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Musica italiana per anime inquiete

Written by Recensioni

Dal country folk all’art rock passando per una compilation per le vittime del COVID-19.
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Chi suona stasera – Mini guida alla musica live | Febbraio 2017

Written by Eventi

“Chi suona stasera?”. Sarà capitato ad ogni appassionato di musica live di rivolgere ad un amico o ricevere dallo stesso questa domanda. Eh già, chi suona stasera? Cosa c’è in giro? Se avete le idee poco chiare sugli eventi da non perdere non vi preoccupate, potete dare un’occhiata alla nostra mini guida. Sappiamo bene che non è una guida esaustiva, e che tanti concerti mancano all’appello. Ma quelli che vi abbiamo segnalato, secondo noi, potrebbero davvero farvi tornare a casa con quella sensazione di appagamento, soddisfazione e armonia col cosmo che si ha dopo un bel live. Ovviamente ci troverete dei nomi consolidati del panorama musicale italiano ed internazionale, ma anche tanti nomi di artisti emergenti che vale la pena seguire e supportare. Avete ancora qualche dubbio? Provate. Non dovete fare altro che esserci. Per tutto il resto, come sempre, ci penserà la musica.

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PAOLO SPACCAMONTI & RAMON MORO
01/02@ Circolo Dong, Recanati (MC)
02/02@ Godot Art Bistrot, Avellino
03/02@ Fuorimano, Monopoli (BA)
04/02@ Allimprovviso, Viterbo
05/02@ ‘Ca Ramarra (house concert), Fano (PU)
Spaccamonti (eclettico chitarrista che oltre ad ottimi lavori solisti vanta numerose collaborazioni, sonorizzazioni, e chi più ne ha più ne metta) e Moro (ottimo trombettista e musicista dall’ampia visione il cui progetto principale sono i 3quietmen) saranno in tour durante la prima parte di questo mese ed il nostro consiglio è di non perderveli. I due presenteranno la colonna sonora de I Cormorani (primo lungometraggio firmato da Fabio Bobbio), 10 intensi brani che frugano nell’aria ed alzano le vele per poi andare a dissolversi tra i rami degli alberi e il cielo.
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THE INCREDULOUS EYES
03/02@ TIBO Caffetteria Libreria, Penne (PE)
11/02@ Garbage Live Club, Pratola Peligna (AQ)
Band formata da Giustino Di Gregorio (chitarra), Andrea Stazi (basso) e dai fratelli Claudio e Danilo Di Nicola (il primo alla batteria, il secondo alla voce ed alla chitarra), già insieme nella Noise band Bebe Rebozo. La band propone un poliedrico Alt. Rock creando soluzioni capaci di tratteggiare le varie esperienze dei 4 che hanno pubblicato lo scorso anno il loro secondo album, centrato sul colore della passione e del sangue, Red Shot, che suonato dal vivo aumenterà sicuramente la sua carica.
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TIGER! SHIT! TIGER! TIGER!
03/02@ Rock’n’Roll, Milano, per Linoleum
10/02@ Music Melody Bar, Napoli
11/02@ TBA, Angri (SA)
17/02@ La Birretta, Ascoli Piceno
18/02@ I’m Laboratorio Culturale, Albano Terme (PD)
É uscito lo scorso 16 Gennaio (distribuito da To Lose La Track, Audioglobe e MiaCameretta Records) Corners, terzo lavoro della band di Foligno come sempre ispirato al mondo Indie statunitense. Questi ragazzi hanno partecipato più volte, e sin dai loro esordi, al South By Southwest (SXSW) di Austin ed il regista Lee Madsen ha inserito un loro brano nella colonna sonora di Hated. Andate a gustarveli live e capirete che spesso le cose non succedono per caso.
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E
05/02@ Ai Biliardi, Venezia
06/02@ Sala Estense, Ferrara
07/02@ Locanda Atlantide, Roma
08/02@ Loop Live Club, Osimo (AN)
09/02@ Raindogs House, Savona
Dietro la quinta lettera dell’alfabeto si cela una formazione mica da ridere: Thalia Zedek (Come, Uzi) e Jason Sanford (Neptune) alle voci ed alle chitarre e Gavin McCarthy (Karate) alla batteria. La band, che propone un Alt Rock di grandissimo livello, ha pubblicato lo scorso Novembre per Thrill Jockey l’omonimo debutto dopo un 7” pubblicato nel 2014 ed una collezione live uscita esclusivamente in cassetta il giorno prima del full length. Consigliatissimi.
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THE POP GROUP
07/02@ Spazio 211, Torino
08/02@ Bronson, Ravenna
09/02@ Circolo Magnolia, Segrate (MI)
Tre date italiane questo mese per la storica band guidata da Mark Stewart che presenterà Honeymoon on Mars, disco pubblicato lo scorso 28 Ottobre che vede la partecipazione in cabina di regia di Dennis Bovell che aveva lavorato allo storico debutto Y. Il loro Punk-Funk d’accusa che attinge da più generi (Dub e Free Jazz in primis) e non disdegna l’arma dell’ironia li ha resi una delle più influenti formazioni degli anni 80. Non mancate a questo appuntamento con la storia e con una band ancora oggi in buonissima condizione.
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ELEANOR FRIEDBERGER
09/02@ Tetaro Regio, Parma
