Gli Ebrei nascono nell’agosto del 2010 e hanno le sembianze di un supergruppo: i quattro membri provengono infatti da diverse esperienze (Barbacans, Soviet Soviet, Uzi e Caffiero) e nel giro di poco trovano un loro sound molto distante dai generi considerati tradizionali. Nello stesso anno esce il loro album di debutto, intitolato 2010 e pubblicato da Sinusite Records. Nel 2012 viene ripubblicato da Wallace Records e I Dischi Di Plastica, in vinile e con il titolo 2010.1. Nel 2013 tornano con Disagiami, nuovo Ep uscito il 1° aprile su Tannen Records (free download/digitale) e V4V Records (Cd). Gli Ebrei sono Matteo, Andrea, Alessandro e Bubu.
Soviet Soviet Tag Archive
Soviet Soviet Crowd Tour 2014: il primo tour italiano finanziato dagli utenti.
Concerti ed eventi realizzati dagli utenti, attraverso il metodo del crowdfunding. Questa è la rivoluzione che Gigfarm porta nel panorama della musica live. Così nasce il Soviet Soviet Crowd Tour 2014. Non una scelta casuale quella dei Soviet Soviet. Il trio pesarese è infatti una delle migliori formazioni Indie Rock in circolazione, una delle poche realtà italiane ad aver saputo attirare l’attenzione di media esteri prestigiosi quali Pitchfork, The Fader e Stereogum. I Soviet Soviet rappresentano l’avanguardia della scena indipendente italiana.
A Night Like This Festival
Metti un paesino di duemila anime vicino a Ivrea nel Canavese, magari con vicino un rilassante lago; mettici degli instancabili organizzatori e aggiungici tutti i volontari che riesci ad immaginare, tre palchi, quasi tremila persone, una buona dose di cibo e litri di birra e soprattutto, the last but not the least, una line up notevole composta da quasi venti band. Bene, ora immagina tutto questo calderone fotonico concentrato in un unico giorno. Sembra impensabile ed invece questo è successo veramente il 19 Luglio a Chiaverano, dove si è tenuto per il terzo anno consecutivo A Night Like This Festival. Un’edizione partita con grandi aspettative, che non ha deluso le migliaia di persone che hanno affollato il borgo piemontese, grazie ad una formula vincente basata principalmente sul binomio locale/internazionale. Il risultato è stata una line up varia ed equilibrata che ha miscelato i talenti del territorio come gli Yellow Traffic Light, gli Invers, i Niagara e i più conosciuti Nadàr Solo, a gruppi di respiro e peso internazionale con Austra, Slow Magic e The Soft Moon, senza ovviamente dimenticare nomi ormai affermati del panorama italiano come Soviet Soviet e His Clancyness. Un grande flusso musicale ininterrotto, un super tetris di gruppi e palchi, con incastri studiati per evitare eccessive sovrapposizioni, e non lasciare mai a digiuno lo spettatore. I live si sono avvicendati dalle 19.00 fino a notte inoltrata, seguiti da diversi dj set. Un vero tour de force per instancabili ascoltatori. Sul palco principale, chiamato il palco delle Colline, l’inizio è stato tutto rock e schitarrate con gli Wemen di Carlo Pastore e i Nadàr Solo. Conclusa l’esperienza Rock and Roll è stato il momento per l’attitudine Post Punk di prendere il sopravvento con l’energia diretta dei Soviet Soviet, una garanzia, e quindi la potente chiusura dei fratelloni americani, The Soft Moon, con il loro Post Punk dalle forti sfumature New Wave. Il tutto perfettamente alternanato con le sonorità Pop psichedeliche degli Hys Clancyness, non in formissima in questa occasione, e quindi con le atmosfere sintetico-siderali degli Austra, con la strabiliante voce di Katie Stelmanis, che all’improvviso ci catapulta nel bel mezzo di un rito ancestrale, con una perfomance impeccabile.
