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Streetambula Music Contest 2014 II Edizione: il programma completo
PROGRAMMA
STREETAMBULA MUSIC CONTEST II EDIZIONE
Con Miro Sassolini (Diaframma, S.m.s.)
30 Agosto 2014 Pratola Peligna (AQ) ore 17:00
Ingresso, iscrizione e spazi espositivi gratuiti
Per info Silvio Pizzica pizzicasilvio@virgilio.it 3400690969
Riccardo Merolli 3389365610
Si rinnova l’appuntamento con Streetambula Music Contest che, giunto alla seconda edizione, andrà nuovamente ad animare Piazza Garibaldi a Pratola Peligna (AQ) e a chiudere idealmente l’estate Rock del paesino abruzzese in attesa delle nuove serate organizzate dal Progetto Streetambula. Quello che, a tutti gli effetti, può essere considerato il più importante evento (veramente) Indie dell’intero territorio peligno anche quest’anno sarà il palcoscenico non solo per le otto band che giungeranno da tutta Italia, ma anche per espositori del settore, etichette indipendenti, webzine, tatuatori, collezionisti, giornalisti, editori e tanti altri. L’evento anche quest’anno vuole rilevare la sua natura di festival teso a fornire agli emergenti mezzi per proseguire al meglio il proprio percorso artistico piuttosto che essere teatro di una sterile gara. A tal proposito tanti saranno i premi in palio, tutti scelti per regalare alle band una nuova opportunità e tutto senza alcuna quota d’iscrizione (lo stesso vale per gli espositori). Registrazione di un singolo presso gli studi Touchclay di Popoli (PE) + videoclip realizzato da Carlo Liberatore, apertura di un live di rilievo presso il Tipografia di Pescara offerto da Voodoo Ray, mastering di un album offerto da Musicalmente di Pratola Peligna (AQ), 1 mese di promozione e ufficio stampa offerto da Roberta D’Orazio, presenza in radio presso gli studi Protosound Polyproject, copertina della rivista Edizione Straordinaria, pacchetto promozionale offerto da Rockambula, premio musicalmente alla migliore voce/performance vocale consistente in un Microfono SHURE SM58 e infine pacchetto fotografico completo per il premio speciale Wallace Multimedia (Giuseppe Zaccardi).
Di prestigio anche la giuria che sarà presieduta da Miro Sassolini, storico leader della band New Wave Diaframma e fondatore degli S.M.S.. Al suo fianco nomi importanti del settore: Silvio Pizzica (Rockambula, Ondarock), Margherita Di Fiore (Rockit), Giacomo Pasquali (Touchclay Studio, Session Player, Borghese), Paolo Tocco (Protosound Polyproject), Andrea Di Nisio (giornalista musicale presso Subcity), Michele Montagano (V4V Records, Stordisco), Emiliano Amicosante (Indelirium Records), Daniele Vergni (S.M.S., Sixty Drops), Piero Lucarelli (Arezzo Wave), Loredana di Giovanni (Two Fates, Insegnante di Canto), Salvatore Carducci (Musicalmente) e Giuseppe Zaccardi (Wallace Multimedia).
A completare il tutto un presentatore d’eccezione, Angelo Violante, probabilmente più conosciuto sotto lo pseudonimo Borghese, progetto Indie Cantautorale con il quale sta facendo parlare di sé in tutta la penisola e poi un Dj Set che metterà in console la parte Elettronica della band Trip Hop dei Sixty Drops.
La manifestazione sarà aperta, intorno alle ore 17:00, con la presentazione del libro Viaggio di un Freelance tra Parole e Musica di Piero Vittoria, interessante opera letteraria a sfondo musicale della quale sapremo di più proprio in occasione di Streetambula quando chiacchiereremo con il suo autore. Dalle ore 18:00 si partirà con il contest vero e proprio. La scaletta è ancora da definire ma certi sono i nomi dei finalisti (scelti dalla redazione nazionale di Rockambula), più che mai validi e pronti a darsi una sana battaglia: Lilia (Pescara), Dott. Quentin & Friends (Pratola Peligna), Laika Vendetta (Alba Adriatica), Minimal Joy (Bologna), Novembre (Penne), Deathwood (Raiano), Malamadre (Collecorvino) e I Fiori di Cadillac (Salerno).
Happy Birthday Grace (Streetambula Winter Session) 21/12/2013
Ho aspettato molto prima di buttare giù queste due righe su Happy Birthday Grace (Streetambula Winter Session) e, a essere sincero, non avrei mai voluto essere io a scriverne. Non è mai facile, forse neanche troppo simpatico parlare (e con amore, perché questo è il caso) di un evento del quale si è anche co-organizzatori eppure alla fine mi sono deciso ma con la promessa, che spero possiate confermarmi mantenuta, di non lasciarmi trasportare dalle mille emozioni che hanno scaldato le pareti di Caffè Palazzo il 21 dicembre a Pratola Peligna (AQ). Ormai sapete tutti che Streetambula è il braccio di Rockambula, quello che organizza festival, contest ed eventi e mette le band in contatto con tutte le realtà interessate dal panorama indipendente, etichette, studi di registrazione, uffici stampa, pubblico, locali, webzine. La storia di questa Winter Session nasce qualche mese fa, quando Lorenzo Cetrangolo, nostro fidato redattore e proprietario degli studi milanesi dalla QB Music (da poco anche etichetta), ci propose di partecipare attivamente a un contest intitolato appunto al ventennale di Grace, storico album di Jeff Buckley.
Ovviamente la risposta di Rockambula è stata positiva ma è andata anche oltre. “Perché non lasciare un posto per la compilation tributo che realizzerete il prossimo anno a una band di Streetambula”? Questa è stata la mia domanda e la Qb Music si è presto dimostrata entusiasta della cosa. Vi spiego subito di che si tratta. Il prossimo agosto Grace compirà vent’anni. La Qb Music darà la possibilità a tante band quante sono le canzoni del disco di registrare un brano dell’album, pezzo che andrà poi a finire nella compilation tributo prodotta e distribuita dalla stessa QB Music. Da quel momento è iniziata la discesa che ci ha portati al contest invernale di cui sto per parlarvi, Happy Birthday Grace (Streetambula Winter Session). Come anche ad agosto, ci sono state delle preselezioni e per la finale sono stati scelti quattro protagonisti che hanno confermato sul campo il loro valore, dando all’evento un valore aggiunto e alzando l’asticella della qualità molto in alto, mediamente anche più di quello che tutti si aspettavano.
