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La Band della Settimana: Daemonia

Written by Novità

Nati nel 1999 dalla mente di Claudio Simonetti, storico membro della band Progressive Goblin resa celebre anche dalle soundtrack di pellicole quali Suspiria, Zombi, Phenomena, i Daemonia rappresentano una prosecuzione in chiave Metal del fascino dei suddetti, continuando ad alimentarne il mito e farne rivivere le grandezze, anche attraverso la riproposizione proprio di colonne sonore celeberrime (ad esempio Profondo Rosso). Dopo diverse peripezie, la formazione attuale è composta da Claudio Simonetti alle tastiere, Bruno Previtali alla chitarra, Silvio Assaiante al basso, Titta Tani alla batteria e, in alcuni brani, Silvia Specchio alla voce. Proprio quest’anno i Daemonia tirano fuori un nuovo lavoro, Zombi/Dawn of the Dead (2013 – CD Black Widow) che presto vedrete recensito sulle pagine di Rockambula.

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Aa. Vv. – Streetambula

Written by Recensioni

Streetambula è la compilation, di ben 20 pezzi in due dischi, che è stata prodotta in seguito all’ottima riuscita del concorso omonimo, svoltosi l’estate scorsa a Pratola Peligna (AQ). Prepariamoci quindi ad una carrellata dei brani presenti nei due dischi della compilation: due canzoni per gruppo più alcuni extra affidati ai De Rapage, vincitori del concorso.  Aprono le danze The Old School, che, come da nome, regalano una ballabilissima “Rock’n’Roll All The Night” da vera vecchia scuola, sorprendentemente solida e frizzante. Nulla di nuovo, ma di certo un Rock’n’Roll che sta in piedi e che avrà fatto agitare una buona fetta di pubblico. Ci spostiamo in zone più raccolte con “Gloom” de A L’Aube Fluorescente, che invece, a dispetto del nome altisonante, si buttano su un Rock alternativo lineare e molto inglese, anche piacevole se vogliamo, suonato con coscienza e scritto con criterio, ma senza guizzi particolari.

Doriana Legge ci fa prendere una piccola pausa con “Palinsesti”, arpeggi in delay, pad iridescenti di synth in sottofondo, voce alternativamente sospesa e teatralmente piena (anche troppo, a volte) accompagnata da cori leggerissimi, e poi si sale a cercare l’esplosione, il climax, che però non arriva: viene solo suggerito da una chitarra distorta e dall’andamento vocale (pesa forse il non avere in organico qualcosa di percussivo – una batteria – che sostenga il crescendo). I De Rapage, vincitori della kermesse, infiammano tutto con l’energica “Il Grande Rock In Edicola”. Sembra di essere tornati a cavallo tra gli anni 80 e 90, sommersi da riff in distorto sostenuto e batterie ossessive, dove rullo e charlie fanno da padroni, a combattere una guerra assai rumorosa con le voci, sguaiate e sporche, come ben si confà all’impianto ironico-divertito dell’ensemble. La potenza live della band è fuori discussione: granitici, anche se non danno molto di più dell’energia grezza che producono.

“Crazy Duck” dei Dem è una sorta di Blues che triangola tra percussioni povere e continue, riff elettrici pieni di ritmo e groove, e una voce femminile che non sbaglia una virgola. Esibizione stralunata e a mio parere molto, molto divertente, che si perde un po’ quando rallenta sugli accordi di chitarra ritmica – ma poi si riprende, folle come in partenza, in un inseguimento allucinato di chitarra e percussioni. Stravaganti il giusto per spiccare nella massa, orecchiabili quello che basta per farmeli riascoltare con piacere. Approvati. Di nuovo Rock energico, questa volta dai Too Late To Wake: “Smooth Body” parte infuocata, cassa in quattro, promettendo assai bene (zona Foo Fighters); poi rallenta, si appoggia su un Rock in inglese più smorto e banale, con una voce che, sebbene calda in basso, non brilla sulle alte. Niente di eccezionale, nel complesso, ma con qualche idea interessante sparsa qua e là.

Un intro sospeso tra gli anni 70 e gli Arctic Monkeys per i Ghiaccio1, che in “Roby” si lanciano in un brano veloce, con sezione ritmica indiavolata e una voce trasformista, che qua e là tocca la timbrica di un Giuliano Sangiorgi qualsiasi. Poi rallentano, si rilassano, e ripartono, con un basso che sembra rubato a prodotti vari di Lucio Battisti. Notevole il tentativo di miscelare mood e generi diversi in un brano di poco più di 4 minuti (la coda scivola verso sonorità Reggae, e aggiunge varietà all’esibizione). La canzone non rimane troppo impressa, ma nel complesso si fanno ascoltare con gusto. The Suricates aprono con un intro Noise a cui seguono arpeggi sognanti, in un racconto Post-Punk straniante e circolare (c’è un po’ di confusione in ambito vocale, ma verso la metà del brano la cosa inizia ad avere un senso e a suonarmi così com’è: una voce che grida, sporca, gonfia di delay, esagerata). Un delirio generale ammaestrato, che riesce a tratti ad ipnotizzarmi. Non male. 