Il secondo palco, quello dell’esploratore, è stato fin dall’inizio, ad eccezione degli oscuri rockettari, nonché ottimi, Invers, un crescendo di synth giocosi e psichedelie, dalle elettro sperimentazioni dei Niagara, al Pop fresco e giovane dei Love The Unicorn, fino al momento dell’esibizione di Slow Magic che, indossata la usuale mascherona, nonostante si stesse sciogliendo, ha presentato un set immaginifico fatto di suoni, emozioni e accostamenti inusuali. Probabilmente lo spazio allestito e la mancanza di un’ambientazione hanno reso il tutto meno impattante ed esperienziale, ma il pubblico si è comunque dimostrato caldo e partecipe. Il terzo palco, quello del quieto vivere, lo spazio dedicato a emergenti e nuove proposte, è stato l’unico ad avere alcuni spiacevoli problemi tecnici dovuti a cali di corrente, che però non hanno fermato le band che si sono susseguite. La proposta in questo piccolo angolo ha spaziato molto; per citarne alcuni, dal Rock New Wave dei MasCara in set semi acustico, ai suoni più Folk e Blues dei Pocket Chestnut e al cantautorato di Johnny Fishborn. Dopo dodici ore di musica, e qualche zanzara di troppo, non si può che essere soddisfatti di aver partecipato a un festival così. A voler tirare le somme credo che l’anima di questo evento si possa facilmente riassumere nel vedere sullo stesso prato a pochi metri di distanza la tipica coppia residente, lei ben vestita e truccata, lui un po’ meno, con mini cagnolino annesso e dei giovani ragazzi svizzeri muniti di zainoni e bicchieroni di birra, godersi lo stesso spettacolo, sotto lo stesso cielo e davanti allo stesso palco. Speriamo che festival così continuino a essere presenti e portare grande musica. nel nostro paese.
A Night Like This: vinci due biglietti per il Festival
Rockambula e A Night Like This mettono in palio due biglietti per quello che è uno dei Festival più attesi dell’estate e che si terrà Nella poetica cornice naturale di Chiaverano (TO), sulle sponde del lago Sirio e alle porte di Ivrea, il 19 luglio 2014. Tra i nomi di punta della terza edizione, spiccano Austra, The Soft Moon e Soviet Soviet ma la line up completa, che trovate qui, è di quelle che non passano inosservate.
Per vincere i due biglietti, andate sulla pagina facebook di Rockambula (https://www.facebook.com/pages/Rockambula-Webzine/111534632236541?fref=ts) cliccate MI PIACE alla pagina e lasciateci un messaggio privato indicando il nome della band che più vi interessa del Festival. Entro la prima settimana di Luglio saranno estratti i vincitori!
A Night Like This Festival: si aggiungono MasCara e Nadàr Solo
Nella poetica cornice naturale di Chiaverano (TO), sulle sponde del lago Sirio e alle porte di Ivrea, avrà luogo il 19 luglio 2014 la terza edizione di A Night Like This Festival. Un appuntamento tutto da scoprire: 12 ore di concerti su 3 palchi, visual, spazi per etichette indipendenti, area expo handmade, area food&drink a km 0. Un viaggio ipnotico e coinvolgente in un posto da sogno. Aprite gli occhi, incuriositevi, sta per nascere qualcosa di straordinariamente bello e tutto per voi.
// lineup
Austra
The Soft Moon
Slow Magic
Soviet Soviet
His Clancyness
Love The Unicorn
Nadàr Solo
Pocket Chestnut
Niagara
Indianizer
Wemen
Flowers or Razorwire
Invers
Nobody Cried For Dinosaurs
MasCara
Johnny Fishborn
Sorriso Tigre
The Gluts
Il Terzo Istante
Yellow Traffic Light
// DjSets
MobbingParty – Torino
Game On – Ivrea
Afterparty con No Problems – Milano
RADAR FESTIVAL 2014, tutta la Line Up!
Torna con una nuova formula il Radar Festival, ormai al suo quarto anno di vita e sempre nella splendida cornice del Parco delle Mura di Padova: cinque giorni di concerti con quaranta artisti su due palchi all’aperto, più un palco al chiuso che ospiterà i dj-set, anticipati da due preview night. Questa è l’edizione del salto di qualità, come preannunciato dal Day 1 del festival che vedrà il ritorno sul palco degli Slowdive, nella loro prima e unica data italiana. Lo stavamo promettendo da mesi, ed ora con l’annuncio della line up lo possiamo confermare: il Radar Festival quest’anno diventa grande per davvero.
3 giugno 2014 / Circolo MAME
Deafheaven (USA, Deathwish Inc.)
