strumentale Tag Archive
Luca Olivieri – La Saggezza delle Nuvole
Un unico corpo che si muove sinuosamente fra atmosfere eteree. Racconti lontani che accarezzano l’immaginazione. Colori sonori densi e delicati. Un violoncello, un glockenspiel, un flauto e chissà quante altre estensioni della fantasia umana creano un’eco lontana; lo sfondo delicato di un film ancora da scrivere. Luca Olivieri con La Saggezza delle Nuvole ci tiene per mano lasciandosi ascoltare delicatamente, senza compromessi. I frutti del lavoro di due anni ci consegnano un complesso artistico costruito con grande capacità e competenza; si gioca sulle melodie, sui piani sonori, sugli accostamenti fra acustico ed elettronico, in maniera decisa, mai banale ne tantomeno furba. Numerosissime e prestigiosissime le collaborazioni (Andrea Chimenti, Caroline Lavelle, fra gli altri); l’intero lavoro tende continuamente a creare esplosioni controllate, mai per questo artificiose. Si alternano titoli in italiano a titoli in inglese, a testimonianza della consapevolezza di poter raggiungere un pubblico eterogeneo.
Il lavoro è una serie in nove episodi, da seguire con passione e concentrazione. Non è sicuramente il cd che si ascolta un paio di volte, sulle ali dell’entusiasmo, e poi si tende frettolosamente a dimenticare. Se da lato il limite può essere quello di non essere propriamente immediato (bisogna, aimè, fare i conti con l’utente medio), dall’altro è bene chiarire che questo è in tutto e per tutto un lavoro che va ascoltato attraverso il filtro cosciente delle emozioni; è bellissimo scoprirsi protagonisti solitari, in viaggio verso noi stessi.
TreesTakeLife – Sounds From Today
TreesTakeLile è un progetto musicale nato nel 2009, un trio di ragazzi romani con un approccio musicale trasversale, focalizzato sui suoni e sul loro utilizzo. I progetti che li vedono coinvolti, sono tanti e per lo più prevedono l’uso della musica come sostegno e supporto alle immagini, ma non mancano le vere e proprie produzioni strettamente discografiche, e infatti dopo un EP e un primo album esce, a tre anni di distanza dal precedente, Sounds From Today. Sei tracce autoprodotte, che racchiudono in sé la sostanza dei TreesTakeLife, musica, emozioni e immaginazione. I suoni sono moderni, elettronici, universali e contemporaneamente portatori di piccole cose, facile lasciarsi trasportare dal flusso di connessioni e immagini. “Alym” e “Neptunes”, sono le tracce più ricche di Elettronica e di beat, hanno una natura duplice che si destreggia tra morbidezza e algidismo, la prima più aliena e distante, un ricco e brulicante mondo sotterraneo in fermento; la seconda gioiosa, ritmata, acquatica, gentile con chi vi s’immerge. “Space”, pulsante e ripetitiva è la cosa che più si avvicina a un brano strumentale Post Rock, ma in versione più asciutta e minimalista. “Come Back” è calda e avvolgente, soprattutto grazie alla chitarra acustica e ai cori, è la traccia più terrena di tutte, il suono di un’ancestrale festa contadina. Chiude l’EP “Outro” la più breve e primordiale, che attraverso riverberi profondi e basso sembra lasciarci con un mantra viscerale. Sound From Today è album intenso con una portata ampia e un grande potenziale interpretativo da parte di chi ascolta. I TreesTakeLife dimostrano con questo nuovo tassello di essere un progetto olistico nell’accezione più pura, quella da “Treccani”, che li rende una realtà che nel suo complesso presenta delle caratteristiche proprie che vanno aldilà della somma delle sue parti. Un ascolto per chi ama lasciarsi trasportare dalla musica e immaginare quale forma potrebbe assumere, come quando da bambini si giocava con le nuvole.
TreesTakeLife _ Come Back from Renato Muro on Vimeo.
Takaakira “Taka” Goto – Classical Punk and Echoes Under The Beauty
Takaakira “Taka” Goto è conosciuto per essere il chitarrista dei MONO, band strumentale giapponese che miscela Shoegaze e musica classica, minimalismo e Rock sperimentale. Questo Classical Punk And Echoes Under The Beauty è il suo primo album solista, scritto e registrato nel 2003 ma mai completato, e ora pubblicato così com’era, grezzo e poco rifinito. Sette tracce di archi e pianoforti che creano soundscapes da colonna sonora, con andamenti larghi e che qua e là fanno spazio a batterie semplici e ruvide, dai suoni sporchi e approssimativi, in un connubio che si può definire al massimo “curioso”. Le chitarre sono rare: qualcosa in “Isolation”, poi soprattutto rumori, distorsioni, ma senza esagerare, solo sullo sfondo. Un disco abbastanza innocuo: le singole tracce si lasciano ascoltare come un piacevole sottofondo, ma non hanno un’identità abbastanza forte per appassionare o convincere al riascolto. Sorprendentemente poco interessante.
D.In.Ge.Cc.O. – Y.S.I.L.F.U.