Il Disco 1 si chiude con due extra firmati De Rapage che appaiono senza titolo: il primo, che dovrebbe intitolarsi “To Be Hawaii”, è una ballad in cui la band abbandona l’energia grezza del Rock italiano primi anni 90 per darsi alla leggerezza – sempre ironico-demenziale ovviamente. Devo dire che il pezzo sta in piedi anche musicalmente, con quel giro di chitarra facilissimo e per questo bello, paraculo ma bello. E mi sento di dire che avrebbe funzionato alla grande anche ad avere un testo più serio (ma non staremmo parlando più, probabilmente, dei De Rapage). Il secondo extra torna un po’ sul sentiero del già visto, si canta e si sbraita e si picchia e si ride, ritornelli da quattro accordi e strofe goliardiche, sempre suonando sporchi & granitici insieme.

 Passiamo dunque al Disco 2: ecco di nuovo The Suricates, stavolta alle prese con “New Islands”. Intro psichico e allucinato, qualche intoppo qua e là sul nascere nel reparto chitarre, per un brano che stenta a decollare, ma poi si riprende: lento, lungo, ipnotico. Soundscapes di pianoforti, chitarre che si rincorrono, ritmiche incalzanti. L’onda scende, poi risale. Strumentale ed allucinatorio. Torna Doriana Legge, stavolta con un bel palm mute ritmico di chitarre ad introdurre “Scambisti Alla Deriva”. L’impianto è abbastanza confuso, con qualche imprecisione sparsa. Si è sempre dalle parti di una canzone d’autore post: c’è molto Lo-Fi, c’è molta teatralità, manca forse un focus maggiore. Il pathos, invece, c’è tutto. “Lisergia” per i Ghiaccio1: abbandonate le velocità Indie-Rock, ci si butta su un simil-Western con copiosi bending e momenti di frizzante distorsione strumentale. Un po’ peggio, un po’ noia.

I Too Late To Wake iniziano epici e brillanti la loro “Grey For A Day”, un Rock lento e malinconico, che, sempre senza sorprendere troppo, si dimostra composta con mestiere, mentre la voce ancora pecca nel registro alto (purtroppo). “Ngul Frekt Auà”, dedicata agli “alternativi del cazzo con la barba”, è il secondo pezzo “ufficiale” dei sempre più ghignanti De Rapage. La musica s’è ammorbidita e l’intento ironico è più preciso e affilato. Rischiano più volte di scadere nel cattivo gusto tanto per, ma qualche colpo di reni all’ultimo secondo sembra salvarli (il ritornello in dialetto, ad esempio – e chissà poi perché). Mi avevano lasciato con una simpatia inspiegabile nelle orecchie, ritornano un po’ meno luminosi e un po’ più piatti i Dem, che in “Ready If You Want Me” abbandonano la (bella) voce femminile per un cantato maschile più piatto, e un registro, in generale, più seventies. Sempre minimale, sempre percussioni leggere, chitarre frizzante e voci, il brano, sebbene sia sempre fuori di testa e pieno di arzigogoli ritmici e strutturali che proteggono lo spettatore dal disinteresse eventuale, non riesce a rimanermi incollato come quello del Disco 1. Sempre più inglesi e sempre più compatti gli A L’Aube Fluorescente (e più me lo ripeto, più il nome mi sembra figo – fuori di testa, ma figo). “Lizard” è un fascio di luce coerente e orecchiabile, che mi fa muovere la testa a ritmo, scritto bene e con una voce davvero poco italiana. Anche qui, niente di particolarmente nuovo, ma il lavoro è fatto bene, e potrebbe bastare.

Li abbiamo inquadrati nel Disco 1, non fanno che confermarsi qui: The Old School si presentano nella loro “We Are The Old School”, un Rock’n’Roll come dio comanda, e non c’è davvero bisogno che vi dica altro – nel bene e nel male.  Chiudono il party, come sopra, i De Rapage, con due ulteriori extra: sempre Rock energico, sempre la demenza più spinta, con argomento, nello specifico, l’omosessualità e la terribile esperienza di terminare il rotolo di carta igienica (con una variazione-litania: “mestruo, assorbenti, ciclo, vomito”… ci siamo capiti). 

Concludendo questa lunga carrellata di presentazioni varie: la compilation di Streetambula sorprende, e molto, perché una qualità mediamente così alta non era preventivata. Certo, l’audio non è dei migliori, le imprecisioni ogni tanto si fanno sentire, e tante band magari devono ancora mettere a punto qualcosa nei reparti tecnici: ma l’inventiva, la varietà e la passione che si possono trovare dentro questa compilation dimostrano che in giro c’è veramente tanta gente che ha qualcosa da dire. Il futuro sarà fatto di miriadi di band, che vivranno in una galassia musicale sempre più ampia e variegata, e ognuno di noi avrà mille sfaccettature da scoprire, senza doversi per forza aspettare la grande band dei nostri tempi. Iniziamo a guardarci intorno: date un’ascoltata a questa compilation e potreste incrociare qualcuno che vi convincerà a seguirlo con curiosità. Non si sa mai.

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L’istruzione e l’istituzione musicale in Italia.

