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Pills devetnaest tjedna (consigli per gli ascolti)

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Alle Pills! La causa di e la soluzione a tutti i problemi della vita!

Silvio Don Pizzica
Daft Punk – Random Access Memories   (Fra 2013)   Nu Disco     3,5/5
Un disco pieno di collaborazioni, con unhype enorme alle spalle e che si divide tra brani disco old style, momenti leggeri e altri dalla forte impronta Daft Punk. L’album che non ti aspetti e che sembra urlare la consapevole grandezza del duo parigino.
Luminal – Io Non Credo   (Ita 2011)   Alt Rock   3,5/5
Terza settimana e terzo e ultimo disco dei Luminal, secondo in ordine temporale. Tutti i difetti dell’esordio vengono smussati ma siamo ancora lontani da Amatoriale Italia. Resta un Rock poco originale pur se con testi interessanti.
The National – Trouble Will Find Me   (Usa 2013)   Indie Chamber Pop   3,5/5
Album che mi ha creato non poche difficoltà. Nessuna novità rispetto al passato e per un sound cosi pulito come il loro il rischio di annoiare è tanto. I National sembrano meno carichi ma al terzo ascolto cominci a entrare e innamorarti dei pezzi in maniera insospettabile.

Max Sannella
16  Horsepower –  Low Estate   (Usa 1997)  Folk   4/5
Il tono anticonformista delle roots music americane
Skunk Anansie – Paranoid & Sunburnt   (Uk 1996)   Rock   4/5
Carisma, abilità e aggressività in un esordio lirico e prestante e selvaggio.
Slayer – Hell Awaits   (USA 1985)   Trash Metal   4/5
Violenza elettrica e alte quotazioni metalliche, un campo minato in cui non si sa dove mettere i piedi.

Lorenzo Cetrangolo
Otis From Rigor Monkeez  – L’Unità Singola   (Ita 2012)   Rap   3/5
Primo disco di 1/3 degli emergenti milanesi Rigor Monkeez. Alti e bassi, in cui però spiccano originalità, umiltà e voglia di non livellarsi su cliché stantii. Aspettando il full-lenght d’esordio del gruppo, in uscita a breve.
L’Aura – Okumuki   (Ita 2005)   Pop   3,5/5
Esordio discografico della cantautrice bresciana. 11 tracce di pop/rock leggero e sbarazzino, con una voce caleidoscopica e qualche ingenuità di troppo nelle liriche.
Junius – The Martyrdom of a Catastrophist   (Usa 2009)   Art Rock, Post-Rock   3,5/5
Rock artistoide e “post” cupo e profondo, equidistante fra certe sonorità metalliche e melodie distanti e nebbiose.

Maria Petracca
Gustavo Cerati – Bocanada   (Arg 1999)   Pop Rock   4/5
Quando ti capita di dire tanto è sempre la stessa musica, non ti resta che andare dall’altra parte del mondo per scoprire come certi ritmi tribali, certe melodie e la lingua spagnola possano dare una veste del tutto nuova alla tua musica di sempre. E’ questo il  Rock della terra del tango.
Tori Amos – Under The Pink   (Usa 1994)   Alternative Rock   4/5
Tori Amos è un’indiscussa regina di bellezza e terrore insieme. E questo  disco, che sa sussurrare piano all’orecchio, può provocare anche stati d’inquietudine di alto livello.

Diana Marinelli
I Quadro – Un Altro Giorno   (Ita 1970)   Rock, Hard Rock   5/5
Primo album dello storico gruppo rock conversanese ritornato sulle scene qualche anno fa per riproporre la storia del Rock e soprattutto i suoi bellissimi brani originali come “Al Conte Pub” e “Ninna Nanna”.

Marco Lavagno
KT Tunstall – Tiger Suit   (Sco 2010)   Pop, Alternative Rock   3,5/5
Maturo, più spigoloso e meno immediato rispetto al passato. Sarà Berlino (il disco è registrato nei mitici Hansa Tonstudio), sarà semplicemente l’età che avanza (e a vederla comunque per lei avanza bene), ma la cantautrisce scozzese stupisce ancora. E il folk si sente meno ma rimane ben incanalato nelle vene.
Frank Turner – Poetry of The Deed    (Uk 2009)   Folk Punk   3/5
La rabbia dei Million Dead è lontana e la carriera solista di Frank parte con un disco discreto. Chitarra acustica, qualche sprazzo di melodia e di elettricità. Paga onestamente il suo tributo a Joe Strummer, ma nulla di più.

