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Sophya Baccini

Written by Interviste

Un artista dalle mille sfumature, una musicista degna di nota e piena d’inventiva, Sophya Baccini è colei che personalmente reputo la Regina dell’ Underground tricolore. Completa su tutti i fronti, abbiamo l’onore di ospitare sulle pagine di Rockambula questa icona del Prog. Tra una chiacchiera e l’altra siamo riusciti a strappare qualche informazione che riguarda lei, i suoi Presence e l’ ultimo disco che ha sfornato da solista con gli Aradia intitolato Big Red Dragon.

Sophya, tanto per cominciare che ne diresti di presentarti a qualche nostro lettore meno informato?

Sophya Baccini, cantante, pianista, autrice dei testi, compositrice. Carriera più che ventennale, una passione che è diventata un lavoro. Ho cominciato con lo studio del pianoforte e del canto, poi ho fatto alcune tournèe come vocalist al seguito di cantanti italiani. Dopo qualche anno ho sentito l’esigenza di dedicarmi alla “mia” musica, ed ho fondato i Presence, gruppo di Metal sinfonico con forti influenze Dark con cui ho pubblicato dal 1990 al 2008 sei dischi in studio ed uno dal vivo, prodotti dalla Black Widow di Genova. La prima cantante, dicono, a creare una commistione tra il Metal, il Dark e l’Opera Lrica, le mie tre grandi passioni. Due dischi come solista all’attivo, Aradìa del 2009 e Big Red Dragon, che è appena uscito. Molti dischi dei Presence, e BRD, sono stati stampati anche in vinile. In occasione dell’uscita del IV dei Presence, Black Opera, sono stata votata, bontà loro, la quarta miglior voce Rock femminile al mondo. Ho fatto dischi con l’orchestra (The Sleeper Awakes dei Presence) ed ho collaborato con tanti gruppi e cantanti della scena Rock e Prog, quali Delirium, Osanna, Banco, New Trolls, ed ultimamente per BRD Christian Decamps, (dei francesi Ange) Sonja Kristina, (Curved Air, che vedeva alla batteria Stewart Copeland dei Police) Steve Sylvester, Roberto Tiranti, Aurelio Fierro jr., Lino ed Irvin Vairetti. Mi piace sperimentare, fare quello che non è mai stato fatto, ma senza finire nella trappola della musica astrusa o incomprensibile.

Sei inserita nel campo musicale in diversi settori con collaborazioni che spaziano da artisti Underground a quelli più noti che addirittura hanno partecipato al Festival di Sanremo. Attraverso la tua ventennale esperienza cosa pensi che manchi ai gruppi o agli artisti meno conosciuti per aver l’ occasione di avere più visibilità e più notorietà? E soprattutto noti una differenza “artistica” nelle canzoni o nei lavori di un artista Underground rispetto ad uno famoso?

E’ sparita la musica dalla televisione innanzi tutto, parlo della musica suonata dal vivo, non ovviamente dei canali tematici che trasmettono video e cose del genere. Sono spariti i generi alternativi dalle radio. Oggi un’emittente a diffusione nazionale o quasi, un network, ti chiede cifre impossibili per trasmettere le canzoni, cifre che soltanto una major può permettersi. Il risultato è che i pezzi che girano sono sempre gli stessi, e l’appiattimento che ne deriva, per chi ha voglia di buona musica, è quasi deprimente. Sono spariti i disc-jockey coraggiosi che pescano nel mondo alternativo e ti fanno ascoltare qualcosa di nuovo e di estraneo al mondo commerciale, ma magari commerciabile! Quando succede, sono sempre artisti stranieri, questo sia perché le major sono ormai quasi tutte straniere, sia per una certa sudditanza che abbiamo noi italiani verso tutto ciò che proviene dall’estero. Peccato, perché la differenza artistica è abissale. C’è tanta spazzatura nell’undeground, c’è anche un’offerta esagerata, ma ci sono anche tante cose bellissime, a volte autentiche perle che andrebbero valorizzate dando una bella spinta e una boccata di ossigeno ai nostri musicisti.

Big Red Dragon è il titolo del tuo nuovo disco che vanta della collaborazione di diversi esponenti della scena Heavy nostrana. Come mai la scelta di queste special guest?

