesso accade.
Acriliche Addizioni Umane è insomma un esordio curioso e stuzzicante, che pecca di qualche rara ingenuità vocale e di qualche lieve imperfezione sparsa che, ne sono certo, una produzione più attenta e più matura saprà correggere, regalandoci un secondo tempo ancora più entusiasmante.
Da ascoltare se siete degli inguaribili romantici alla ricerca di una colonna sonora per farvi un viaggio mentale di tre quarti d’ora e rotti, sognando.
DIIV – Is The Is Are
I DIIV sono appena al secondo album, ma nei quattro anni trascorsi dall’esordio hanno avuto molti altri modi per tenere accesi i riflettori sulle loro teste colorate.
In un’era in cui per rendere la musica più appetitosa sembrano volerci molti contorni, alle band tocca essere presenti su ogni social network (e Instagram sembra essere tra le piattaforme più efficaci, nonostante sia quella al sonoro lascia il minor spazio, con i suoi 15 secondi appena di durata massima dei video). Ciò nonostante, i condimenti evergreen sono quelli che hanno a che fare con le love story e l’illegalità, e in generale tutti quelli che gli artisti non vorrebbero condividere.
Dopo essersi confezionato con cura un’immagine quanto più vicina possibile a quella del Kurt Cobain più commercializzabile, l’ironia della sorte ha voluto che Zachary Cole Smith, mente e immagine del progetto DIIV, ci sia caduto dentro con tutte le scarpe. Is The Is Are giunge infatti dopo una serie di sue vicissitudini personali, iniziate da un arresto nel 2013 per possesso di stupefacenti, e condite dalla presenza costante di Sky Ferreira nel ruolo di Courtney Love. All Apologies: non me ne vogliano a priori gli adepti dei Nirvana, ma c’è da soffermarsi sul parallelismo senza affrettarsi a gridare all’eresia. Perchè al di là delle ostentazioni di Cole, due ragazzi travolti da un successo inaspettato come lui e Kurt è lecito che qualcosa in comune ce l’abbiano, ansie da prestazione e instabilità emotive in primis.
Quel che è certo è che cambia il modo di affrontarle, ‘che se nel 1994 Tumblr fosse già esistito forse le cose sarebbero andate diversamente. Cole infatti è figlio del suo tempo, e i social network sono parte attiva della sua rehab. Appena un anno dopo un debutto accolto con entusiasmo da critica e pubblico, non solo si ritrova incasinato con la giustizia, ma anche con la classica inquietudine da sophomore: quella di fallire è la più umana delle paure, e giunto alla fatidica prova del secondo album Cole tenta di eluderla condividendo il processo creativo coi propri follower. Fragile sì, ma di certo meno estemporaneo di ciò che vorrebbe sembrare: il ragazzo è uno che ha capito come farsi amare da un mondo che vuole a tutti i costi interagire coi suoi miti. Il blog dei DIIV è il diario di bordo di Smith. A scorrerlo si può scoprire ogni aspetto di Is The Is Are. I wanted the title to come straight from the album art, I wanted the title to come from a poem, e prosegue svelando la genesi di un artwork estremamente home-made e di un titolo che viene dai versi nonsense del poeta francese Frederick Deming. Rendere accattivanti una cover scarabocchiata e una frase che in inglese non ha alcun significato: lo stai facendo bene.
Se è vero che è facile inscatolare il nulla e venderlo a peso d’oro, la notizia in questo caso è che dietro agli artifici si cela una buona dose di sostanza. Le diciassette tracce di Is The Is Are fugano ogni dubbio: quello di Oshin non è stato un caso fortuito, e l’emersione da un undeground affollato come quello di Brooklyn i DIIV se la sono meritata.
Le materie prime sono le stesse: devozione totale alle chitarre, che si rincorrono in territori Post Punk su linee melodiche pulite e nervose, che sovrastano le seppur incalzanti percussioni, a scandire tormenti di cui godere in modo insano. Meno improvvisazione e più spazio per le liriche, asciutte e ossessive. I progressi vocali di Cole si sentono anche quando gioca coi riverberi e le sbavature, sul mellifluo Shoegaze di “Bent (Roi’s Song)” o nell’ubriachezza dei loop di “Take Your Time”. “Se togli questa musica da tossici è meglio”, ha detto un mio amico l’altra sera mentre quest’ultima fuoriusciva dal mio autoradio e a poche centinaia di metri ci attendeva un posto di blocco pronto a stanare le birre di troppo che avevamo in circolo: perifrasi irriverente, ma a voler condensare in poche parole l’universo sonoro imbastito dalla musica dei DIIV è in fin dei conti una delle più calzanti. Le corde che corteggiano costantemente la New Wave à la The Cure si aggrappano a ritmi più sostenuti, in risultati lisergici: nelle atmosfere sognanti della intro di “Out Of Mind”, nel giro catartico che sfuma in chiusura in “Under The Sun”, nella inedita versione Noise di Sky Ferreira alla voce in “Blue Boredom”.
