Tornano The Suricates, band abruzzese che fa seguire ad un EP del 2012 questo disco dalla genesi affascinante: racconti sonori che vanno ad intersecarsi con le narrazioni e le fotografie dello scrittore/fotografo Antonio Dragonetti. Storie di Poveri Mostri è composto da sette brani dalla pasta oscura e dall’andamento quasi cinematografico, da colonna sonora. Le trovate ad effetto sono spesso curiose e interessanti (l’andamento a tratti rettilineo e a tratti arzigogolato di “Il Sacrificio”, ad esempio), e la ricerca di soluzioni non ovvie si srotola accanto all’utilizzo di passaggi più sentiti e più comodi. Tutto ciò però viene trascinato verso il fondo dalla ruvidezza del reparto tecnico. I suoni sono terribili, con le tastiere che sanno di finto e le chitarre che ronzano in distorsioni dall’apparenza poco curata. La voce tenta la via della teatralità senza forse poterselo permettere (“Le Streghe”). Il mixaggio, in generale, suona confuso, e in certi momenti le ritmiche sovrastano la voce, rendendola incomprensibile, oppure creano pastoni incostanti con le tastiere. Storie di Poveri Mostri è un disco che parte interessante, con una composizione che s’indovina lucida e a tratti audace, ma che purtroppo, alla fine dell’ascolto, non riesce a confermare i lati positivi che, qua e là, svettavano nel caos cupo di questo concept coraggioso. La stoffa c’è, il vestito è cucito male.
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La musica dei Suricates incontra i Poveri Mostri
“L’idea dei Poveri Mostri nasce dopo aver scritto sette racconti ispirati a storie narrate (oralmente) per vere. Le storie sono intrappolate nel nulla. Soffocate e sconosciute. Parole invisibili tirate fuori da paludi di pensieri. I personaggi che le abitano sono vittime e carnefici solitari. Umani senza volto. Donne sopratutto. Le foto sono così. Sporche di bianco, di nero e di rosso, a volte. Claustrofobiche. Se le storie fossero film, sarebbero foto di scena rubate sui set di ognuno di essi.”
A. Dragonetti immagina di dover di girare un film con sette episodi, ne scrive i soggetti, la sceneggiatura, scatta delle foto di scena ai protagonisti. A quel punto arrivano The Suricates, con la loro musica e quei sette episodi, quei racconti, foto, testi e concept diventano sette canzoni.
“Nascono sette brani con dentro le parole vomitate dal testo scritto per il reading (recitato da Virna Talia ndr). Così. Le Storie di Poveri Mostri sono una sorta di cerbero multimediale. Le foto completano i racconti. La musica sostiene entrambi. Foto e testo ispirano la musica. I tre elementi insieme compiono la performance concettuale con le foto in esibizione video e cartacea, il reading e quindi il concerto.”
Nasce uno spettacolo che viene presentato in preview lo scorso agosto (di seguito la conseguente clip girata e montata da Francesco di Nardo) e sarà presentato compiutamente il 5 gennaio 2014 a Giulianova nell’Officina (arti e mestieri). Uno spettacolo che si preannuncia sensazionale per pathos, carico di enfasi, emozionante ed entusiasmante. The Suricates fanno le cose in grande, come avevano promesso e la speranza è che questo progetto possa essere solo la prima puntata di un lungo vagabondare per il paese e che l’opera possa essere riportata anche su supporto fisico. Magari sarà questa la prossima promessa che The Suricates non potranno che mantenere.
P.s. Sul sito di Antonio Dragonetti potete trovare tutte le anticipazioni, compresi i sette poster cinematografici realizzati per l’occasione.
Aa. Vv. – Streetambula
Streetambula è la compilation, di ben 20 pezzi in due dischi, che è stata prodotta in seguito all’ottima riuscita del concorso omonimo, svoltosi l’estate scorsa a Pratola Peligna (AQ). Prepariamoci quindi ad una carrellata dei brani presenti nei due dischi della compilation: due canzoni per gruppo più alcuni extra affidati ai De Rapage, vincitori del concorso. Aprono le danze The Old School, che, come da nome, regalano una ballabilissima “Rock’n’Roll All The Night” da vera vecchia scuola, sorprendentemente solida e frizzante. Nulla di nuovo, ma di certo un Rock’n’Roll che sta in piedi e che avrà fatto agitare una buona fetta di pubblico. Ci spostiamo in zone più raccolte con “Gloom” de A L’Aube Fluorescente, che invece, a dispetto del nome altisonante, si buttano su un Rock alternativo lineare e molto inglese, anche piacevole se vogliamo, suonato con coscienza e scritto con criterio, ma senza guizzi particolari.
