Una partenza moscia, con mood triste alla “Small Poppies” di Courtney Barnett, più un nome e un immaginario grafico che rimandano ai Tre Allegri Ragazzi Morti; fatto sta che nella testa tutte le mie ipotetiche aspettative si concretizzavano in un album dall’attitudine decisamente differente. Red Shot, invece, è un disco che spinge, che inizia con una serie di tracce corte per poi maturare una complessità musicale in constante evoluzione nell’arco delle sue tredici canzoni. Rock di matrice che ricorda a momenti i migliori Foo Fighters ma che assomiglia soprattutto ai Royal Blood con l’unico difetto di perdersi sporadicamente in qualche malinconico momento nickelbackiano. Musica da sottobosco indie, locali piccoli e sotterranei, concerti bui e bagnati di sudore, un posto di diritto nelle playlist “alternative” di Spotify. Gli Incredulous Eyes riescono a liberarsi anche da tipici stilemi che affliggono il Rock italiano offrendoci un prodotto dalle sonorità totalmente internazionali, impresa non così scontata nella nostra penisola, senza compiere nulla di eclatante ma presentandosi con un album di ottima fattura.