Una gestazione lunga, con tutto il tempo per levigare, e a conti fatti ben speso, perchè la dose di cura nei dettagli è quella giusta, che bilancia le componenti ma non rinnega le origini Lo-Fi della militanza nei Beach Fossils. La title-track spezza il disco a metà introducendo un umore diverso, disteso e scanzonato. Torna poi la consueta mistura viscosa e perturbante, negli episodi più intensi e lavorati (“Healthy Moon”, “Loose Ends”) così come in quelli più spontanei (i venti secondi del riff di “(Fuck)”).
L’Indie d’oltreoceano crede ancora nell’essenza del Rock, quella a base di chitarre e malessere, e di fronte all’evidenza torno a crederci un po’ anch’io.
Il Video della Settimana: Melody – “Ci Sarà da Correre”
Figlia del grande Corrado Castellari autore di molti nomi giganti della canzone italiana. Lei è Melody che più volte abbiamo incontrato anche nel trip rock dei Misfatto. Ma qui torna anche ad una sua più naturale collocazione. Parliamo di grande pop italiano. Un disco dal titolo Ci Sarà da Correre in cui Melody raccoglie 10 brani scritti dal padre dagli anni ’70 fino alla sua scomparsa avvenuta nel 2013. Tra questi anche “Il Testamento di Tito” cantata poi da De Andrè. Bello ed interessante vedere la storia di un’Italia che non c’è più dietro l’interpretazione dei suoni di oggi. Il video della settimana di Rockambula è proprio il singolo di lancio di Melody Castellari:
“Ci Sarà da Correre”. In questo presente a quanto pare chi non corre è perduto. Nel tuo video hai anche rappresentato uno scorcio di società in corsa…ognuno a suo modo…sei d’accordo con questa mia chiave di lettura?
Sono d’accordo. Siamo una società costantemente in corsa in ogni senso. Presi dai nostri problemi e dalle nostre quotidiane urgenze, spesso realmente futili, come la “necessità” di apparire a tutti i costi. Il video come dici rappresenta un piccolo spaccato della nostra società in modo naturalmente caricaturale e ironico. Nella canzone, che narra di episodi di, aimè, ordinaria cronaca, di violenza, di disperazione, si corre per soccorrere, per assistere a un crimine, per aiutare, per “curiosare”. Alla fine però si corre verso un’alba che rappresenta la vita nel suo senso più puro, si corre “contro la notte ormai finita, perché il buio è una cosa e un’altra cosa è la vita”. Cioè, nonostante ci siano tanti momenti di buio, la vita vale la pena di essere vissuta per la sua parte più luminosa e più vera.
Un disco che porta con se una responsabilità ed un tesoro di grande valore. Con che spirito affronti tutto questo?
Con grande consapevolezza. Considero il fatto di continuare il lavoro di mio padre come una vera e propria missione; per me è sempre stato motivo di orgoglio essere figlia di Corrado Castellari e so perfettamente che quanto mi ha lasciato è davvero prezioso. Cerco di essere all’altezza di quella che ritengo una responsabilità davvero importante. Ho sempre pensato che mio padre meritasse un maggiore riconoscimento tra il pubblico di quanto ne abbia ottenuto e cerco di contribuire affinché le persone sappiano che musiche meravigliose abbia scritto e che persona incredibile sia stata.
Tuo padre è uno dei grandi testimoni di quell’Italia discografica. Oggi che tocca a te…cosa ne rimane?
Poco o niente. Mio padre mi ha sempre raccontato di come funzionava la discografia un tempo e io stessa in fondo, iniziando molto presto il mio percorso musicale, ho vissuto un pezzetto di quell’epoca, o almeno del suo strascico. Oggi la musica italiana ruota intorno a meccanismi che purtroppo hanno poco a che fare con “la canzone” e troppo con la televisione, il coinvolgimento emotivo del pubblico dato dai piccoli drammi tra gli artisti, la competizione. Mi riferisco naturalmente ai talent, che a dire il vero non condanno in senso assoluto, ma credo che, appunto, rappresentino un trend televisivo che con la musica ha poco a che fare. Nel corso degli anni quelli che erano ascoltatori si siano via via sempre più disabituati ad ascoltare e sempre più abituati a guardare diventando solo spettatori. Resto però fiduciosa del fatto che se è vero che tutto si ripete ciclicamente, fra un po’ dovrebbe cambiare qualcosa. Chissà.