Aidan (ITA, Redsound Records)
Have It All (ITA, Tide & Anchor)
Red Line Season (ITA, Upupa Produzioni)
4 giugno 2014 / Venue TBA / *tickets sold out*
Neutral Milk Hotel (USA, Merge)
Jennifer Gentle (ITA, Sub Pop)
16 luglio 2014 / Park Nord Stadio Euganeo
Slowdive (UK, Creation Records) UNICA DATA ITALIANA
Be Forest (ITA, We Were Never Being Boring)
Brothers In Law (ITA, We Were Never Being Boring)
Soviet Soviet (ITA, Felte)
23 luglio 2014 / Parco delle Mura
Mount Kimbie (UK, Warp)
Calibro 35 (ITA, Record Kicks)
We Were Promised Jetpacks (UK, FatCat) UNICA DATA ITALIANA
The Oscillation (UK, All Time Low) UNICA DATA ITALIANA
Redwormsfarm (ITA, Infecta)
Julie’s Haircut (ITA, Woodworm/Santeria)
Did (ITA, Foolica)
Foxhound (ITA, Self Released)
24 luglio 2014 / Parco delle Mura
Calexico (USA, Anti)
I Cani (ITA, 42 Records)
William Fitzsimmons (USA, Mercer Street)
M+A (ITA, Monotreme)
His Clancyness (ITA, FatCat)
Boxerin Club (ITA, Bomba Dischi)
SybiAnn (ITA, Shit Music For Shit People)
Flamingods (UK, Shape)
25 luglio 2014 / Parco delle Mura
Thyco (USA, Ghostly International)
Plaid (UK, Warp) UNICA DATA ITALIANA
Dente (ITA, RCA / Sony Music)
Populous (ITA, Morr Music)
In Zaire (ITA, Holidays)
Machweo w/ full band (ITA, Bad Panda)
Yakamoto Kotzuga (ITA, Bad Panda)
Sin/Cos (ITA, Anemic Dracula)
Niagara (ITA, Monotreme)
26 luglio 2014 / Parco delle Mura
Joan As Police Woman (USA, Pias)
The Drones (AUS, ATP)
Zu (ITA, La Tempesta)
Ornaments (ITA, Tannen)
Sonic Jesus (ITA, Fuzz Club)
Gazebo Penguins (ITA, To Lose La Track)
Wu Ming Contingent (ITA, Woodworm)
Santa Margaret (ITA, Carosello)
Warias (ITA, Self Released)
Havah (ITA, Self Released)
A Night Like This: lineup completa
L’Associazione culturale A Night Like This, in collaborazione con il Comune di Chiaverano, annuncia la line up completa di A Night Like This Festival, che ritorna per il terzo anno consecutivo il 19 Luglio 2014 a Chiaverano (TO). Art Pop, Synth Pop, Elettronica e Neo Psichedelia sono il filo conduttore di questa terza edizione. E tre sono gli artisti da oltreoceano in esclusiva per il Nord Italia per A Night Like This Festival 2014: Austra, trio Indie Electro canadese in perfetto equilibrio tra elettronica pulsante e un Folk ancestrale, sublimato dall’espressività vocale della bravissima cantante Katie Stelmanis; The Soft Moon, band Neo Post Punk americana guidata dal visionario compositore Luis Vasquez in ricerca del lato morbido della luna. La band ha accompagnato i Depeche Mode per il loro ultimo tour europeo; Slow Magic, dagli USA un ragazzo che si nasconde dietro ad una coloratissima maschera, a cui piace definirsi “il tuo amico immaginario” e che ti coinvolgerà in un viaggio di canti tribali ed atmosfere sognanti.
Inoltre: Soviet Soviet, che con il loro album d’esordio Fate hanno fatto del Post Punk un mero punto di partenza, un’idea da colorare con le mille sfumature del loro inconfondibile sound. His Clancyness, la band meno italiana dello stivale, con un sound moderno, affilato e cosmopolita. Nadàr Solo, il trio che coniuga poesia Rock a live potenti e mozzafiato che stanno conquistando il pubblico un concerto dopo l’altro.
Gli altri artisti della terza edizione di A Night Like This Festival, saranno:
Niagara, Wemen, Flowers or Razorwire, Love The Unicorn, Il Terzo Istante, Invers, Johnny Fishborn, Mascara , Pocket Chestnut, Indianizer, The Gluts, Sorriso Tigre, Nobody Cried For Dinosaurs, Yellow Traffic Light.
I PRIMI NOMI PER LA TERZA EDIZIONE DI “A NIGHT LIKE THIS FESTIVAL”
“A NIGHT LIKE THIS FESTIVAL”
Chiaverano (TO) – 19 Luglio 2014
L’Associazione A Night Like This rivela i primi 6 artisti in cartellone per la terza edizione di A Night Like This Festival, già annunciata per il 19 Luglio 2014 ancora una volta nella splendida cornice naturale di Chiaverano (TO):
A Place To Bury Strangers | Slow Magic | Soviet Soviet | His Clancyness | Niagara | Wemen
L’inizio è certamente spettacolare. To be continued…
Be Forest – Earthbeat
Luogo d’ascolto: davanti ad una puntata di Ballarò senza volume, il miglior modo per capire la politica, guardando solo le facce.
