Sula Ventrebianco Tag Archive

La Band Della Settimana: Sula Ventrebianco

Written by Novità

“I Sula Ventrebianco nascono nel 2007, dall’unione di due band che militavano nell’hinterland napoletano, Moist e Kimera. E ciò che ne è venuto fuori è una nonna, tutta rughe e gobba, abiti sudici e fiatone, che ti insegue, con in mano strani oggetti, per cancellarti quel ghigno che hai sulla faccia. Redenta, ritorna a riempire i tuoi pomeriggi di favole e torte di mele.
Il nostro è un istinto primordiale, che desidera venire fuori, senza grattarci troppo. Ci limitiamo solo ad avvisarvi ed accarezzarvi, poi a voi le armi ed a voi le scuse.
La musica è arte? L’arte è pittura? Poesia, scultura? Architettura?
E la sofferenza, o la pace? O la violenza? O l’amore, o la felicità? E il sesso? Ed il farsi male per non farlo agli altri?
L’essere è già arte. Tu mi insegni che l’arte è tutto ciò che è forte, soprattutto quando non fa rumore?”

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Sula Ventrebianco – Via la faccia

Written by Recensioni

Ufficializzano la loro forma sonora nel nuovo disco “Via la faccia” i napoletani Sula Ventrebianco ed è subito da dire che il disco necessita di diversi ascolti prima di mostrarsi nella sua intera bellezza forsennata, quando quel vortice di corrente elettrica e parole deborda in tutta l’urgenza che abbisogna. La band dimensiona una sensibilità digrignante e complessamente dolceamara, una estasiante forma epilettica di suoni e riff che tra fremiti, spigoli e istinti tira fuori il meglio di sé, spurga il necessario equilibrio per stare alla larga dalle radicali omologazioni e per entrare nell’immaginario collettivo, e quello che poi rimane di questa magia distorta  è interamente in balia di una discontinua tensione viscerale che abbellisce lo spirito.

Impostato per sempre in presa diretta, il disco mette tanta sensualità di maturazione all’aria, tracce capace di trascinare gli ascolti in un limbo inafferrabile, un fumoso ed elettrico istinto Brechtiano che sguazza lungo la dorsale della tracklist, un senso morfologico di atmosfere e sperimentazioni perfette per staccare con le dinamiche sterili di certo rock stagionato e finalmente abbracciare le digressioni dell’arte amplificata; undici proiettili che non smorzano un secondo la loro potenza indirizzata, tastiere, archi e sintethismi programmati fanno da contro altare a istintività hard rock, ma sussistono anche “terre franche” di melodia che nella ZampaglionescaRun up” o nelle ondulazioni mediterranee di “Erosa” e “Via la faccia” (quest’ultima con un sussulto corale di violini fantastico) trovano esistenzialità da riguardare, ma sono, appunto, sporadiche terre franche in cui il moto elettrico dei Sula riprende fiato e cuore, poi la tensione riprende vita.

La cupezza di base – mutuata dalle drammaturgie rock d’appannaggio  Capovilla e Soci (Il Teatro degli Orrori), regge la struttura portante del registrato, intensa nelle fantasticazioni emaciate “Scheletro”, sbavante lungo la Seattle rovente “La peste”, nell’hard-rock “Oca mia” o scorrazzante negli anni Settanta italici dell’istinto aleatorio “Largo al re”, “Ragazza muta”, ed è una struttura sonica fisicamente provata,  che fa di questo disco un’espressione peculiare della ricerca e degli ingranaggi del suonare “a sangue caldo”, senza intercessioni o scorciatoie verso la monotonia imperante.

Da respirare avidamente in ogni sua nota, il disco dei Sula Ventrebianco è senza compromessi, splendidamente essenziale e carico nel contempo al pari di una diavoleria da inchino “Denti”. Immaginifico.

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