Data unica italiana per godere del dolcissimo Indie Folk-Pop della metà femminile dei Fiery Furnaces e della sua bella voce. Eleanor presenterà New View, suo terzo lavoro solista, uscito nel Gennaio 2016 per Frenchkiss Records. L’album si porta dentro il respiro di New York, città nella quale la Friedberger si è da poco trasferita, ed è immerso nel sound anni 70 degli artisti che più hanno segnato la sua formazione.
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THE DIVINE COMEDY
10/02@ Teatro Grande, Brescia
Che meraviglia il Pop quando non viene bistrattato, quando nella sua accessibilità riesce a far sorridere, a far emozionare. Che meraviglia il Pop quando con acutezza riesce magari a farsi esuberante, orchestrale, maestoso, e nel farlo non perde nulla in spontaneità. Che meraviglia il Pop quando è affidato alle mani di un genio come Neil Hannon!. Unica data italiana per ascoltare l’ultimo Foreverland e parte delle altre perle regalateci dall’artista irlandese nella sua ormai quasi trentennale carriera. Siateci.
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IL TERZO ISTANTE
10/02@ Blah Blah, Torino
17/02@ Riff Club, Prato
18/02@ Garbage Live Club, Pratola Peligna (AQ)
É uscito lo scorso Aprile, dopo 3 Ep, La Fine Giustifica i Mezzi, esordio lungo della formazione torinese che ruota intorno al significato ed all’idea dell’ingombrante parola fine assegnandole un significato positivo. La band è formata da Lorenzo De Masi (voce e tastiere), Fabio Casalegno (chitarra) e Carlo Bellavia (batteria), sul palco al trio si aggiunge spesso Luca Sbaragli (basso). Attivi dal 2012 i ragazzi, che propongono un Rock-Blues che non disdegna spinte più Punk come momenti più melodici, hanno condiviso il palco con artisti come Max Gazzè, Dardust e Il Pan del Diavolo. Provateli!
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VERDIANA RAW
10/02@ Officina Giovani, Prato
17/02@ Bookique, Trento
18/02@ Magazzino sul Po, Torino
24/02@ Groove, Lugo di Vicenza (VI)
Verdiana Maria Dolce, dopo il buon Metaxý, ha pubblicato lo scorso anno Whales Know the Route, altro gran bel lavoro dalla grande intensità basato sul concetto dell’istinto, confermandosi come una delle più belle realtà della nostra musica. L’album, deliziosamente sfaccettato, alla meravigliosa ed espressiva voce di Verdiana affianca arrangiamenti sempre perfetti, ora impreziositi dagli archi di Erika Giansanti. Concerto da non perdere. A Torino anche Kill Your Boyfrined e Nanai.
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STIAN WESTERHUS
11/02@ Teatrino di Palazzo Grassi, Venezia, per Nordic Frames
Il chitarrista di Steinkjer (Norvegia), autore, lo scorso anno, dell’ennesima perla Amputation, album dove anche la significativa voce del Nostro giocava un ruolo fondamentale, sarà questo mese in Italia per una data unica nella quale proporrà il suo lavoro più conosciuto: The Matriarch and the Wrong Kind of Flowers, disco firmato Rune Grammofon. Westerhus è uno dei nomi attualmente più prestigiosi in campo sperimentale e siamo sicuri questo live sarà un’esperienza meravigliosa. Irrinunciabile.
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HEXA (LAWRENCE ENGLISH & JAMIE STEWART)
14/02@ Cinema Teatro della Compagnia, Firenze
Data unica italiana per questo particolare spettacolo che vedrà sul palco Lawrence English, uno dei nomi di punta in ambito Ambient/Drone, e Jamie Stewart, leader degli Xiu Xiu dei quali è ormai imminente l’uscita del nuovo album Forget. I Nostri creeranno una colonna sonora che avrà come fonte delle fotografie in b/n di fabbriche abbandonate ed ambienti urbani spettrali scattate dal Signor David Lynch, presente per la seconda volta in brevissimo tempo nel cammino di Stewart. Factory Photographs è anche un disco pubblicato, ovviamente dalla Room40, lo scorso 4 Novembre. Suggestivo appuntamento da non perdere.
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CLARA DE ASÍS
14/02@ Spazio O’, Milano
16/02@ Galleria Frittelli Arte Contemporanea, Firenze, per TRK. Sound Club
17/02@ Superbudda, Torino
Compositrice di musica Elettroacustica che dal vivo lavora principalmente sull’improvvisazione della chitarrista elettrica preparata, usata come fonte primaria del suono, creando paesaggi sonori meditativi nella loro evoluzione ricca di echi e sfumature. La giovane spagnola trapiantata in Francia ha partecipato a numerosi festival di musica sperimentale (FamFest e Intr: Walls Lab tra i tanti) e divide spesso il palco con la scrittrice Laura Vazquez creando vere e proprie poesie sonore. Indubbiamente non per tutti, ma chi ama il genere non se la lasci sfuggire.
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SARATHY KORWAR
14/02@ Raindogs House, Savona
15/02@ Mr. Rolly’s, Vitulazio (CE)
16/02@ Monk Club, Roma
17/02@ TNT, Jesi (AN)
18/02@ Clan Destino, Faenza (RA)