Marialuisa Ferraro
Thievery Corporation – The Richest Man in Babylon   (Usa 2002)   Dub, Trip Hop   3/5
Tantissime sono le suggestioni che caratterizzano questo lavoro: anzitutto il continuo scarto sul piano linguistico, in continua oscillazione tra l’inglese, lo spagnolo , il portoghese, il francese e persino il persiano. E poi anche i riferimenti musicali sono i più disparati, nel tentativo di realizzare brani sperimentali ma non pesanti, elaborati ma mai eccessivamente artificiosi. Non è sempre un disco immediato o coinvolgente, ma sicuramente riesce a risultare molto piacevole.

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Paolo Cecchin – Quanto Valgo?

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Tutti almeno una volta nella vita si sono fatti la domanda Quanto Valgo? Ma non tutti alla fine si sono dati una risposta con estrema verità, al contrario del cantautore vicentino Paolo Cecchin che su questo interrogativo esistenziale fa nascere un intero lavoro discografico, precisamente il secondo. Come per tutti i maggiori cantautori l’amore di Paolo per la musica nasce precocemente, ascolta i Beatles, i Nirvana, impara a suonare il pianoforte, la tastiera e la batteria, suona in gruppi tributo di Pink Floyd e Neil Young e da questi grandi impara tantissimo e guarda oltre fino a volersi esprimere da solo. Registra una cinquantina di canzoni, nel 2010 esce il suo primo album Nel Mio Mondo e nel 2013 Quanto Valgo?, formato da undici brani che finalmente hanno una loro precisa ragion d’essere sia singolarmente che nel lavoro complessivo.

Una cover di Ivan Graziani “Pigro”, un brano “Lettera al Mondo” scritto da Stefano Florio e nove pezzi originali di Paolo Cecchin, con testi profondi e tormentati, che spaziano parlando della libertà, dell’essere “Alternativo”, del ricordo del padre, dell’amore e della solitudine. La strada musicale è quella Rock di matrice Indie Pop, nella quale finalmente si scorgono energie diverse, più forti e adrenaliniche come in “Quanto Valgo?”, “Alternativo”, “Lei, “Confesso”, rispetto a brani più lenti come “Dentro Me” simile a una ballata “veloce”, “Da Te Ritornerò” e “Fuoco”. Un vero viaggio, delle vere storie per un album tenuto per mano, come si vede dalla copertina, al suo interno pieno zeppo di fotografie dell’infanzia, del passato e del presente musicale. Un saluto a suo padre e via verso un’arte che non viene fatta per caso, ma intarsiata minuziosamente di ricordi ed esperienze.

Un secondo album piacevole da scoprire e ascoltare, fatto per necessità di esprimersi e non per voglia di esibirsi, come spesso capita per quegli artisti/gruppi un po’ vuoti di sostanza ma pieni di apparenza. Un album concreto che va riascoltato volentieri, anzi, che si deve riascoltare se si vogliono scoprire quelle sfaccettature non saltate all’orecchio al primo ascolto. Un album dove io non trovo difetti, poi sta ai gusti di ognuno capirne i significati e trovarne i pregi…

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Benny Moschini – Sono Qui Ancora

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E’ uscito il 5 aprile scorso il primo singolo dell’atteso album Sono Qui Ancora di Benny Moschini, cantante napoletano classe 1982. Il videoclip che lancia l’omonimo singolo è stato diretto dal videomaker Paolo Bertazza e sta ottenendo un notevole successo di pubblico: le visualizzazioni su Youtube in poco più di un mese sono andate oltre le 260.000. L’album sembra essere la giusta fusione tra Rock made in Italy e il Rock americano, condito con testi profondi e riflessivi.