Written by Articoli

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L’Italia è agli ultimi posti per quanto riguarda istruzione e cultura. La culla del Rinascimento e la mecca per musicisti, pittori e scultori oggi nel 2013 (ma anche da prima) non esiste più. Nessuno si ricorda il boom dello sviluppo culturale, annesso a quello economico, del dopo-guerra e l’analfabetismo che lentamente andò scomparendo grazie ad un sistema scolastico invidiato in tutto il mondo. Proprio poche settimane fa la notizia assurda dell’abolizione della materia forse più importante per il nostro paese: storia dell’arte. Cancellate le ore come una gomma che cancella dalla mente delle giovani generazioni le immense opere e possibilità del nostro tanto amato e perseguitato paese. E per quanto riguarda la musica? Certamente altre vergognose ingiustizie si stanno moltiplicando in questi ultimi tempi. Ma come si sviluppa l’istruzione musicale in Italia? Tutto o quasi inizia nelle fantomatiche “Scuole Medie”, che alcune volte vengono denominate il buco nero della cultura, in cui la musica prevede due ore settimanali, svolte in fretta e furia tra strimpelii e stonature di svariati strumenti (dal flauto, alla pianola ecc). Al contrario delle scuole medie ad indirizzo musicale che prevedono per i ragazzi anche due rientri settimanali per imparare, dopo un esamino di ammissione (anche se la musica dovrebbe essere per tutti, almeno nelle scuole pubbliche), il proprio strumento preferito: chitarra, pianoforte, clarinetto ecc.

Finite le scuole medie ecco un altro buco: il liceo. Lentamente, forse anche troppo, questa voragine sta diminuendo con l’istituzione di “Licei Musicali” che a detta del sito web www.liceimusicalicoreutici.org sarebbero sparsi su tutta l’aria della nostra penisola. Certamente ancora pochi e con un programma scolastico-qualitativo che a detta di molti “insegnanti privati” fatica a decollare. Ma leggendo in giro non c’è da spanciarsi perché proprio questi licei sono i primi ad essere martellati da tagli e soprattutto dalla precarietà di quasi tutti i suoi insegnanti. Per chi invece volesse continuare ad intraprendere la musica come mera passione e prezioso hobby ogni cittadina dalla più piccola alla più grande offre la possibilità di studiare e suonare in scuole private che oltre allo studio personalizzato, al divertimento durante i laboratori di musica d’insieme, alla creazione di band usa e getta fino al fantomatico saggio di fine anno, all’amicizia e ai ricordi che ognuno degli alunni si porterà dietro per la vita, il conto a fine mese talvolta risulta anche abbastanza salato per “un’istituzione” che oltre alla passione (talvolta associata ad un servizio scadente) non rilascia nessun tipo di credito.

Ma lentamente arriviamo al vero grande problema, per alcuni studenti: i Conservatori, che fino a qualche anno fa prevedevano corsi tradizionali, decennali per strumenti come pianoforte, chitarra o violino, quinquennali come canto ecc, con annessi corsi di solfeggio, storia della musica e armonia. Con la riforma della scuola e dell’università però anche i Conservatori italiani si sono omologati al famoso 3+2, innalzando il titolo da diploma a laurea specialistica. Ma le domande sono molteplici. Come fare dieci anni nella metà del tempo? Un ragazzino che vuole iscriversi a dieci-tredici anni dovrebbe affrontare subito un corso di laurea? Certo che no e siccome i Licei Musicali sopra citati non sono in stretta correlazione con i Conservatori si è pensato bene di istituire dei corsi dei Pre-Accademici della durata di ben otto anni, dopo i quali si può accedere al corso universitario. Quindi molti si staranno chiedendo: dov’è il problema? Nei grandi dimenticati di questa lunga storia: i ragazzi che proprio in questi anni stanno portando a termine il corso tradizionale. A rigor di logica il titolo finale dei corsi tradizionali dovrebbe valere quanto una laurea specialistica ma qualcuno del settore ricorderà la petizione di Sonny Cassata formulata dopo l’approvazione del comma 107 della legge di Stabilità (del 24 dicembre 2012, n. 228 -Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013 – . 12G0252 – GU n.302 del 29-12-2012 – Suppl. Ordinario n. 212 ) che prevede l’equipollenza dei soli diplomi accademici conseguiti col V. O. antecedenti all’entrata in vigore della presente legge, e quindi fino al 2012, che verranno equiparati a diplomi accademici di II livello (biennio per intenderci. Insomma non per tutti giustizia è fatta. Infatti chi concluderà il corso tradizionale dal 2013 in poi avrà una laurea inferiore, inferiore anche a chi ha fatto il loro stesso identico percorso. Giustamente siamo in Italia e questo caos poteva essere ben prevedibile ed è troppo difficile per le classi dirigenti del nostro paese pensare alla semplicità e alla correttezza di equiparare tutti i diplomi tradizionali, fino ad esaurimento candidati, a lauree specialistiche. Ma naturalmente ci sono molti punti su cui il Ministero dovrebbe fare chiarezza e poi si sa, moglie e buoi dei paesi tuoi, ogni governo cambia le carte in tavola e chissà se il futuro porterà cose buone anche per chi la musica la fa di mestiere. Intanto non si può che aspettare qualcosa di più chiaro e specifico perché nelle leggi non c’è posto per i “se” o per i “forse”.

