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La Band della Settimana: Hyena Ridens

Written by Novità

Sebbene Il progetto Hyena Ridens nasca ufficialmente nel 2009, le sue origini possono essere fatte risalire al 2006, quando avvenne l’incontro tra Gennaro Davide e Paolo Cotrone nella funicolare di Chiaia. I due rockers, Paolo alla chitarra e Gennaro alla voce, diedero vita al primo embrione del progetto fondando i Demons of the Rainbow, una formazione che suonava inediti dalla forte impronta Rock Psichedelico. Proprio durante questa prima fase conoscono il tastierista Paolo Astarita, reclutato nel 2008 per aggiungere nuove sonorità al progetto e con il quale si è venuto a formare il nucleo fondativo di quelli che saranno gli Hyena Ridens.

La formazione allargata grazie alle tastiere di Paolo Astarita porta i tre a ricercare ed elaborare sonorità sempre più autonome, cosa che porterà allo scioglimento dei Demons of the Rainbow nel 2009. Lo scioglimento della formazione originale non ferma però l’ormai avviata macchina compositiva formata dal trio Gennaro, Paolo & Paolo, che si mette al lavoro per trovare una sezione ritmica che possa fornire le necessarie basi alle loro composizioni, operazione che dopo circa un anno porta finalmente i suoi frutti con l’entrata in formazione di Alessandra Amelio al basso e di Mattia Santangelo alla batteria.

Il cambio di formazione si accompagna ad un più ampio cambio stilistico della band, con Gennaro (il quale oltre ad essere il vocalist è anche autore dei testi) che decide di scrivere i testi in italiano, cominciando con il pezzo “In Cammino”. Anche le sonorità cambiano, perdendo l’iniziale impronta psichedelica anni ’70 e dirigendosi verso sonorità più dure; la psichedelia rimane però un elemento forte nelle loro composizioni, e viene garantito dall’ingresso nella formazione del dubmaster Ruben M. Correra, che si unisce alla formazione nel 2010.
La formazione così costituita riporta gli ex-Demons – ora diventati Hyena Ridens – sul palco del Mamamù Bar il 18 novembre 2010, dopo più di un anno durante il quale non si erano mai esibiti live.

La storia degli Hyena Ridens in quanto tali è una storia complessa, che a tratti potrebbe ricordare quella dei Cure. Infatti, dopo un anno di concerti, con vari pezzi in cantiere e altri all’attivo, Paolo Cotrone abbandona il gruppo per trasferirsi a Roma e Alessandra Amelio abbandona il gruppo per suoi motivi personali.

Ciononostante, i ragazzi non si perdono d’animo, e decidono di continuare a provarci reclutando Vincenzo Pennacchio alla chitarra e Francesco Vitale al basso. La collaborazione con questi due nuovi componenti si rivela proficua, suonando spesso live e scrivendo nuovi brani che vanno ad allargare un repertorio in continua espansione. Visti gli ottimi risultati, gli Hyena decisero di registrare un primo EP che segnasse un punto fermo nel loro processo di crescita, e fu così prodotto “Solitudo est Servanda” (2012); purtroppo la registrazione dell’EP e le scelte artistiche da intraprendere alla luce di questo portarono a dure divergenze all’interno della formazione, che si dimezzò di colpo con l’abbandono di Vincenzo, Francesco e Mattia.

Lo scisma fu ovviamente un duro colpo per la band, ma Gennaro e Paolo Astarita, con il supporto (principalmente morale) di Ruben decisero di proseguire lo stesso, cercando come una fenice di risorgere dalle ceneri di un ennesimo cambio di formazione. Ma anche alla notte più buia farà prima o poi seguito l’alba, e questa si manifesta con l’inaspettato ritorno di Paolo Cotrone da Roma, che ritorna nella band ricomponendo il trio centrale Gennaro, Paolo & Paolo, a cui si riunisce uno storico amico e batterista dei Demons of the Rainbow, Andrea Falvo. Ricostruita la formazione quasi al completo, Gennaro decide di prendere in mano il basso, riducendo in questo modo la formazione agli attuali cinque componenti.

Nel giro di qualche mese l’intero ingranaggio inizia a girare a pieno ritmo, e la band trova nuovi arrangiamenti per i pezzi nel repertorio e ne scrive di nuovi, trovando anche nuove sonorità e sperimentando soluzioni alternative di arrangiamento, che hanno trovato una loro cristallizzazione nel primo disco ufficiale della band, Cave Canem, presentato ufficialmente il 22 ottobre 2014.