Moschini è un giovane di talento che ha studiato sin da piccolo pianoforte e canto, ha viaggiato e scoperto nuove terre e nuovi sound che è stato in grado di riportare poi nella sua musica. Ha iniziato come DJ Funky/Soul, ha toccato i lidi della Costa Smeralda, finché è stato notato ed è cominciata la sua carriera come cantante e cantautore. Siamo nel 2010 e le radio indipendenti impazziscono per il suo brano “Rabbia”, che viene riproposto in una nuova versione anche in questo disco.

Oggi è la volta di Sono Qui Ancora, album composto di dodici tracce dallo stile deciso che ci regala canzoni dai testi malinconici, romantici, nostalgici e arrabbiati, che non annoiano mai, grazie anche al sound targato Usa e alla voce tagliente di Benny.
Il disco ha goduto della direzione artistica di Renato Droghetti, che ha collaborato in studio anche con artisti importanti: gli Stadio, Edoardo Bennato e Paolo Meneguzzi,solo per citarne qualcuno.

L’album contiene anche il primo singolo estratto in versione inglese “I’m Here Again” che andrà ad assecondare i desideri dei fan club in Arizona e Canada, ma anche dello stesso cantante. In un’intervista Moschini ha dichiarato che al primo release seguirà la versione in inglese e forse anche in spagnolo.
Benny Moschini sembra essere un cantautore determinato e desideroso di raggiungere un pubblico molto vasto, senza limitarsi al Bel Paese e le premesse qui pare ci siano proprio tutte.

 

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Cocorosie – Tales Of A Grass Widow

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Arrivate al quinto album, le sorelle pazzoidi Bianca e Sierra Casady in arte Cocorosie, da un vezzeggiativo forgiato dalla loro madre, mantengono invariata la formula di alt-pop nostalgico che hanno usato per farsi conoscere dappertutto, e tra odi e amori che il pubblico e critica gli riversano addosso, loro, le sorelle lunari con questo Tales Of A Grass Widow, dimostrano quanto sia importante fregarsene di tutto e tutti per andare avanti, non per una alternativa selvaggia, ma solamente per una presa di pugno testarda di fare dischi per farli, un azzardo che si perpetua da tempo e senza . osiamo dire – ritegno.

Come sempre uno strano miscuglio torbido ed impreciso tra Bjork e Bath For Lashes, un vezzo pseudo-cantautoriale che vorrebbe maliziosamente lasciare tracce di sé e illuminare di bagliori i nuovi percorsi del Rock in generale, ma questi brani non danno sostanza, sembrano quasi un drama pentecostale che non solo non vanno  a fondo per fuggire via, ma rimangono a galla ad infastidire orecchie esauste e istinti mostruosi a distruggere con un potente cazzotto l’innocente impianto stereo di proprietà. Sapori retrò e una lancinante trascendenza che cresce come una febbre maligna e che si impossessa di ogni poro d’ascolto, tracce – per rimanere prettamente al giudizio critico da mestierante – che non alleviano nessuna forma di nostalgia, malessere e soglie minime di sopportazione.

Forse le nostre sorelle Casady non si sono rese conto che non è per niente facile – dopo magari un  esordio sbalorditivo – seguitare a mantenerne alte le vibrazioni, magari per loro l’azzardo è una forma di potere o- ancor peggio – che seguitare a tormentare l’alternative sia cosa saggia e da prendere come esempio, ma la verità sta nel mezzo, che la loro propulsione primaria è svanita via e non gli resta che abdicare e chiudersi per qualche annetto nel silenzio e ricostruirsi una fisionomia sonora; undici brani  – pescando a caso – versati ad un Pop monco, da prendere con le molle “Child Bride”, “Tears Of Animals” con vellutate francesi a fare da sfondo, il senso dei folletti delle fiabe “Broken Chariot o i fumi divinatori hippies che ancora si aggirano fecondi tra le trame di “After  The Afterlife”, un saliscendi di romanticismi out e frivoli.

Non si vuole infierire contro le donne, solamente che queste Cocorosie  senza controllo sono in giro ancora a piede libero purtroppo, e la cosa peggiore che seguitano a fare dischi, e questo ultimo “spreco di tutto” ce lo potevano evitare. In una parola, inutile.