Di seguito un piccolo pezzo di Storia d’Italia

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La Band della Settimana: Adailysong

Written by Novità

Adailysong è il progetto del cantautore napoletano Andrea De Rosa, nato nel 2010 dall’incontro con il pianista e compositore Bruno Bavota, il chitarrista Antonio Cece e il batterista Ivan Pennino. Era da tempo che Andrea cercava una sintesi alla sua musica e alle sue idee: l’intento era di fondere Pop, New Folk e canzone d’autore. Con gli altri componenti della band nasce un equilibrio insolito che andrà a unire tutto questo con la musica classica ed orchestrale. I buoni riscontri dei live e l’apprezzamento da parte del pubblico portano gli Adailysong a registrare un EP composto da tre brani: “Eloise”, “Il Meraviglioso Giardino” e “Memoria”.

A settembre del 2012 entrano in contatto con la neonata etichetta sociale “Apogeo Records”, uno spin off dell’associazione “L’Altra Napoli”, organizzazione guidata da Ernesto Albanese e da anni impegnata in progetti di rilevanza sociale per il quartiere Sanità di Napoli. A due anni dalla partenza del progetto, gli Adailysong iniziano le riprese del loro primo disco, Una Canzone Giornaliera, presso il Sanità Music Studio. L’album, composto da 10 brani, viene lanciato online e nei negozi di dischi il 15 maggio del 2013, ottenendo, anche grazie ad una buona conduzione dell’attività di PR e promozione, una discreta eco mediatica su stampa specializzata e generalista, a livello locale e nazionale.
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Alvaro Van Houten: Non Sono Bello, Piaccio!

Written by Live Report

Gianluca Torelli nella vita quotidiana diventa Alvaro Van Houten nella scatenata quanto imprevedibile vita artistica, come sua ammissione la sua “carriera” vive di sporadiche esibizioni dal vivo. Il suo mondo è certamente soltanto il suo e nelle live performance cerca di trasportare i presenti in questo mondo fatto di musica “diversa” che sbatte contro l’immortale leggerezza del trash d’autore e non. Insomma  Alvaro Van Houten rappresenta quell’artista al limite della follia che noi di Streetambula non potevamo farci scappare. E’ la data numero due, una settimana prima eravamo stati deliziati dalla rossa Doriana Legge (@ Caffè Del Corso, Pratola Peligna AQ), abbiamo puntato quasi alla cieca su Alvaro Van Houten per scaldare il Roxy Bar di Pratola Peligna AQ, non ci siamo sbagliati. Anzi. Goduria per tutti. Il ragazzo arriva nel pomeriggio mostrando subito le sue simpatiche qualità di relazionarsi con le persone, è paffutello, bassetto, porta gli occhiali e un simpatico accento della costa abruzzese. Monta il suo ampli per chitarra all’esterno del locale, stringe un,amicizia quasi amorevole, adolescenziale con Luca “Barabba” Colaiacovo (colonna del progetto Streetambula) e chitarrina alla mano girano per il corso di Pratola Peligna tra bar e increduli passeggiatori facendo una promo allucinante alla concerto che doveva consumarsi dopo poco tempo all’esterno del Roxy Bar.

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Noi, sempre a fiducia, abbiamo intuito che l’aria era quella giusta e profumata, sempre a naso abbiamo capito che quel simpatico cicciottello era uno che con la gente sapeva trattarci e come. Bene, accende le lucette di Natale che si è giustamente portato come scenografia d’alto livello  e il concerto può prendere inizio. Tutto il suo disco a cannone, parte subito con una grande voglia di far conoscere il proprio repertorio portato costantemente in promozione ovunque sia possibile farlo, la gente presente s’invoglia sempre di più e a rotazione vengono suonati in accompagnamento tutti gli strumenti portati da Alvaro e non, maracas, bongo, bottiglie, bicchieri e persino una vuvuzela. Avete capito bene una vuvuzela che il buon Fabiolino Presutti, in veste di dj della Zuzzurris NaccaPres nonché del progetto Streetambula, spara a polmoni aperti nell’orecchio del malcapitato Alvaro. Quello che istintivamente esce dalla bocca dell’artista è: “N’gulo a mammete, di cuore!”. Risate a crepa pelle e concerto che inesorabilmente tira dritto fino alla fine senza grandi intoppi tra pezzi propri e qualche cover presentata dallo stesso Alvaro oppure richiesta dal pubblico presente che ormai era entrato di diritto in quel mondo personalissimo di Alvaro Van Houten di cui parlavamo prima. Adesso la serata viene affidata alla selezione trash della ditta Zuzzurris NaccaPres che non delude mai, considerando la fresca scomparsa di Zuzzurro da cui gli artisti hanno ispirato il loro nome. Ebbene si, la seconda serata del progetto Streetambula al Roxy Bar di Pratola Peligna è stata all’insegna del trash, perché è possibile fare musica trash con stile ed eleganza, perché è bello prendere tante risate dietro lasciando stare almeno per qualche ora le lacrime, perché elargire felicità non è assolutamente facile, perché non sempre bisogna prendersi sul serio. Noi abbiamo scommesso, noi abbiamo vinto, la gente c’era e comunque si è divertita mettendosi nella memoria uno show indimenticabile, Alvaro Van Houten alla fine dei conti con grande professionalità riesce a far passare in secondo piano le carenze tecniche, la sua musica potrebbe essere suonata soltanto da lui, Alvaro Van Houten torna a casa contento e con la vittoria in tasca. Alvaro Van Houten ha vinto, il pubblico ha vinto ma soprattutto ha vinto Streetambula. Noi non ci fermeremo mai, coming soon…