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Ash Code 08/05/2015

Written by Live Report

Quella dell’otto maggio è stata una serata davvero memorabile. Ancora una volta ho avuto la conferma che basta guardarsi bene intorno per riuscire ad assistere ad uno show degno di nota. Gli Ash Code sono i protagonisti assoluti della serata e a fine concerto, l’ unica pecca che sono riuscito a notare  è il caldo infernale. Il connubio tra birra e musica degli Ash Code è perfetto e mi trasporta immediatamente  in un piccolo paradiso oscuro. Lo show comincia con leggero ritardo a causa di problemi relativi agli scarsi posteggi ma intorno a mezzanotte quando i tre ragazzi salgono finalmente sul palco del Cellar Theory, una meraviglia di locale che ha l’ulteriore pregio di servire dell’ ottima birra ad alta gradazione; un posto degno di tutti i rocker o i gothster della città. C’è un bel pubblico, il locale è pieno e tutti non vedono l’ ora di farsi trasportare dalle note degli Ash Code. Subito dopo l’ intro la band apre con “Self Destruction”, ideale per cominciare a scaldarsi. La seconda traccia è la mia preferita, quella che mi fa viaggiare e mi fa scuotere: “Waves with no Shorers”. Speravo la suonassero quasi alla fine, essendo la mia canzone preferita degli Ash Code; volevo conservarmela come boom finale ma  evidentemente i tre ragazzi non la pensavano come me. E’ il momento di “Empty Room”, un altro cavallo di battaglia del loro nuovo disco; con questa il pubblico comincia a scatenarsi e a ballare e molti la canticchiano.  Con “Unnecessary Song” gli Ash Code danno ancora una sana lezione di come si usano le oscure atmosfere. E’ il momento di “Drama” che ti riporta indietro nel tempo, rammentando i primi Ministry e qualcosa dei Sisters of Mercy. Con “I Can’t Escape Myself” i tre ragazzi omaggiano i The Sound con una cover riuscitissima e in questa veste ancora più oscura il pezzo rende benissimo. Si sentono le note della titletrack del loro nuovo disco, l’ adrenalina sale (insieme alla birra), il pubblico si muove sul posto, qualcuno improvvisa una danza personale, gli Ash Code hanno fatto di nuovo breccia. Si chiude lo show con la quiete “North of Bahnhof” e l’ immancabile e frenetica “Dry your Eyes”. Insomma non c’è da lamentarsi di questo evento degli Ash Code; sono stati bravi, hanno emozionato il pubblico ed hanno fatto passare una serata davvero piacevole. Credo che sia un gruppo da tener seriamente in considerazione; hanno voglia e passione e il loro genere lo conoscono bene.

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Anthony Laszlo (video intervista)

Written by Interviste

Il nostro collaboratore Lorenzo Faustini qui nelle vesti del suo alter ego cantautorale La Scimmia ha realizzato questa bella intervista ad una delle band più promettenti del panorama nazionale, Anthony Laszlo.

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“Otto Ore”, il nuovo singolo degli ABIKU.

Written by Senza categoria

E’ uscito “Otto Ore”, il video del nuovo singolo degli ABIKU estratto da La Vita Segreta, uno degli album Sherpa Records che ha destato maggiore interesse tra gli addetti ai lavori nel 2014.

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“Sexy Tired”, il nuovo singolo degli Attribution

Written by Senza categoria

E’ disponibile su YouTube “Sexy Tired”, primo singolo con video live in studio degli Attribution, power trio bergamasco formato Marco Pasinetti (chitarra), Sebastiano Pezzoli (basso) e Stefano Guidi (batteria). La band a luglio pubblicherà il debutto Why Not, dieci tracce di tiratissimo e multiforme rock settantiano cantato in inglese che si espande in multiformi rivoli sonori animati da una creatività disinteressata agli steccati, là dove è la forza immaginifica del suono la sola ragione d’essere.