Doriana Legge ci fa prendere una piccola pausa con “Palinsesti”, arpeggi in delay, pad iridescenti di synth in sottofondo, voce alternativamente sospesa e teatralmente piena (anche troppo, a volte) accompagnata da cori leggerissimi, e poi si sale a cercare l’esplosione, il climax, che però non arriva: viene solo suggerito da una chitarra distorta e dall’andamento vocale (pesa forse il non avere in organico qualcosa di percussivo – una batteria – che sostenga il crescendo). I De Rapage, vincitori della kermesse, infiammano tutto con l’energica “Il Grande Rock In Edicola”. Sembra di essere tornati a cavallo tra gli anni 80 e 90, sommersi da riff in distorto sostenuto e batterie ossessive, dove rullo e charlie fanno da padroni, a combattere una guerra assai rumorosa con le voci, sguaiate e sporche, come ben si confà all’impianto ironico-divertito dell’ensemble. La potenza live della band è fuori discussione: granitici, anche se non danno molto di più dell’energia grezza che producono.
“Crazy Duck” dei Dem è una sorta di Blues che triangola tra percussioni povere e continue, riff elettrici pieni di ritmo e groove, e una voce femminile che non sbaglia una virgola. Esibizione stralunata e a mio parere molto, molto divertente, che si perde un po’ quando rallenta sugli accordi di chitarra ritmica – ma poi si riprende, folle come in partenza, in un inseguimento allucinato di chitarra e percussioni. Stravaganti il giusto per spiccare nella massa, orecchiabili quello che basta per farmeli riascoltare con piacere. Approvati. Di nuovo Rock energico, questa volta dai Too Late To Wake: “Smooth Body” parte infuocata, cassa in quattro, promettendo assai bene (zona Foo Fighters); poi rallenta, si appoggia su un Rock in inglese più smorto e banale, con una voce che, sebbene calda in basso, non brilla sulle alte. Niente di eccezionale, nel complesso, ma con qualche idea interessante sparsa qua e là.
Un intro sospeso tra gli anni 70 e gli Arctic Monkeys per i Ghiaccio1, che in “Roby” si lanciano in un brano veloce, con sezione ritmica indiavolata e una voce trasformista, che qua e là tocca la timbrica di un Giuliano Sangiorgi qualsiasi. Poi rallentano, si rilassano, e ripartono, con un basso che sembra rubato a prodotti vari di Lucio Battisti. Notevole il tentativo di miscelare mood e generi diversi in un brano di poco più di 4 minuti (la coda scivola verso sonorità Reggae, e aggiunge varietà all’esibizione). La canzone non rimane troppo impressa, ma nel complesso si fanno ascoltare con gusto. The Suricates aprono con un intro Noise a cui seguono arpeggi sognanti, in un racconto Post-Punk straniante e circolare (c’è un po’ di confusione in ambito vocale, ma verso la metà del brano la cosa inizia ad avere un senso e a suonarmi così com’è: una voce che grida, sporca, gonfia di delay, esagerata). Un delirio generale ammaestrato, che riesce a tratti ad ipnotizzarmi. Non male.
Il Disco 1 si chiude con due extra firmati De Rapage che appaiono senza titolo: il primo, che dovrebbe intitolarsi “To Be Hawaii”, è una ballad in cui la band abbandona l’energia grezza del Rock italiano primi anni 90 per darsi alla leggerezza – sempre ironico-demenziale ovviamente. Devo dire che il pezzo sta in piedi anche musicalmente, con quel giro di chitarra facilissimo e per questo bello, paraculo ma bello. E mi sento di dire che avrebbe funzionato alla grande anche ad avere un testo più serio (ma non staremmo parlando più, probabilmente, dei De Rapage). Il secondo extra torna un po’ sul sentiero del già visto, si canta e si sbraita e si picchia e si ride, ritornelli da quattro accordi e strofe goliardiche, sempre suonando sporchi & granitici insieme.