Giunti alla serata fatidica, Caffè Palazzo è stato addobbato a festa, con striscioni, stand, maglie, spille, gadget e quant’altro e soprattutto, ricoperto di musica. La finale vera e propria sarebbe iniziata solo intorno alle 21:00, anche mezz’ora più tardi, ma già all’aperitivo ci aspettava una graditissima sorpresa. Basandosi su un testo scritto da me (lo trovate a fine articolo, per chi fosse interessato), Paride Sticca e Jacopo Santilli de À L’Aube Fluorescente hanno iniziato un racconto musicato che partendo da “Gloom”, un loro singolo di prossima uscita, ha attraversato tutte le mitiche canzoni di Grace, con un mix di note, cantato, teatralità, poesia e Spoken Word. Circa quaranta minuti da sogno, per uno dei momenti più toccanti di tutta la serata. Lasciata alle spalle questa fantastica introduzione, ci si andava avviando verso la gara vera e propria, mentre sullo schermo scorrevano le immagini della serata del 31 agosto, prima edizione di Streetambula Music Contest. La giuria schierata confusamente per evitare l’effetto esame di Stato era pronta. Oltre a me, in qualità di caporedattore di questa webzine e redattore di Ondarock, c’era Margherita Di Fiore, collaboratrice di RockIt, Luca Di Pillo, musicista, Salvatore Carducci, tecnico del suono, fonico, collaboratore di Rockambula e gestore di negozio di strumenti, Duilia Del Gizzi, rappresentante di Nuove Frontiere (organizzatrice dell’evento con Rockambula), Jacopo Santilli, musicista e poi c’era anche per il pubblico la possibilità di votare, per circa il 15% del verdetto finale.
Primi a esibirsi, dalla provincia di Teramo, i Two Fates, coppia anche nella vita che ha proposto un Indietronic coinvolgente e travolgente, carico di melodia ma anche di teatralità, fatto di note orecchiabili e improvvise sferzate avanguardistiche. Bellissima la voce di lei e superbo l’utilizzo di Ableton Live (ribattezzato, Two Fates Machine), strumento abusato nel campo dell’elettronica ma che nel Rock non ha forse mai trovato in Italia un impiego tanto funzionale, pratico eppure artistico. Nessuna imperfezione, i Two Fates sanno come proporsi e sanno come interagire col pubblico, hanno carattere e talento e per tutti il verdetto sembra già scritto, se non fosse per quella cover di Buckley, forse non all’altezza del resto. Poi però sale sul palco un certo Dr. Quentin, tutto solo con la sua follia che odora di gioia. Mette allegria, mette una carica pazzesca, i suoi testi traballano in un inglese claudicante ma tutto sommato comprensibile. Sembra il fratello pazzo dei Two Gallants. Il suo è un misto di Folk Rock, Folk Punk e Alt-Country che mette i brividi e quando intona Hallelujah, a modo suo, mette la pelle d’oca. Certamente la migliore della cover proposte in tutta la serata.
Superato il Dr. Quentin, entra in scena il Rock dei Droning Maud da Rieti. Il loro sound è potenza pura, ma non di quella esplosiva quanto un big Bang, quanto piuttosto quella di un buco nero, sfuggevole e misterioso. Certamente gli unici che abbiano veramente travolto il pubblico, i più maturi, anche se magari senza stupire troppo. Ascoltarli a due passi è stato come essere investiti da un tornado di note. A chiudere la gara, i liguri Caligo. Ragazzi di una disponibilità unica, una simpatia e un amore per la musica da far invidia. Avrebbero meritato di vincere solo per questo eppure, c’era che dell’altro, nella loro esibizione. Il loro Pop/Rock è puntuale e si mette tutto al servizio della voce e dei movimenti di Marco Ferroggiaro, vocalist e leader della formazione di Chiavari. Melodie e canzoni, di quelle belle, di quelle che si possono cantare anche solo dopo averle ascoltate una volta. I Caligo erano proprio quello che mancava alla serata. Ora è proprio tutto. È ora di scegliere un vincitore.
Il pubblico ha già deciso. Per loro a vincere è il Dr. Quentin. Ma lui, è l’unico che gioca in casa e a Streetambula ci teniamo a fare le cose nella maniera più obiettiva possibile. Il pubblico conta solo per il 15% e come vedrete, non basterà. A vincere infatti non sarà il Dr. Quentin, nonostante tutti abbiano apprezzato la sua cover, nonostante quasi tutti ne riconoscano la voce stridula ma perfetta. Nonostante io stesso abbia affermato che il dottore “scrive canzoni, melodie, come pochi sanno fare”. Non sarà lui a vincere perché tutti ne sottolineeranno i limiti. Suonare Folk Rock, in inglese, solo chitarra e voce e farlo senza stancare dopo venti minuti è difficile e, infatti, anche in questo caso la giuria lo farà notare. A vincere non saranno i Droning Maud, nonostante l’apprezzamento incondizionato di tutta la giuria che ha rilevato solo l’uso eccessivo di una precisa effettistica sulla voce in sostanza per tutta l’esibizione. Non vinceranno non per i problemini tecnici dovuti all’audio e la resa nel piccolo locale ma perché è vero che c’era da fare una sola cover di Jeff Buckley, ma a lui era intitolata la serata e quindi, quella cover, avrebbe avuto un certo peso. Non è piaciuto che quel riarrangiamento sia stato fatto con un paio di minuti di ritardo perché il testo non era stato imparato a memoria e il foglio dove era stato scritto non si ritrovava. Inoltre non è piaciuto molto il riarrangiamento. Dispiace, perché i pezzi originali targati Droning Maud si sono dimostrati una bomba, e forse questo conta più del verdetto finale. Non hanno vinto neanche i Caligo, forse troppo emozionati, certamente stanchi per i 500 Km percorsi per arrivare dalla Liguria in Abruzzo, qualche errore di troppo in fase esecutiva e uno stile troppo magro, asciutto, con poca personalità esclusa la voce di Marco Ferroggiaro, per poter arrivare davanti ai colleghi, i Two Fates.
Già, proprio loro. I Two Fates. Per una volta hanno vinto quelli che tutti si aspettavano che avrebbero vinto; la band più completa, che ha fatto meno errori, che ha arrangiato con cura il brano di Jeff Buckley (una curiosità, Giuliano Torelli mi ha confidato di essere uno dei mille ad aver visto Buckley dal vivo in Italia), che ha messo sul piano le composizioni più curate, più interessanti e, anche in ottica futura, dalle prospettive più rosee. Senza ombra di dubbio, hanno vinto i migliori ma tutti gli altri si sono dimostrati non solo all’altezza ma certamente capaci di ritagliarsi un gran bello spazio nel mondo della musica. Basta capire quale spazio.
Di seguito trovate il testo suonato e recitato dagli À L’Aube Fluorescente e scritto da me, nel caso qualcuno voglia leggerlo. Alla fine trovate invece il trailer realizzato per la serata da Andrea Puglielli.
Per i ragazzi di Streetambula, scegliere Jeff Buckley e il suo unico album compiuto Grace, il suo capolavoro che tra qualche mese compirà vent’anni, come cuore del Contest invernale non è stata certo scelta agevole. Ogni canzone di quel disco racchiude una magia che solo pochi capolavori possono vantare e anche le cover interpretate da Jeff hanno acquisito un’aura singolare, un abissale senso di eternità e spiritualità. Avete capito bene, quell’opera d’arte contiene ben tre cover. “Lilac Wine” di Nina Simone, “Corpus Christi Carol” di Benjamin Britten e “Hallelujah” di Leonard Cohen. Tre riarrangiamenti che hanno dato in dono a quei brani l’immortalità che meritano palesando come un artista possa adagiare la sua essenza anche in brani di altri, quando si suona con sentimento. Quello che speriamo possano fare stasera i Droning Maud da Rieti, il Dr. Quentin, pratolano Doc, i Caligo da Chiavari in Liguria e i Two Fates di Colonnella. Fare musica col cuore, per farci sognare il suo volto ancora una volta. Sognare la sua vita.
