Il panorama Alternative milanese mi sembra sempre tendenzialmente legato a una tradizione compositiva che rende omaggio un po’ troppo agli zietti Afterhours. Il lavoro de L’Introverso, invece, prodotto da Davide Autelitano dei Ministri, se ne discosta particolarmente, collocandosi più in uno scenario Indie-Pop, più Pop che Indie.
Una Primavera si apre con il bell’arpeggio di “Tutto il Tempo”, che subito tradisce una certa attenzione al testo letterario, sensazione confermata nella successiva “Manie di Grandezza”. La formazione orchestra in maniera molto dettagliata e curata, ma forse ben poco personale: l’impressione è di stare ascoltando un Pop scanzonato alla Velvet, con sopra dei testi alla Mambassa (magari!). I temi sono quelli cari a tutto un certo Indie nostrano: precariato (economico, sociale, affettivo, individuale) e amore come barlume fugace ed effimero di salvezza e rifugio. “Il Rifugio”, “Stomaco” e “Uguali” sviscerano queste tematiche dimostrando che la lezione di Ministri, Zen Circus e Management del Dolore Post-Operatorio è stata imparata alla grande, almeno per ciò che riguarda la stesura delle liriche.
E va bene, stiamo parlando comunque di band che hanno saputo emergere e affermarsi con prepotenza, forti delle proprie competenze e bravure, ma io mi aspetto sempre qualcosa di nuovo, anche una piccolissima personalizzazione di un prodotto diverso. Altrimenti non ne vedo il senso.
Pregevole è la frase Mi invecchia di due anni/E mi rende un immaturo presente nel brano “Prima o Poi”, così come mi piace particolarmente l’uso del riff di chitarra in “Solo Questa Notte”, più un ritornello che una mera linea orizzontale.”Ti Odierai” e “Mi Rialzo”, nel bilancio del disco, sono brani che passano praticamente inascoltati, a parte qualche drizzar d’orecchie nel ritornello e niente di più. Diversa è la questione “Estranea”, forse il brano più bello di tutto il disco: una freschezza alla “Bianca” degli Afterhours, di cui ricorda giusto il mood e poco di più con le sue melodie ariose alla Tiromancino. E il disco chiude davvero in bellezza con la title-track, “Una Primavera”, ben elaborato sotto ogni punto di vista, finalmente caratterizzato da uno slancio vero e personale, forse l’unico di tutto il disco.
E così mi ritrovo a pensare di nuovo, dopo non so più quanti anni in Rockambula, che forse alle volte bisognerebbe sacrificare qualche brano e concedersi il privilegio di fare un bell’EP piuttosto che un brutto disco.
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L’Introverso – Una Primavera
L’Introverso – Una Primavera
“Mi rialzo da me, mentre affondano i marciapiedi”. L’Introverso da Milano stanno per dare alle stampe il loro primo album, Una Primavera, lavoro che parla di sconfitte incassate e di immediate resurrezioni con un taglio Brit Pop, Indie Rock. Dall’opener “Tutto il Tempo”, gradevole presa di coscienza di stampo Coldplay (anche se a loro piacciono gli Oasis) si passa a “Manie di Grandezza”, pezzo con volontà catchy dal ritornello orecchiabile che risulta essere il brano centrale del lavoro ma che non riesce a pieno nell’intento del singolo spaccatutto, vittima di un eccessivo controllo e determinismo. D’improvviso però ci troviamo di fronte ad un calo, un freno a mano fisiologico poco motivabile che una band apparentemente “macchina da guerra dal vivo” non può di certo permettersi: “Il Finestrino” parla (anche) di sesso in macchina ma non percepiamo nulla di un momento così intimo; “Uguali” sceglie un arrangiamento irritante di stampo sanremese come anche “Prima o Poi”. Cosa succede, quindi? I quattro di Milano, e questa è una nota di gran merito, hanno ascoltato, studiato e fatto proprie molte formule tipiche del Brit Pop senza però, e questo è il problema, riuscire a plasmare un prodotto nuovo e fresco e rimanendo spesso aggrappati a un certo Pop melodico italiano da (bassa) classifica. Ma non tutto è perduto, un disco va ascoltato fino alla fine per dare un giudizio. Sai che c’è, potrebbe andare meglio e credimi avrei diritto al meglio. Sento di rinascere, da oggi voglio una primavera per me: questo estratto dalla traccia di chiusura “Primavera” racchiude l’essenza di ciò che L’Introverso vuole esprimere. Semplicità, molto contenuto e una poetica diretta e precisa che, insieme a “Estranea” (dentro c’è tanto Marlene Kuntz) va a risollevare le sorti di un lavoro indubbiamente sopra la sufficienza ma a tratti incomprensibilmente tedioso. L’introverso ha idee, know-how e voglia ma per arrivare dritti al cuore dell’ascoltatore (come afferma lo stesso Nico Zagaria, voce della band), magari proprio come un “Pugno allo Stomaco”, bisogna liberarsi dalla gabbia virtuale e cercare di osare sempre di più.