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Cosa c’è di diverso nella musica elettronica?

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La domanda è nata quando ad un certo punto, in una bella giornata di sole, mi sono chiesto: perché il Jazz, che per me rappresenta la più alta manifestazione della tecnica sullo strumento, è una musica di nicchia ( solo il 3% della popolazione europea lo ascolta quotidianamente) quando dovrebbe essere il contrario? Allora, cominciandomi a rispondere, ho trovato la strada per questo articolo perché la risposta più banale che mi è venuta in mente, e cioè che è un fatto di ignoranza, mi sembrava troppo scontata, da fighetto un po’ snob e poco esaustiva. E poi così discriminavo il 97% della popolazione. Semplicemente ero partito da una considerazione sbagliata e cioè che non è solo la cultura che avvicina alla musica ma in gioco c’è tutta l’antropologia umana, fatta di aggregazioni, identità, sessualità, estetica, ecc….  Allora qual è la musica che più unisce e più è ascoltata dai giovani d’oggi? La musica elettronica. La mia analisi parte da qui, al rovescio, per portare la musica elettronica nel Jazz e il Jazz in quella elettronica.

Per musica elettronica intendo quei brani che intrinsecamente hanno al loro interno suoni prodotti da strumentazioni elettroniche, la musica da discoteca per capirci e non la musica registrata con mezzi elettronici; l’elettroacustica è un altro viaggio. Quindi musica fatta da sintetizzatori, campionatori, drum machine e sequencer che a ritmo martellante mettono a dura prova le orecchie o le gambe dell’ascoltatore, dipende da che tipi siete. Il mondo che aprono questi strumenti è un mondo vasto fatto di mille sfumature; tra le più recenti la Drum’n’Bass e la Minimal Techno. Sono partito dagli aspetti che più delineano questa musica e ho cercato la sintesi. Ovviamente non sarò esaustivo ma esporrò qui le mie personalissime e opinabili idee.

Ritmo Molta musica elettronica (non tutta ovviamente) è costruita attorno ad un forte nucleo ritmico, molto più che altri generi. Questo potrebbe discendere direttamente dalle radici della musica come il ritmo tribale. Riconoscere un buon ritmo non richiede una grande formazione musicale e la musica elettronica è piena di grandi battute.

BallabilitàDiciamolo, la musica elettronica ha senso quasi solamente su una pista da ballo. I vari ritmi, di cui sopra, costringono i nostri corpi a muoversi ed è semplicemente fantastico se fatto in gruppo. Per alcuni la musica elettronica diventa molto intrecciata a queste situazioni. Questo è dovuto alla sessualità che porta alla coscienza del proprio corpo.

Complessità timbrica  – La musica elettronica offre una complessità timbrica che va ben oltre ciò che si può trovare nella maggior parte dei generi che utilizzano strumenti tradizionali. Questo deriva dalla molteplicità dei suoni a disposizione dell’elettronica. Le variazioni timbriche generalmente sono poco distinguibili dalla melodia e ci vuole un buon orecchio per poterle apprezzare appieno. Per chi supera questo ostacolo troverà sicuramente interessante le potenzialità di questa musica.

Gamma emotiva L’elettronica ha una gamma emozionale molto più ampia e sfumata di quella che di solito troviamo nella musica tradizionale, ad esempio nella musica melodica. I sentimenti che questa musica può evocare sono raramente così evidenti, al contrario dei messaggi che può dare una canzone Pop. Queste ultime offrono narrazioni “coscientemente” più accessibili, mentre l’elettronica porta emozioni più complesse che non necessariamente si evolvono in modo lineare.

Anticonformismo I gusti musicali possono essere fortemente influenzati da fattori sociali e sono spesso parte della propria identità culturale. Per questo molti generi di musica elettronica tendono ad essere visti come non convenzionali e riescono a fornire da un lato un senso di appartenenza a una comunità e dall’altro rifiutano gli ideali tradizionali. Questo effetto è molto visibile in generi come la Techno.

