Sfanto è l’alias sotto cui si cela Marco Testoni, artista sassarese, che propone un simpatico rock all’inglese ben costruito ed arrangiato.
Questo omonimo ep, camuffato da demo, potrebbe tranquillamente essere esportato all’estero perché il genere che propone, in mia opinione, si presta più al mercato della Gran Bretagna o dell’America.
Per capire meglio ciò che voglio dire forse conviene analizzarlo canzone per canzone…
Il disco inizia con “Little daily inconveniences” che si apre con una chitarra acustica a cui lentamente si aggiungono la voce e tutti gli altri strumenti; il pezzo è prima abbastanza lento e pacato ma poi procede in maniera più veloce e assume caratteri “alla Blur”, quelli dei tempi di “Parklife” per capirsi…
“Waiting for the dawn” ricorda invece più la cultura rock americana, quella di Tom Petty e degli heartbreakers o degli America, e nonostante testi abbastanza semplici (e all’apparenza anche un po’ scontati) è sicuramente la traccia più riuscita di questo ep.
“Monster pride” (che vede alla voce anche Giuliano Dettori e Marco Marco Marini) ha un basso molto scarno ed essenziale (quasi alla Green Day) ma l’energia che trasmette è davvero unica e pur essendo abbastanza breve è piena di spunti davvero interessanti.
“Gray day” riprende parecchio dal cantautorato alla Badly Drawn Boy (quello della colonna sonora di “About boy”), ma non è un saccheggio completo, perché anche qui c’è molta farina del sacco di Testoni, che si cimenta anche in piccoli assoli di chitarra e di piano che si alternano fra di loro.
“Like a serenade”, aperta da un sample dall’origine ignota, forse avrebbe bisogno di qualche ritocco qua e là nella sezione ritmica, tuttavia funziona abbastanza bene anche come si propone (anche se ometterei quei pochi effetti che ogni tanto si sentono sulla voce).
“Miss Kubelik” (che titolo affascinante e singolare!) è l’episodio più “rock” del disco e fa tornare alla mente i nostrani A toys orchetra.
“My reward” vede ospiti Anna Monti al flauto, Francesca Fadda e Rita Pisano ai violini, Gioele Lumbau alla viola e Roberta Botta al cello ed è caratterizzata da una classicità affascinante in ogni singola nota.
Peccato duri solo due minuti!
Magari sarebbe il caso di fare una versione estesa della stessa, proprio come si usava negli anni ottanta, dove si proponevano alle radio le versioni “edit” e al mainstream quelle più lunghe.
Insomma nel complesso un ottimo lavoro, gradevole all’ascolto ma anche nella proposta di un artwork in bianco e nero sempre ad opera di Testoni che è anche produttore del disco.