La Galleria Margò nasce dall’incontro fra Antonio “Gno” Sarubbi (voce e testi) ed il chitarrista Stefano Re (chitarra e synth) nell’anno 2012. Alla batteria troviamo Tony Santelia ed al basso Marco Paradisi. Insomma, quattro ragazzi con la voglia di farsi sentire, voglia che verrà chiaramente espressa attraverso l’album di debutto Fuori Tutto (la scelta del titolo non è di certo casuale). Il disco, anticipato di un mese dal singolo “Glitter” su YouTube, esce in versione digitale il 16 aprile 2013, appena due giorni prima dell’uscita della sua versione fisica ed in un solo anno la Galleria Margò riesce ad accumulare un notevole numero di live, spaziando dall’estremo settentrione alla provincia salernitana (Scafati – 29 novembre 2013), dove registra un notevole seguito. Il disco si rivela intrigante sin dal primo sguardo, grazie alla strategica e brillante copertina (ad opera di Davide “Zark” Chiello) che sintetizza in maniera concisa il contenuto dell’album, attraverso la metafora degli occhi che rifioriscono (metafora contenuta, tra l’altro, nella quarta traccia del disco “Dovessi Mai”).
Per quanto riguarda il sound, ci si accorge sin dal primo ascolto che la Galleria Margò non si preclude nulla, sperimentando un mix di suoni che riesce a sintetizzare una musica alla portata di tutti, tuttavia non scontata (generlamente definita Electro Pop), che sembra riportare alla luce il sound anni 90. Tuttavia, troviamo senza dubbio un fattore di attualizzazione che conferisce al disco in generale una chiara vena moderna, realizzata in gran parte dal massiccio utilizzo di musica strumentale e per la restante parte dai testi di “Gno”, che trasudano polemica anticonformista contemporanea in lotta con l’esigenza/imposizione di allacciarsi agli schemi quotidiani (una lotta agli status quo). Polemica che trova la sua massima realizzazione nella traccia numero tre “Cupido se ne Fotte”, in cui si mette alla luce la totale indifferenza del dio dell’amore ai lucchetti degli innamorati, alle tariffe della Vodafone ed ai multisala che fanno sconti ai giovani amanti. La suddetta polemica, tuttavia, non si realizza attraverso schemi infantili sterili e diretti, bensì attraverso continui giochi di parole, metafore e vocaboli ricercati, che portano inevitabilmente al paragone fra Galleria Margò e Baustelle. Altro inevitabile avvicinamento sorge inerentemente l’ultima traccia, intitolata “Distretto Nove”. Una traccia che tiene con il fiato sospeso; senza dubbio quella di maggiore contenuto artistico-poetico. Amori e pianeti, alieni e costellazioni, sound epici, continue similutidini, rime, riferimenti platonici, che riportano alla mente “La cura” di Franco Battiato. Ispirazione o casualità poetica? In sintesi, posso riassumere così: un disco saturo di satira e sorrisi in controluce, meritevole di un attento ascolto, assolutamente non banale, che, tuttavia, lascia straniti, quasi come se avessimo perso un qualche dettaglio importante per chiudere il puzzle ed incorniciarlo con il giusto parere.