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Addio alla Pirateria musicale. Forse. (Seconda Parte)

Written by Articoli

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Ricordate Napster, prima piattaforma di download fatta chiudere nel 2000 dalle grandi case discografiche con un clamoroso processo simile a quello più recente a MegaUpload?  In quel caso si è trattato di repressione da parte delle major, impaurite dal nuovo, confuse e senza controllo sul mercato. Negli anni di Napster iniziò lo sfacelo, una battaglia senza senso “all’illegalità” senza rendersi conto che, in fondo, la copia dei supporti c’è sempre stata. Poi vennero i social network, My Space e poi Facebook, che aprirono le danze soprattutto alla condivisione dei contenuti prodotti su altri siti. La rete divenne il principale strumento di diffusione delle proprie opere. L’industria musicale, in tutto questo, ha perso introiti per oltre 15 miliardi di euro (a fronte dei 25 mld registrati nel 1999, oggi solo 8 mld).

Ma la colpa è veramente del Download illegale? Dello Streaming gratuito? Secondo noi no!!! Dietro questo evidente bagno di sangue si nasconde l’inadeguatezza delle major; al cambiamento si è preferita la guerra. Guerra verso i loro stessi consumatori, cioè noi che amiamo la musica e per mancanza di soldi a volte la “duplichiamo”. In Italia, invece, da una parte c’è sempre stata l’incapacità della musica di diventare internazionale, dall’altra l’inadeguatezza verso le tecnologie e le nuove forme di comunicazione e marketing. Quello della musica è un indotto che, da Napster in poi, si è mosso senza una guida, senza una struttura. La grande industria non ha avuto la capacità di innovarsi, con nuovi supporti, duraturi nel tempo ad esempio o di alta qualità come ha fatto il cinema, e ha perso le redini del gioco e per questo oggi ci ritroviamo ad ascoltare brani in Streaming illudendoci che ci sia un ritorno del vinile. Adesso ci sono le macerie di quello che era e basterebbe la buona volontà per costruire un sistema nuovo da dove ripartire; forse mentre scrivo tutto questo, sta già accadendo. Vogliamo lasciare gli spazi disponibili ai nuovi magnati del sistema? Vogliamo accontentarci delle briciole di spotify?

In questa seconda parte riprendiamo il discorso affrontato qui riportando le interviste a Danilo Di Nicola (The Incredulous Eyes), Maurizio Schillaci (De Rapage), Umberto Palazzo (Santo Niente) e Marco Lavagno (Waste Pipes).

Danilo Di Nicola (The Incredulous Eyes)
Credo che per una band emergente sia quasi una risorsa. Molte fanno circolare la loro musica gratuitamente per farsi conoscere o la mettono in streaming pubblicizzandola sui social network. Non so se il discorso cambierebbe in caso di notorietà, credo dipenda molto dalla capacità del gruppo di trovare delle “alternative” al loro fare musica che non sia solo dipendere dalla vendita dei dischi, anche perché la prova del nove per una band per me rimane sempre il discorso dei concerti. Noi abbiamo fatto due dischi finora ma non abbiamo pensato minimamente alla possibilità di andarci in pari. Fare dischi è semplicemente un modo per fissare il momento musicale della band.

Maurizio Schillaci (De Rapage)
Io voto SCHEDA BIANCA. Chi ci perde è il disco come oggetto. L’artista ha solo qualche Rolex in meno. Nessuno vuole fare musica per avere uno stipendio da ragioniere, nemmeno chi sull’artista ci mangia. D’altronde se manco su Emule ti cagano, povero te. Soluzioni? Nessuna. Tamponi? Meno IVA sui dischi; riforma della SIAE; concerto gratis a chi compra il disco. La band più famosa del mondo non potrebbe mai chiudere Youtube o bloccare Emule. Non tutti sono “Metallica contro Napster”. La meteora in cerca di fama brucerà da cameriere nel forno di una pizzeria e amen.

