Devo ammetterlo: questa era la quarta volta che vedevo dal vivo gli scozzesi Simple Minds, miei idoli di gioventù che non ho mai smesso di seguire durante la loro lunga carriera. Anni fa ho avuto anche la fortuna di essere nello staff del Soundlabs Festival che aveva l’onore di ospitarli a Roseto degli Abruzzi e grazie al mio amico Vincenzo Andrietti, direttore artistico nonché factotum della manifestazione, ho persino coronato il sogno di poterli avvicinare e di scambiarci anche qualche parola (un po’ in italiano e un po’ in inglese dato che sia Charlie Burchill sia Jim Kerr parlano e capiscono perfettamente la nostra lingua). Il 27 luglio invece mi è capitato, grazie a Rockambula, di assistere al loro concerto (con la stessa formazione di allora) all’Auditorium Parco della Musica, ormai tempio consacrato per tutti i più affermati artisti moderni. Il concerto, inutile dirlo, era totalmente sold out, fra il pubblico era possibile scorgere gente di tutte le età (c’erano persino dei sessantenni che conoscevano a memoria tutte le loro canzoni!) e faceva parte di una delle sette date italiane del The Greatest Hits Tour, logica conseguenza del disco celebrativo del gruppo Celebrate – The Greatest Hit.
(Il trono su cui sedeva Jim Kerr nelle pause)
Il live si è aperto con “Waterfront” e si vede subito Jim Kerr che si prostra in segno di rispetto davanti alla folla che lo incita battendo le mani a tempo durante tutta la canzone. Il cantante, che è apparso in forma smagliante ed invidiabile nonostante avesse da poco superato i 55 anni di età, ha salutato quindi i presenti prima di “Broken Glass Park” con un “Grazie mille! Come stai? Che piacere tornare per noi a Roma; sarà una bella sera; sera fresca;”. Quando è la volta di “Love Song” il basso di Ged Grimes si fa ancora più granitico ed un assolo iniziale di Charlie Burchill che verrà seguito da uno della corista Sarah Brown, nota per aver lavorato al fianco di artisti quali Pink Floyd. “Mandela Day” viene introdotta come una canzone per Mandela (“nowwesing a song for Mandela, Thank You!”) abbastanza fedele alla versione in studio con molti virtuosismi di Mel Gaynor alla batteria mentre per la successiva “Hunter & The Hunted” Kerr ricorda a tutti che era contenuta in quello che forse è l’album più conosciuto del gruppo, New Gold Dream (81-82-83-84). In “Promised You a Miracle” basso e chitarra si scambiano per poco di postazione, giusto il tempo di arrivare a “Glittering Prize” (durante la quale Jim si distende letteralmente sul palco mentre Andy Gillespie si concede anche lui un assolo di tastiere), a cui segue l’inedita “Imagination” in cui il cantante scozzese chiede: “Tutto a posto Roma? Everything Ok? Let me seeyourhands!”. “I Travel” invece era quel brano che apriva Empires and Dance che fallì a livello commerciale ma che rimase per sempre nel cuore di tutti i fans del gruppo. “Dolphins” è invece molto più pacata e forse serve per smorzare le atmosfere in vista del lungo strumentale “Theme For Great Cities”, durante il quale ovviamente Jim Kerr si gode un (seppur breve) meritato riposo lasciando la scena ai compagni, ma soprattutto a Sarah Brown che ha l’onore di cantare da sola “Dancing Barefoot”, brano di Patti Smith (ripresa in passato anche dagli U2) che venne pubblicato come singolo nel 2001 in occasione dell’album di cover “Neon Lights”. Inizia così quella che si potrebbe quasi definire la seconda parte del set durante la quale viene introdotta la band e c’è spazio anche per un breve dialogo col pubblico che riportiamo quasi interamente (o mettendo qualche parola): “Parte finale del concerto, Roma andiamo! Prima era un concerto per mia mamma, una bella mamma. Sono stanco, sono vecchio, ho fame, normale a Roma, sono contento, sono molto molto contento; grazie per questa bella serata! Sempre ricordiamo prima volta in Roma tanti tanti anni fa in Ostia al Palaeur quando c’è neve… Perché siamo sempre giovani no?”. E’ il tempo di un’altra cover, “Let the Day Begin” dei The Call, che fa da spartiacque a “Someone Somewhere in Summertime” durante la quale il pubblico si alza dai posti a sedere per stare più a contatto con la band.
Il bello deve però ancora venire soprattutto se consideriamo che il brano successivo è “See The Lights” che però non ottiene lo stesso effetto di “Don’t You Forget About Me”. Jim Kerr se ne esce con un bonario “Ma che casino…” prima di richiedere il silenzio e di ringraziare “per questa bella serata” e salutare con un secco “Buonanotte!”. Ovviamente però non poteva mancare il bis, ed i Simple Minds risalgono sulle assi del palco per concedere l’inedita “Big Music” e si concedono un ruffiano “Non vogliamo tornare a casa, vogliamo suonare la musica giusto? Roma, tutti, Let me seeyourhands! E’ Incredibile”. Siamo agli sgoccioli ed ecco arrivare “New Gold Dream (81-82-83-84)”, incantevole come sempre, prima del secondo bis che includerà in sequenza: “Letit All Come Down”, “Alive and Kicking” e “SanctifyYourself”. Il concerto finisce con un sottofondo inaspettato, “Jean Genie” di David Bowie, che il leader dei Simple Minds si diverte anche a ballare, non prima di aver salutato le migliaia di persone presenti.