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Andrea di Giustino – Il Senso dell’Uguale

Written by Recensioni

Doti canore impeccabili al servizio di un delicato Pop italiano d’autore. A questa descrizione risponde il lavoro del cantautore sulmonese Andrea di Giustino, insegnante di tecnica vocale applicata e padre de Il Senso dell’Uguale, il suo nuovo album targato Hydra Music. Ma cosa è il senso dell’uguale? E’ la presa di coscienza che la vita non è solo come ci appare e tantomento come le nostre convinzioni la modellano nel tempo. Essa è fatta di mille sfumature ed è proprio di Giustino a dircelo nell’omonima traccia: “spostarsi a sinistra serve a comprendere che spesso la vita è questione di punti di vista”. Da questo concetto fondante si dipanano le nove tracce dell’album in cui ci sono due idee importantissime a fare da collante: la maturità e la conseguente consapevolezza. Perciò se ”Controindicazioni” è un guardarsi indietro e capire gli errori commessi in una storia d’amore, “Punto a Capo” è ciò che accade dopo un tale discernimento interiore, fino a capire che ciò che conta è “Morire Vivo” perché la vita offre un solo tentativo. Il linguaggio più usato è quello della musica d’autore. Spesso al cantautore bastano i tasti di un pianoforte per accompagnare le parole o un leggero riff in background. Notevole la scelta synth de “L’alchimista di Parole”, forse la traccia più interessante dell’intero lavoro. Il Senso dell’Uguale è un disco cauto, misurato e che non esce mai dagli schemi ma che centra perfettamente l’obiettivo prefissatosi. Parlare della vita e dei suoi mille punti di vista non è cosa semplice, specie se non si possiede un ricco vissuto. Andrea di Giustino, invece, ha molto da raccontare e sa come tradurre tutto in musica con l’eleganza di un artista consumato che punta sempre a migliorare se stesso.

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“Everybody Knows This is Nowhere”, nuovo video per i Bluebeaters

Written by Senza categoria

Reduci dalla collaborazione con i Boom Da Bash, i Bluebeaters tornano con un nuovo singolo: si tratta di “Everybody Knows This is Nowhere”, cover di un famosissimo pezzo di Neil Young e title track del loro ultimo disco, uscito ad Aprile su Record Kicks in tutta Europa ed in Giappone.
Il risultato dell’accostamento tra il suono Bluebeaters ed un mostro sacro della musica è un pezzo Rocksteady di grande impatto, perfetto per questo inizio estate.
“Tutti quanti sanno che quello che viviamo oggi è un non-luogo, un periodo di transizione che ci rappresenta.” dice la band parlando del brano“La consapevolezza dell’incertezza è il momento in cui uno decide di rimettersi in moto nella vita.” Il singolo che esce a 16 anni da the Album (09 Giugno 1999) è accompagnato da un video realizzato da Alex Caroppi durante il concerto di Aprile nel luogo da dove tutto è partito, l’Hiroshima Mon Amour di Torino, e trasmette tutta la carica live della band. Everybody Knows segna il ritorno dei Bluebeaters al loro suono originale, ed è stato accolto in modo entusiasta da stampa, addetti ai lavori e pubblico.

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La Band della Settimana: The Sticky Fingers Ltd.

Written by Novità

Il primo video estrapolato dal debut album omonimo dei The Sticky Fingers Ltd., uscito il 28 Ottobre 2014 per logic(il)logic Records: si tratta del brano “Rain Keeps Fallin’”. Il video è stato girato a Vignola (MO), prodotto da ‘The Sticky Fingers Ltd. e C&C Media’; con la partecipazione di Ester Rinaldi e l’esordio alla regia del duo bolognese C&C.

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Fucina 28 – La Pace Dei Sensi – Il Nulla

Written by Recensioni

Come scritto nella loro biografia, il progetto Fucina 28 nasce tra le mura di una casa, tra le piacevoli emozioni che solo una cena tra amici sa donare. Era il Novembre 2011 e quasi quattro anni dopo ritroviamo il gruppo pisano reduce da tour in giro per l’Italia e un primo album E’ Arrivato Il Tempo, accolto positivamente da critica e pubblico. Le otto tracce de La Pace Dei Sensi – Il Nulla, continuano a solcare l’onda sporca e abrasiva del precedente lavoro, senza nessun tipo di ammorbidimento. Sicuramente la scelta di una registrazione in presa diretta non avrà giovato in questo senso. La voce di Pietro Giamattei, mente e anima della band, ci introduce alla malinconica “La Guerra Dei Trent’Anni”, mentre con “Nel Paese Di Pinocchio”, il quartetto raccoglie i pro e i contro del sound dei Tiromancino. Avvolgente e più dinamica la titletrack “La Pace Dei Sensi”, ma è con “Amore Blu” che si fa il salto di qualità: un inno che si oppone al qualunquismo, scalfito da melodie estemporanee. E’ un fuoco di paglia, purtroppo: calma piatta in “Verde Mare” e “Te Stesso”. Si torna su buoni livelli con i riff di “Terrore”, il pezzo più lisergico del lotto, la quale si spegne come la fiamma di una candela al vento, lasciando spazio alla conclusiva “L’Incostanza Vol.II”: drammatica, quasi teatrale. Finito l’ascolto contesto la scelta della registrazione in presa diretta, troppo confusionaria e non all’altezza, ed è un dispiacere perché nei testi si scorge quel qualcosa in più che manca alla maggior parte della musica prodotta nel nostro Paese.