Una vita che per Jeff non doveva essere stata facile. Il 17 novembre del 1966 nasceva il figlio di Tim Buckley. Il padre di Jeff era proprio quel Tim Buckley che qualcuno sta fantasticando ora. Una delle voci più strabilianti che si ricordino e uno dei più eccelsi sperimentatori vocali e del Folk. Musicista mirabile, non proprio come nel suo ruolo di genitore. Non si consacrò molto al piccolo Jeff, prediligendo cercare buona sorte nella Grande Mela; più in là i due si sarebbero rincontrati ma quest’abbandono non fece altro che appesantire, col tempo, la grandezza di Tim sulle fragili spalle del figlio.
Jeffrey Scott Buckley, “Scotty” per chi lo amava, perse il padre che in fondo non aveva mai veramente avuto, a Santa Monica il 29 giugno 1975; Tim fu schiacciato dal peso di alcol, eroina e da una vita impossibile da sopportare. Tim entrava nella leggenda e Jeff era ancora un bambino. Poche volte “Scotty” ebbe la possibilità di stare con lui ma fu proprio durante una serata in omaggio al padre, nell’aprile del 1991 a New York, che per la prima volta le sue sorprendenti abilità canore furono alla portata di un pubblico di un certo spessore.
Da quel giorno Jeff Buckley ha inseguito il modello del padre, talvolta superandolo e diventando a sua volta un mito, nella sua fragilità una specie di divinità carnale fatta di sogni, illusioni, angosce e dei suoi molteplici amori; si dice che amò tante donne, forse anche Courtney Love con la quale di certo fu fotografato a teatro; di sicuro Joan Wasser (qualcuno tra voi la conoscerà come Joan As Police Woman) ma anche Elizabeth Fraser, splendida voce dei Cocteau Twins. Jeff presto sarebbe diventato una leggenda però consapevole della vacuità della sua vita, che, come in una premonizione, sembrava sapere che non sarebbe stata molto più duratura di quella del padre. Jeff inizia a suonare come tanti di noi hanno fatto, come io stesso ho fatto, con piccole band, con i Group Therapy; quindi incide le Babylon Dungeon Sessions e poi lavora con Gary Lucas e con i Gods And Monsters fino a giungere al colosso Columbia. Nascono una moltitudine di tracce, tanto materiale spesso ancora inedito che finirà soprattutto per alimentarne il mito, nella sua sfuggevolezza.
Jeff non dimentica mai da dove viene. Forse non sa ancora dove vuole andare . Sapete a chi è intitolato uno dei suoi primi Ep? Al Sin-è. Il locale nella parte orientale di New York dove giovanissimo si guadagnava il pane come sguattero e poi incominciò a esibirsi. Da lì e da allora ha iniziato una corsa frenetica che l’ha portato a Grace, uno degli album più importanti e struggenti di tutti i tempi. Dopo Grace, in un’inquietante analogia con le vicende emotive del padre, Jeff, che certo non era uno scrittore maniacale, si dimostra impossibilitato a reggere i ritmi del mercato e soprattutto a sottostare alle sue pressioni. Sketches For My Sweetheart The Drunk, l’album seguente, uscirà postumo e incompleto; Jeff non riusciva a produrre tanto e velocemente quanto il sistema richiedeva.
Ma chi era veramente Jeff Buckley? Un musicista stravagante e anticonformista, non sempre attento agli aspetti tecnici della sua arte, un uomo capace di non prendersi sempre sul serio, anche quando si trattava di spiegare il senso delle sue parole. Anche un uomo che si sentiva solo, ma non aveva paura della sua solitudine. Sapete, una volta iniziò un tour, otto date, in posti sperduti d’America, con un falso nome, sempre diverso. Spesso suonò solitario, in quel Phantom Tour, senza pubblico. Avete capito bene. Cercava nel suo isolamento di ritrovare se stesso, la tranquillità dell’essere “uno qualunque”, l’unico modo per capire chi sei è forse non essere nessuno, agli occhi degli altri.
Come il padre, Jeff aveva però tanti problemi, con l’alcol, con la droga e con se stesso anche se in maniera meno romantica (aperte e chiuse le virgolette) e meno meravigliosa. Nonostante questo però non sarebbe mai arrivato al punto di morire per sua intenzione. C’era un disco in cantiere sotto l’ala protettrice di Tom Verlaine, leader dei Television; quindi il trasferimento a Memphis. Il padre era morto ventidue anni prima, “Scotty” ne aveva trenta all’epoca. Il suo talento era ancora tutto da scoprire e quello che resta delle sue incisioni racconta di un uomo che non si sentiva certo arrivato, anzi aveva voglia di vedere fin dove la sua mente, la sua arte poteva spingersi.
Era il 29 maggio 1997 quando Jeff e il suo autista si stavano dirigendo verso gli studi di registrazione. Si fermarono, Jeff voleva fare un bagno nelle acque del Wolf River. Si tuffò vestito, cantando “Whole Lotta Love” degli Zeppelin. Non era drogato, non era ubriaco. Non aveva deciso che quello sarebbe stato il momento di lasciarci. Qualcun altro, forse, lo aveva deciso, se ci credete, forse Dio. O forse il destino, il caso, chiamatelo come volete. Fatto sta che in quelle acque fresche di un affluente del Mississippi Jeff, “Scotty” per chi lo ama ancora, ci lasciò facendo quello che più amava, cantando.
Di lui restano poche canzoni ma per chi lo chiama ancora “Scotty” nelle sue preghiere, ha lasciato molto di più. Resta il rimpianto per quello che sarebbe potuto essere e soprattutto resta un album inarrivabile come Grace, al di là del mito.
Giuseppe Zaccardi e i De Rapage alle prese con il primo premio di Streetambula.
Se ancora qualcuno non lo avesse capito, Streetambula altro non è che una costola di Rockambula nata come Contest/Festival lo scorso anno ma che si sta rinnovando in un Progetto teso a progettare gratuitamente eventi in tutto il centro Italia, per le band che ne richiedano l’iscrizione sempre senza pagare alcuna somma. Streetambula inoltre è Contest programmati in diversi momenti dell’anno (il prossimo poco prima di Natale in collaborazione con gli studi della QB Music) ma il suo cuore, quello per cui tutto lo staff, non solo di Rockambula, si adopera durante i dodici mesi, è il grande evento di Agosto.