L’esordio di Gianluca D’Ingecco, in arte D.In.Ge.Cc.O., titola Y.S.I.L.F.U. (sta per “your spirit is looking for u”) ed è una raccolta di brani elettronici strumentali dalla durata media di sei/sette minuti. In otto tracce di atmosfera vintage, tra sintetizzatori pastosi, beat retrofuturistici, arpeggiatori frizzanti, D.In.Ge.Cc.O. ci dona il biglietto per un viaggio in un mondo tutto suo, di un’Elettronica giocattolo di riff scomposti e soundscapes ruvidi. Lo sguardo di D.In.Ge.Cc.O., che in questo disco riflette sue più ampie filosofie (“D’Ingecco si propone di far luce su tutte le sensazioni che nascono da tutte le esperienze umane, sia quelle terrene, ovvero quelle legate ad un mondo crudo, minimale e molto violento ma reale, sia quelle riferibili ad un mondo immaginario surreale, a volte rappresentante esperienze al di là del tempo e dello spazio”), pare comunque volto al passato, per quanto riguarda sonorità e scelte stilistiche, con alterne fortune: in alcuni episodi sembra fuori dal tempo, piacevolmente, in un tentativo di catturare l’ascoltatore nella trappola di armonie rotonde e suoni slabbrati, spigolosi, con una punta di fastidio che è come grattarsi un prurito, un soddisfacente disagio; in altri, pare un rigurgito di tempi che furono e non sono più, sommersi da ormai brevissime e rapidissime ere elettroniche che hanno portato con loro altri gusti, suoni, paesaggi. Ma ricordiamoci che nulla si crea e nulla si distrugge, e che la ciclicità è la vera legge delle cose che non esistono, come l’anima e la musica.
Quindi largo a D.In.Ge.Cc.O. e al suo affascinante enigma: in bilico tra passato e futuro, il disco scorre, si lascia ascoltare, un piacevole panorama che sfreccia fuori fuoco oltre il finestrino di un treno veloce il giusto. Y.S.I.L.F.U. non apre nessuna porta prima chiusa, ma ci mostra un vecchio corridoio in cui non mettevamo più piede da un po’, ed è un corridoio che hanno riarredato da poco. Farci due passi potrebbe anche non essere un male.
Sursumcorda – Musica d’Acqua
Francesco è un ragazzo autistico e Bjorn è il suo educatore. Al centro del cortometraggio “Francesco e Bjorn” di Fausto Caviglia c’è il computer, utile ausilio per comunicare con il mondo esterno, e la musica che diventa veicolo attraverso il quale le emozioni, la paura e la forza vengono espresse. La stessa musica dell’ensemble Sursumcorda, gruppo strumentale formatosi nel 2000 da un’idea di Giampiero Sanzari detto “Nero” e Piero Bruni detto “Cirano”, due chitarristi classici che successivamente invitano nel progetto il batterista Fabio Carimati, il percussionista Emanuele “Manolo” Cedrone, il contrabbassista Alessandro Porro e il violinista Simone Rossetti Bazzaro.
Musica d’Acqua è dunque l’ultimo lavoro discografico dei Sursumcorda che contiene come già detto le musiche del cortometraggio di Fausto Caviglia ma anche del corto intitolato Amir di Jerry D’Avino e brani composti nel 2012. Una musica raffinata, ben eseguita, e sorprendentemente piacevole a far da sottofondo alle ore quotidiane. Undici brani d’autore la cui melodia viene affidata ora alle chitarre ora al violino, per esprimere in maniera molto profonda il lato più autentico delle colonne sonore utilizzate in cortometraggi e documentari che raccontano storie personali, avvenimenti storici e di attualità.
L’essere un ensemble oggi è parecchio difficile, ma i Sursumcorda, nome che deriva dal detto “su con la vita” e a sua volta dal latino Sursum corda “in alto i cuori”, a mio parere hanno intrapreso questo lavoro nel verso giusto centralizzando, come si legge nella loro biografia,l’essenza nel loro essere cangiante: da artisti di strada, a musicisti di teatro, a compositori di musiche d’autore per il cinema, a musicanti di piazze e centri commerciali.Insomma una musica affascinante che ci auguriamo possa arrivare dappertutto.
ForasdominE – Electric Ofelia
Electric Ofelia non è sicuramente un disco “facile” da ascoltare, ma non privo di spunti interessanti. Innanzitutto è ben suonato e, quando il progetto è strumentale, è un requisito fondamentale. L’architettura rock fornita da un uso equilibrato della chitarra si sposa bene con uno sfondo che pare più classico e tenebroso che ci accompagna in ogni traccia; non a caso il disco è influenzato da un universo musicale molto vario, che va dalla musica classica al metal.
Inoltre la mancanza del testo è ben sostituita dal concetto di musica come evocazione: sul sito web di ForasdominE possiamo trovare un immagine associata ad ogni canzone; intento dell’autore è lasciar che la musica ci trasporti, e queste immagini sono le sue trasposizioni visive di ciò che per lui le sue stesse canzoni rappresentano. Quando dico che non è un disco “facile” da ascoltare alludo proprio a questo, e credo che vada preso nella sua totalità per essere gustato al meglio. The last but not the least, la scelta dei titoli. Penso sia necessario in un disco strumentale trovare la giusta armonia tra musica e titolo, se questo concetto di musica evocatrice vuole essere portato a termine. Electric Ofelia (Ofelia dell’Amleto di Shakespeare), Lilith Fatmah (Lilith è un demone femminile mesopotamico associato alla tempesta), rendono bene l’idea di come il dramma e l’oscurità traccino una linea guida a tutto l’album e alle sue sonorità.
Curiosità: ascoltate Classic Variation and Themes di Timo Tolkki cantante degli Stratovarius, album pubblicato nel 1994. Electric Ofelia me lo ricorda molto nelle sonorità cupe e per questi richiami al classico reinterpretato. Un plauso a ForasdominE perché creare da zero e da solo, essendo polistrumentista, un disco di questo genere non è affatto impresa da tutti.