Umore: come di chi non si spiega perché ha voglia di pulire lo schermo con la carta igienica.
Secondo lavoro a distanza di tre anni (il primo Cold era del 2011) per i pesaresi Be Forest. Pesaro in musica, dove l’avevo già incontrata? Già, poco tempo fa avevo recensito il disco dei Soviet Soviet che condividono con i Be Forest la provenienza. Evidentemente non è un caso, seppur con mio sommo stupore considerato il clima e la vocazione estiva della città marchigiana, perché lì dove la cadenza abruzzese cede il passo a quella riminese deve esserci una scena molto devota a certo tipo di atmosfere musicali demodè e piuttosto 80’s. Non che i Be Forest siano simili ai Soviet Soviet, per carità, il punto di contatto è che entrambe le band sembrano attingere a quel lato più cupo e ipnotico di quegli anni Ottanta che furono di band come, la prima che mi viene in mente e senza nemmeno sforzarmi, i Cure. Operazione meritoria, troppo spesso e per troppo tempo quegli anni li abbiamo identificati con le spalline di Simon Le Bon e i colpi di sole di Nick Rhodes, invece in quegli anni si costruì quel movimento che avrebbe influenzato sotterranei di rock di almeno altri tre decenni, benché riconoscerlo non era facile e spesso lo si arguiva solo dai riferimenti che professavano band che risultavano molto diverse in termini di proposta musicale. In questa ventata di Alt Rock tutta italiana invece sembra di sentire proprio quell’odore di quegli anni, in maniera chiara ed inequivocabile, non solo per le armonie o le progressioni dei pezzi ma anche e forse soprattutto per i mixaggi. In Earthbeat i riverberi sembrano ricostruiti fedelmente ad immagine e somiglianza di quelli dei tempi che furono, tutto sembra esser stato scelto in funzione di un’idea onomatopeica della musica, di un disco che evochi i suoni della natura. L’uso insistito di timpano e di linee di basso ostinate sugli ottavi ricorda i addirittura i primi U2, i temi della chitarra sono così soffusi da integrarsi benissimo con la voce fredda di Costanza Delle Rose come due fari di una macchina nella neve al buio.
Il disco inizia con ben undici secondi di silenzio prima di “Totem”, il primo pezzo, ed è sicuramente una scelta rischiosa perché presta subito il fianco alla battutaccia del recensore stronzo “sono gli undici secondi migliori del disco”; non sarà il mio caso perché il disco l’ho ascoltato più volte e l’ho gradito dal primo ascolto. Inizia e segnalo un arpeggio molto simile ad una suoneria di iphone: mi ha messo diverse volte in difficoltà perché pensavo di ricevere una chiamata ogni qual volta mettevo su il disco. Tra i pezzi da segnalare in una tracklist che scorre via fluida ma anche fin troppo liquida c’è sicuramente “Ghost Dance” tutta imperniata con melodie pentatoniche dal vago sapore giapponese che sembrano scritte usando solo i tasti neri di un piano, impreziosita anche da un bel suono di synth analogico molto vintage; inoltre “Sparale”, onomatopeica e ipnotica con il suo tema costruito su una scala maggiore ripetuto fino allo sfinimento che riesce a riprodurre mirabilmente l’idea visiva di uno scintillio, che poi diventa un abbaglio e poi colpo di sole che alla fine ti stordisce per quanto è ossessiva. Complessivamente i Be Forest, rispetto al primo lavoro (lo dico senza mezzi termini, mi è piaciuto di più) cercano una normale e fisiologica evoluzione che solo in parte si è sostanziata in idee musicali valide. Sembra che vogliano andare verso una direzione ma ancora non hanno chiara la strada da percorrere. I pezzi sembrano non esplodere mai e rimangono sempre molto sospesi in un terreno emotivo in cui l’ascolto finisce per essere disorientato. In questo disco è altissimo il rischio di non ricordarsi un pezzo più di un altro, altissimo il rischio di non mettere il disco per ascoltare ma per accompagnare con il sottofondo un’altra attività, fortissimo la sensazione che utilizzare lo stesso chorus su ogni chitarra del disco finisca per azzopparne la versatilità.