Compositore e percussionista cresciuto in India, ma nato negli States ed attualmente residente a Londra, che ha pubblicato lo scorso anno il suo debutto Day to Day per Ninja Tune in collaborazione con The Steve Reid Foundation, ente di Gilles Peterson che aiuta musicisti in crisi e sostiene talenti emergenti. Ben 5 le date per poter godere dell’accattivante proposta capace di miscelare sacralità, ritmi africani e Jazz senza far mancare neanche intarsi elettronici di buon livello.
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VALERIO TRICOLI
17/02@ Sala Vanni, Firenze, per Hand Signed
18/02@ Standards, Milano, per FASMA Festival-Preview
Compositore elettroacustico ed ingegnere del suono, nonché fondatore del gruppo 3/4HadBeenEliminated, Tricoli lavora su nastri e strumenti elettronici analogici costruendo trame che sono colonne sonore interiori inquietanti e dal fascino micidiale, che dopo gli ottimi Miseri Lares e Vixit hanno trovato ulteriore conferma in Clonic Earth. Entrambe le date saranno aperte dall’incontro tra la musica da club di Heith (Daniele Guerrini) e la musica concreta di Giulio Nocera. Imperdibile.
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EL TRIO LOS BASTARDOS
18/02@ Bar Scarlatti Caffé, Ruvo di Puglia (BA)
25/02@ Garbage Live Club, Pratola Peligna (AQ)
Trattasi di un trio di Castelfidardo (AN) composto dai fratelli Lorenzo (voce e chitarra) e Simone Santoro (contrabbasso) e da Satya Dahlia (batteria) che propone uno schietto Psych-Rockabilly suonato con un’alcolica attitudine Punk. I tre hanno pubblicato il loro primo Ep, Psycho Abused, due anni fa, disco che promette un live divertente e trascinante.
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THE DILLINGER ESCAPE PLAN
22/02@ Hiroshima Mon Amour, Torino
23/02@ Zona Roveri Music Factory, Bologna
I DEP dopo vent’anni di onorata carriera ed un buonissimo ultimo disco (Dissociation), indubbiamente tra i migliori dell’ultimo periodo, hanno annunciato il loro stop per voce del chitarrista e fondatore della band Ben Weiman, queste due date saranno dunque l’ultima possibilità di godere dal vivo di questi mostri del Mathcore, dell’Industrial, del Post/Prog Metal. Per non farsi mancare niente ad aprire entrambe le date troveremo ZEUS! e If I Die Today. Si prevedono scintille e cavalli imbizzarriti all’interno delle sale. Solo il trapasso giustifica l’assenza.
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CYMBALS EAT GUITARS
23/02@ Circolo Magnolia, Segrate (MI)
24/02@ Urban Club, Perugia
25/02@ Covo Club, Bologna
L’Alternative band di Joesph D’Agostino ha pubblicato lo scorso Settembre la sua quarta fatica, Pretty Years, album come sempre molto variegato ma nettamente più accessibile dei precedenti, che presenterà questo mese nel nostro paese per 3 date. Il loro sound è ricco di citazioni, incastri e derive che li rendono difficilmente classificabili, ma quel che conta è che all’approdo si arriva sempre avendo ampliato i propri orizzonti e con una gran voglia di ripartire. Non mancate.
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AMENRA
24/02@ Santeria Social Club, Milano
L’intenso e peculiare collettivo Post Metal belga di Kortrijk, fondato da Colin H. Van Eeckhout e Mathieu Vandekerckhove, proporrà questo mese in Italia per un’unica data il suo prezioso show acustico (Afterlive Alive Acosutic). Un’immersione in una notte scura e silente, malinconica e vulnerabile, capace di esaltare la spirituale intensità della band; un suono etereo, rarefatto, che accompagna a sensazioni dense ed emozioni profonde. Imperdibili.
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ANDY SHAUF
25/02@ Mattatoio Culture Club, Carpi (MO)
26/02@ Circolo Magnolia, Segrate (MI)
Per il canadese Andy Shauf il 2016 è stato l’anno della svolta, iniziato aprendo le date del tour dei Lumineers e proseguito con la pubblicazione per ANTI- Records del terzo full length, The Party, disco che ha riscontrato un buon successo (meritatamente). Il suo Alt. Folk-Pop ottimamente scritto ed orchestrato, qui riesce a toccare svariate corde con incredibile naturalezza, l’album è composto da 10 brani che sono quadri all’interno dei quali è possibile veder muoversi i personaggi che li abitano ed i loro pensieri. Partecipate alla festa (mesta).
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FENNESZ
28/02@ Aula Magna dell’Università La Sapienza, Roma
Christian Fennesz, accompagnato dai visuals di Lillevan, proporrà l’incontro tra la sua Glitch music digital-chitarristica e le sinfonie di Gustav Mahler. Armonia, atonalità, errore, perfezione, rumore e silenzio, Mahler Remixed fu suonato dal vivo a Vienna nel 2011 per la prima volta per poi divenire prima un album digitale (2014) e poi un doppio vinile (2016) ed essere suonato ovunque nel mondo. Un’esperienza che ha poi anche influenzato la stesura dell’album Bécs, ultima fatica del Nostro. Esserci.
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The Incredulous Eyes – Red Shot