BRD è un disco dedicato alla figura di William Blake, che come sai è stato un vero genio multiforme, pittore, poeta, filosofo, ideologo, inventore. Precursore del Romanticismo, vissuto alla fine del 1700, importantissimo per tutta la cultura Rock e non solo. Stranamente, a parte qualche omaggio isolato tipo copertine o canzoni, non esisteva finora un lavoro incentrato completamente su di lui. Io mi sono concentrata sui suoi lavori pittorici, ho scelto 11 quadri tra la sua immensa produzione e per ognuno ho scritto un pezzo. Quando ho deciso la tematica, ho pensato anche che un argomento così importante meritava degli interpreti altrettanto eccezionali, così sono andata da Massimo (della Black Widow) e gli ho fatto un elenco di “desideri”.. Lui ha accettato la proposta, ha rintracciato tutti e ci ha messi in contatto. Christian Decamps e Sonja Kristina mi sembravano perfetti, uno per la sua voce intensa e malinconica, l’altra per la sua fantastica carriera e il suo timbro unico e dolcissimo. Steve Sylvester era l’unico interprete possibile per un brano come “The Number”, ispirato al quadro della Bestia 666. Stesso discorso per Enrico Iglio, tastierista dei Presence. Loro due insieme lo hanno reso incredibilmente oscuro e potente. Lino ed Irvin Vairetti degli Osanna li conosco ormai da anni, sono innumerevoli le reciproche collaborazioni ed ospitate, ho pensato subito a loro per le parti di Dante e Virgilio ne “La Porta dell’Inferno”. Solo Roberto Tiranti, con la sua estensione illimitata, poteva reggere la tessitura di “Just”. Infine Aurelio Fierro jr., nipote del celebre omonimo nonno, con la sua voce potentissima era l’ideale per cantare la title track, “Big Red Dragon”. Devo dire che tutti hanno accettato con entusiasmo, e mi hanno regalato delle interpretazioni favolose, personali, in una parola uniche.

Insieme a te protagonisti in assoluto in questo nuovo disco sono gli Aradia. Perchè non li presenti al nostro pubblico?

Era sempre stato un mio pallino, un sogno, avere una band al femminile. Per pubblicizzare Aradìa, tra il 2009 e il 2011 avevo fatto alcuni concerti acustici dove c’ero io al pianoforte e voce, Chicco Accetta alla chitarra e Stella Manfredi al violino. Proprio la presenza di Stella, che ho conosciuto tramite Lino Vairetti, mi ha fatto ricordare questo mio desiderio. Tenendo fermo Chicco che per me è inamovibile, ho pensato di affiancare a Stella altre musiciste per questo disco. Ho messo un po’ in giro la voce, e sempre tramite Lino è arrivata Francesca Colaps, la batterista. Giovanissima come Stella – tra l’altro hanno legato subito ed insieme sono incontenibili – si è tuffata nel progetto con una passione ed un entusiasmo favolosi. Lei studia Jazz, quindi il mondo Prog e Dark le era totalmente sconosciuto. Questa cosa mi ha fatto piacere, perché io cercavo proprio un approccio non convenzionale. E’ stata meravigliosa, ha imparato in pochissimo tempo dei brani obiettivamente difficili nelle strutture, ed ha registrato la batteria in studio in pochissimo tempo. L’ho lasciata libera di esprimersi, ho fatto così con tutte loro, perché volevo un gruppo, non dei turnisti. Trovare la tastierista invece è stata un’impresa, quasi avevo rinunciato.. poi una mia allieva di canto mi ha presentato Marilena Striano, ed è stato amore a prima vista. E’ diplomata in pianoforte, quindi ha una base classica che nel Prog è indispensabile, ma ha anche una vastissima esperienza live con gruppi di Pop Rock italiani di fama, cosa che le ha dato uno stile ed un’apertura mentale davvero rari. Ascolta e suona di tutto, dai Pink Floyd ai ZZ Top a Battiato, al commerciale raffinato. E’ suo il pianoforte in Beatrice, che abbiamo registrato dal vivo in sala solo piano e voce. Io le ho dato la linea di canto, e lei ha arrangiato le armonie e le due parti strumentali. Buona la prima! Stella si sta diplomando in violino, e suona anche la viola. Questo suo talento mi ha permesso di arrangiare gli archi come se avessi un’orchestra, e pezzi come “William”, “La Porta dell’Inferno”, “While he’s Sleeping” non sarebbero gli stessi senza di lei. E poi c’è Chicco, che secondo me è il vero valore aggiunto di Big Red Dragon. Suono personalissimo, tocco magistrale, assoli sempre in equilibrio perfetto tra tecnica ed emozione. Particolarmente in “Just” e “Cerberus”, ha suonato in maniera divina! Un bluesman al servizio del Dark e del Metal. Infine, e questa è storia recentissima, da meno di un mese è arrivata Isa Dido, la bassista. Per BRD in studio mi sono occupata io delle linee di basso, che ho suonato con un synth. Ma dal vivo ci serviva un basso vero.. ed ecco Isa. Ce ne ho messo di tempo per trovarla, non mi accontento quando si tratta di musicisti.. lei è perfetta per noi! Brava, colta, carina, innamorata di Jaco Pastorius.