Concludo dicendo che le “persone comuni” non conoscono la differenza tra la tromba e un trombone e non sanno assolutamente nulla su come si suonano questi strumenti ma in generale tutti gli strumenti. Questa cosa penso sia riconducibile al fatto che non siamo più abituati a guardare gli artisti che suonano perché siamo assuefatti ai video musicali che ci propongono una serie di immagini che vanno verso strade di narrazione musicale più che sulla rappresentazione strumentale. Perciò oggi la musica è una forma di video arte. Non penso che il Jazz e la musica elettronica siano così diversi, anzi, ritengo che siano abbastanza simili. Solo che il Jazz tende a sperimentare melodie astratte su strumentazione fissa mentre la musica elettronica accantona la melodia complessa per cercare spazio al movimento attraverso la varietà delle trame sonore.

Dal min. 4:00 si può apprezzare la prima presentazione in TV di un synth.

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Aperte le iscrizioni per AltrocheSanRemo Volume4

Written by Senza categoria

Ricordate la prima edizione del nostro concorso? Vinse un simpaticissimo cantautore campano, Martino Adriani. Poi toccò agli Alley e nell’ultima, appena conclusa edizione, è stata la volta dei Borderline, che come i primi, hanno presentato un classico Pop/Rock ricco di melodia.

Oggi apriamo ufficialmente le iscrizioni per AltrocheSanRemo Volume4 e la speranza è di trovare altri talenti come quelli scovati fino ad ora.

Per partecipare basta poco:

1. essere una band (o un singolo) emergente che faccia pezzi originali (niente cover)

2. mandarci un pezzo in mp3 che sarà inserito con altri 9 in ascolto sulla nostra home

Al termine, chi vince ha il banner per  un mese, un’intervista e/o recensione, pezzi in ascolto esclusivo in home e promozione.

Per iscrivervi scrivete (con allegato pezzo in mp3 e mini bio) a pizzicasilvio@virgilio.it o riccardomerolli@katamail.it ma anche rockambulawebzine@gmail.com

In bocca al lupo…

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AltrocheSanRemo Volume3. Vincono i Borderline.

Written by Senza categoria

Dopo l’ottimo inizio dei Twiggy è Morta sembravano essere i Johnny Freak i vincitori annunciati di questa terza edizione del nostro concorso AltrocheSanRemo Volume3. Ben presto però è iniziata la lunga fuga dei Borderline che una volta conquistata la vetta non l’hanno più lasciata fino ad oggi.

Sono loro a vincere AltrocheSanRemo Volume3 e presto potrete leggere nelle nostre pagine intervista e recensione, potrete ascoltare i pezzi e gustarvi il banner mentre noi penseremo a promuovere la formazione di Tolmezzo.

Sito Web Borderline

Classifica completa:

  • Borderline (36%, 126 Votes)
  • Johnny Freak (20%, 70 Votes)
  • Complesso Architettonico (20%, 70 Votes)
  • Deaf Cities (10%, 35 Votes)
  • Cambio di Rotta (7%, 26 Votes)
  • I Am The Distance (7%, 23 Votes)
  • Twiggy è Morta (5%, 17 Votes)
  • X-Ray Life (3%, 11 Votes)
  • 373°K (3%, 9 Votes)
  • Esma (2%, 7 Votes)

 

 

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La Band Della Settimana: Med in Itali

Written by Novità

Sono i Med in Itali la nuova band della settimana scelta da Rockambula webzine.

Nati nel 2007 in Irlanda come buskers (artisti di strada), i Med in Itali ne mantengono tuttora lo spirito nelle sonorità esclusivamente acustiche e nella loro dichiarata propensione verso la dimensione live con oltre cento concerti negli ultimi due anni. Dopo i due ep Soluzione e Bruco, è uscito a settembre per Libellula Music Coltivare Piante Grasse l’esordio sulla lunga distanza della band. L’album del quartetto torinese è il frutto di cinque anni di lavoro, concerti e cambi di formazione. Coltivare Piante Grasse è un disco che nella complessità ricerca la semplicità, non l’esercizio di stile, né la sofisticatezza, ed è così che tempi dispari e repentini cambi di tempo e tonalità possono diventare immediati e di facile ascolto.

