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L’alternativa all’alternativa: intervista a Vittorio Nistri dei Deadburger
Considerati come gli ultimi reduci dell’avanguardia italiana di fine millennio, i fiorentini continuano a stupire, sfornando ad ogni buona occasione un disco che somiglia al meglio della loro vasta produzione.
Continue ReadingLuigi Porto – Scimmie
Non sono poi tanto sicuro di riuscire a rimanere con la testa in questo mondo, non sono certo di affrontare tutto razionalmente, anzi, voglio spaccarmi di sensazioni contrastanti durante l’ascolto di Scimmie di Luigi Porto. Una colonna sonora per il film L’Apocalisse delle Scimmie del regista Romano Scavolini. Il compositore italiano Luigi Porto (Appleyard College, Maisie) mette subito in chiaro il fatto che Scimmie non è cosa facile da ingerire, ci vuole un’attitudine spensierata alla sperimentazione per lasciarsi trapassare l’intestino, tanta tanta roba dentro un concept capace di esprimere sonorità innovative che vanno dal canto popolare al Rap. Niente è scontato, niente è semplice, tutto il complesso risulta impeccabile nonostante il granitico approccio. Molteplici le collaborazioni da menzionare, il cantante di protesta Rudi Assuntino, il rapper Mr. Dead, il polifiatista Mirko Onofrio, il coro gospel Soul Sigh Gospel Choir, il soprano Carmen D’onofrio. Una varietà di genere da perderci la testa, una consapevolezza di sperimentazione che gioca sul filo della pazienza, siamo sinceri, ci vuole parecchia attenzione per ascoltare Scimmie. Il caos mentale causato dall’opener “Distante” sembra venire dalla penna di un ispirato Thom Yorke, palpitazioni incontrollate, scimmie che vengono dall’inferno, le atmosfere sono dannatamente affascinanti. Stessi ambienti scuri nella popolare “Cecilia o la Danza Spinata”, Rap proveniente dalla Brooklyn anni novanta in “Distante II”. Il filo conduttore rimane sempre melanconico ed infuocato, anime dannate in permanente pena, non si sorride quasi mai, in fondo la bellezza non si racchiude nella tristezza? Tutto le cose viste sotto una luce scura, non si gioca mai con i bagliori della rinascita, la speranza per Porto è sempre la prima a morire e razionalmente devo dargli ragione. Se cercate dei colori questo disco non è proprio nelle vostre intenzioni, se la vostra ricerca invece è culturalmente elevata ma dai contorni bui allora Scimmie è proprio quello che stavate cercando. Il disco nel frattempo suona ossessivamente bene. Il cuore non riesce a pulsare come dovrebbe, ognuno di noi nasce, cresce e muore nelle note scritte da Porto, un concept che sembra seguire le fasi principali della vita fino alla morte. Una tecnica compositiva superlativa, riesci ad immaginare circostanze fantastiche, tutto sembra maledettamente reale e la differenza tra finzione e realtà viene collocata sopra una sottilissima corda. Questa corda inevitabilmente si spezza e la finzione prende il posto della realtà. Scimmie conquista prepotentemente posto tra i dischi migliori di questo 2014, un disco che sfiora la follia intellettuale, Luigi Porto non ha niente da invidiare ai colossi della grande musica d’autore. Prendete e mangiatene tutti, un dramma musicale da consumare con estrema attenzione e voracità.