Umberto Palazzo (Santo Niente)
Il download è un argomento di ieri. Lo streaming legale, nelle sue varie forme, lo ha superato. Non ha più senso riempire l’hard disc di giga e giga di mp3 quando buona parte della musica che si desidera si può ottenere con un click e organizzare per l’ascolto come meglio si desidera. Inoltre lo streaming ci segue sul telefono, come fosse un IPod e sull’autoradio anche via bluetooth. I vantaggi sono ovvi: non ci sono i tempi di attesa della ricerca e della disponibilità, non c’è l’usura dell’hard disc e quindi la vita del computer si allunga tantissimo, non ci sono problemi d’ingombro fisico, non si può perdere l’archivio. Se qualcosa non si trova, il player di Spotify legge anche i file locali, quindi va a sostituire iTunes al 100%. Il mondo è cambiato e la fruizione della musica pure. L’industria del disco è finita e non si può fare altro che prenderne atto. Non si tornerà indietro. E’ ovvio che i musicisti non guadagneranno più niente dai dischi, ma il vinile e il cd hanno regnato per meno di cinquant’anni, mentre la musica esiste da sempre. I musicisti faranno come hanno fatto per secoli, guadagneranno suonando. Non esisteranno più le rock star, le uniche star saranno solo quelle televisive. Sarà un lavoro con il quale si guadagnerà poco, tutto qua e il cambiamento è definitivo. Il mondo appartiene ai nativi digitali e basta vedere l’atteggiamento di un qualsiasi sedicenne nei confronti della musica per capire dove va il mondo. Rimpiangere i dischi è come rimpiangere il cilindro di cera di Edison: è solo una perdita di tempo. Il tempo speso bene è capire dove si va. Ovviamente rimane il mercato dei collezionisti, un mercato di nicchia, che può essere anche di parecchie migliaia di copie a disco, ma per quello basta la vendita e la produzione diretta. Il disco come prodotto di massa è finito per sempre e non credete agli articoli sul ritorno del vinile o altre scemenze: le vere cifre dicono tutt’altro.

Marco Lavagno (Waste Pipes)
Indubbiamente per una band come la nostra il download è un aspetto chiave della promozione. Una persona in più che scarica il nostro disco è potenzialmente una persona in più ad un nostro concerto, che (se è dotata della mia stessa filosofia) alla fine il cd magari lo compra pure. Non siamo i più indicati per parlare di “bilancio”, abbiamo tutti un altro lavoro e la nostra musica è e sempre sarà in promozione. In ogni caso i nostri spiccioli nel salvadanaio non ammontano con i dischi ma con i live nei barucci a somme di poche centinaia di euro. Se poi fossimo una band famosa o una meteora probabilmente non faremmo storie, rimarrebbe la nostra entità di live band. E ci basterebbe sentire il calore di migliaia di aliti addosso. O semplicemente gli occhi di ormai attempate ragazze ancora arrapate per i nostri vecchi e gloriosi successi.

Come avrete capito, c’è ancora tanta confusione in merito. Spesso non si riesce a distinguere il danno eventuale subito dalle major (che dovrebbero comunque capire che un ventenne che scarica 100 dischi, senza download non avrebbe speso certo duemila euro per gli stessi dischi) dal vantaggio dei piccoli autori indipendenti che non avrebbero modo di diffondere le loro opere se non gratuitamente. Sono pochi quelli effettivamente danneggiati dalla pirateria ma hanno tanto potere il quale resta abbastanza saldo attraverso i canali radiotelevisivi ma si frantuma sotto l’imponenza del web. Le major non lottano per i soldi ma per non veder svanire il potere di decidere cosa farvi ascoltare, chi far diventare famoso e chi dovrà essere il prossimo a riempire gli stadi. Stanno combattendo una guerra che non potranno mai vincere, la stessa guerra combattutta contro Napster prima e Megaupload poi, senza comprendere che, per mantenere intatto il loro potere, basterebbe lasciarsi trasportare dal cambiamento, magari abbassando a dismisura i prezzi dei dischi, ricondiderando quelli dei biglietti e del merchandising e liberalizzando la diffusione dei formati di medio-bassa qualità in streaming gratuito. Invece continuano la loro guerra lasciando che altri squali nuotino nel mare di internet in cerca di un facile pasto.

Nel frattempo i “piccoli” musicisti si apprestano a guadagnare qualche soldo gettandosi a capofitto sullo strumento più antico a disposizione di un artista. Il Live. Almeno loro hanno capito che il futuro della musica è un ritorno alle origini ben più antiche di un 33 giri.

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La Band della Settimana: Lubomyr Melnyk

Written by Novità

“Dove eravate voi ragazzi quando avevo trent’anni?”

Questa settimana la redazione di Rockambula ha voluto fare una scelta forte e lontana dagli schemi classici della webzine, optando per un musicista, compositore e pianista che poco a a che fare con la musica rock indipendente. L’idea è quella di allargare sempre più gli orizzonti, nella speranza che anche tutti i nostri lettori possano approcciarsi in maniera sempre più aperta alla musica in tutte le sue forme.

Lubomyr Melnyk è un compositore e pianista canadese di origini ucraine che ha aperto la strada del Continuous Piano Music. Di formazione classica e fortemente influenzata dal movimento minimalista nei primi anni 70 , ha sviluppato un proprio linguaggio univoco per il pianoforte , basandosi sul principio di mantenere un continuo, ininterrotto flusso di suono. Lubomyr Melnyk è un vero innovatore che esplora nuove direzioni per la musica contemporanea. Non solo è considerato uno dei pianisti più veloci del mondo ma le sue composizioni aprono per l’ascoltatore nuovi regni . Assistere a una delle sue rare esibizioni dal vivo è a dir poco una esperienza di apertura mentale.
Proprio quest’anno ha realizzato tra l’altro due opere. L’opera minimalista Corollaries e Remnants of a Man/The Fountain oltre all’album Post Minimalista The Watchers realizzato con il grande James Blackshow.