Written by Recensioni

Una partenza moscia, con mood triste alla “Small Poppies” di Courtney Barnett, più  un nome e un immaginario grafico che rimandano ai Tre Allegri Ragazzi Morti; fatto sta che nella  testa tutte le mie ipotetiche aspettative si concretizzavano in un album dall’attitudine decisamente differente. Red Shot, invece, è un disco che spinge, che  inizia con una serie di tracce corte per poi maturare una complessità musicale in constante evoluzione nell’arco delle sue tredici canzoni. Rock di matrice che ricorda a  momenti i migliori Foo Fighters ma che assomiglia soprattutto ai Royal Blood con l’unico difetto di perdersi sporadicamente in qualche malinconico momento nickelbackiano. Musica da sottobosco indie, locali piccoli e sotterranei, concerti bui e bagnati di sudore, un posto di diritto nelle playlist “alternative” di Spotify. Gli Incredulous Eyes riescono a liberarsi anche da tipici stilemi che affliggono il Rock italiano offrendoci un prodotto dalle sonorità totalmente internazionali, impresa non così scontata nella nostra penisola, senza compiere nulla di eclatante ma presentandosi con un album di ottima fattura.

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Addio alla Pirateria musicale. Forse. (Seconda Parte)

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Ricordate Napster, prima piattaforma di download fatta chiudere nel 2000 dalle grandi case discografiche con un clamoroso processo simile a quello più recente a MegaUpload?  In quel caso si è trattato di repressione da parte delle major, impaurite dal nuovo, confuse e senza controllo sul mercato. Negli anni di Napster iniziò lo sfacelo, una battaglia senza senso “all’illegalità” senza rendersi conto che, in fondo, la copia dei supporti c’è sempre stata. Poi vennero i social network, My Space e poi Facebook, che aprirono le danze soprattutto alla condivisione dei contenuti prodotti su altri siti. La rete divenne il principale strumento di diffusione delle proprie opere. L’industria musicale, in tutto questo, ha perso introiti per oltre 15 miliardi di euro (a fronte dei 25 mld registrati nel 1999, oggi solo 8 mld).

Ma la colpa è veramente del Download illegale? Dello Streaming gratuito? Secondo noi no!!! Dietro questo evidente bagno di sangue si nasconde l’inadeguatezza delle major; al cambiamento si è preferita la guerra. Guerra verso i loro stessi consumatori, cioè noi che amiamo la musica e per mancanza di soldi a volte la “duplichiamo”. In Italia, invece, da una parte c’è sempre stata l’incapacità della musica di diventare internazionale, dall’altra l’inadeguatezza verso le tecnologie e le nuove forme di comunicazione e marketing. Quello della musica è un indotto che, da Napster in poi, si è mosso senza una guida, senza una struttura. La grande industria non ha avuto la capacità di innovarsi, con nuovi supporti, duraturi nel tempo ad esempio o di alta qualità come ha fatto il cinema, e ha perso le redini del gioco e per questo oggi ci ritroviamo ad ascoltare brani in Streaming illudendoci che ci sia un ritorno del vinile. Adesso ci sono le macerie di quello che era e basterebbe la buona volontà per costruire un sistema nuovo da dove ripartire; forse mentre scrivo tutto questo, sta già accadendo. Vogliamo lasciare gli spazi disponibili ai nuovi magnati del sistema? Vogliamo accontentarci delle briciole di spotify?

In questa seconda parte riprendiamo il discorso affrontato qui riportando le interviste a Danilo Di Nicola (The Incredulous Eyes), Maurizio Schillaci (De Rapage), Umberto Palazzo (Santo Niente) e Marco Lavagno (Waste Pipes).

Danilo Di Nicola (The Incredulous Eyes)
Credo che per una band emergente sia quasi una risorsa. Molte fanno circolare la loro musica gratuitamente per farsi conoscere o la mettono in streaming pubblicizzandola sui social network. Non so se il discorso cambierebbe in caso di notorietà, credo dipenda molto dalla capacità del gruppo di trovare delle “alternative” al loro fare musica che non sia solo dipendere dalla vendita dei dischi, anche perché la prova del nove per una band per me rimane sempre il discorso dei concerti. Noi abbiamo fatto due dischi finora ma non abbiamo pensato minimamente alla possibilità di andarci in pari. Fare dischi è semplicemente un modo per fissare il momento musicale della band.

Maurizio Schillaci (De Rapage)
Io voto SCHEDA BIANCA. Chi ci perde è il disco come oggetto. L’artista ha solo qualche Rolex in meno. Nessuno vuole fare musica per avere uno stipendio da ragioniere, nemmeno chi sull’artista ci mangia. D’altronde se manco su Emule ti cagano, povero te. Soluzioni? Nessuna. Tamponi? Meno IVA sui dischi; riforma della SIAE; concerto gratis a chi compra il disco. La band più famosa del mondo non potrebbe mai chiudere Youtube o bloccare Emule. Non tutti sono “Metallica contro Napster”. La meteora in cerca di fama brucerà da cameriere nel forno di una pizzeria e amen.