Prima il lavoro con gli Aradia e poi la scelta dell’ ospite d’ eccezione, ma fondamentalmente come sono nati i pezzi, come vi siete mossi?

Ho una piccola attrezzatura qui a casa, che mi consente di registrare e di arrangiare in MIDI i miei brani. Quando ho finito il disco, prima di entrare in studio mi sono resa conto che non volevo fare un altro disco da solista dopo Aradìa, volevo un progetto corale più ampio, un gruppo. Ho cercato gli elementi e quando li ho trovati ho dato ad ognuno di loro le demo senza le loro parti registrate. In questo modo hanno potuto studiare i brani senza farsi influenzare dal mio lavoro, e poi siamo andati in sala a registrare.

Invece dei Presence cosa ci dici, li risentiremo? C’è qualcosa con loro in cantiere?

Stiamo preparando il nuovo disco, sto mettendo le voci sui nuovi pezzi.

Sei napoletana come me, penso perciò che la scena (assente) Hard’n’Heavy partenopea la conosca fin bene anche tu. A parer tuo, cosa credi si debba o si possa fare per farla rivivere o quanto meno crescere l’ affluenza?

La parolina magica è sempre quella: visibilità. Oggi abbiamo il web che ci dà una grossa mano, lo vedo con BRD. Quando è uscito il primo dei Presence, nel 1990, ho speso un patrimonio solo per mandare in giro il disco e farlo conoscere ai critici, alle radio, alle fanzine. Era un’edizione limitata, e se n’è andata quasi tutta in promozionali. Siamo stati fortunati perché siamo entrati in contatto con la Black Widow, altrimenti non saremmo qui a fare oggi quest’intervista, ma per anni l’alternativa che avevo era: spedisco i pacchi o vado in vacanza? La risposta la conosci, ma è stata veramente dura. Anche la sala d’incisione costava tantissimo, mentre oggi ho una piccola attrezzatura qui a casa che mi consente di fare i provini e di abbattere notevolmente i costi. Invece ora, appena è uscito BRD, è bastato mettere l’annuncio sulle mie pagine e qualche pezzo sul canale youtube per vendere subito, e tanto! Una cosa impensabile anche solo 10 anni fa.. Ma in Italia internet non è ancora diffusa a livello capillare. Accanto al web ci vorrebbero le TV libere, le radio. Io accendo la TV e vedo un gruppo sconosciuto che non suona solo musica napoletana, e che mi piace. Magari ho la possibilità di fargli qualche domanda in trasmissione, come fanno quelli della musica napoletana classica, o addirittura i neomelodici, che hanno praticamente monopolizzato lo spazio. So che suonerà in quel locale il tale giorno, me lo vado a vedere. Non ho dovuto fare una ricerca dedicata e laboriosa sul web, cosa che fanno solo quelli che il genere lo conoscono già. Insomma, per non essere più un genere di nicchia, dovremmo finalmente uscire, da questa nicchia.

Del tour cosa puoi dirci, dove suonerai nei prossimi giorni, che date hai fissato?

Ora che il gruppo è al completo, mi sto muovendo per suonare sia in Italia che all’estero. Saremo a Genova sul palco verde del FIM il prossimo 16 maggio, e poi qui a Napoli il 23. Sto chiudendo altre date a Roma e Milano in estate e in autunno.

