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Il concerto dello Zero Maggio: “Premio Maggio” (BA) 30/04/2014

Written by Live Report

No! Stavolta al Primo Maggio (di Roma) non ci vado! Questa non è la line up che mi aspettavo e, con tutto il rispetto per i nomi proposti, proprio non mi va di star tutto il giorno fuori casa. Inventerò una birra con amici e le ore passeranno comunque. Piuttosto, vediamo un po’ Google cosa propone per questo ponte. Due telefonate, pieno in auto e la birra serena da San Lorenzo (Roma) trasloca a pochi chilometri più a est: direzione Puglia! “Va’, partiamo il giorno prima e facciamo tappa a Bari, che almeno domattina siamo belli che riposati” m’han detto. L’evento pugliese quest’anno dura quarantotto ore, spaziando da Bari a Taranto. Ed è la sera del giorno 30 aprile quando si tagliano i nastri e la festa ha inizio. Titolo: Premio Maggio. Location: Arena della Pace (Bari). Line up: ho il piacere di presentarvela a seguire. L’arena è meravigliosa! Centinaia di teste sono sintonizzate con i suoni proposti dall’evento CGIL pre-maggio. Ma noialtri siamo stati colti di sorpresa e siamo inevitabilmente arrivati in ritardo, perdendo l’esibizione di The Piers e dei Fabryka. Tuttavia, la notte è ancora giovane e non disperiamo, perché sul palco c’è la Paola Maugeri, che, con una semplice parola, cattura la nostra attenzione: Zeus!. Il nome non mi è nuovo, ma non credo di aver mai avuto modo di approfondire l’argomento. Mettiamoci a sedere, sentiamo cos’hanno da raccontare questi due ragazzotti metallari, cattivi e con la barba. Poi l’adrenalina. Da Imola con furore, a colpi di un sound che sa di metallo, i nostri Zeus! si fanno spazio e conquistano la platea. Un migliaio di menti ipnotizzate dalla loro opera cercano la concentrazione a ritmo di headbanging. Io non me la godo, preso come sono a raccattare informazioni sull’internet. Poi chiedo ai sostenitori della band. Poi ascolto le interviste (pessime) da backstage. Pensa te che roba: Luca Cavina (basso dei Calibro 35) e Paolo Mongardi (attualmente impegnato con Il Genio)! Evviva le menti pensanti. Meritevoli della promozione, si aggiudicano un posto nella mia agenda: appena rientro approfondisco.

Tutto scorre piuttosto velocemente, gli Zeus! raccattano gli strumenti e fanno spazio ad una delle due band che mi avevano reso irremovibile dall’idea di partecipare alla serata: direttamente da Correggio, i Gazebo Penguins. I giovani amanti della musica Post Hardcore intavolano come antipasto la prima traccia del loro secondo disco (Legna) “Il Tram delle 6”. Riescono facilmente a catturare l’attenzione del pubblico, sfruttando un’esibizione degna di nota (che, se consideriamo la complessità del genere, non è affatto poco). Io mi armo di carta e penna ed osservo dall’alto il pogo che intanto sta prendendo piede al cospetto del palco. Il capitolo Gazebo Penguins scorre incredibilmente rapido (al punto che mi vien da pensare che stiano tagliando i tratti strumentali; e questo mi dona una gran bella vena nera), attraversando nel dettaglio il terzo disco con “Difetto”, “Mio Nonno”, “È Finito il Caffè” e via di seguito sino a giungere ad una chiusura memorabile: “Senza di Te”. Senza soffermarmi troppo sul dettaglio, mi accorgo di esser soddisfatto dell’esibizione nel suo complesso: la scaletta è stata interessante e i tre ragazzi correggesi hanno dimostrato di saper suonare. Punto a favore, palla al centro: tocca agli Zibba & Almalibre. Stimoli naturali, facciamo presto che me li perdo! Coda chilometrica per avere accesso all’unico servizio dell’arena. Voglio un cazzo di Sebach! Complimenti per l’organizzazione. Zibba rimbombava un po’ fra le pareti del bagno (non me ne voglia!). Natura 1 – Uomo 0. Inveisco. Cari organizzatori, la bandierina vi salva! Non ho tempo per scazzare, tocca ai Marlene Kuntz. Il buon vecchio Godano non si smentisce mai. Presuntuoso, sale sul palco e saluta la folla con gesti plateali ed inchini datati: lui è il Duce. Mi aspetto un discorso al popolo, ma la chitarra di Riccardo Tesio mi salva, mi distrae e mi ricorda che sul palco c’è un pezzo di storia di gran lunga lontano da quello sovvenutomi alla mente. Erano i tempi che seguivo i tour dei giovani Marlene, ecco cosa provavo! Mi tocca riprendere il passo però, loro vanno avanti ed io sono lento e faccio fatica a stargli dietro. Tocca spolverare i vecchi dischi ed acquistare quelli nuovi. Quassù ci sono musicisti con l’iniziale maiuscola che suonano tracce che non riesco a cantare. Mi sento piccolo così. Poi la rivisitazione di “Uno” in chiave molto più Marlene (e meno cantilenata) e la chiusura con “Ape Regina” perfettamente interpretata mi donano speranza: non sono io ad essere arrugginito, è la scaletta ad essere più moderna di me. Attraverso “Io e Me” (2010) arriva la conferma che (a giusta causa) le proposte sono per lo più recenti. Ma non sarà di certo questo a farmi voltare le spalle, anzi. Sai che c’è di nuovo? Bravi Marlene! Dimostrate puntualmente talento, riuscendo a farmi apprezzare pezzi che da disco mi suonavano come addii alla vostra arte. Anche voi avete segnato un punto e tornate a casa con l’ennesima vittoria. Migliore in campo Cristiano Godano, che, a gran sorpresa, si avvicina ad un palmo dal pubblico e lascia che decine di mani accarezzino il Duce che sta li sorridente e non scazza.

L’arena si svuota. Il bello è passato.  Dubioza Kolektiv, perdonateli perché non sanno quello che fanno. Sette (dico sette) ragazzotti bosniaci indossano l’uniforme gialla e nera e salgono sul palco. Scatenati come potevano essere solo i Sex Pistols, riescono a riportare il delirio in tavola nel giro di un quarto di track. Lo servono attraverso un mix di generi che fomentano una folla sull’orlo della follia. Punk, Ska, Elettronica, fanno di tutto questi biondi raver. Sono lontani chilometri e chilometri da casa, ma l’imbarazzo e l’emozione non gli calza neppure per sbaglio. In un lampo l’arena ha dimenticato i Gazebo, la CGIL, i Marlene, la morale e persino i superaffolatissimi bagni che fanno rimbombare il saggio Zibba. Mi ficco nel mucchio, pogo, salto, ballo, sudo, vado a fumare. Un accento bosniaco chiude la serata, intonando (o stonando) una “Bella Ciao” che forse forse era meglio risparmiarsi. Vabè, siamo in casa CGIL. Ringrazio il sindacato, ringrazio Bari, ringrazio la musica, spunto sui mancati servizi e, in definitiva soddisfatto, mi allontano dall’arena. Recuperiamo la donna, che domani si va a Taranto!

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