Forse però il vero problema è un altro ed è il mio: forse il problema che ho recensito i Soviet Soviet prima di loro e forse, non so se succedeva anche negli anni Ottanta, al secondo disco in quindici giorni questa scena comincia a diventare moda, comincia già a risultare un po’ posticcia. In due parole mi ha rotto un po’ i coglioni.
No Love Lost
Come ci piace fare spesso, Rockambula è stato media partner dell’evento organizzato questo dicembre a Sulmona (AQ) denominato Soundwave Christmas Nights, festival dedicato alla musica originale indipendente. Pur non trattandosi espressamente di un contest, Rockambula ha voluto comunque istituire un piccolo premio che consiste in un mini pacchetto promozionale comprensivo di recensione e/o intervista più banner pubblicitario sul nostro sito per circa un mese. La band che abbiamo scelto in quanto protagonista con il progetto più interessante e originale anche solo in ottica potenziale è stata quella denominata No Love Lost. In questa intervista cerchiamo di capire meglio di che progetto si tratta, quale possa esserne il futuro e cercheremo anche di ragionare su alcune tematiche care sopprattutto alle scene di provincia.
Iniziamo da una domanda ovvia. Il vostro nome richiama alla mente la grande band capitanata da Ian Curtis e voi avete iniziato la vostra avventura proprio come cover band dei Joy Division. Aver fatto cover è più utile a scrivere e proporre pezzi propri o più un ostacolo dovuto al rischio “imitazione”?
Aver iniziato come cover band dei Joy Division ha sicuramente contribuito a creare amalgama e affiatamento nel gruppo. Il rischio imitazione volontaria non c’è mai stato perché in fase compositiva seguiamo le nostre idee e l’istinto del momento senza doverci preoccupare di imitare qualcuno o assomigliargli. Se ci sono delle affinità con altre band non sono volute e cercate ma sono solo frutto dei nostri ascolti e gusti giovanili. Quando abbiamo deciso di cominciare a proporre un nostro repertorio abbiamo iniziato come nuovi No Love Lost e non come costola della cover band che eravamo prima.
Perché avete scelto di iniziare con le cover e perché avete scelto di passare a proporre pezzi vostri? Suonate ancora brani dei Joy Division dal vivo?
Il gruppo inizialmente è nato come una sfida a proporre una band poco conosciuta ai più e comunque poco coverizzata. L’idea era di fare alcune esibizioni in pubblico e divertirci a suonare una musica che aveva sempre esercitato un certo fascino su di noi. Abbiamo deciso di cominciare a proporre brani nostri perché da sempre noi tutti abbiamo avuto un approccio compositivo alla musica, ci viene naturale. Ognuno di noi tre normalmente compone in proprio e a maggior ragione trovandoci tutte e tre insieme, idee vecchie e nuove si sono accumulate con una certa rapidità dandoci la possibilità di scegliere tra un materiale numericamente consistente ancora in fase di definizione e composizione. In eventuali serate dal vivo in cui avremo la possibilità di suonare per più di un’ora sicuramente riproporremo dei brani dei Joy Division.
La vostra formazione attuale non prevede batteria, o meglio batterista. Il suo ruolo è affidato all’elettronica. Quanto la batteria elettronica può essere un vantaggio (Albini ci ha costruito una carriera, passatemi il termine, con una certa Roland) e quanto un limite per la vostra proposta? E perché avete fatto questa scelta?
La batteria elettronica (ma le basi in generale) per noi e per il nostro sound è un vantaggio in quanto la nostra musica necessita di ritmi definiti e ben schematizzati; ci da la possibilità di far lavorare il basso in modalità non usuali (uso di ottave alte quando lavora in contemporanea con un basso synth) mantenendo una certa corposità del suono e avendo virtualmente una sorta di seconda chitarra. Inoltre la batteria elettronica permette al basso di esprimersi liberamente con riff definiti e di effetto e permette al cantante/tastierista di dedicarsi totalmente al canto. Attualmente non vediamo svantaggi nell’utilizzarla e non escludiamo neanche il ritorno di una batteria acustica in futuro quando e se necessario.
Vi ho ascoltato dal vivo durante l’esibizione a Sulmona (AQ) al Soundwave, un piccolo Festival di cui Rockambula è stato media partner (ndr I No Love Lost hanno vinto qui il premio Rockambula). Perché avete scelto di parteciparvi? È questa la strada migliore per la musica emergente? Cosa non vi è piaciuto?