3 Fingers Guitar – Rinuncia all’Eredità
C’è coraggio, indubbiamente, nell’animo DIY, scarno, tagliente e infuocato di Simone Perna, testa e mani del progetto 3 Fingers Guitar (accompagnato, in quest’avventura, dalla sola batteria di Simone Brunzu). C’è coraggio, follia, un’inclinazione incosciente alla spettacolarizzazione in Rinuncia All’Eredità, una sorta di concept sul retaggio di un padre nei confronti del figlio, che contiene le prime canzoni in italiano del progetto. La musica, pensata ed eseguita quasi totalmente dal titolare, è scarna, fumosa, tribale. Chitarre violente, ritmiche ripetitive e ossessionanti, noise e polvere, intimità rarefatta, poi presa ad unghiate, come fosse troppo stretta, come non bastasse cantare, ma ci fosse bisogno di lacerarsi i vestiti, di graffiare le pareti che si chiudono intorno. L’atmosfera (il gioco) sta sull’equilibrio tra le involuzioni senza capo né coda e gli ambienti più fermi, per cui più convincenti – e più ovvi. Il pugno di “Ingresso” scuote, mentre il corpo di “Riproduzione” incanta e ondeggia. L’arpeggio della title track ci riporta all’improvviso in una zona franca, un’isola che sta da qualche parte al di là dell’oceano, in un crescendo avvolgente, che prosegue idealmente in “Fuga”, ancora più a ovest. Sale il Blues nell’intro de “L’Unica Via”, trasformandosi poi in un Post Blues iridescente e ipnotico. La chiusura (“Fine”) è adamantina e catartica.
Croce e delizia del disco è la voce, sporca, imperfetta, fastidiosa a volte. Un timbro e un tono che possono alternativamente aggiungere profondità o creare punte di doloroso imbarazzo. Il disco è interessante, inserito com’è in un discorso di cantautorato “altro” che vuole staccarsi dalla noia dei quattro accordi con la chitarra e inventarsi un mondo (cosa peraltro non lontanissima – nell’idea – da certe evoluzioni recenti di un Vasco Brondi). Fosse amico mio, Simone Perna, gli consiglierei – da amico – di lavorare sulla pasta vocale, certamente senza snaturare il senso del suo cantare, ma levigando alcuni estremi che possono risultare spigolosi. Per il resto, la strada presa sembra gratificare ampiamente lo sforzo d’intraprenderla. Ma io Simone Perna non lo conosco, e dunque mi limito a riconoscerne i meriti, senza aggiungere altro.
La Band della Settimana: Deadburger
Alessandro Casini – chitarra, vibroplettri, graphics
Vittorio Nistri – elettronica, tastiere, manipolazioni sonore
Simone Tilli – voce, tromba
Carlo Sciannameo – basso
Fin dalla loro nascita, i Deadburger hanno sempre considerato sé stessi come un work in progress permanente.
- Line-up cangiante, capace – come è appropriato, nell’Era Della Instabilità – di espandersi o contrarsi, secondo necessità e possibilità, spaziando da duo a ottetto;
- bioritmi da disturbo bipolare, dove periodi di intensa attività discografica e concertistica si alternano a periodi di silenzio totale (con la band concentrata nella “clausura” dello studio di registrazione, o con i singoli membri impegnati in progetti individuali e collaborazioni con altri musicisti);
- e una musica che – pur restando coerente con le proprie premesse – cerca di non ripetersi mai.
Quello dei Deadburger è un progetto che si reinventa continuamente, ad ogni uscita.
Il giorno in cui cesserà di farlo, i Deadburger si scioglieranno.
“La Fisica Delle Nuvole” è il loro ultimo lavoro (prima parte del dittico Mirrorburger) che va in stampa nel giugno del 2013, ma, non essendo esattamente un disco per l’estate, l’uscita ufficiale viene spostata al 15 settembre. Il disco esce come coproduzione tra le etichette Goodfellas Records (grazie all’interessamento di Simone Fringuelli, che aveva già pubblicato il precedente album dei Deadburger) e Snowdonia (l’etichetta diretta da Alberto Scotti e Cinzia La Fauci dei Maisie, ai quali la band è legata da un lungo rapporto di stima reciproca e collaborazione).
Se volete saperne di più sul nome, sulla musica, sulle immagini vi invitiamo a visitare il loro sito web che nasconde tante sorprese. Se volete un rapporto più diretto invece, di seguito trovate la pagina facebook.