Umberto Palazzo (Santo Niente)
Il download è un argomento di ieri. Lo streaming legale, nelle sue varie forme, lo ha superato. Non ha più senso riempire l’hard disc di giga e giga di mp3 quando buona parte della musica che si desidera si può ottenere con un click e organizzare per l’ascolto come meglio si desidera. Inoltre lo streaming ci segue sul telefono, come fosse un IPod e sull’autoradio anche via bluetooth. I vantaggi sono ovvi: non ci sono i tempi di attesa della ricerca e della disponibilità, non c’è l’usura dell’hard disc e quindi la vita del computer si allunga tantissimo, non ci sono problemi d’ingombro fisico, non si può perdere l’archivio. Se qualcosa non si trova, il player di Spotify legge anche i file locali, quindi va a sostituire iTunes al 100%. Il mondo è cambiato e la fruizione della musica pure. L’industria del disco è finita e non si può fare altro che prenderne atto. Non si tornerà indietro. E’ ovvio che i musicisti non guadagneranno più niente dai dischi, ma il vinile e il cd hanno regnato per meno di cinquant’anni, mentre la musica esiste da sempre. I musicisti faranno come hanno fatto per secoli, guadagneranno suonando. Non esisteranno più le rock star, le uniche star saranno solo quelle televisive. Sarà un lavoro con il quale si guadagnerà poco, tutto qua e il cambiamento è definitivo. Il mondo appartiene ai nativi digitali e basta vedere l’atteggiamento di un qualsiasi sedicenne nei confronti della musica per capire dove va il mondo. Rimpiangere i dischi è come rimpiangere il cilindro di cera di Edison: è solo una perdita di tempo. Il tempo speso bene è capire dove si va. Ovviamente rimane il mercato dei collezionisti, un mercato di nicchia, che può essere anche di parecchie migliaia di copie a disco, ma per quello basta la vendita e la produzione diretta. Il disco come prodotto di massa è finito per sempre e non credete agli articoli sul ritorno del vinile o altre scemenze: le vere cifre dicono tutt’altro.

Marco Lavagno (Waste Pipes)
Indubbiamente per una band come la nostra il download è un aspetto chiave della promozione. Una persona in più che scarica il nostro disco è potenzialmente una persona in più ad un nostro concerto, che (se è dotata della mia stessa filosofia) alla fine il cd magari lo compra pure. Non siamo i più indicati per parlare di “bilancio”, abbiamo tutti un altro lavoro e la nostra musica è e sempre sarà in promozione. In ogni caso i nostri spiccioli nel salvadanaio non ammontano con i dischi ma con i live nei barucci a somme di poche centinaia di euro. Se poi fossimo una band famosa o una meteora probabilmente non faremmo storie, rimarrebbe la nostra entità di live band. E ci basterebbe sentire il calore di migliaia di aliti addosso. O semplicemente gli occhi di ormai attempate ragazze ancora arrapate per i nostri vecchi e gloriosi successi.

Come avrete capito, c’è ancora tanta confusione in merito. Spesso non si riesce a distinguere il danno eventuale subito dalle major (che dovrebbero comunque capire che un ventenne che scarica 100 dischi, senza download non avrebbe speso certo duemila euro per gli stessi dischi) dal vantaggio dei piccoli autori indipendenti che non avrebbero modo di diffondere le loro opere se non gratuitamente. Sono pochi quelli effettivamente danneggiati dalla pirateria ma hanno tanto potere il quale resta abbastanza saldo attraverso i canali radiotelevisivi ma si frantuma sotto l’imponenza del web. Le major non lottano per i soldi ma per non veder svanire il potere di decidere cosa farvi ascoltare, chi far diventare famoso e chi dovrà essere il prossimo a riempire gli stadi. Stanno combattendo una guerra che non potranno mai vincere, la stessa guerra combattutta contro Napster prima e Megaupload poi, senza comprendere che, per mantenere intatto il loro potere, basterebbe lasciarsi trasportare dal cambiamento, magari abbassando a dismisura i prezzi dei dischi, ricondiderando quelli dei biglietti e del merchandising e liberalizzando la diffusione dei formati di medio-bassa qualità in streaming gratuito. Invece continuano la loro guerra lasciando che altri squali nuotino nel mare di internet in cerca di un facile pasto.

Nel frattempo i “piccoli” musicisti si apprestano a guadagnare qualche soldo gettandosi a capofitto sullo strumento più antico a disposizione di un artista. Il Live. Almeno loro hanno capito che il futuro della musica è un ritorno alle origini ben più antiche di un 33 giri.

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Addio alla Pirateria musicale. Forse.

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Pirate

Mentre il mondo della musica si divide tra chi difende e chi attacca il download illegale, nel sottobosco della scena ultra emergente il free download diventa sempre più uno strumento utile per far circolare la propria musica e incrementare il numero di seguaci i quali, si spera, vedranno poi i concerti, compreranno il merchandising e supporteranno quelle stesse band che hanno messo la loro arte in condivisione gratuita. Ma qual è la strada e il futuro della pirateria musicale? Lo abbiamo chiesto proprio alle band che alimentano quel sottobosco, emergenti, esordienti, giovanissimi ma anche meno giovani che hanno iniziato a inseguire un sogno con un poco di ritardo senza tralasciare qualche nome ormai affermato, pezzi di storia dell’Alt Rock italiano che ancora hanno tanto da insegnare ai più giovani.

A loro abbiamo fatto queste semplici domande:

Download illegale. Pro o contro? Chi è la vera vittima del download musicale illegale? Come riuscite voi a far quadrare il bilancio, se i dischi non si vendono? Se foste la band più famosa del pianeta, oppure una meteora che deve trarre il massimo da quel breve periodo di notorietà, sarebbe la stessa la vostra posizione in merito al download illegale?