Passiamo dunque al Disco 2: ecco di nuovo The Suricates, stavolta alle prese con “New Islands”. Intro psichico e allucinato, qualche intoppo qua e là sul nascere nel reparto chitarre, per un brano che stenta a decollare, ma poi si riprende: lento, lungo, ipnotico. Soundscapes di pianoforti, chitarre che si rincorrono, ritmiche incalzanti. L’onda scende, poi risale. Strumentale ed allucinatorio. Torna Doriana Legge, stavolta con un bel palm mute ritmico di chitarre ad introdurre “Scambisti Alla Deriva”. L’impianto è abbastanza confuso, con qualche imprecisione sparsa. Si è sempre dalle parti di una canzone d’autore post: c’è molto Lo-Fi, c’è molta teatralità, manca forse un focus maggiore. Il pathos, invece, c’è tutto. “Lisergia” per i Ghiaccio1: abbandonate le velocità Indie-Rock, ci si butta su un simil-Western con copiosi bending e momenti di frizzante distorsione strumentale. Un po’ peggio, un po’ noia.
I Too Late To Wake iniziano epici e brillanti la loro “Grey For A Day”, un Rock lento e malinconico, che, sempre senza sorprendere troppo, si dimostra composta con mestiere, mentre la voce ancora pecca nel registro alto (purtroppo). “Ngul Frekt Auà”, dedicata agli “alternativi del cazzo con la barba”, è il secondo pezzo “ufficiale” dei sempre più ghignanti De Rapage. La musica s’è ammorbidita e l’intento ironico è più preciso e affilato. Rischiano più volte di scadere nel cattivo gusto tanto per, ma qualche colpo di reni all’ultimo secondo sembra salvarli (il ritornello in dialetto, ad esempio – e chissà poi perché). Mi avevano lasciato con una simpatia inspiegabile nelle orecchie, ritornano un po’ meno luminosi e un po’ più piatti i Dem, che in “Ready If You Want Me” abbandonano la (bella) voce femminile per un cantato maschile più piatto, e un registro, in generale, più seventies. Sempre minimale, sempre percussioni leggere, chitarre frizzante e voci, il brano, sebbene sia sempre fuori di testa e pieno di arzigogoli ritmici e strutturali che proteggono lo spettatore dal disinteresse eventuale, non riesce a rimanermi incollato come quello del Disco 1. Sempre più inglesi e sempre più compatti gli A L’Aube Fluorescente (e più me lo ripeto, più il nome mi sembra figo – fuori di testa, ma figo). “Lizard” è un fascio di luce coerente e orecchiabile, che mi fa muovere la testa a ritmo, scritto bene e con una voce davvero poco italiana. Anche qui, niente di particolarmente nuovo, ma il lavoro è fatto bene, e potrebbe bastare.
Li abbiamo inquadrati nel Disco 1, non fanno che confermarsi qui: The Old School si presentano nella loro “We Are The Old School”, un Rock’n’Roll come dio comanda, e non c’è davvero bisogno che vi dica altro – nel bene e nel male. Chiudono il party, come sopra, i De Rapage, con due ulteriori extra: sempre Rock energico, sempre la demenza più spinta, con argomento, nello specifico, l’omosessualità e la terribile esperienza di terminare il rotolo di carta igienica (con una variazione-litania: “mestruo, assorbenti, ciclo, vomito”… ci siamo capiti).
Concludendo questa lunga carrellata di presentazioni varie: la compilation di Streetambula sorprende, e molto, perché una qualità mediamente così alta non era preventivata. Certo, l’audio non è dei migliori, le imprecisioni ogni tanto si fanno sentire, e tante band magari devono ancora mettere a punto qualcosa nei reparti tecnici: ma l’inventiva, la varietà e la passione che si possono trovare dentro questa compilation dimostrano che in giro c’è veramente tanta gente che ha qualcosa da dire. Il futuro sarà fatto di miriadi di band, che vivranno in una galassia musicale sempre più ampia e variegata, e ognuno di noi avrà mille sfaccettature da scoprire, senza doversi per forza aspettare la grande band dei nostri tempi. Iniziamo a guardarci intorno: date un’ascoltata a questa compilation e potreste incrociare qualcuno che vi convincerà a seguirlo con curiosità. Non si sa mai.
Streetambula. Abbiamo Vinto Tutti!