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Dr. Quentin & Friends

Written by Interviste

Dr. Quentin & Friends è un progetto aperto che ruota attorno alla figura carismatica di Quinto Fabio Pallottini. Lo abbiamo incontrato subito dopo il live Aspettando il Primo Maggio per parlare di presente e futuro della sua musica.

Partendo dal farti i complimenti per la recente vittoria alla finale abruzzese di Arezzo Wave e il mio in bocca al lupo per la prossima apertura a Marlene Kuntz e Lo Stato Sociale, ti chiedo subito, perchè hai vinto tu?

Quentin ha vinto per l’energia della sua esibizione e la capacità di colpire la gente e la giuria.

Di recente hai deciso di rinnovare completamente la formazione, i tuoi “friends”. Cosa ti ha portato a questa scelta?

Il motivo principale è che uno dei membri non si sentiva più parte del progetto. Un amico che ha suonato con me per anni ha scelto di non continuare ma il progetto non si fermerà mai. Solo lui ha scelta di prendere una strada diversa e gli auguro tutto il bene del mondo.

Vieni dal Punk, hai intrapreso strade Folk per poi puntare dritto sul Reggae. In realtà, la tua musica sembra essere qualcosa che va oltre le definizioni. Tu come la descriveresti? Come nasce la tua musica?

Semplicemente Paghetti Reggae; musica jamaicana suonata da italiani. Nello specifico Reggae contaminato da Rock, Punk e tanto altro. Un “metallaro” potrebbe chiamarlo Nu Reggae.

Molti credono che la forza della tua musica stia tutta nel tuo carisma. C’è qualcosa di più che finisce per colpire chi ti ascolta?

Non è la prima volta che me lo sento dire. In effetti, specie durante i live, il mio carattere è la prima cosa che ti rapisce e che aiuta a creare un certo legame col pubblico. Tuttavia riesco a colpire anche attraverso i brani, fatti di piccole storie di vita capaci di spingere all’immedesimazione al trasporto nonostante l’uso della lingua inglese.

Pensi che si possa emergere in Italia anche senza scendere a compromessi con i gusti, spesso discutibili, del pubblico?

(Ride ndr) Non ho minimamente idea di come si faccia ad emergere in Italia. Il successo vero sembrano raggiungerlo solo quelle merde dei reality che sfruttando quella merda di televisione. Io faccio solo quello che voglio fare, cercando di stare in pace con me stesso. La musica mi fa sentire vivo e l’ascoltatore italiano medio è semplicemente mediocre.

Qual è la più grande soddisfazione che hai avuto dalla tua, ancora breve, vita da musicista? E la più grande delusione?

Nelle poche occasioni in cui ho suonato con i grandi, la soddisfazione vera è stata sentirsi dire dal cantante dei Giuda che i miei sono grandi pezzi. La delusione… nessuna.

Hai da poco pubblicato un Ep. Cosa hai in programma per il futuro?

Il mio percorso è iniziato in maniera concreta due anni orsono. Devo andare avanti, pubblicando un album con inediti, cercando di esprimere tutte le mie idee e la mia musica.

Pensi che ci siano ancora veri talenti in Italia? Hai qualche nome da suggerirci?

Sinceramente non sono molto interessato alla musica italiana. Mi gasa quella strafica di Levante.

Le tue liriche sono prevalentemente in inglese. Un limite per il mercato italiano ma spesso una necessità espressiva. Credi che sia questa la scelta giusta? E perchè?

In realtà credo non sia poi cosi’ importante la lingua o il significato delle parole. La melodia conta davvero. Capisco che in Italia sia un limite non riuscire a farsi capire ma chi è davvero colpito da una melodia troverà il tempo di capire anche le parole. Quello che dobbiamo trasmettere sono soprattutto emozioni e a questo basta la musica.