La scorsa (prima) edizione è stata un successo di pubblico ma anche di partecipazione, grazie al coinvolgimento di tantissime realtà locali e non, dagli studi Acme, fino alle etichette V4V Records e Protosound, da una music selector targata Rockit, fino a redattori di Stordisco, Ondarock, Musicalnews. Quelle citate però sono state solo una minima parte di quello che è stato Streetambula che prima di tutto era ed è una gara tra band emergenti, una competizione dalla quale nessuno esce sconfitto ma pur sempre una sfida, con se stessi più che con gli altri. Dopo un pari merito con A’ L’Aube Fluorescente, a spuntarla saranno i De Rapage, i quali sceglieranno come premio un servizio fotografico offerto da Giuseppe Zaccardi, fin da subito entusiasta della nostra idea di Contest/Festival e che poi ha ribadito il suo apprezzamento: “L’esperienza Streetambula l’ho trovata molto positiva, apprezzo molto il fatto che si tratti di una manifestazione dedicata a chi fa musica propria a differenza di chi sceglie la facile strada della cover/tribute band che tanto va di moda adesso! Proprio in quest’ottica ho deciso di mettere in palio il set fotografico”.
Qualche settimana fa, la band di Rock Scostumato teatina ha avuto la possibilità di godere del premio vinto sul campo e noi di Rockambula siamo andati a vedere cosa avrebbero combinato. Tra balzi impossibili in cave ascoste in mezzo ai boschi del Parco, spazi angusti tra salsicce e padelle unte e liquori improponibili in salotti lynchiani, Giuseppe Zaccardi è riuscito a tirare fuori l’anima da una delle più belle realtà del panorama Rock nazionale di quello che non si prende troppo sul serio ed ecco a voi il risultato: ” Farlo con i De Rapage (il set, che credete ndr) poi è stato particolarissimo, loro non fanno i matti, sono matti proprio! Scherzi a parte, belle persone, abbiamo passato una bella giornata insieme e il risultato è stato molto positivo, provare per credere! Un ringraziamento allo staff di Streetambula, a Silvio in particolare, ai De Rapage e a tutti i gruppi che hanno partecipato alla manifestazione”.
Non è solo Giuseppe ad aver apprezzato perché anche la stessa Band ha scoperto di avere un cuore, anche se sporco, a modo loro: ”L’esperienza del set fotografico ha reso Giuseppe Zac uno di noi, del gruppo. Alla fine della sessione aveva imparato più parolacce di Ficurilli (voce del gruppo ndr) e aveva iniziato a parlare con le macchine fotografiche: SKEEEERZO!!! Oppure era Schillaci (il chitarrista più anziano ndr) che era troppo brillo per ricordarsi alcunché e si sta inventando tutto”.
Effettivamente eravamo in montagna e non potevano scarseggiare né gli arrosticini tipici di ogni buona scampagnata abruzzese né il vino rosso, di quello fatto in casa. E se alla fine qualche foto sembra uscita come si deve, il merito è tutto di Giuseppe che intuisce la necessità di lavorare strenuamente, senza pause, prima che l’alcol faccia il suo effetto. “Dalle foto è evidente che eravamo tutti in relax completo, abbiamo discusso di ogni singola esposizione/diaframma/vi piace?/fa paura che ci si presentava”.
Un’esperienza bellissima anche per noi, oltre che per i De Rapage, per la prima volta alle prese con un professionale lavoro di fotografia. “Essendo la prima sessione di foto del gruppo la cosa che ci è venuta spontanea è stata l’unica che sappiamo fare: rompere il culo a tutti, anziché con le chitarre con le immagini, però. Zac è stato grande.”
E se l’unico che sembrava sapere esattamente cosa stesse facendo era il solo Giuseppe, nessuno potrà rimproverarci lo scarso impegno, nostro e dei De Rapage, diligenti ed euforici come ragazzini al primo giorno di scuola. “Per la sessione non abbiamo esitato ad affettare cipolle sulle chitarre, svegliarci presto, bere liquori strani risalenti al ‘700 e fare davvero gli stupidi, sotto lo sguardo divertito di Zac, e più tardi, di Silvio Don Pi e consorte che sono venuti a trovarci. Bello, bello, bello.”
Non posso che aggiungerne anch’io, e per farmi perdonare qualche minuto di ritardo, arrivo a quattro; bello, bello, bello, bello! Sotto a chi tocca.
Qui tutte le foto.
Streetambula Music Contest 31 agosto Pratola Peligna (Aq)
Mancano ormai pochi giorni alla prima edizione di Streetambula, contest/festival organizzato dalla webzine Rockambula in collaborazione con l’associazione Nuove Frontiere. L’evento, che sarà l’occasione per vedere riunirsi una moltitudine di realtà legate alla scena musicale e culturale indipendente come webzine (Rockambula, Rockit, Ondarock, Stordisco, Musicalnews, Mola Mola), etichette (To Lose La Track, Indelirium, V4V Records, ecc…), case editrici, artisti, fotografi, radio, studi di registrazione e quant’altro, avrà il suo cuore nel contest che vedrà la partecipazione di otto band (À l’Aube Fluorescente, Too Late To Wake, Doriana Legge, The Old School, De Rapage, The Suricates, DEM, Ghiaccio 1), selezionate dalla redazione di Rockambula su circa venti gruppi iscritti da tutta Europa. Non sarà dunque solo l’occasione per ascoltare buona musica ma anche per dare una spinta alle formazioni emergenti (tanti premi in palio tra cui la registrazione di un singolo presso L’Acme Studio Recording) e far conoscere a quanta più gente possibile la realtà della scena indipendente italiana (soprattutto).
Streetambula Music Contest
Sabato 31 agosto
Pratola Peligna (Aq) Piazza Garibaldi ore 18:00
Uscita autostradale A25 Pratola Peligna-Sulmona
Per info:
Silvio Pizzica tel. 3400690969 mail pizzicasilvio@virgilio.it
Riccardo Merolli tel. 3389365610 mail riccardomerolli@katamail.com
À L’Aube Fluorescente
À L’Aube Fluorescente è la band vincitrice di AltrocheSanRemo Volume4. Nella nostra home potete vedere il loro banner e cliccandolo visitare la loro pagina Facebook mentre a breve avrete la possibilità di leggere la recensione del loro nuovo lavoro e vedere il primo videoclip proprio del pezzo che li ha portati alla vittoria. Nel frattempo Silvio “Don” Pizzica li ha intervistati e il risultato, che potete leggere di seguito, è una bella chiacchierata che spazia dalle curiosità del progetto, alla loro formazione, da qualche incomprensione (vedi domanda in cui si citano i MaDeDoPo, che volevano essere presi solo come esempio di band che ce l’ha fatta non solo grazie alla musica e non un riferimento stilistico), alle critiche e i complimenti della nostra redazione, per passare agli Smashing Pumpkins e a Steven Wilson, fino alle critiche alla critica musicale. Una lunga chiacchierata, una intervista vera in cui scoprirete l’anima di una band giovanissima che prova a fare le cose da grandi, districandosi con eleganza anche tra le questioni più spinose. Signore e signori, À L’Aube Fluorescente.
Ciao a tutti. Per prima cosa come state?
Ciao a te ed a tutta la redazione di Rockambula che ci ha concesso questa intervista. Siamo tutti carichi al punto giusto, pronti per i prossimi live!