Abbiamo scelto di partecipare al Soundwave Christmas Night per avere una vetrina e far sentire i nostri brani inediti a un vasto pubblico. Per i gruppi della scena Indie la via migliore per farsi conoscere è comunque soprattutto quella di partecipare a manifestazioni ad hoc come questa e ovviamente utilizzare la rete nei suoi numerosi canali e avere tanta voglia di mettersi in gioco credendo a quello che si fa. Più di quello che non ci è piaciuto, preferiremmo invece mettere in rilievo il fatto che questa manifestazione non era un concorso ma appunto una rassegna. È stata un’ottima idea in quanto nei concorsi è molto facile che a vincere sia la band raccomandata o che porta più pubblico; diverso è stato invece creare un premio per il progetto e l’idea espressa da una band come ha previsto il Soundwave con Rockambula.
Una cosa che, ad esempio, mi pare di aver notato è che, specie nelle piccole realtà cittadine, mancano vere e proprie scene e ognuno tenda a fare musica inseguendo, spesso scimmiottando, i propri idoli, senza alcuna voglia di sperimentare, osare, innovare. Uscire da questo tunnel credete sia possibile? Come?
Uscire dal tunnel delle imitazioni è possibile ma richiede apertura mentale, un discreto background culturale, creatività e voglia di mettersi in gioco. Il problema principale è che si tende, soprattutto nelle nostre realtà, a giudicare l’operato di un musicista solo ed esclusivamente dal punto di vista tecnico senza mettere in rilievo che la creatività costituisce un elemento fondamentale per chi fa musica.
Una delle soluzioni potrebbe essere una certa apertura (date, concerti, festival, contest) alle band, anche poco note, che vengano da fuori (vedi il Progetto Streetambula di cui siamo co/organizzatori). Ma il pubblico dei piccoli centri è pronto a questa sorta di “rivoluzione”? Sembra piuttosto disposto ad ascoltare solo i propri amici, di là dell’interesse ridotto verso la musica.
Finché i piccoli centri ragioneranno con la logica bigotta e culturalmente ristretta, non ci sarà alcuna rivoluzione. La rivoluzione va stimolata e secondo noi, molti in questa valle (Valle Peligna, provincia de L’Aquila ndr), a partire da chi organizza eventi musicali e si occupa di band emergenti come voi di Rockambula, stanno lavorando bene per creare un circolo virtuoso in tal senso.
Cambiamo discorso ma non troppo. Perché i musicisti vanno con tanta fatica ad ascoltare i colleghi?
Molti musicisti (non tutti), disertano le serate dei loro colleghi, semplicemente per mancanza di umiltà, attenzione, informazione e forse anche invidia. È una costante fra colleghi, Morrisey ci ha scritto anche una canzone.
Passiamo a voi. La vostra musica è fortemente influenzata dal Post Punk dei Joy Division. Quali altre influenze vi si possono ascoltare?
La nostra musica è influenzata da diversi artisti del passato e del presente. Sicuramente i Joy Division hanno avuto un’influenza importante ma non principale. Prima di loro vorremmo citare Gary Numan, Depeche Mode, New Order, Asylum Party, Pj Harvey e Massive Attack senza dimenticare le forti influenze Punk che arrivano dalla nostra chitarrista Francesca Orsini e in particolare in brani come “Closer”, “Torture” e “The Party’s Over” che speriamo avrete presto la possibilità di ascoltare su disco.
Che progetti avete per scoprire il vostro peculiare sound e renderlo più moderno?
Premesso che oggi parlare di suono vecchio e nuovo risulta un po’ difficile in ambito Indie, vista la varietà e le molteplici combinazioni sonore tra i vari decenni e tra i vari generi, stiamo valutando di “svecchiare” il suono cercando, in fase di registrazione, di applicare con astuzia quelle caratteristiche sonore che possono far risultare il prodotto più moderno e muovendoci all’interno di questo impianto sonoro per mantenere il nostro suono volutamente vintage.
Oltre al limite dovuto dall’ovvia somiglianza con i padri del genere, ho notato che, dal vivo, c’è ancora qualche imprecisione soprattutto in chiave vocale e andrebbe attuata anche una più attenta ricerca melodica. Come pensate di muovervi in tal senso? Credete di dover lavorare ancora anche sulle canzoni ormai già ascoltate live?