Ecco cosa ci hanno risposto:

Gianni Vespasiani (Fake Heroes e Too Late To Wake)
Non riesco a prendere una posizione netta a riguardo, si tratta di eterna lotta tra poesia ed economia. Economicamente (ovviamente) sono contro, ma pro se guardo alla mia posizione di artista emergente che come primo desiderio ha quello di far ascoltare le proprie produzioni. Chi è la vittima? Dipende di quale livello di notorietà si parli. In linea di massima sia le etichette che gli artisti sono vittime, soprattutto noi emergenti. Stiamo vivendo comunque una fase di cambiamento: i CD si vendono sempre meno e i fruitori pretendono accesso libero alla vasta proposta che c’è. Ecco perché il successo di Spotify. In teoria noi artisti dovremmo guadagnare almeno con i live e attraverso il merchandising, visto che i dischi non saranno più una forma di approvvigionamento economico. Qui si aprono due altri problemi: il monopolio della musica live e il disinteresse nell’inedito da parte della massa. Personalmente manterrei la stessa posizione in merito, facendone ovviamente una questione etica. Il primo obiettivo per cui ho imbracciato una chitarra non è stato quello di guadagnare. Proverei in entrambe i casi a reperire dai live il profitto necessario a proseguire il mio percorso artistico.

Alessandra Perna (Luminal)
Scarico dischi e non vedo perché altre persone non dovrebbero farlo con i miei. Se c’è un assassino quello è Internet, non del mercato musicale ma dell’arte in generale: ci ha dato la possibilità di non annoiarci mai, quindi ci ha tolto la possibilità di creare delle grandi opere d’arte. (E ci fa sentire tanto artisti sul web quanto siamo insignificanti nella vita reale.) Quando ci sarà un bilancio da far quadrare probabilmente starò facendo un altro mestiere. Se i Luminal diventeranno la band più famosa del pianeta poi ne riparliamo.

Lorenzo Cetrangolo (Plunk Extend)
Il download illegale ormai fa parte della vita di tutti, e non è certo compito mio giudicare se è un bene o un male. So solo che se un ragazzo di vent’anni dovesse comprare tutti i dischi che servono per rimanere veramente aggiornato su ciò che accade, avrebbe bisogno di qualcosa di più di uno stipendio mensile (ammesso che l’abbia). Le vittime del download illegale sono, economicamente parlando, etichette e artisti, ma questo è bilanciato da una più facile messa in circolo del materiale. Ci sono meno soldi per fare dischi, ma non credo che la musica ne abbia risentito più di tanto. Noi il bilancio non tentiamo neanche di farlo quadrare: avere una band è un progetto economico costantemente in perdita. È così e non c’è molto da fare: se te la senti lo fai. Io non riuscirei a farne a meno in ogni caso, quindi chissenefrega. Se fossimo la band più famosa del pianeta, avremmo mille altri modi per fare soldi, per cui sì, la posizione che avrei sarebbe la stessa.

Silvio Mancinelli (Straphon)
Sono contro l’illegalità perché chi produce deve essere ricompensato. La vittima é sempre la band. Non si quadra il bilancio se non sei la star. Sempre più spesso leggo di grandi gruppi inglesi o U.S.A. che fanno altri lavori . Chi fa deve essere pagato sempre.

Danilo Di Feliciantonio (Starslugs)
Sono pro download illegale perché qualsiasi cosa danneggi l’industria musicale mi trova favorevole. Si fanno quadrare i conti cercando di riappropriarsi dei mezzi di produzione, acquisendo sempre maggiori conoscenze tecniche e comunicative, evitando terzi e quarti passaggi che fanno lievitare i costi di realizzazione e vendita di un supporto. Si guadagna il rispetto di chi ascolta e si cerca di suonare dal vivo il più possibile per essere supportati, non “sopportati”. Non vorrei essere mai famoso o una meteora che deve monetizzare, se questo implica il dover correr dietro al primo che scarica un nostro pezzo o un nostro disco.

Angelo Violante (Borghese)
Niente ipocrisie: anche io scarico illegalmente. Con i sistemi tipo Spotify e Deezer ho diminuito per lo meno i sensi di colpa derivanti dal mio download selvaggio; di poco, visto la quota irrisoria e irridente di diritti che queste piattaforme restituiscono agli artisti. Penso che la soluzione di tutto sia la proposta live: sarei disposto a sacrificare la vendita se per me fosse facile trovare spazi adeguati dove suonare la mia musica e far pagare il mio concerto. Mina e Battisti hanno costruito imperi senza live, ora l’esigenza è opposta. E renderei obbligatoria una quota di trasmissioni in radio di produzioni italiane, come si fa con il buon vino o un buon formaggio, altre forme di arte nostrana.

Gianluca Torelli (Alvaro Van Houten)
Penso che per i download “illegali” bisogna applicare lo stesso discorso che si applica per fumo, alcol o qualsiasi altro bene illegale: tutto sta nelle scelte che noi facciamo, cioè, se vogliamo scaricare per fare uno sfregio a qualcuno o per necessità è dato solo a noi saperlo. Per il resto, io mi sento a favore del download musicale illegale perché credo sia un’evoluzione di quelle che una volta potevano essere le “cassettine” che ti facevi registrando le canzoni alla radio, inoltre, è un modo per reperire musica introvabile. E poi, le cose illegali sono più belle perché c’è l’innato fascino del proibito che è da sempre parte fondamentale dell’essere umano.