Sei un artista che stimo tantissimo: coerente, passionale, fedele e piena d’ inventiva, l’ unica vera Regina dell’ Underground. Mi sono sempre chiesto cosa ti ha spinto a restare diciamo cosi di più nell’ ombra dato che di grandi occasioni ne hai avute?

Questa è una bella domanda.. Sì è vero ho avuto e continuo ad avere grandi occasioni, ma mai così grandi da farmi rinunciare a tutto quello che in questi anni ho costruito, con pazienza, con tenacia, con un pizzico di testardaggine. Non sono stupida o inutilmente idealista, non combatto contro i mulini a vento. Se sono qui è perché di buoni risultati, con la mia musica, ne ho avuti. Sicuramente migliori di quelli che avrei ottenuto “vendendomi”, in senso buono ovviamente, alla musica leggera. Questo perché mi ha sempre interessato molto di più la musica che l’apparire. Ho conosciuto tanti colleghi e colleghe che facevano carte false, e avrebbero suonato qualsiasi cosa pur di stare sotto i riflettori. Poi venivano puntualmente scaricati, perché considerati artisti non completi. Adesso fanno altre cose e suonano magari per hobby, mentre io sono ancora qui e pubblico il mio ennesimo album. Non sono prima in classifica? Magari è solo questione di tempo.. No scherzo.. Sai che comunque io lavoro anche in ambiti più commerciali, come arrangiatrice, come corista e vocalist.. beh posso dirti che ultimamente, a causa della crisi che nel settore dello spettacolo è fortissima, sto guadagnando di più con Big Red Dragon, specie da quando è uscito il vinile, che con il resto. Un segno dei tempi? Speriamo!

Bene Sophya l’ intervista si chiude qui, concludi come meglio ti pare…

Saluto tutti i lettori di Rockambula, che ringrazio, e ringrazio te per la visibilità. A chi segue questa musica vorrei dire di dare una piccola chance mentale anche a chi non è diventato famoso negli anni ’70. Le sorprese potrebbero essere fantastiche.. Ciao!

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Mom Blaster – We Can do it!

Written by Recensioni

Sembrava di trovarsi di fronte all’ennesima copia dei Cramps dalle prime note del disco ed invece, appena trenta secondi e le note portano verso Bob Marley e Peter Tosh, anche se con una sensuale voce femminile,  per poi tramutarsi negli emuli degli Skunk Anansie e viene da pensare che sia incredibile. L’ascoltatore viene quindi spiazzato tre volte nel giro di due minuti (troppa carne al fuoco forse) e lo è ancora di più quando inizia la seconda canzone “From The Beginning” che inizia con riff simili agli Heroes Del Silencio per poi tornare al Reggae.

“Saturdaycomes” ci prova a rimettere le cose in chiaro fallendo miseramente a causa di un’armonica che è l’esatto contrario di come sta il cacio sui maccheroni. Se l’idea è quindi quella di creare una sorta di Crossover all’italiana c’è qualcosa che non va in quanto i generi e le idee proposti sono davvero troppi (a momenti manca solo un assolo Jazz e un orchestra classica). Forse tre anni sono pochi per comporre un disco così complesso (il gruppo si è formato nel 2010 a Lanciano, in provincia di Chieti) che propone un mix tra Reggae, Rock e Pop, utilizzando nuove sonorità in una miscela esplosiva che spazia dal Punk anni ’70, passando dal Pop anni ’80, arrivando fino ad un Rock più contemporaneo. In “Everyone is an African” si perde pure la minima atmosfera creata in precedenza dalla voce femminile essendo cantata per lo più da uomini e si smarrisce anche la via che portava per lo più in Giamaica (il messaggio si rafforza poi ulteriormente con “A four letter words” e “I’m just a ghost”).

Chiudono il tutto “Vicious boy” e “Really gone” e per fortuna tutto è veramente andato verso la fine. Chiariamoci: presi singolarmente sono tutti degli ottimi musicisti, ma vi immaginate cosa uscirebbe formando un gruppo con Malika Ayane, Stewart Copeland, Flea e Steve Vai? (sono i primi nomi di ottimi musicisti che mi sono venuti in mente). Probabilmente ne uscirebbe fuori solo un calderone sonoro, ma forse basta cambiare la formula per migliorare il tutto. A volte è meglio confrontarsi solo con un genere (in questo caso il reggae) senza varcarne i confini.

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