Niton è l’incontro di tre anime e la rappresentazione in musica di quello che ne può scaturire. Zeno Gabaglio da un lato a dare vita al suo electric cell, quindi Luca “Xelius” Martegani a gonfiare e donare forza alla parte Elettronica e infine El Toxyque col suo tocco di improvvisazione e sperimentazione costruito grazie all’uso dei più svariati e anomali strumenti del mestiere. Il risultato è Tiresias, secondo album per la formazione italiana che segue l’omonimo prodotto sempre da Pulver Und Asche e idealmente riesce a sottolineare gli aspetti positivi che aveva dipinto, generando un continuo fluire di musica intuitiva che stavolta scorre senza perdere mai quella tensione nervosa necessaria a cogliere a pieno la bellezza della sua estemporaneità e naturalezza. Tiresias nasce in circa quindici mesi e prende decisamente piede partendo dall’Avantgarde dell’esordio. Tuttavia l’evoluzione stilistica, non sappiamo quanto naturale mutazione o frutto di precise valutazioni razionali, è evidente, sia sotto l’aspetto estetico grazie ad un suono più determinato, un uso più intelligente delle pause disciolte nelle note e una maggiore preponderanza della sezione ritmica a dare una potenza che mancava, sia sotto l’aspetto tecnico, da valutarsi specie in un uso ancor più ampio di strumenti non sempre al centro dell’attenzione del genere (vedi Theremin o Memorymoog). Nonostante sia totalmente assente la parte lirica, l’Electro Avantgarde dei Niton riesce bene a legarsi al mito evocato dal titolo dell’album. Tiresia è il celebre indovino cieco della mitologia greca diventato tale a causa di Era dopo che rivelò il segreto del piacere delle donne (nove volte superiore a quello dell’uomo) al sommo Zeus che lo ricompensò con la facoltà di prevedere il futuro e vivere sette volte più degli altri. La figura mitologica in questione nasconde tanto fascino che vi suggerisco di cogliere nelle opere di Omero, Ovidio e tanti altri e magari ritrovare nelle note di questo Tiresias, cercando di esplorarne gli aspetti più cinematografici, emozionali e meno nozionistici. La proibitiva lunghezza dell’opera che sfiora gli ottanta minuti non è certo il tipo di Elettronica sperimentale più agevole da ascoltare e rischia di ricondurre i Niton alle stesse imperfezioni del primo lavoro ma questa volta c’è da scommettere che la voglia di arrivare in fondo non sparirà facilmente con lo scorrere lento della loro musica.