Spoken Word Tag Archive
Giovanni Truppi – Infinite possibilità per esseri finiti
Il ritorno del cantautore italiano è un lungometraggio neorealista a colori.
Continue ReadingGli album in arrivo nel 2023 [gennaio-febbraio]
Un po’ di dischi già annunciati per gennaio-febbraio 2023 che noi non vediamo l’ora di ascoltare (e magari anche voi).
Continue ReadingTop 30 album 2022 – la classifica della redazione
Eccovi quelli che per noi sono stati i migliori album dell’anno che sta per concludersi.
Continue ReadingMarakas – Pour Les Enfants [STREAMING]
Pour Les Enfants è il nuovo EP dei Marakas: un lavoro a metà strada tra il Battiato di “Foetus” e la retromania elettronica tutta acqua e vaporwave. Esce venerdì 19 ottobre per EdisonBox Records e Zafenda Records ma lo potete ascoltare già da oggi in esclusiva su Rockambula. Continue Reading
Benjamin Clementine – At Least for Now
Come non innamorarsi di questo ragazzo, partito dalla periferia di Londra alla volta di Parigi, dove ha vissuto senza casa, suonando per strada, nei bar, negli hotel? Benjamin Clementine si siede al pianoforte e si scoperchia l’anima. Arriva dal Soul di Nina Simone, dal songwriting di Leonard Cohen, ma anche da Erik Satie, Antony Hegarty, Jimi Hendrix. C’è nella sua musica, piena di parole e gonfia di una voce calda, ritmica come un martello o liscia come velluto, tutto un mondo, leggermente sfalsato rispetto al nostro. Dalla dolcezza appuntita e struggente di “Gone”, perla che chiude il disco e che ha lo spessore di un classico d’altri tempi, alle ritmiche salterine di “Adios” che accompagnano linee melodiche spezzate o rapidissime, ironiche, fino ad arrivare al parlato e a momenti quasi lirici: At Least For Now è un esordio complesso ma profondo, che porta dentro dei semi preziosissimi, che, coltivati bene, sotto il sole, possono portare alla nascita di una personalità importante, un folle che si muove tra Pop, Jazz, Soul, Spoken Word e musica classica come se non avesse un passaporto: i confini solo linee tracciate nel niente, unica stella polare una musica piena, intensa, vibrante. Come non farsi rapire dall’intensità di “Cornerstone”, dall’effetto straniante da musical di “Winston Churchill’s Boy”, dalla malinconia folle, quasi animale, di “Quiver A Little”, dal Pop stiloso e radiofonico di “London”? Arrangiamenti scarni, molto pianoforte, una voce dalla personalità imponente, qualche percussione, archi che appaiono e scompaiono: tutto costruito ad arte intorno a Benjamin Clementine, gradita nuova scoperta di questo 2015. Ci metterà qualche ascolto a conquistarvi, ma se avete un cuore non vi deluderà.
Il Babau & i Maledetti Cretini – La Maschera della Morte Rossa
Campanacci e muggiti e poi cupe note che ricordano le più angoscianti soundtrack dei Goblin miscelate all’asprezza di Tubular Bells, il tutto in chiave ancor più tenebrosa, tetra e languida. C’è questo a introdurci nella nuova, sorprendente opera de Il Babau & i Maledetti Cretini. Rincorrono note elettroniche che paiono razziate alle avanguardie italiane d’inizio settanta e la “Danza Macabra” si compie in un sanguinolento volteggiare di note Prog, tutto risolutamente in chiave strumentale in attesa del fonodramma vero e proprio che ci narra la storia che fa da soggetto all’intero album. Il Babau & i Maledetti Cretini è un progetto artistico che mette insieme musica, teatro e letteratura e che vede la compartecipazione di Damiano Casanova (chitarre, synth, tastiere, composizione e direzione musicale), Franz Casanova (voce narrante, synth, tastiere, carabattole varie) e Andrea Dicò (batteria, percussioni, rumorismi). La formazione sorgeva a Milano a inizio millennio e inizialmente si autodefiniva quartetto di Rock regressivo e musica da cameretta il cui nome è francamente rubato a un quadro a fumetti di Dino Buzzati. Dopo le prime fasi, Il Babau diviene un duo composto dai soli fratelli Casanova. La trasformazione trasforma radicalmente anche lo stile che abbandona la canzone e si spinge verso la riscoperta del fonodramma. Da quel momento la compagine sviluppa un personale percorso artistico che la porterà all’attuale stabilità e a questo La Maschera della Morte Rossa.
