Io concetto di “nuovo” in musica è relativo in sé (dipende per forza di cose dai nostri ascolti pregressi, dall’ordine cronologico con cui ci siamo avvicinati a un genere o a una band, dalle nostre conoscenze armoniche, melodiche e ritmiche che ci permettono di riconoscere come più maturo qualcosa rispetto a qualcos’altro e così via) e relativo sul piano estetico, perchè non è necessario che un brano sia originale, mai sentito, per riuscire ad emozionare e trasmettere un messaggio. E fin qui siamo tutti d’accordo. Fermo restando che la qualità tecnica dev’essere buona e asservita alla comunicazione di emozioni, sentimenti, idee, perchè il “nuovo” in musica è anche maledettamente difficile da creare e la concorrenza, specie nel panorama musicale emergente e indipendente è numerosa e spietata.
Ecco: i Thank You For Smoking, cagliaritani, attivi dal 2009 con tanta esperienza live, non hanno niente di nuovo. Niente. Dopo la tempesta, album interamente autoprodotto e in distribuzione da maggio, si apre con quasi due minuti di Preludio, gradevole, arioso, altamente melodico, dal sapore anche un po’ etnico. Ci si aspetta decisamente qualcosa di molto diverso da Al risveglio com’è reale l’iride, che è invece una velocissima traccia dal carattere quasi metal, atmosfera che a dire il vero pervade praticamente tutte le nove canzoni dell’album, con la voce di Aurora Atzeni decisamente impostata su quel genere (stile Cristina Scabbia dei Lacuna Coil, per intenderci), polmoni pieni, diaframma ben teso e tanta energia, che viene spesa però per melodie monocordi che si lasciano andare solo in qualche vocalizzo che comunque viene reiterato troppo e finisce per appesantire il tutto. E nelle tracce successive non c’è nessun ritorno a quelle atmosfere pulite e fresche della prima traccia: c’è qualche virata più new wave come nella quasi title-track Dopo la quiete, il nulla, o post rock, come in Delitto e Il ponte di Einsten-Rosen (la più riuscita, a mio avviso, perchè rivela un tentativo di fuga dai binari dello stile consolidato della band, la migliore se si fa finta di non notare che stacchi, timbri delle chitarre e impiego delle tastiere ricalcano esattamente le tracce precedenti). Particolare per la scelta timbrica ma purtroppo sempre poco comunicativo sul piano emozionale è Corrotto mistico complice, da segnalare solo per l’intervento di un mandolino, il cui utilizzo però dà il via uno sfogo strumentale rotondo e caldo, il momento più intenso, o meglio l’unico, di tutto il disco. Duhkha e Fantasmi passano lasciando qualche sentore post-grunge, così come Dedica in lacrime che richiama particolarmente i primi Verdena.
Gli arrangiamenti dei Thank you for smoking sono pieni, tanto da risultare quasi manieristici, indubbiamente curati, ma mancano di verve.
Onore al merito, invece, per le liriche: i testi sono tutti in italiano, con una scelta lessicale che fa trasparire grande attenzione nella stesura e la volontà di fare e dire qualcosa di impegnato. Peccato, però, che si perdano in una versificazione pesante che distende le frasi eccessivamente e ne fa perdere l’intelligibilità e l’immediatezza.
C’è del talento, è indubbio, ma questi tre ragazzi a mio avviso dovrebbero trovare qualcosa da dire più che concentrarsi su come dirla.