Cosa vorresti trasmettere nello specifico? Credi di essere riuscito, fino ad oggi, nel tuo intento?

Voglio che gli altri provino esattamente le stesse emozioni che io provo nel momento in cui compongo una canzone.

Dammi il nome di un artista Indie italiano che credi abbia più successo di quello che si merita…

Lo Stato Sociale (ride ndr)

Nel tuo ultimo lavoro in studio sembra emergere la voglia di dare più risalto all’aspetto vocale (cosa che rende il sound più “Pop”) piuttosto che alla musica, mentre nei live le ritmiche gonfiano il tutto di una forza e un dinamismo maggiore. Hai la necessità di capire ancora la tua strada o è stata una precisa scelta fatta a tavolino?

Il sound è in continua evoluzione. Più suono e più riesco a farmi un’idea di quello che posso creare. Non avete ancora ascoltato nulla e quello che deve venire sarà qualcosa di unico, vedrete. Il sound che ho in testa non è esattamente quello che avete ascoltato.

Dove credi di poter arrivare, mettendo da parte i sogni e le illusioni e provando a ragionare con freddezza?

Sky is the limit

Quale credi che sia la cosa più importante nel fare musica? La capacità di essere innovativi, la tecnica, la coerenza, l’anima, la capacità di cogliere i desideri della gente o cos’altro?

Passion. La passione

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Ministri: nuovo album e tour

Written by Senza categoria

Dopo un’attesa lunga due anni tornano a farsi sentire i Ministri, uno dei gruppi rock più importanti della scena italiana. Il trio milanese è tornato da poco da Berlino dove ha registrato negli studi della Funkhaus il nuovo album, che uscirà a settembre per Godzillamarket/Warner. Il disco è stato prodotto da Gordon Raphael, produttore dei primi due album degli Strokes, Regina Spektor e molti altri. La band ha pubblicato oggi il primo brano estratto, Balla quello che c’è: “E’ un inno alla gioia convalescente, è una canzone sulla luce – su quando salta e su quando ritorna.” racconta la band “Ma è anche un momento, un attimo, è la registrazione in presa diretta di qualcosa che è successo per quattro minuti tra noi tre – in una stanza dell’ex-sede della Radio della DDR a Berlino est. La nostra voce, così com’è.”

Mercoledì 21 ottobre @ STUDIO FOCE – LUGANO
Biglietti: 20 euro + d.p.
Venerdì 23 ottobre @ ATLANTICO – ROMA
Biglietti: 13 euro + d.p. – 15 in cassa
Sabato 24 ottobre @ ESTRAGON – BOLOGNA
Biglietti: 13 euro + d.p. – 15 in cassa
Mercoledì 4 novembre @ ALCATRAZ – MILANO
Biglietti: 13 euro + d.p. – 15 in cassa
Venerdì 6 novembre @ NEW AGE – TREVISO
Biglietti: 13+ d.p. – 15 in cassa
Giovedì 12 novembre @ SMAV – CASERTA
Biglietti: 13 + d.p. – 15 in cassa
Sabato 14 novembre @ BARBARA DISCO LAB – CATANIA
Biglietti: 13 + d.p. – 15 in cassa
Venerdì 20 novembre @ HIROSHIMA – TORINO
Biglietti: 13+ d.p. – 15 in cassa
Venerdì 27 novembre @ OBIHALL – FIRENZE
Biglietti: 13 euro + d.p. – 15 in cassa
Venerdì 11 dicembre @ TEATRO KISMET – BARI
Biglietti: 13 + d.p. – 15 in cassa
Sabato 12 dicembre @ URBAN – PERUGIA
Biglietti: 13 + d.p. – 15 in cassa

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Mom Blaster

Written by Interviste

Nascono nel 2010 e iniziano sin da subito a scrivere propri brani e proporli live abbinati ad alcune cover, affascinati dal reggae ma con il dna di rocker, miscelano il sound jamaicano con il rock pop europeo, generando uno stile che loro amano definire rock in levare. Diamo un ben venuto nelle pagine di Rockambula ai Mom Blaster.