Attuale formazione:
Niccolò Maffei – Voce e chitarra acustica
Matteo Bessone – Batteria e percussioni
Edoardo Accornero – Sassofono
Dario Scopesi – Basso

Sito Ufficiale

 

 

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Il video della settimana. Whiu Whiu!! – Victoria

Written by Senza categoria

Il nuovo video della settimana è Victoria dei Whiu Whiu!!, singolo che anticipa l’album in uscita il prossimo ottobre. Il brano è inoltre la colonna sonora delle olimpiadi universitarie sarde che partiranno il 31 maggio. Potete ascoltare il brano e visionare il videoclip nella nostra home alla sezione “Il Video Della Settimana”. Non ve ne pentirete!

 

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Pills dizwit semèn (consigli per gli ascolti)

Written by Articoli

“È soltanto con le Pills o con la morte che vediamo qualcosa di nuovo, e la morte è un po’ troppo definitiva.”

Silvio Don Pizzica
Laish – Obituaries   (Uk 2013)   Chamber Folk, Folk Pop     3/5
Il secondo full lenght dei Laish è spiazzante, non tanto per l’originalità della proposta o le novità rispetto all’esordio ma perché se nella prima parte si gonfia di melodie indovinate, nella seconda annoia un po’, creando una spaccatura sgradevole all’orecchio
Luminal – Canzoni di Tattica e Disciplina   (Ita 2008)   Alt Rock   2,5/5
Se la settimana scorsa vi avevo parlato di quel capolavoro che è l’ultimo dei Luminal, ora vado indietro nel tempo alla loro opera prima, album più lineare, convenzionale, senza troppi testi di spessore.
Stephen Malkmus – Can’s Ege Bamyasi Played by Stephen Malkmus and Friends [green vinyl]   (Usa 2013)   Indie Kraut   3/5
L’ex leader dei Pavement che suona live (allo scorso record store day a Colonia, città natale proprio dei Can)il disco dei tedeschi Can. Niente più che un buon tributo per il quarantennale dell’album.

Max Sannella
Stereolab – Peng!    (Uk 1992)   Art-Rock    4/5
L’estetica dei  Velvet e il moog dell’easy listening che partoriscono un fenomenale Trip-Hop.
Stiff Little Fingers – Hanx!   (Irl 1980)   Punk Rock   4/5
I loro sette pollici hanno infiammato il mondo e sovvertito polmoni e vecchie volpi governanti. Must!
Stray Cats – Gonna Ball   (Usa 1981)   Rockabilly   5/5
Il gruppo che una volta emigrato in Inghilterra ne ha sconvolto i paramenti new wave fino all’osso.

Lorenzo Cetrangolo
Ska-P – El Vals Del Obrero   (Spa 1996)Ska, Punk   3,5/5
Nasciamo a fine anni ’80 e quando iniziamo a fare i ribelli da prima media ci arriva alle orecchie questo disco. La botta è inevitabile. Ora facciamo più fatica a sentirlo, ma l’affetto rimane.
Lucio Dalla – 1999   (Ita 1966)   Beat   4/5
Esordio di quella bestia strana che era il compianto Lucio Dalla, il disco è una carrellata di sonorità beat, canzone italiana e virtuosismo vocale. Da non perdere la lisergica (ovviamente) “L.S.D.”, l’esplosiva “I got you” (James Brown!) e la leggendaria “Pafff… bum!”, portata a Sanremo con gli Yardbirds.
Feist – The Reminder    (Can 2007)   Indie Rock, Pop   4/5
Disco sospeso e delicato, capace di passare dal pop radiofonico ma sussurrato di “1234” per arrivare alla profondità tenebrosa di “My Moon my Man”. Per pulirsi le sinapsi.

Maria Petracca
Fabrizio de André – La Buona Novella   (Ita 1970)   Musica d’Autore   5/5
Dal Vangelo secondo Faber. In quel tempo uno dei più grandi cantautori mai esistiti affrontava il tema della Spiritualità trasformando in musica e parole di infinita bellezza la propria visione umana e terrena della Cristianità. Il risultato ne è stato un concept album capolavoro della Canzone Italiana da ascoltare assolutamente.