Partiamo dalla domanda più banale di questo mondo. Come è nato il nome À L’Aube Fluorescente? Cosa significa, oltre il mero significato letterale? Perché il francese, visto che non c’entra molto con il vostro stile “anglosassone”?
Diciamo che la risposta che cerchi è all’interno della domanda che hai posto. Il nome si basa proprio su questa voglia di distaccarsi, almeno per quanto riguarda il primo impatto, da quello che è lo standard dei gruppi alternative rock italiani e stranieri. Ormai siamo abituati ad una marea di termini inglesi che sono entrati costantemente nel nostro vocabolario (e non fraintenderci, è assolutamente un bene) ma semplicemente ne eravamo un po’ stufi. È stato anche un modo per rinnovarsi, per respirare aria fresca. È dunque più che altro un’esigenza personale, senza nulla di particolarmente pretenzioso. Inoltre crediamo che in un certo senso la musicalità della lingua francese si sposi in maniera perfetta con la musica che cerchiamo di proporre, nonostante i testi siano scritti in inglese. È una sorta di assonanza inconscia che ci è venuta naturale sin da subito, già dalle prime prove quando lavoravamo ai primi arrangiamenti. Per quanto riguarda il significato preferiamo rimanere piuttosto coperti a riguardo, proprio per non togliere la possibilità a nessuno di associare il nome a quello che sente quando ascolta i nostri pezzi. Possiamo solo dirti che per noi esprime un profondo senso di rinascita, musicale e non.
Raccontateci molto brevemente come nasce questo progetto, cosa avete fatto fino ad ora e quali sono le strade artistiche percorse dai vari membri.
Le nostre strade artistiche sono molto simili; pur ascoltando generi di musica a volte molto distanti, abbiamo sempre avuto un’enorme passione per quella che suoniamo, eccezion fatta forse per Alberto, il nostro batterista, che dopo l’incontro con Paride (chitarra) in una cover band antecedente a questo progetto, si è avvicinato in modo prepotente all’alternative rock (che poi nella nostra musica ha un infinità di sfumature per i motivi sopra citati), entrando dunque nella line up definitiva. Jacopo (voce e basso) porta avanti diversi side project, come i Sixty Drops (l’ep uscirà ad Ottobre) e l’Articolo Il (duo con Lorenzo Lucci ormai super affermato in zona). Francesco (chitarra) lo trovate a suonare ovunque ci sia bisogno di un chitarrista, ci dorme pure con la chitarra, anche se ormai abbiamo abbastanza monopolizzato la sua attenzione!
Come descrivereste la vostra musica?
Beh domanda da un milione di dollari. Facciamo molta fatica anche noi a classificarci e a dire il vero non ci piace nemmeno molto. Sicuramente possiamo essere inquadrati in quell’enorme calderone che è l’Alternative Rock ma è un po’ come dire tutto e dire niente. Per far riferimento ad una cosa un po’ inusuale diciamo che in ogni arrangiamento cerchiamo sempre di essere il più raffinati possibile, evitando quelle che secondo noi sono scelte vistose, atte a far emergere il singolo strumento penalizzando il risultato finale. Facciamo tutto in funzione del pezzo. Se un chitarrista deve fare due accordi tutto il tempo per la miglior riuscita del brano non c’è nessun problema. La voglia di emergere come singoli non ci appartiene. In questo senso definiamo la nostra musica raffinata (non tanto per chi ascolta, quello è un giudizio che spetta agli altri) ma proprio per il modo che abbiamo di lavorare.
Parlateci del vostro ultimo lavoro in studio. Credo sia anche il primo, giusto?
Si è il nostro primo EP e si chiama Soar. Sarà anticipato dall’uscita del videoclip di Brand New Stupid Words, che avete già avuto modo di ascoltare. È stato registrato durante il maggio di quest’anno presso l’Acme Recording Studio di Davide Rosati, che è stato anche a tutti gli effetti un produttore artistico. Quello che ne è venuto fuori è un qualcosa ben oltre le nostre aspettative proprio perchè in studio si è creata subito una forte alchimia tra noi e Davide, che ci ha permesso di lavorare molto bene e senza nessun timore di esprimere in modo sincero la singola opinione su ogni arrangiamento. Questo aspetto è stato molto importante per dare ad ogni pezzo quel qualcosa in più che temevamo mancasse alla fine delle registrazioni. Siamo molto soddisfatti.
Come nasce una vostra canzone e cosa ritenete che sia una canzone?
Molto spesso Jacopo costruisce quelli che ci piace chiamare “scheletri”; si tratta sostanzialmente di bozze di testo e linea vocale su una melodia di basso o pianoforte. Da lì cominciamo a costruire gli arrangiamenti e ne prepariamo diversi per ogni strumento, finché non troviamo la combinazione ottimale. Altre volte si parte da riff o giri di chitarra molto semplici che vengono man mano resi più articolati, sempre nel rispetto del registro stilistico del pezzo. Poi Jacopo fa un lavoro altrettanto meticoloso di completamento dei testi, accompagnato da discussioni che spesso facciamo tutti insieme sul loro significato . Siamo piuttosto pignoli sulla questione grammatica e pronuncia, è un aspetto a cui teniamo tantissimo, forse spesso sottovalutato da molte band nostrane. Una canzone è nient’altro che un’evasione dal concetto di tempo per noi. Viviamo le nostre giornate scandite in un certo modo e molti non sanno nemmeno bene perchè. Una canzone è quell’elemento che messo nell’equazione dello scorrere del tempo quotidiano la scombina, la sbilancia.
La vostra dimensione ottimale è quella “elettrica” ma non disdegnate serate live in acustico. In fondo è uno scendere a compromessi per poter avere più spazio possibile, no? A cosa sareste disposti a rinunciare e a cosa non rinuncereste mai per un pezzo di successo. Cosa sareste disposti a fare per diventare i nuovi Management Del Dolore Post Operatorio (perdonatemi la provocazione)?
Ma no, non si tratta di scendere a compromessi, anzi. Amiamo profondamente l’acustico, siamo cresciuti col mito di quegli unplugged straordinari che solo gli anni 90 hanno saputo darci ed è logico che ne siamo allo stesso tempo estasiati ed affascinati. Ci piace (ri)arrangiare i pezzi, trasformarli e dargli una nuova luce. È quello della musica che più amiamo. Gli acustici per noi non sono uno scendere a compromessi, ora come ora sono quasi un’esigenza. È bello ritrovarsi in intimità e far ascoltare i propri pezzi come sono nati: con un basso praticamente spento, la porta della camera socchiusa ed una chitarra acustica. Per quanto riguarda il discorso delle rinunce è una politica che non ci appartiene. Noi sappiamo fare musica solo in questo modo, non conosciamo altre strade. Speriamo di riuscire a piacere per quello che siamo, è l’unica cosa che possiamo augurarci. Un pezzo pop non sapremmo nemmeno farlo! Per quanto riguarda la domanda sui Management la risposta è molto semplice: nulla. Ma non è una risposta dettata da gusti personali. Oggettivamente non abbiamo proprio nessun elemento che possa essere di contatto con una realtà come quella del gruppo abruzzese che hai citato (a parte essere abruzzesi, è ovvio!), non vediamo dunque come possa essere possibile seguire un percorso artistico simile. Sicuramente le strade che dobbiamo battere sono altre, e sono quelle che vogliamo perchè ce le siamo scelte.