Per ciò che riguarda la voce stiamo lavorando continuamente per perfezionare quanto già ascoltato dal vivo. Sicuramente un paio di brani richiedono una maggiore attenzione melodica e rivisitazione da parte nostra, per molti pensiamo che la soluzione attuale sia soddisfacente ma sappiamo che un gruppo deve essere sempre alla ricerca di novità’ e aperto a rivedere le soluzioni già date per stabili se necessario e se rispondono a una reale esigenza dei compositori. Pertanto anche le versioni live che avete ascoltato sono suscettibili di qualche cambiamento in fase di registrazione.
Uno dei modi migliori per superare i propri limiti è distruggere quelli mentali che ci portano ad ascoltare sempre le stesse cose. Per questo credo che per tutti, e ancor più per i musicisti, sia importante ascoltare tanta musica, vecchia e nuova, e sempre molto diversa. Qual è il vostro modo di approcciare alle nuove sonorità, alle nuove band? Chi vi piace tra le nuove proposte italiane e straniere e consigliateci un paio di dischi di questo ormai andato 2013?
È essenziale uscire dagli schemi mentali acquisiti, pertanto ci poniamo sempre con grande interesse all’ascolto di quanto di nuovo viene proposto dal mercato discografico soprattutto indipendente. Del 2013 ci sono piaciuti il nuovo dei Soviet Soviet e degli Arcade Fire senza dimenticare The National ma anche in ambito Pop ci sono molte produzioni di valore.
Sul palco si nota una certa spensieratezza alle chitarre (basso incluso) mentre Fabrizio D’Azzena (voce) mantiene un’aria seriosa, tesa, quasi preoccupata e ansiosa. Studiate attentamente le vostre performance, anche per quanto riguarda l’immagine oppure suonate cosi, come viene?
Sinceramente abbiamo ancora forse poca attenzione per l’immagine globale del gruppo ma ciò’ deriva principalmente dal fatto che per ora non è la priorità e pensiamo che sia la nostra musica a dover trasmettere sensazioni emotive a chi ci ascolta. Indubbiamente il nostro cantante è tipo ansioso ma la sua espressione seriosa è risultato di forte concentrazione e passione.
Per ora non avete nessun album pronto. Tra le varie motivazioni che ci hanno spinto a dare a voi il premio Rockambula c’è: “una delle band di cui ascolteremmo molto volentieri il prossimo disco”. Ce n’è uno in cantiere?
Attualmente stiamo per entrare in studio per registrare il nostro primo cd; vi diamo qualche anticipazione, si chiamerà Lust e sarà composto di otto o nove brani, sette li avete già ascoltati live e due che stiamo selezionando tra il corposo materiale a nostra a disposizione.
Vi faccio il nostro “in bocca al lupo”.
Soviet Soviet – Fate
Ascolto: in una latitudine del mondo comunque sbagliata
Umore: come di chi si presenta in montagna con la muta da sub
Ci sono lavori come questo che un recensore fatica a recensire. Perché è immensamente più facile spiegare le motivazioni per cui una cosa non ti piace o ti sta sul cazzo che scovare nel dizionario le parole all’altezza di spiegare una cosa che ti piace. Se non ti piace un disco, non dosi le parole, non le scegli accuratamente; ti vengono spontanee, sarà anche per un umanissimo desiderio di lasciar fluire i giudizi negativi che non puoi dare vis à vis nella tua giornata al cliente o al vigile urbano che ti ha appioppato la solita 40 euro di multa per divieto di sosta per trenta centimetri sulle strisce pedonali. Ecco perché sul secondo lavoro dei Soviet Soviet non voglio soffermarmi molto di più di quello che può essere spiegato in poche parole dall’espressione “ Gran bel disco” oppure “Destinati al riscontro pieno e deciso anche fuori dai confini italiani”. Il voto è un bel sette e mezzo come nell’italianissimo gioco delle carte.