Ulderico Liberatore
Aphex Twin – Drukqs   (Uk 2001)   IDM, Drill And Bass, Breakcore   4/5
Un album senza eguali per la complessità delle trame sonore, duro al primo approccio ma avanti anni luce. Sicuramente un lavoro che trancia di netto il confine tra il secolo scorso e quello attuale.

Giulia Di Simone
Soko – I Thought I Was an Alien   (Fra 2012)   Alternative Folk-Pop   5/5
Soko è un’artista con parecchi problemi esistenziali irrisolti che fluttua in bilico tra distruzione, depressione, nostalgia e rinascita. Ha fatto da supporter a M.I.A., ha recitato e fondato un’etichetta, è morta e poi resuscitata.
XXYYXX – xxYYxx   (Usa 2012)   U.K. Garage   4/5
Per gli amanti dell’elettronica – specialmente sperimentale – XXYYXX produce una pasta sonora interessante, miscelando Detroit Techno, U.K. Garage, Dubstep e Chillout. Se vi piace Flying Lotus non potete perdervelo, se ancora non lo conoscete ne sentirete parlare presto.

Marco Lavagno
Roxette – Travelling   (Sve 2012)   Pop   3/5
L’eleganza non si coltiva e non si consuma. Questo disco non è indimenticabile, ma possiede il suo splendore glitterato che nessuno riuscirà mai ad riprodurre con facilità.
Perturbazione – Musica X   (Ita 2013)   Pop   4/5
I Perturbazione raccontano con ancora più saggezza i nostri tempi, sbirciano con attenzione nella nostra vita privata e nella nostra società. La consapevolezza di essere più vecchi si scontra contro la scelta (coraggiosa!) di un suono elettronico giovane e l’incastro, seppure a tratti forzato, funziona. Conoscendo il suono della band non avrei dato una lira a questo disco prodotto da Max Casacci. E invece sono così contento di sbagliarmi…

Simona Ventrella
The Black Beat Movement –  The Black Beat Movement   Ep  (Ita 2012)  Electro Funk, Soul   3,5/5
Collettivo di artisti che presenta un nuovo progetto e un EP ricco di influenze soul and funk  contaminate da stili diversi e soprattutto da elementi  tipici del hip hop e dell’elettronica. Gruppo composto da ottimi musicisti su cui spicca senza dubbio la voce della cantante Naima. Impossibile stare fermi e non tenere il ritmo, da non perdere anche in versione live
Devendra Banhart –  Mala   (Usa 2013)  Folk, Pop   3,5/5
Il leggendario e fascinoso Devendra si taglia i capelli e si presenta con un nuovo album, ambiguo fin dal titolo. Lavoro differente dai suoi precedenti, meno folk e più orientato ad un pop leggero ed impalpabile. Definito in un intervista da lui stesso ” un after party” lo consigliamo per chi ha voglia di concedersi un momento di relax musicale al sole caldo di una ritardataria primavera.
Fast Animlas And Slow Kids – Hybris   (Ita 2013)  Rock, Punk Rock   4/5
Ragazzacci perugini dall’anima rock al loro secondo album.  Fuoco e passione sono ben evidenti da subito, e il disco si presenta come una vera sferzata di energia da ascoltare tutto in un fiato.  Se non li avete  ancora ascoltati potete scaricarli gratuitamente e godere di musica fatta da giovani volenterosi e talentuosi.

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The National – Trouble Will Find Me

Written by Recensioni

Pubblicare nuovo disco non sempre può confermare all’eccelso una nuova fase o al meglio una nuova direttrice sonora da far poi intendere agli accaniti fan sempre pronti a discreditare il loro beniamini ad ogni passo;  il quintetto dell’Ohio, The National, ci provano a rimboccare le identità del loro essere musicisti di tendenza, compongono e solidificano il loro sesto disco per la 4AD e lo mettono al giudizio degli ascolti, e subito si nota che la tendenza generale della tracklist è che tutti gli arzigogoli di contrasto, quei sogni disturbati e visioni troppo farcite da parafrasi sono quasi scomparsi per fare posto ad un groove molto, ma molto più rivolto su sé stesso, che si guarda dai piedi alle ginocchia e che apre forse un nuovo corso degli Americani..

