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Bloody Hammers – Spiritual Relics

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Uno dei dischi che più attendevo era proprio questo: Spiritual Relics, il secondo platter partorito dai mastodontici Bloody Hammers. La curiosità di ascoltare il seguito di quell’omonimo album che aveva decisamente infatuato il sottoscritto era davvero tanta. A distanza di un anno dall’uscita del disco d’esordio questa piccola voglia viene colmata, la band statunitense torna a far parlare di se con Spiritual Relics. All’ascolto del disco la prima impressione scaturita riguardava la tempistica: per una band emergente fare uscire un secondo album a distanza di un anno dal precedente disco d’esordio è prematuro e poco costruttivo ed effettivamente il lavoro in questione ne fa da prova. Sia chiaro che la qualità del prodotto è buona ma non si sono scostati di molto dalla precedente proposta, anzi, addirittura troviamo qualcosa in meno. Se facciamo un confronto tra i due dischi notiamo da subito che  la band ha evitato quell’atmosfera cupa e sinistra che in un modo o nell’altro è stata caratteristica dell’omonimo; i riff Sabbatiani e quei particolari giri di chitarra sono rimasti (anche se questi ultimi nel disco precedente erano molto più elaborati) ma mancano di quella melodia oscura creata dagli effetti delle tastiere che sembrava rapirti. Insomma vi chiederete perché questo confronto cosi approfondito? Semplice: Spiritual Relics è come l’ omonimo del gruppo ma con qualcosa in meno, il che va a discapito dei Bloody Hammers e ammetto che mi dispiace dirlo perché è una band che a me personalmente piace davvero molto e ritengo che abbia grandi doti. Spiritual Relics non è affatto un cattivo album ma va al di sotto delle possibilità del gruppo, Anders Manga e soci potevano fare di più ed in questo disco invece di aggiungere hanno tolto. All’ interno del platter le uniche tracce che si fanno notare sono: “What’s Haunting You” ovvero l’ opener chee vanta un ritmo e dei giri di chitarra lodevoli; “The Transit Begins” che molto probabilmente è l’unica traccia che conserva quel fascino oscuro del quartetto e la rocciosa “Flesh of The Lotus” dallo sgargiante ritornello. Infine troviamo una canzone di chiusura che ti spiazza; trattasi di “Scienze Fiction”, una melodica canzone molto lieve e pacchiana in cui in risalto c’è la chitarra acustica. Come ho sottolineato spesso i Bloody Hammers hanno ottime potenzialità; purtroppo però credo siano stati troppo precipitosi e la creazione di questo lavoro è stata presa troppo sottogamba. Potevano fare molto di più.

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