Fate è ipnotico, avvolgente, straniante, di quei dischi in cui perfino le imprecisioni ti sembrano messe ad arte. I Soviet Soviet dimostrano appieno di aver digerito la lezione New Wave e Punk, dimostrano di aver pasteggiato con il Post Rock e aver accompagnato il tutto con bicchierate di Dark con abbondante ghiaccio. Il basso suonato sempre con il plettro e costantemente effettato caratterizza non solo le ritmiche ma anche il colore complessivo del disco, finalmente. È piuttosto raro infatti che a livelli underground ci sia un apporto così deciso e caratterizzante del basso. Le linee melodiche sono riproducibili ma mai paracele con un timbro di voce a volte nasale e a volte slabbrata; si appoggia (o a me dà quell’impressione) nell’interpretazione a qualcosa che ricorda i Placebo ma senza che risulti un’imitazione. Probabilmente ed in maniera in fondo fisiologica e salutare si tratta solo di aver respirato nella stessa aria musicale e di aver mangiato allo stesso piatto. Chitarre dal riverbero talmente figo che non ha solo il potere di valorizzare i temi o le ritmiche, ha anche il potere di teletrasportarti in un altro posto fisico del mondo e in un’altra era, come in “Gone Fast” , pezzo già pronto per uno spot di macchine e di paesaggi ripresi dall’alto. Stop, la mia recensione finisce qui, non c’è bisogno di altre inutili parole per descrivere un bel disco se non “ è un bel disco”. Ad una donna che le devi dire di più di “Ti amo” per spiegarle l’amore?
Anzi no, ci ho ripensato: scendo a capo e riapro il file word per affrontare una considerazione pensata in extremis forse più interessante che mi ha suggerito l’ascolto di questo disco: lo straniamento geografico. Ci sono dei dischi o delle band che ti fanno immaginare anche un intorno fisico e temporale oppure, al contrario, intorni fisici e temporali che se non li incroci non capisci perché quella musica può venire solo da quella latitudine e da quei paesaggi. I Soviet Soviet hanno questo dono: li ascolti e pensi alla pioggia di Berlino raccolta in pozzanghere che sbuffano tremolanti l’immagine riflessa del cielo di piombo; ti immagini a camminare, mani in tasca, con una bella tipetta bionda tinta con il chiodo, piercing vistosi sul naso e faccia pallida per Mühlenstrasse, la strada che corre di fianco il muro. Ti immagini di andare a trovare David Bowie nel suo studio mentre sta registrando un nuovo disco Glam Rock. Ti immagini di calciare lattine vuote di birra abbandonate dagli sbandati che si trascinano in zona. Ti immagini il freddo che ti sega le orecchie e i tuoi guanti di lana tagliati sulle dita e le bottigliette di vodka dentro le tasche del cappotto scuro comprato in un mercatino a Kreuzberg. Ti immagini diverso e trasandato; e più figo, magari anche più alto e con più capelli. Poi mentre continui ad immaginarti, distrattamente leggi la biografia dei Soviet Soviet e vedi che arrivano da Pesaro. Ti ricordi che l’unica volta che hai visto Pesaro era in un’estate torrida mentre sgambettavi sul sedile di un risciò sul lungo mare con una palma ogni venti metri; le signorone dell’est con i costumi variopinti e i loro visi resi paonazzi dal primo sole. Non arrivavi nemmeno ai pedali. Eri un bimbetto di undici anni occhialuto, un po’ paffuto e con i calzoni corti. Per niente scafato.
Ho sempre pensato che le biografie non servano ad un cazzo.
Cazzo.
Soviet Soviet: anteprima del nuovo album e date del tour!
L’11 Novembre i Soviet Soviet pubblicheranno il nuovo album Fate, per la newyorkese Felte Records. Il trio Post Punk dopo due concerti come special guest dei PiL , scelti da John Lydon in persona.
ASCOLTA!!
– Ascolta da Stereogum.com ‘No Lesson’, nuovo estratto da ‘Fate’ dei Soviet Soviet –
– Ascolta da TheFader.com ‘1990’, primo estratto da ‘Fate’ dei Soviet Soviet –
Le date del tour:
. 8 Novembre – Cosenza, B-Side
. 9 Novembre – Taurianova (RC), Birrificio
. 14 Novembre – Brooklyn/New York USA, 285 Kent Ave.
. 15 Novembre – Brooklyn/New York USA, Saint Vitus Bar
. 17 Novembre – Los Angeles/California USA, The Echo
. 22 Novembre – Napoli, George Best Music Club
. 23 Novembre – Messina, Retronoveau
. 29 Novembre – Milano, Ohibò
. 7 Dicembre – Porto/Portogallo, Hard Club
. 18 dicembre – Monopoli (BA), Kambusa Rock Bar / Dirockato Winter
. 19 dicembre – Roma, Forte Fanfulla
. 20 Dicembre – Foligno (PG), Serendipity
. 21 dicembre – Magenta (MI), Decibel
. 27 dicembre – Pordenone, PN Box Studios
. 28 dicembre – Torino, Blah Blah
. 3 Gennaio 2014 – Andria (BT), Officina San Domenico
. 11 gennaio 2014 – Rosà (VI), Vinile