La Maschera della Morte Rossa è un racconto di Edgar Allan Poe che narra di una terrificante pestilenza, la Morte Rossa appunto e delle vicende del principe Prospero, il quale insieme con amici e cortigiani, si rifugia in un palazzo per evitare il contagio. Trascorsi cinque mesi festosi e tranquilli il principe decide di indire un ballo in maschera in sette stanze allestite ciascuna di un colore diverso. Nell’ultima stanza, di tinta nera, compare però un invitato che veste un sudario macchiato di sangue e una maschera che raffigura il volto di un cadavere. La figura attraversa tutte e sette le stanze tra lo sconcerto dei presenti che si fanno da parte per evitare di toccarla. Quando ha finito la sua passeggiata, Prospero, ripresosi e oltraggiato da quello che crede un orribile scherzo, corre incontro al nuovo venuto con l’intenzione di ucciderlo ma prima di raggiungerlo cade a terra senza vita. Solo allora gli astanti riescono a togliere il costume al misterioso ospite, ma si accorgono che sotto di esso non c’è niente: è la Morte Rossa, riuscita a entrare nel palazzo. Gli occupanti cadono morti uno dopo l’altro e la Morte Rossa stabilisce il suo regno sull’edificio ormai buio e desolato.
Questa storia, ancor oggi inquietante, è messa nero su bianco nel libretto che adorna l’album, in quarantotto pagine a colori, con testo originale e tradotto, più alcune bellissime illustrazioni di Siro Garrone. Soprattutto, però, questa storia è narrata da Il Babau & i Maledetti Cretini attraverso le sei tracce che compongono l’album non a guisa di semplice reading letterario o, ancor peggio, banale e indigente audiolibro ma come se la musica che adorna e circonda la narrazione facesse da colonna sonora alla vicenda, tanto da sottolinearne i momenti più intensi e valorizzando i crescendo emotivi di cui si forgia il racconto stesso. Se dunque la traccia iniziale tutta strumentale, di cui abbiamo accennato all’inizio, ci introduce perfettamente nell’atmosfera pestilenziale di una contrada medievale, il motivo portante del brano diventa il sottofondo, quasi come una colonna dorsale, delle restanti tracce. Sostrato che miscela il Progressive al Folk, l’avanguardia alla psichedelia, arricchendo tutto con una serie di campionamenti e inserti sonori atti a ricreare l’atmosfera ideale. La grandezza del lavoro de Il Babau & i Maledetti Cretini, che oltretutto è solo il primo atto di una trilogia dedicata i Racconti del Mistero e del Terrore del genio britannico, sta non soltanto nella capacità di sviluppare la strada dello Spoken Word senza ridurre la musica a un ruolo marginale, non unicamente nel riuscire perfettamente a dare l’idea di momenti festosi o tragici secondo il minuto trattato ma soprattutto nell’attitudine a usare un’armonia guida come il tronco di un albero dal quale si dipanano le diverse ramificazioni soniche; riesce a tenere ferma l’attenzione su di sé, tanto che anche dopo diversi ascolti, il trasporto indotto proprio dalla musica, tenderà a distrarci da quello che è il significato letterale del racconto di Poe. La cosa fornisce ancor più valore all’opera perché non solo invoglia ad ascoltare più volte, ma fornisce anche diverse chiavi di lettura, difformi punti di vista dai quali ascoltare e fare proprio l’album.
La Maschera della Morte Rossa è dunque un’opera di pregevole fattura che forse poco ha da dire sotto l’aspetto prettamente stilistico e musicale, ma rappresenta anche un modo alternativo e particolarmente apprezzabile di proporre cultura, ancor più se se ne potesse godere dal vivo e se è vero che la musica è la più nobile delle arti, anche perché quella che mette più in moto il cervello nelle sue diverse parti, pensate cosa deve essere quando legata alle parole immortali di un maestro come Poe.