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AltrocheSanRemo Volume5: pronti, partenza, VIA!!!

Written by Senza categoria

Dopo la lunga pausa estiva, torna il tanto atteso contest AltrocheSanRemo, giunto ormai alla quinta edizione. Come ormai saprete, alla gara partecipano nove artisti, il cui brano resterà in ascolto streaming sulla nostra home per 1 mese. Ogni lettore potrà votare, anche più artisti contemporaneamente, e solo una volta al giorno. Lo staff di Rockambula avrà la possibilità di escludere una delle band in gara se dovesse rilevare irregolarità nella votazione. In palio, un pacchetto promozionale Rockambula che prevede una recensione, una intervista, un video nella sezione video della settimana, nomina a band della settimana e banner in home per oltre 1 mese.

Non vi resta che votare. Ecco gli artisti in gara:

Allcost – Il Progressive riletto in chiave moderna

Gianluca Torelli aka Alvaro Van Houten – Un Folk/Blues singer e un cantautore solista, divertente e ironico

Waste Pipes – Il buon sano, duro e spettacolare Rock alla vecchia maniera

Evil – L’incontro tra vecchio e nuovo che si fondono grazie alle qualità eccelse dei quattro Evil, voce compresa

Borghese – Dietro una maschera si cela una delle più belle promesse del cantautorato italiano

Recs of the Flesh – Dalla Sardegna un Rock oscuro e tagliente che sfugge alle normali definizioni di genere

Earthset – Con una giusta dose d’ironia, i quattro Earthset riprendono le strade del Grunge in chiave psichedelica

Plunk Extend – Si definiscono Art Rock ma non abbiate paura, le loro sono semplici canzoni in italiano, bellissime.

Sindrome di Cassandra – Esistono ancora band di sole donne capaci di fare un bel Rock incazzato e romantico?

Non vi resta che votare, votare e votare fino al 24 novembre. In bocca al lupo a tutti!!!

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La Band della Settimana: Deadburger

Written by Novità

Alessandro Casini – chitarra, vibroplettri, graphics
Vittorio Nistri – elettronica, tastiere, manipolazioni sonore
Simone Tilli – voce, tromba
Carlo Sciannameo – basso

Fin dalla loro nascita, i Deadburger hanno sempre considerato sé stessi come un work in progress permanente.

  • Line-up cangiante, capace – come è appropriato, nell’Era Della Instabilità – di espandersi o contrarsi, secondo necessità e possibilità, spaziando da duo a ottetto;
  • bioritmi da disturbo bipolare, dove periodi di intensa attività discografica e concertistica si alternano a periodi di silenzio totale (con la band concentrata nella “clausura” dello studio di registrazione, o con i singoli membri impegnati in progetti individuali e collaborazioni con altri musicisti);
  • e una musica che – pur restando coerente con le proprie premesse – cerca di non ripetersi mai.

Quello dei Deadburger è un progetto che si reinventa continuamente, ad ogni uscita.
Il giorno in cui cesserà di farlo, i Deadburger si scioglieranno.

La Fisica Delle Nuvole” è il loro ultimo lavoro (prima parte del dittico Mirrorburger) che va in stampa nel giugno del 2013, ma, non essendo esattamente un disco per l’estate, l’uscita ufficiale viene spostata al 15 settembre. Il disco esce come coproduzione tra le etichette Goodfellas Records (grazie all’interessamento di Simone Fringuelli, che aveva già pubblicato il precedente album dei Deadburger) e Snowdonia (l’etichetta diretta da Alberto Scotti e Cinzia La Fauci dei Maisie, ai quali la band è legata da un lungo rapporto di stima reciproca e collaborazione).

Se volete saperne di più sul nome, sulla musica, sulle immagini vi invitiamo a visitare il loro sito web che nasconde tante sorprese. Se volete un rapporto più diretto invece, di seguito trovate la pagina facebook.

Sito Web

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Continua HAPPY BIRTHDAY GRACE!

Written by Senza categoria

Ancora aperte le iscrizioni per il concorso dedicato alla memoria del grande Jeff Buckley organizzato da QB Music

Continua HAPPY BIRTHDAY GRACE!
C’è tempo per iscriversi fino al 20 novembre 2013

Ad un mese dalla chiusura del bando, HAPPY BIRTHDAY GRACE!, il concorso che selezionerà tre band emergenti per partecipare al progetto “JB – A Grace Tribute”, sta avendo un grande successo, soprattutto in termini di qualità delle candidature.

JB – A Grace Tribute” sarà una rivisitazione integrale del capolavoro del 1994 attraverso cover e riarrangiamenti, rielaborazioni e reinvenzioni, in uscita in free download nell’agosto del 2014.

Delle 10 band che comporranno il tributo, 3 saranno scelte attraverso un contest online completamente gratuito: HAPPY BIRTHDAY GRACE!

Per le band vincitrici, oltre alla partecipazione alla compilation, saranno in palio ore di studio di registrazione, sconti sui servizi di QB Music, e un pacchetto promozionale web in collaborazione con Rockambula (www.rockambula.com)!