Siete i freschissimi vincitori del nostro concorso AltrocheSanRemo Volume4. Perché avete scelto di parteciparvi e cosa vi è rimasto di questa esperienza?
Ci sembrava un’ottima vetrina per poter far ascoltare il singolo prima che uscisse ufficialmente, per testarlo diciamo, ed è andata molto bene. È stata un’esperienza che ha consolidato in noi ancor di più la consapevolezza riguardo l’importanza che ha oggi il web nel proporre musica.
Vincere un concorso come questo non è solo questione di qualità ma anche di conoscenze. Quanto è importante per voi avere un pubblico di affezionatissimi, spesso amici, che vi supporta? Non pensate che avere sempre quel gruppo di supporter della porta accanto ai vostri concerti, possa trasformarsi negativamente in un’ancora che vi lascia agganciati ad una dimensione provinciale?
Beh per una band che esiste ufficialmente da qualche mese (dato che siamo stati per molto tempo in sala prove ad arrangiare la scaletta che oggi proponiamo dal vivo) è già tantissimo avere un gruppo di supporter della porta accanto. Basta rendersi conto di dove si vive, di che situazione musicale c’è e quali possibilità di suonare in giro. Non abbiamo paura di confrontarci con realtà estranee alla nostra, basti pensare che siamo stati selezionati per suonare al Voci Dal Sud music festival a Salerno dove apriremo , insieme ad altre band, il concerto di Meg, Ettore Giuradei e Valerio Jovine. Un risultato assolutamente stupefacente se si pensa che la nostra prima data insieme ufficiale è stata il 4 maggio scorso ( se escludiamo una breve apparizione “confusionaria” nei primi mesi di sala prove).
Passiamo alle domande più “toste”, derivanti anche da alcune considerazioni scaturite dalla vostra partecipazione alle preselezione di Streetambula (p.s. complimenti, siete tra le 8 band finaliste che suoneranno il 31 agosto a Pratola Peligna (AQ)). La redazione di Rockambula ha evidenziato in voi alcuni limiti e alcuni punti di forza importanti. Ad esempio hanno criticato la poca originalità e l’eccessiva somiglianza con band come Placebo o con Melissa Auf Der Maur; qualcuno non ha apprezzato l’apparente necessità di scandire le parole da parte di Jacopo e la troppa povertà del suono delle chitarre. Particolarmente apprezzata invece la capacità di ricerca melodica, cosi come la tecnica vocale (evidente che Jacopo non si sia improvvisato cantante), e anche la pulizia sonora. Rispondete voi, come preferite, alle critiche e ai complimenti. P.s. uno solo dei redattori è stato particolarmente duro affermando che “non sono di nessun impatto e dovrebbero rivedere l’intera struttura sonora”.
Beh essendo una primissima uscita era ovvio che le critiche non potessero mancare. Sicuramente già ora, rispetto a quando abbiamo preparato i pezzi per l’ep ci sentiamo musicalmente molto cresciuti;di certo non credevamo di arrivare sulla top ten americana con un primo ep, registrato in 4 giorni. Ha ovviamente tutti i limiti che un primo lavoro , fatto molto in fretta, può avere. Ci sono delle cose da migliorare e da correggere, certo prima di esprimere giudizi di una certa rilevanza si dovrebbe tener conto delle tempistiche in studio che una band agli inizi può avere. Per quanto riguarda il sound delle chitarre è una scelta fortemente voluta. Non siamo i primi a farla e non saremo gli ultimi, è una questione di gusti di chi ascolta. Alla fin fine è solo il gusto personale che determina il successo o l’insuccesso di un brano, i tecnicismi servono a chi fa le recensioni, ma non sono quelle che fanno andare bene un singolo. Potrei dirti che il suono di Slash a me personalmente non piace, così come quello delle chitarre dei My Bloody Valentine (quasi vuote) mi faccia impazzire. A critiche e complimenti va dato il giusto peso. Siamo consapevoli di dover lavorare, le critiche ci aiutano a capire dove e come possiamo alzare la qualità.
Sul discorso dell’originalità, non siete certo gli unici che hanno guardato alle strade sicure e già battute del passato. È cosi pericoloso rischiare e provare a fare qualcosa di nuovo o semplicemente è impossibile essere considerati se si prova a sperimentare?
Questa è una domanda che leggiamo spesso nelle interviste di molte band. Molte webzine battono su questo discorso dell’originalità pensando che sia ancora una domanda “scomoda”. In realtà non lo è affatto. Seguendo questa linea di pensiero non avrebbero senso il 90% dei movimenti musicali che oggi esistono e vengono portati avanti. Dovremmo far chiudere baracca a tutto il Punk, a tutto il Post Punk, il Black Metal, il Post Grunge ed a tutti quei generi che vengono costantemente riproposti. Basti pensare che perfino i Sigur Ròs sono riusciti a diventare banali agli occhi della stampa musicale. Senza nulla togliere al grande lavoro che Rockambula fa per la musica emergente è una questione su cui c’è veramente poco da dibattere. Se c’è il talento emergi, qualunque sia il genere che proponi. Questo discorso poi in Italia vale doppio, proprio perchè rispetto agli altri paesi del mondo, a parità di genere, serve molto più talento.
Torniamo a cose più leggere. Abbiamo parlato di Placebo e Melissa Auf Der Maur. Ma quali sono le band che più vi hanno influenzato e a cui più somigliate?
Beh due le avete già citate, le altre sono tantissime. Sarebbe impossibile farti un sunto. Diciamo che i punti fermi sono due: Smashing Pumpkins e A Perfect Circle. Non sappiamo quanto le ricordiamo, ma sicuramente ci hanno influenzato tantissimo.
Consigliatemi due band esordienti, una italiana e una straniera e quello che ritenete sia il miglior disco del 2013, italiano e straniero.
Beh in Italia gli About Wayne sono riusciti ad avere un grande seguito, nonostante le critiche nei loro confronti fossero sempre le solite, riguardo l’originalità e la questione delle strade conosciute. Per quanto riguarda l’estero i Bwani Juction sono una realtà scozzese molto interessante (restando sempre nell’ambito di gruppi strettamente esordienti). Sul discorso del miglior disco la domanda si fa molto personale. Diciamo che possiamo consigliare quelli che secondo noi sono due buoni dischi: l’omonimo Giuradei dei fratelli Giuradei e The Raven That Refused To Sing (and other stories) del mitico Steven Wilson.
Non vi chiedo certo perché cantate in inglese ma invece sono curioso di sapere di cosa parlano i vostri testi. Pensate che a chi vi ascolta interessino veramente le parole? Sono cosi importanti i testi nella musica Rock soprattutto?