L’estate sta finendo e Streetambula se ne va; abbiamo visto quello che (da noi) non si era mai visto e la lacrimuccia scende a bagnare le labbra spalancate da un sorriso a diecimila denti. La fatica e il lavoro di un’organizzazione non facile hanno reso il gusto della riuscita della serata molto più godibile sotto tutti i punti di vista. Il 31 Agosto in piazza Garibaldi a Pratola Peligna (AQ) le aspettative erano molteplici e la voglia di sentirsi sopra il tetto del mondo era tanta; cazzo, stavamo rischiando da tutte le angolazioni. La musica completamente originale non giocava sicuramente a nostro favore e questa maledetta estate piovosa poteva darci il definitivo colpo di grazia. Alla fine sapete com’è andata a finire? Una bomba. Esatto una bomba di emozioni s’impadroniva del cuore delle tante persone presenti quella sera. Un’armonia diversa da tutte le altre volte spirava nell’aria come non si era mai sentita prima. Pronti via e iniziava la prima edizione di Streetambula Music Contest.
Ai Dem il duro ma pregevole compito di aprire il Contest targato Rockambula; erano belli come ci aspettavamo che fossero, erano l’esperienza musicale che volevamo portare sul nostro palco, indimenticabili ballate blues in salsa etnica. Con loro non potevi sbagliare. Così è stato.
Poi Doriana Legge incanta tutti con una performance cantautorale rossa quanto i suoi corti capelli; l’attesa per lei è stata ampiamente ripagata. Non c’è nessuno che possa dire il contrario. Viene voglia di ascoltarla in eterno. Dolce e inebriante.
Le atmosfere diventano subito irrazionali quando sul palco si esibiscono i The Suricates, un concentrato di Post Rock da ingerire in assoluto silenzio, una carica interiore sconfinata e senza limiti. Loro sono fatti per confondere le idee e si sente. Diventeranno grandi.
Gli À l’Aube Fluorescente sono i padroni di casa; gli À l’Aube Fluorescente suonano come posseduti da demoni, suonano belli, dritti e potenti. Prestazione da tenere stretta stretta, impeccabili e maliziosi. Sono il nostro futuro, la nostra speranza.
Poi le chitarre dal graffio Grunge dei Too Late to Wake hanno scaldato l’aria; una profusione di energia all’ennesima potenza con pantaloncino HC a dispetto del fresco a tratti pungente. La rabbia e il sudore sul palco dello Streetambula.
I Ghiaccio 1 propongono un Alt Rock dalle varie contaminazioni, qualcosa di non catalogabile ma di notevole impatto, importanti e misteriosi come la scommessa di portarli su quel palco. Il pubblico ha apprezzato, non ci siamo sbagliati.
A fare gli onori di casa anche i The Old School; la loro carica R’N’R contagia velocemente tutta la piazza. Irresistibili. Sapevamo che con loro si andava sul sicuro, dal vivo sono una vera e propria macchina da pogo, impossibile rimanere piantati sotto le loro note. Il batterista risulta anche il migliore della serata e si porta via il primo premio (premio Hard Grooves Drum School)
A chiudere la serata gli stramaledetti De Rapage con il loro modo demenzialmente intelligente di vedere la musica si mettono in mostra appena salgono sul palco. Mostrano la loro tecnica tutti e cinque, suonano senza errori dimostrando che si può seriamente fare musica anche senza fare musica seriosa. Una esibizione impressionante che Pratola e il suo caldo pubblico non dimenticheranno facilmente.
Tutto lo Streetambula era contornato da spillette, libri, quadri, foto, etichette, vinili, cd, opere d’arte, magliette e tante belle cose; Streetambula non sarebbe stato quello che è stato senza di loro.
Alla fine la giuria (composta da gente bellissima!) ha deciso che i vincitori sono proprio i De Rapage; i punteggi di scarto con le altre band sono stati talmente minimi che la vittoria è da considerarsi di tutti, un vincitore purtroppo doveva esserci e la giuria ha meticolosamente osservato il regolamento per nominarne uno (credeteci, è stata davvero dura).
Abbiamo la certezza che tanta musica indipendente in queste condizioni da queste parti non si era mai vista e il prossimo anno noi saremo ancora in quella piazza a proporre sempre nella maniera migliore quello in cui crediamo. I vincitori sono tutte quelle persone che quella sera erano presenti, tutto il resto è soltanto un fottutissimo bluff. Streetambula; abbiamo vinto tutti.