Nella seconda parte troverete le restanti interviste realizzate da me con Danilo Di Nicola (The Incredulous Eyes), Maurizio Schillaci (De Rapage), Umberto Palazzo (Santo Niente) e Marco Lavagno (Waste Pipes) più una introduzione affidata alle parole di Ulderico Liberatore in collaborazione con Silvio. A giovedì prossimo.

Di seguito una parodia del famoso spot antipirateria a metà tra il sarcastico, il divertente e il provocatorio.

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Filmare i concerti coi cellulari? È da cazzoni!

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In una piccola video-inchiesta di NME, alcuni musicisti sono stati intervistati circa la loro opinione sulla moda vigente di filmare o fotografare concerti per la loro intera durata. Tra gli altri (Miles Kane, Foals, Alt-J), Johnny Marr è quello che c’è andato più pesante, definendolo «un atteggiamento da cazzoni» e «una perdita di tempo», che distoglie completamente l’attenzione dal momento che è la vera essenza del live. Come dargli torto. Non importa, infatti, quale sia l’artista sul palco, non importa la location, non importa che l’uomo con lo smartphone sia in prima, seconda, ennesima fila o gradinata che tenga. Non importa che si stia seduti, in piedi, larghi, stretti tanto da avere addosso il dna di tot persone sconosciute sotto forma di sudore, impronte digitali, capelli. Non importa che sia un concerto meditabondo o da pogo. Non importa che si abbia in mano un telefono con una fotocamera da 2 megapixel (la stragrande maggioranza) o una compatta che passa i controlli ma ha uno zoom digitale coi controcoglioni che anche se sei dietro il mixer riesci a riprendere persino i punti neri del tuo beniamino (roba per pochi eletti, nerd patologici del caricamento del dayafter su YouTube).

La situazione si ripete sempre. Tu vai a un concerto, paghi un biglietto, sei di un’altezza media e non basta che puntualmente tu davanti abbia lo spilungone due metri di altezza per due metri di spalle con ragazza al seguito che comunque si erige quei dieci centimetri buoni più di te. No. Da quando siamo entrati nell’era smart, social o semplicemente in quella dell’esistenza attestata non dall’ontologia ma dal post, ai concerti non si alzano le mani con le corna, con l’indice dritto, con il pugno. Non si ondeggia, non si poga, non si salta (se non per sovrastare l’uomo col prolungamento telefonico). Ai concerti si filma. O si fanno centomila foto tutte uguali perché il raggio d’azione di gente pressata tra la folla di un live non permette certo varietà di tagli e inquadrature. Il risultato poi è, nelle migliori occasioni, una registrazione di qualità bassina, o per immagine o per audio, che il giorno dopo – se non addirittura dopo poche ore – si può rintracciare su YouTube. Oppure un bell’album fotografico pieno di pixel tra i quali dovresti intuire che il tuo amico di social network è stato a un concerto della madonna che tu ti sei perso. Ah, bella roba. Additato come uno dei comportamenti più noiosi che si possano tenere durante un live dalla rivista Rollingstone (insieme all’urlare per tutto il tempo il titolo del pezzo che si vuole sentire, ubriacarsi come se non ci fosse un domani e a fine concerto lamentarsi perché il brano per cui si era andati non è stato suonato), abbiamo pensato di chiedere un’opinione a chi sta anche davanti e non solo dietro le macchine fotografiche in questione, ovvero ad alcuni musicisti del panorama indie ed emergente nostrano.

 

Danilo De Nicola (The Incredulous Eyes): “Liberi di farlo, anche se le emozioni devono essere sonore, quelle che ti rimangono dall’ascolto; quelle sono insostituibili. Se stai tutto il tempo a riprendere non so che ti rimane veramente della musica che ascolti. Forse e’ anche un modo del pubblico di essere protagonisti.”

Francesco Capacchione (The Last Project): “Parto dal presupposto che ero uno di quelli che voleva il ricordo del concerto, quindi filmavo di tutto, fino a che mi son detto “tanto c’è qualcuno che lo metterà su youtube” e da li non filmo più nulla, penso a godermela e me la salto, me la canto, me la ballo. Se ti metti a filmare non ti godi nulla.”

Andrea Di Lago (Le Fate Sono Morte): “Da una parte per noi emergenti può esser un modo per darci più visibilità dall’ altra parte si fa meno casino rispetto ad anni fa; per ora rimango un po’ a favore, è pur sempre un modo nuovo col quale lo spettatore dimostra il proprio gradimento. Io per primo non riprenderei mai qualche artista che non stimo.”

Luca Brombal (Lazy Deazy): “Penso la stessa cosa delle persone che passano la propria vacanza a fotografare qualsiasi cosa: con la smania di documentare e di poter rivivere quei momenti non li vivono nemmeno!”

Fabrizio Giampietro (Christine Plays Viola): “Mi sembra la moda del momento. Una volta nei concerti la gente era totalmente rapita dalle emozioni, pogava, ballava si lasciava trasportare dalla musica. Ora invece sono diventati tutti registi. Nessuna telecamera o cellulare ti darà mai la possibilità di catturare quei momenti e riviverli con la stessa intensità a casa tua o altrove. Secondo me in questo modo si perde l’essenza del live e a casa ti riporti solo una sbiadita testimonianza digitale.”