Non sono semplicemente importanti, sono importantissimi. Veicolare un messaggio è il primo obiettivo che qualunque artista dovrebbe porsi e non essendo un gruppo strumentale il testo assume un’ importanza primaria. I nostri testi riconducono esperienze spesso personali ad una dimensione più ampia, generalizzata, attraverso un forte processo di trasformazione che a livello del tutto teorico dovrebbe portare l’ascoltatore a poter dare il significato che vuol vedere all’interno di quel pezzo. Tutto questo ovviamente tenendo costante il messaggio di fondo che deve essere percepito in maniera inconscia. Diciamo che è un grande metodo per mandare un messaggio senza imporlo. Crediamo molto nella forza delle idee non imposte, ma condivise.
Perché un ascoltatore, un nostro lettore, dovrebbe dare fiducia e il suo tempo a voi, prima che agli altri, non potendo darli a tutti?
Ci piacerebbe che chi sceglie di seguirci e supportarci possa avere il tempo per fare la stessa cosa con tutti i gruppi emergenti che ritiene meritevoli. È proprio il fenomeno delle “tifoserie” che ha contribuito ad uccidere la qualità della musica in Italia. Che trovi il tempo allora per tutti quelli che vuole supportare; la musica restituisce sempre molto più di quello che chiede.
Dove pensate di poter arrivare, in concreto? Quale è invece il vostro sogno e il vostro incubo di musicisti?
Per ora, molto in concreto, vogliamo solo arrivare alla realizzazione del nostro primo full length Non facciamo piani decennali. Il nostro sogno è quello di fare un buon disco ed entrare nella casa di qualche sconosciuto che decide di accendere lo stereo ed ascoltarci. Niente di più. Di incubi al momento non ne abbiamo, solo tanta voglia di fare e di fare bene.
Per un attimo non parliamo di voi. Come sempre, provo a farmi dare un nome. Quale è la band o l’artista Indie italiano più sopravvalutato in circolazione?
Dai, diciamo che tu ci hai provato e il tuo dovere l’hai fatto! Noi manteniamo il silenzio stampa per adesso, è troppo presto per giocarsi qualche nome. Metti che poi ci tocca suonarci, che si fa?!
Come detto, il 31 agosto parteciperete alle finali di Streetambula, music contest organizzato dalla nostra testata in collaborazione con Nuove Frontiere. Tanti premi importanti in palio, presenza garantita di etichette come la Indelirium Records, la V4V, la To Lose La Track (e tante altre) e rappresentanti di webzine importanti come Rockit, Ondarock, Mola Mola, Stordisco, ecc… Voi perché avete scelto di partecipare? E avete avuto modo di conoscere le altre band in gara? C’è qualcuno che vi ha colpito?
Beh che domanda! Abbiamo voluto partecipare proprio perchè avete fatto un lavoro straordinario di organizzazione e di coesione. Un’occasione che un gruppo emergente come il nostro non poteva farsi sfuggire. Abbiamo avuto modo di conoscere la musica dei Too Late To Wake in maniera approfondita e sono davvero una grande band. Sarà un piacere conoscerli e condividere il palco con loro (così come con tutti gli altri). Nei prossimi giorni ascolteremo per bene anche tutti gli artisti in gara. Non sentiamo la competizione, solo una grande voglia di confrontarci e imparare magari qualcosa dagli altri. È sempre bello passare delle giornate con dei musicisti.
Cosa avete in programma per l’immediato futuro? Album, live, video, qualunque cosa!
Intanto è imminente l’uscita del videoclip di “Brand New Stupid Words”. Sarà un videoclip animato realizzato da Tonino Bosco. Non vi diciamo di più per adesso. Poi gireremo a breve un altro video per promuovere un secondo singolo, dobbiamo ancora definire diversi dettagli. Sotto il punto di vista live avremo un agosto stra-pieno e ne siamo ben felici. Gireremo davvero parecchio e appena possibile pubblicheremo un calendario ufficiale. Poi sicuramente ci rimetteremo per bene a lavoro su tutti i pezzi che faranno parte del nostro primo album. Per ora non ci siamo dati una scadenza, vediamo come va la promozione dell’ep e poi decideremo il da farsi. Insomma, tanto lavoro e tanta strada da fare, ma tanta voglia di farla!
Ditemi quello che avrei dovuto chiedervi e non vi ho chiesto? Poi, se volete, rispondetemi.
Diciamo che essendo la nostra prima intervista non siamo abituatissimi a parlare, e per ora, ci sembra di aver parlato fin troppo! Speriamo che le canzoni possano essere per tutti una spiegazione più che sufficiente in merito a tutto quello che ci riguarda!
Ciao Rockambula e grazie di tutto! Stay alternative!
Luminal (con intervista)
Venerdi’ 8 Giugno 2013 @ L’Aquila, Piazza Angioina
Erano anni che non tornavo a L’Aquila, o meglio in quella zona del nostro capoluogo che chiamano Rossa, forse per il sangue che ha bagnato la terra, sporcato le pareti traballanti in quella maledetta notte del 6 aprile 2009 ore tre e trentadue. L’occasione è arrivata. Lotto giugno è una festa oltre che un momento di partecipata riflessione. Piazza Angioina è un luogo nascosto nel cuore della città che fu e che ora vuole rinascere.
Oggi la Piazza è però solo cibo, giochi popolari, mostre, concerti, videoproiezioni e spettacoli organizzati da ragazzi delle varie associazioni, Tre E Trentadue, Asilo Occupato, Case Matte e Appello per L’Aquila.
Questa sera ci sarà il concerto di Le Naphta Narcisse, band aquilana prossima al primo full lenght e soprattutto dei Luminal, una delle formazioni che più sto apprezzando, grazie all’ultimo album Amatoriale Italia, in questo 2013.
Iniziato il concerto non c’è molta gente (anche se nella zona centrale del paese scoprirò poi esserci tantissimi ragazzini che evidentemente amano più discoteca, cicchetti e cazzeggio a Rock, birra e “partecipazione”) e l’impianto di amplificazione sembra quello di una serata tra amici. Ti guardi intorno e capisci che gli amplificatori sono l’ultimo dei problemi. Nel pomeriggio ho fatto un giro tra le macerie, ho visto le case dei miei anni universitari, ho visto la mia vecchia dimora e ho quasi pianto nel osservarla ancora in piedi pur se sofferente, con gli arti spezzati e la porta spalancata come una ferita aperta su quella cucina e quel vecchio divano dove ho poltrito, bevuto birra, cazzeggiato, chiacchierato e conosciuto la gente, il mondo e la vita. Ho avuto paura di quei silenzi irreali, della mia memoria, paura di qualcosa che non so bene cosa sia ma che probabilmente resterà fino alla fine dei nostri giorni appollaiata sulle spalle di noi aquilani cittadini, provinciali o d’adozione.
Fanculo amplificazione, fanculo il freddo, fanculo il governo, Berlusconi e il M5s, fanculo tutto e tutti. Quello che conta è che L’Aquila sia ancora qui e che ci sia ancora qualcuno che crede in lei, come i ragazzi che hanno organizzato tutto questo ma anche noi che abbiamo fatto sessanta chilometri per essere qui ed io che scrivo e vi ricordo che L’Aquila non è morta in quella maledetta notte del 6 aprile 2009 ore tre e trentadue.