PER PARTECIPARE, LEGGI IL REGOLAMENTO AL SEGUENTE LINK:

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Informazioni:

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Coffee Shower arriva The Glory Years

Written by Senza categoria

Venerdì 25 ottobre all’Irish Cafè i Coffeeshower presenteranno il loro cd antologico The Glory Years, con un concerto composto di due parti. La prima con il consueto repertorio di canzoni della loro più recente produzione, la seconda con tutti i vecchi classici di inizio carriera che verranno appunto pubblicati da Indelirium Records sul cd antologico. Ospiti speciali della serata anche vecchi membri delle passate lineup della band, per una festa celebrativa di ben 14 anni di sudata militanza nel Punk Rock!

Il disco, che sarà pubblicato da Indelirium Records, ripercorre tutti i 14 anni di attività dei Coffeeshower, dagli inizi sull’onda del melodic core anni 90 fino alle più recenti incursioni in territori più squisitamente rock, ma sempre a forti tinte punk. Oltre a 6 brani inediti, due dei quali registrati appositamente per questa uscita, il disco mette insieme il meglio ed il peggio della produzione Coffeeshower, riproponendo integralmente gli ormai introvabili primi due ep autoprodotti della band, i brani che finirono sull split cd del 2004 condiviso con gli olandesi Dependent, assieme a varie altre istantanee che raccontano la successiva carriera del quartetto fino all’uscita del 2011 sempre su Indelirium Records del pluriacclamato album “Kicking a Medicine Ball”. L’album uscirà il prossimo 25 ottobre e sarà disponibile in formato cd (in edizione limitata) e in digitale. Il cd sarà acquistabile la sera del concerto. Sono annunciati prezzi speciali al bachetto del merchandise.

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Neko at Stella – Neko at Stella

Written by Recensioni

Il Rock deve suonare sporco e duro, altrimenti non stiamo parlando di Rock. Ma di maledette influenze senza voce concreta. L’omonimo esordio discografico dei Neko at Stella impone le classiche regole del Desert Noise Rock nel miglior modo possibile, un lavoro mixato in analogico per rendere vive e bagnate le radici americane del sound. Un lavoro che suona datato di una ventina di anni ma in grado di mettere in evidenza la straordinaria potenza psichedelica della band, non è roba facilmente ascoltabile in Italia se proprio vogliamo dare un punto di originalità al disco, qui di made in Italy  non troviamo assolutamente niente esclusa la nazionalità di Glauco Boato (voce e chitarra) e Jacopo Massangioli (batteria). Pezzi interminabili che sembrano tirare fino all’infinito, la chiusura che non vuole mai arrivare butta l’attenzione a capofitto nella pesantezza Stoner dei pezzi a loro volta carichi di passione. Quella passione scritta in maniera dura ma comunque sinonimo di amore e vita vissuta, le batterie spaccano i timpani come è giusto che sia. Fucilata in pieno volto e poca voglia di discutere.

Si parte subito forte con l’opener “As Loud as Hell” (primo singolo e video del disco), le intenzioni poco delicate dei Neko at Stella vengono subito fuori facendo capire di che pasta sarà composto l’intero disco che sicuramente non è adatto ad un pubblico di spelacchiati amanti del Rock dolce (sempre se possiamo definirlo Rock), questa cosa inizia a piacermi veramente e sono ancora alla prima traccia. Poi si continua a picchiare e quasi provo dissolvenza mentale quando mi ritrovo negli intermezzi di chitarra appartenuti ai più tenebrosi Sonic Youth di Daydream Nation, sensazioni pure che passano per la testa, magari associo ma non centro il bersaglio. L’immaginazione gioca brutti scherzi, a me piace giocare con le mie emozioni e Neko at Stella ne produce a dismisura e fottutamente contrastanti. Anche gli oltre otto minuti e trenta di “Like Flowers” non sono proprio una soluzione semplice da affrontare per il mio cervello che s’impone di seguire un percorso Blues e vagamente Shoegaze senza azzardare bruschi movimenti, il pezzo che forse nasce per caso ipnotizza e piace tanto. Poi la tempesta riprende piede nell’improvvisazione strumentale di Intermission. Graffi infetti sulla schiena. Poi continuo a farmelo scivolare sulla pelle in maniera delicata, il piacere inizia ad aumentare anche perché il disco assume forme lievemente più leggere anche se in “Drop The Bomb, Exterminate Them All” trovo parecchie cosette scontate Grunge anni novanta alle quali siamo ormai troppo abituati. “The Flow” dichiara che il disco ha cambiato decisamente stile a favore di chitarre ritmate Blues. Poi motoseghe psichiatriche in Psycho Blues e tanta voglia di muovere il culo. Altre due canzoni dall’interiorità emotiva alle stelle e il disco finisce. I Neko at Stella hanno dimostrato la durezza della loro corazza ma anche la voglia di portare avanti un progetto musicale fuori dal coro, il loro omonimo esordio esce fuori dalla quotidiana routine, idee chiare e tecnica da incorniciare. Speriamo sia il piacevole assaggio di una band ancora tutta da scoprire, noi e la musica italiana abbiamo tanto bisogno di band e dischi di questo calibro.

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