A volte funzionano questi rientri sulla scena americana e non solo; rispolverando i “motori creativi” di un tempo – Jimmy Buffett e Jon Prine – Todd Snider, il cantautore scomodo per le sue prese di posizione politiche, non poteva esimersi di agganciare l’onda di forte malcontento che gira negli States (la Borsa, la disoccupazione, Occupy Wall Street, la depressione economica) per piazzarci nel mezzo il suo sporco ed elettrico blues di stampo “southista”, quella bella rappresaglia di suoni storti e sovversivi che poi fanno la goduria dell’artista.
“Agnostic hymns and stoner fables” è il disco da battaglia, grezzo e squinternato che riflette l’animo dolente e – nello stesso tempo – sarcastico di tanti americani periferici, di quelli che lottano con il quotidiano ed il futuro, ma anche un disco che mette all’aria lo spirito, in qualche modo fragile dell’artista, un animo visitato da fantasmi familiari, disillusioni e accenti non propriamente facili nel loro percorso umano e artistico, ad ogni modo in queste canzoni ci si può perdere in un oscillare di piacere e – per essere solidali – incazzati dentro per i temi trattati.
Una svolta “politica” del rockers che gia nei precedenti The Excitement Plan e Peace Queer aveva dato da pensare a certi produttori, ma Snider è sempre stato coerente con le sue testardaggini e da il via a queste dieci bellissime tracce che si snodano – attraverso la produzione di Eric McConnell – in un coscienziale e sincero mood orgoglioso delle sue origini, di difesa dell’uomo indifeso, specie nelle confessioni di speranza “In between job”, “The very last time”, “Precious little miracle”; con lui l’amico di sempre Jason Isbel, e tutto confluisce al centro delle emozioni di rivalsa, un perfetto stato confusionario che mescola rock’n’roll a country blues zigrinati, a volte con il violino della bella Amanda Shires “New Yorker bunker”, “Brenda”, altre volte attraverso la parola di denuncia “In the beginnings”, nella murder ballad “Digger Dave’s crazy woman blues” o – e non poteva certo mancare – dentro il gospel acustico nella rielaborazione di “West Nashville Grand Ballroom gown”.
Il cantautore dell’Oregon coinvolge squisitamente, forti e dolci le sue invettive anti-tutto e piace moltissimo quella sua frenesia sporca di dire la verità attraverso una sei corde snaturata e speciale; un disco che non si discute, si ama subito.