Quello che conta è che i Luminal stanno per iniziare il concerto ed io voglio solo stare ad ascoltarli, senza dirvi una parola di più. Ho chiacchierato con Alessandra Perna, voce e basso della band, il giorno dopo il concerto e insieme vi stiamo per raccontare quello che è stato.
E tanto per sdrammatizzare, alla fine trovate il video (perdonate la scarsa qualità audio) della caduta di Alessandra sul palco (un ringraziamento speciale a Fabio Presutti). Capita quando ci si mette l’anima.
Ciao Alessandra. Vi ho visto pochi giorni fa suonare a L’Aquila. Cosa vi ha portati proprio nel capoluogo abruzzese. Quale particolare occasione?
Abbiamo suonato in occasione della festa della NON ricostruzione, un concerto organizzato nel cuore di quella città che si è fermato dopo il 6 aprile del 2009.
Che impressione vi ha fatto la città e la sua gente?
La città fa paura. Fa paura il silenzio, fa paura il vuoto, fanno paura i salotti che si vedono dalle finestre ancora aperte dei palazzi distrutti, come se lì dentro ci fosse ancora vita, fa paura il fatto che in quelle zone qualcuno sia riuscito di nuovo a votare Berlusconi alle ultime elezioni.
L’Aquila tornerà mai quella che era? A proposito, ci eravate già stati?
Non ti posso dare la mia impressione sugli aquilani perché ne conosco pochissimi, e quelli che conosco sono completamente pazzi. E in generale sugli italiani sono la persona meno obiettiva che possa esistere. Non ho mai vissuto una tragedia del genere, non so che cosa significa ma non credo che L’Aquila tornerà mai quella che era. Qualsiasi discorso affogherebbe nel qualunquismo e questa è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno. Una cosa è certa: ci abituiamo troppo in fretta alle tragedie.
Il concerto è stato organizzato dentro la zona rossa, in una piazza che già prima del terremoto era poco frequentata. Ci lamentiamo del fatto che ai concerti il pubblico è sempre meno ma poi gli organizzatori sembrano fare di tutto per nascondere gli eventi. Cosa ne pensi?
Spiegami meglio cosa intendi. Pensi che gli organizzatori abbiano pubblicizzato poco l’evento?
Pubblicizzato poco e scelto il luogo meno adatto.
Credo sia un discorso lungo e complicato. Fare le cose in Italia è sempre molto difficile, soprattutto quando hai poche risorse e non offri nulla di “cool”. Poi magari ti ritrovi a suonare su un palco traballante con una chiesa che ti può cadere sulla testa da un momento all’altro, però anche questo è rock’n’roll, quindi va bene così.
Passiamo al concerto vero e proprio. Avete suonato con Le Naphta Narcisse ma avete aperto voi le danze. Ci aspettavamo il contrario. A cosa è dovuta la scelta fatta?
I Naphta sono un gruppo nato all’Aquila, ed era giusto che fossero loro a chiudere la serata.
Nonostante la location suggestiva, ho notato, nella parte iniziale soprattutto, non pochi problemi di resa audio. Un problema di risorse limitate degli organizzatori o cosa?
Noi sul palco sentivamo molto bene, poi è normale che a meno che hai un impianto molto potente e costoso non si può sentire benissimo in una piazza
Avete suonato per intero (vado a memoria) Amatoriale Italia e niente dei lavori precedenti. C’è un motivo particolare (viste anche le differenze non solo stilistiche tra il prima e il dopo) o solo scelta promozionale?
Suonare i primi due dischi in questo momento non ha molto senso per noi, prima di tutto perché io suono il basso e non più la chitarra, Carlo canta e basta, quindi i pezzi vecchi non sono fattibili con questa formazione, anche se prima o poi ci piacerebbe rifarli, magari collaborando anche con altri musicisti..vedremo che cosa succederà.
Nello specifico dell’esibizione aquilana, avete dato il massimo (praticamente perfetti, compresa la tua caduta) pur non essendo dei virtuosi dello strumento, quando al basso c’era Carlo e tu alla voce. Nella situazione normale e contraria avete avuto problemi sia tu che lui. Come mai?
Oddio, noi non abbiamo percepito nessun problema in entrambi i casi (ridiamo ndr) (forse un cavo mezzo rotto del microfono che poi è stato sostituito?).
Che differenza c’è tra i Luminal che hanno suonato a L’Aquila e quelli che suonarono anni fa, sempre in Abruzzo, a Sulmona?
I Luminal di oggi hanno finalmente trovato la forma giusta per esprimere quello che hanno sempre pensato e il loro modo sbilenco di vivere la vita.
A proposito di “modo sbilenco di vivere la vita”, nelle vostre canzoni parlate in maniera feroce e dura di Facebook (di un modo malato di usarlo), della critica musicale e di hypster (oltre a tante altre cose). Quanto vedete queste cose come “problemi” di cui parlare? e come vi rapportate a essi?
Internet ha ucciso l’arte, ha ucciso il pensiero critico, impone regole di vita sociale peggiori di quelle della televisione, ha eliminato la noia e la solitudine salvifiche per la creazione, ha reso i giornalisti pigri, i musicisti troppo simili fra loro (almeno quelli della scena dominante).
Sfido chiunque a vivere la stessa vita degli artisti che condividiamo con tanto orgoglio ogni giorno su Facebook credendo di fare la rivoluzione (che non deve essere per forza politica, ma anche semplicemente umana).
Detto questo, vado un secondo sull’homepage di Rockit a vedere che sta succedendo.
Qualcuno ha definito i vostri testi a tratti “adolescenziali”. Non ti dico cosa ho risposto io (ormai hai capito quanto mi sia piaciuto Amatoriale Italia). Rispondi tu.
Se fai discorsi seri ti dicono che sei presuntuoso, se dici cose in maniera chiara e semplice ti dicono che sei adolescenziale, se dici la verità ti dicono che sei qualunquista, se non dici nulla ti dicono che ti lamenti e basta. Consiglio uso massiccio di benzodiazepine, grappa, una preghierina a satana e un vaffanculo a mammà ogni tanto che fa sempre bene.
Domanda “intima” suggerita da un tuo segreto ammiratore. Tu, Alessandro e Carlo siete solo amici?
(ride ndr) Io e Carlo stiamo insieme da 7 anni
Domanda ovvia per chiudere. Prossimi appuntamenti live e studio?
Si ricomincia il 23 giugno da Modena, Agriturismo Cantoni, poi potete trovare tutte le altre date sulla nostra pagina facebook. Credo che inizieremo a scrivere nuovi brani da settembre, ci sono già dei testi e un bel po’ di idee.
Abbiamo finito. Non posso che rinnovarti i miei complimenti per l’ultimo disco, Amatoriale Italia e augurarmi di rivedervi presto. Un saluto anche ad Alessandro e Carlo. P.s. perchè non togliete la vostra pagina da Rockit?
Ma in realtà non la gestiamo noi. Comunque il senso di tutto è che Rockit è una webzine come un’altra.