Grazie, vi vogliamo un mondo di bene.
(Un video di Doriana Legge, per cavalleria nessuno si offenderà)
Streetambula Music Contest. I risultati.
Solo il giorno dopo ti rendi veramente conto di quanto è stato bello e di cosa abbiamo fatto. Grazie a tutti in special modo ai ragazzi di Nuove Frontiere e a Piergiuseppe Liberatore. A presto per raccontarvi per bene come è andata. Intanto vi dò le classifiche del nostro contest:
Classifica Batteristi (premio Hard Grooves)
1° The Old School
2° The Suricates
3° Ghiaccio1
4° De Rapage
5° À L’Aube Fluorescente
6° Too Late To Wake
Classifica generale (prime 5 posizioni)
1° De Rapage
2° À L’Aube Fluorescente
3° Doriana Legge
4° The Suricates
5° The Old School
Streetambula Music Contest 31 agosto Pratola Peligna (Aq)
Mancano ormai pochi giorni alla prima edizione di Streetambula, contest/festival organizzato dalla webzine Rockambula in collaborazione con l’associazione Nuove Frontiere. L’evento, che sarà l’occasione per vedere riunirsi una moltitudine di realtà legate alla scena musicale e culturale indipendente come webzine (Rockambula, Rockit, Ondarock, Stordisco, Musicalnews, Mola Mola), etichette (To Lose La Track, Indelirium, V4V Records, ecc…), case editrici, artisti, fotografi, radio, studi di registrazione e quant’altro, avrà il suo cuore nel contest che vedrà la partecipazione di otto band (À l’Aube Fluorescente, Too Late To Wake, Doriana Legge, The Old School, De Rapage, The Suricates, DEM, Ghiaccio 1), selezionate dalla redazione di Rockambula su circa venti gruppi iscritti da tutta Europa. Non sarà dunque solo l’occasione per ascoltare buona musica ma anche per dare una spinta alle formazioni emergenti (tanti premi in palio tra cui la registrazione di un singolo presso L’Acme Studio Recording) e far conoscere a quanta più gente possibile la realtà della scena indipendente italiana (soprattutto).
Streetambula Music Contest
Sabato 31 agosto
Pratola Peligna (Aq) Piazza Garibaldi ore 18:00
Uscita autostradale A25 Pratola Peligna-Sulmona
Per info:
Silvio Pizzica tel. 3400690969 mail pizzicasilvio@virgilio.it
Riccardo Merolli tel. 3389365610 mail riccardomerolli@katamail.com
The Suricates – DEMOstrazione
Il tempo del viaggio non è mai calcolabile se si prendono in considerazione gli svariati imprevisti, fortune, tempi d’attesa e musiche concentriche. Nella testa qualcosa rimane, il post rock italiano dimostra salute da leoni, gli abruzzesi The Suricates registrano le loro sonorità intelligenti in un piccolissimo concept di appena tre pezzi DEMOstrazione. Volevamo una dimostrazione di carattere, prendiamo questo dischetto come esempio di bellezza innovativa, ascoltare la strumentale New Island per passare tutti gli stati d’animo di un vita intera, la rabbia, si piange di gioia e si gode di dolore. Piccolo disco dalle grandi aspettative questo dei The Suricates, niente da invidiare alle composizioni di affermati artisti in circolazione, belle chitarre, demo registrata sporca sporca come il graffio alternativo del rock richiede, morirei per quelle voci sussurrate, voglio ascoltarle all’infinito. Vorrei farlo per poi lasciarmi schiantare violentemente contro il pavimento freddo di primo autunno, braccia impotenti e immobili, The Suricates a palla nello stereo. Un lavoro dalle tonalità fredde, un disco sicuramente affascinante nei suoi piccoli difetti, materializzo una voglia di speranza imbarazzante per questi ragazzi.
Insomma qualcosa nonostante tutto è cambiato, il modo di approcciare la musica a musetto duro e cuore aperto, realizzare ep, dischi o quant’altro con le serie intenzioni di comporre pezzi significativi, DEMOstrazione proietta in un vortice di cerchi indefiniti, post/alternative rock come insegna la migliore tradizione. E il dovere di continuare a seguire con attenzione gli sviluppi di questo ambizioso progetto italiano.