Trouble Will Find Me si avvicenda all’orecchio con un incedere strisciante, che si apre piano piano prima di sfoderare il suo animo scuro, quel bel fangoso che tanto piace alle devozioni di un certo post-rock riletto in chiave indie, una dimensione sgranata che è languida come un tramonto d’amore, come una improvvisazione d’animo dopo una mezzanotte pensierosa; undici tracce volutamente sfocate, nebbiose e tardo romantiche – in certi aspetti – ma che seguono il loro andare fluente, la loro crescente struttura per una volta tanto lontana dai voleri forzati delle aspettative; poche orchestrazioni e nulli gli avvitamenti distorti, la stupenda voce baritonale di Matt Berninger fa da collante tra il sound sempre tenuto sui toni in minore e le atmosfere ricercate delle settime alte “I Should Live In  Salt” o nelle incursioni fool che “Don’t Swallow The Cap” semina nel suo passaggio; un disco che distilla tabù personali ed intimità “Demons” come protegge l’ossessione delle illusioni “Graceless” per portarle poi a sospirare in un febbrile ma sedimentato patos di sintetizzatore insinuante “Heavenfaced”.

I The National non sono più ragazzini di quartiere, sono maturi e hanno voglia di sperimentare, andare oltre il consueto costrutto, e questo nuovo lavoro di certo non sbalordisce, ma ha un suono dell’anima che – senza tanto confondersi – è rassicurante e mette in pratica quello che forse non riusciamo più a comprendere, persi e  distratti come siamo.

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Campetty – La Raccolta Dei Singoli

Written by Recensioni

Dalle ceneri incombuste degli Edwood e Intercity, rinascono a vita nuova i Campetty, l’unione di Fabio e Michele Campetti con Paolo Mellory Comini e Giannicola Maccarinelli, e La Raccolta dei Singoli è il frutto di questa apprezzabile congiunzione che in dodice tracce declina la vena creativa ad un pop-cantautorale senza disdegnare incursioni nelle estetiche melodiche indie che mettono in mostra una dimensione allargata e preziosa che è in fondo la  potenza delicata dei grandi dischi in cerca di allunaggio.

I cosidetti “sognatori” stazionano in una dimensione tutta loro, diversa dal presente e alternativa ad un ipotetico futuro, ma rimane la certezza che la parte migliore di un certo modo di fare musica sia ancora da aspettare, o forse, ce la abbiamo già intorno ma non la recepiamo in pieno, poi questo bel disco, questo bel catalogo di poetica intima e sussurrata, tra i Tiromancino e Senigallia da speranza intuitivaefavorisce la voglia di un retrogusto convincente da esibire negli ascolti genuini e senza difetto; ed è un esordio discografico con la nuova ragione sociale che si muove sottilmente con la nostalgia dei giorni andati e quelli che si approssimano, un registrato che ha passione da vendere e che promette piuttosto bene se si cerca il bello delle piccole cose e delle grandi occasioni, da ascoltare ogni volta che una visione opaca ostruisce l’apertura d’anima.

Anche disco che rimetterà in piedi un certo “indie thing”  dopo il calo d’interesse generale, tracce e arie che in un solo ascolto confezionano un feeling d’ascolto complice e confidenziale, chiavi d’intesa perfetta che fanno sgranchire le idee con la Ferrettiana “Cowboys Blues”, con il pacato onirico echeggiante “The Muffa Forest” o con la melodia etera di una voce divina, quella di Sara Mazo degli Scisma che in “Mariposa Gru” ingigantisce il pathos femminile illimitatamente; la varietà di queste piccole gemme registrate fanno luce tenue ad una fruibilità generale di livello, alzano punti di assoluto piacere e scavano un’incisività concettuale stilosa, basta accendere il filo teso di “Brasilia”, catturare l’armonia tenue di “Vittoria” o agganciare la battuta emotiva di “A Nastro”, una ballata che si colloca tra gli ingredienti base dell’eleganza incorporale, impalpabile.

I Campetty non solo convincono, ma portano la media ben sopra la media, ogni istante del disco è una seduzione che preda perdutamente qualsiasi orecchio attento. E non sono parole, ma fatti concreti.

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