Fiorino, al via il “tour elettrico di fine masochismo”
Sei date tra Roma e Bologna per festeggiare un anno dall’uscita Il Masochismo Provoca Dipendenza, album di esordio del cantautore spezzino Matteo Fiorino, candidato alla Targa Tenco per “Opera Prima” di cantautore. Fiorino riarrangia i brani dell’album in chiave elettrica, con precisi rimandi a sonorità southern-rock, post-rock e stoner, da L’esca per le acciughe a Senso di colpa e tutti i brani del cd pubblicato lo scorso anno. Le date del tour: martedì 19 gennaio Le Mura (Roma), mercoledì 20 gennaio Arci Origami (La Spezia), giovedì 21 gennaio Mikasa (Bologna), venerdì 22 gennaio Harissa Locanda (San Savino RN), sabato 23 gennaio Circolo Lem (Montemarciano AN) e domenica 24 Caffé del Sole (Urbino).
Top 3 Italia 2015 – le classifiche dei redattori
I tre migliori dischi italiani di quest’anno secondo ognuno dei collaboratori di Rockambula.
Continue ReadingAllen Stone: unica data italiana ad Aprile
Dopo due anni di assenza Allen Stone torna finalmente in Europa con una serie di prime date ad aprile. Tra queste, l’unica data italiana del 19 aprile 2016 al Biko di Milano, in occasione della quale il cantante soul presenterà Radius, il nuovo album in uscita nel 2016 via ATO/Pias. Maggiori dettagli sul nuovo lavoro arriveranno a gennaio ma, come dichiara lo stesso Allen, si tratterà di un disco molto personale: “in a lot of ways this album is about getting out things deep inside – whether it’s love or insecurity or joy or frustration about things going on today.” Radius arriva a distanza di quattro anni dall’acclamato omonimo ed autoprodotto album che ha raggiunto la top 10 della Billboard chart e la Top 5 della iTunes R&B/Soul chart.
Martedì 19 Aprile 2016
unica data italiana
MILANO – BIKO
Via Ettore Ponti, 40
Apertura Porte: 21.00 – Inizio Concerto: 22.00
prezzo del biglietto: 13 Euro + diritti di prevendita
prevendite attive su www.ticketone.it e www.mailticket.it
Informazioni prevendite:
Ticketone – www.ticketone.it – 892 101
Mailticket – www.mailticket.it – 199 44 62 71
“Invisibile” è il terzo singolo dei Santarè
Nuovamente sotto i riflettori i Santarè, con il loro terzo singolo “Invisibile” tratto dall’album Ad Occhi Aperti nel Buio. Il brano esce oggi accompagnato da un videoclip surreale, che racconta attraverso immagini allegoriche la condizione di un uomo che fatica a riconoscersi, a relazionarsi, tanto da sentirsi invisibile. Il lavoro di montaggio e post produzione di questo videoclip è realizzato dallo stesso Filippo Cavallo, il cantante del gruppo, che è riuscito a costruirlo e strutturarlo sapientemente, grazie anche alla regia di Alessandro del Gaudio. Il brano dalle sonorità melodiche e pop per quanto riguarda la voce, ha una grande vivacità dagli influssi elettro-rock. Invisibile è un brano che racconta un percorso di ricerca: “Tra le ombre che si alzano e le mani che si chiudono per cercare l’infinito il centro di gravità”.
Coraxo – Neptune
I Coraxo nascono nel 2013 e provengono dalla fredda Finlandia. I membri che ne fanno parte sono: Tomi Toimonen, Ville Kokko e Ville Vistbacka. Tutti e tre i ragazzi hanno una formazione ed uno stampo totalmente differente tra loro, e vi accorgerete di questa particolarità proprio grazie a Neptune, il disco d’ esordio registrato presso il Raivio Sound, mentre i processi di masterizzazione sono a cura di Dan Swano, che a dirla tutta ha svolto un ottimo lavoro data la qualità del suono. Neptune è un disco che cattura l’attenzione grazie alle sue svariate sfumature: un po’ Heavy, un po’ Prog e un po’ Blues; a volte è possibile cogliere anche delle sfumature Folk, ma il minimo comune denominatore rimane sempre il genere Melodic Death Metal. È interessante come questo disco riesca a metterei di buonumore; in certi momenti pare che addirittura ti spinga a danzare e a muoverti sulle note di alcune sue canzoni. Non è un apice, questo è chiaro, ma è comunque un lavoro simpatico che è riuscito, prima di tutto, a mettere d’ accordo tutti i musicisti, sia per i loro gusti che per le loro capacità. In seconda battuta Neptune è riuscito a conciliare sonorità che difficilmente riescono a trovare una sintonia tra loro. Insomma, per i Coraxo è un buon inizio, questa prima fatica è sicuramente un discreto biglietto da visita. Con molta sincerità non riesco ad immaginare un futuro per questi ragazzi, è difficile anche orientarsi sul sound. Personalmente penso che meritino una piccola attenzione.