Ciao ragazzi, raccontate chi sono i Mom Blaster ai lettori di Rockambula.
Siamo quattro ragazzi di Lanciano (Chieti), abbiamo messo su la band nel 2010, ci piaceva l’idea di suonare un rock bello ritmato con tanto reggae e dub, per definirlo in due parole l’abbiamo chiamato “rock in levare”. Nel 2013 abbiamo firmato per l’etichetta Ridens Records e abbiamo pubblicato il nostro primo disco We Can Do It!, nove tracce cantate in inglese molto contaminate, forse troppo per alcuni, ma noi siamo fatti così, ogni membro della band proviene da esperienze musicali diverse, non poteva uscire un lavoro “monostilistico” musicalmente parlando. Abbiamo suonato il disco in giro per l’Italia e pare che sia piaciuto e questo ci ha dato la forza di andare avanti e di provare però ad evolverci (secondo il nostro punto di vista), passando al cantato in italiano e ad un sound con più elettronica.

”Ciò che è Giusto” è il primo singolo estratto dal vostro nuovo album la cui uscita è prevista in autunno. Come è nato questo pezzo e qual’è il messaggio che volete mandare a chi vi ascolta?
Per noi questo brano è un manifesto politico, contro ogni tipo di prepotenza e sopruso di cui siamo in quest’epoca spettatori ogni giorno. Pensiamo al sistema economico che continua a mietere vittime, al sistema malsano della nostra politica, agli estremismi religiosi, ai politicanti razzisti e così via. Ciò che giusto per noi sarebbe fermarsi e riflettere, chiedersi dove stiamo andando e se è questo il mondo che vogliamo. Il videoclip su Youtube aiuta ancora meglio a capire il messaggio che vogliamo dare con questo singolo.

Questo vostro lavoro rappresenta, come da voi detto, un cambio di direzione rispetto al precedente album We Can Do It. Perchè?
Dopo due anni di attività intensa, ci sentiamo più maturi e abbiamo anche le idee più chiare su ciò che vogliamo dire e cosa vogliamo suonare. Con l’ingresso di Marco Cotellessa nella band, abbiamo dato un taglio con molta più elettronica dato che a lui piace molto farla, anche se è un chitarrista, è appassionato di Deadmau5 e Skrillex, ed essendo rockettari da sempre, ci siamo spostati verso il rock, dando meno peso al reggae, anche se dei richiami nei brani ci sono, soprattutto dub. Importante è anche il passaggio ai testi in italiano, questo perché abbiamo visto suonando in giro che i messaggi in inglese fanno fatica ad arrivare, su We Can Do It! ci sono testi bellissimi ma purtroppo durante i live vedevamo la gente più presa a ballare che ad ascoltare, con questo disco vorremmo che le cose si invertissero.

Quali sono gli artisti da cui vi fate maggiormente ispirare?
Sono tantissimi, diciamo che chi ascolta questo singolo sente molto tra Subsonica, 99 Posse, Almamegretta, Casino Royale e Africa Unite. Ce ne sarebbero altri, ma questi grandi nomi bastano per far capire la direzione.

Ci volete dare qualche anticipazione riguardo il prossimo album e cosa non mancherà sicuramente nella musica dei Mom Blaster?
Sicuramente sarà un disco che piacerà ad una fetta larga di ascoltatori, questo perché ci sarà un mix tra la bellissima voce di Monica che in italiano è ancora più calda e profonda, e la musica che spazierà dalla ballata indie pop al drum&bass, il tutto unito da un filo conduttore tipico mom blaster: il rock in levare. I testi racconteranno storie, anche abbastanza dure, fatti di vita di quest’epoca buia. Ci auguriamo che piaccia e che sia una proposta interessante “e diversa” nel panorama della musica indipendente italiana.

La vostra collaborazione con la Ridens Records continua già dall’uscita del precedente lavoro, cosa porta una band a voler avere un contratto discografico?
L’etichetta ci aiuta ad essere più stabili e a rimanere concentrati sul lavoro da farsi, che è veramente tanto. E’ un supporto che ogni gruppo dovrebbe avere anche come mezzo di confronto con persone che non sono dentro la band e che ti danno differenti punti di vista su ciò che può essere la produzione ma anche la promozione e la comunicazione del disco, non è roba da poco.

Vi lasciamo le ultime righe, libere, per qualsiasi messaggio vogliate mandare…
Più che un messaggio un consiglio: ogni tanto spegnete il cellulare, recatevi in un posto tranquillo, isolato e ricco di natura, mettevi le cuffie, chiudete gli occhi e fate partire la musica che più preferite, pensate a voi e chi amate, alle cose belle che vi sono capitate e che vi potranno capitare, dimenticate lo schifo che ogni giorno vi circonda, sarà un’ottima terapia. Provare per credere, parola di Mom Blaster!

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