Eugenio Rodondi: “Probabilmente ci troviamo in un momento in cui consideriamo una cosa esistente e reale solo se possiamo dimostrarla agli altri. Dunque solamente se viene filtrata e catturata da un video o da una fotografia, e tendenzialmente pubblicata su social network. La concezione del ricordo di un emozione sta prendendo una deriva insolita. Direi che si tocca il paradosso quando si riprende un concerto puntando il cellulare sul megaschermo. Se un concerto te lo godi immergendoti nella serata e utilizzando una buona dose di concentrazione, quel ricordo sarà sicuramente più valido di una riproduzione figurativa.”

Giacomo Ficorilli (Remains in a View): “Io sono uno di quelli della vecchia generazione , che vanno ai concerti solo per ascoltare buona musica e pogare quando ne capita l’occasione. Purtroppo i tempi sono cambiati e i ragazzi di oggi, ossessionati dalla tecnologia e dai social network che ti permettono di far sapere cosa stai facendo e dove, non sanno più apprezzare il fascino di un concerto e tutte le emozioni che ti può trasmettere una band dal vivo; io consiglio alle nuove generazioni di fare una bella foto e poi godersi il concerto a pieno piuttosto che passare la serata con il cellulare in mano!”

Alessio Premoli: “Prenderei la cosa da due punti di vista. Chi riprende e chi è ripreso. Nel primo caso è un fatto tutto personale. Se qualcuno ha il desiderio di passare tutto il concerto a registrarsi un video, ben venga: personalmente preferisco godermi lo show interamente, lasciarmi travolgere e coinvolgere dallo spettacolo. Questa attività può avere una sua utilità: documentare un live per chi non ci è andato, dare un assaggio dello show a chi vorrebbe andarci, ma è ancora indeciso. Questo atteggiamento ha una sua utilità “sociale”. Nel secondo caso ci sono un migliaio di sfaccettature diverse. So di molti artisti che non tollerano sapere di essere registrati. E molti li capisco. Mi riferisco a personaggi come Brad Mehldau (che prima di ogni live chiede di non fare video nè fotografie) o come Keith Jarret. Il jazz è una musica improvvisata, volubile e temporanea per natura. La sua anima è l’improvvisazione e, specie quella live, tale vuole rimanere: una conversazione senza schema, su strutture minime e con possibilità infinite. Per altri non voglio pronunciarmi: ogni artista ha il diritto di chiedere determinate condizioni quando suona dal vivo, il punto di incontro sta sempre a metà tra la ragionevolezza di quest’ultimo e il rispetto del pubblico.”

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The Incredulous Eyes – Here’s The Tempo…

Written by Recensioni

Esiste ancora chi pensa che la musica non sia morta completamente, chi con passione decide di registrare un disco, chi se ne frega delle stronze tendenze modaiole del momento e cerca di arrivare al cuore tirando fuori molte idee e tanta grinta. Qualcuno nel duemilatredici riesce a mandare a fanculo L’Indie Rock.

The Incredulous Eyes sono italiani ma il suono che buttano dentro il disco d’esordio Here’s The Tempo… sembra arrivare dritto dritto da quel complesso artistico degli anni settanta a cui noi disperati cittadini italiani non eravamo molto abituati, le nostre tendenze musicali fatta eccezione per qualche raro caso erano indegnamente differenti dal resto del mondo evoluto. The Incredulous Eyes è un progetto prettamente Rock che strizza l’occhio al passato, erano anni che non ascoltavo più un disco completamente “suonato davvero” senza strane alterazioni e diavolerie nauseanti che fanno tanto figo, gli strumenti sono nudi e crudi senza bisogno di farsi paranoici lifting capaci soltanto di stravolgere la realtà. Entrare subito in simbiosi con il disco è roba pratica e veloce per tutte le orecchie, non bisogna avere particolari capacità intellettuali da nerd suicida per apprezzare tutto il contenuto di Here’s The Tempo…, l’impatto è immediato e senza controindicazioni fatta eccezione per la smisurata voglia di ascoltarlo nuovamente. Beh, a questo cd vale la pena dare tutte le possibilità di cui ha bisogno, non facciamo finta di non apprezzare quello che le nostre marziane orecchie hanno voglia di ascoltare, non giochiamo con il fuoco, si brucia.

Rock bello dritto che si sporca di Blues e penso alle “experience” chitarristiche alla Jimi Hendrix e ai saltini tutti rock’n’roll di Keith Richards, un risultato nudo e crudo che non ha bisogno di essere condito. I lupi mangiano carne cruda, questo lo sanno tutti (almeno spero). Il singolo di lancio di Here’s The Tempo… di cui esiste anche un video si chiama “The Fisherman” (da non confondere con John The Fisherman dei Primus), un pezzo talmente rapido e geniale da ficcarsi subito dentro la testolina, una concretezza di esecuzione da ammirare e farne buon uso. The Incredulous Eyes marciranno volontariamente nel limbo del Rock con la consapevolezza di aver registrato un grande lavoro che aspetta solamente di essere ascoltato e venerato, il fatto di suonare Rock senza contaminazione è una scommessa che la band abruzzese ha deciso di portare avanti senza troppi fronzoli leccaculi e ruffiani, la loro musica è passione. Here’s The Tempo… è un disco che spacca il culo, impariamo a non lasciarci troppo influenzare dalla plastica che ci gira attorno, ascoltate quello che avete il diritto di ascoltare. Il Rock è un diritto.

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