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Edda @ Officine Corsare, Torino | 10/03/2017
La prima volta che mi trovai di fronte al rinato Rampoldi, che da poco aveva pubblicato il suo trasparente esordio solista Semper Biot dopo 13 anni di silenzio, ero al Blah Blah insieme a pochi intimi, un concerto all’ora dell’aperitivo ascoltando un qualcosa che con Martini, olive e salatini aveva ben poco da spartire.
Nudist + Origod @ Blah Blah, Torino, 13/01/2017 [SHORT LIVE & PHOTO REPORT]
Venerdì scorso il Blah Blah di Torino ha ospitato, direttamente dalla Capitale del Male Firenze, i Nudist, band che propone un Post-Metal ricchissimo di ispirazioni (tanto da diventar molto altro e far stare un po’ stretta l’etichetta) che con l’ottimo See the Light Beyond the Spiral, uscito nel Marzo del 2015, aveva fatto parlare molto bene di sé.
A fare gli onori di casa, salendo per primi sul palco, sono stati gli Origod. Entrambe le formazioni hanno presentato i loro futuri dischi, in uscita nei prossimi mesi.
La band torinese formata da Vincenzo Circosta (voce), Dario Chiadini (chitarra), Luciano Chertan Cotta (batteria) e Marco Miglietti (basso), ha offerto un energico e coinvolgente spettacolo di matrice Hardcore-Metal capace però di spaziare verso atmosfere più tipicamente Hard Rock.
Forse a scaricare, forse a nutrire, una tensione mantenuta sempre su buonissimi livelli, Luciano Cotta alla conclusione dei brani ha spesso picchiato ancor più duro sul suo strumento o liberato urla con un’espressione del volto ardente e ricca di passione per la musica proposta. I 4 ragazzi hanno dimostrato un grande affiatamento ed il loro live centrato sui brani di Solitude in Time and Space, disco che sarà pubblicato a breve, è volato via molto piacevolmente caricando l’ambiente della giusta energia per il set della formazione toscana.
I Nudist, per l’occasione presentatisi in trio col solo Francesco Caprotti alla batteria, oltre che Gabriele Fabbri alla chitarra (chiaramente una Nude) e Lorenzo Picchi al basso ed alla voce, sono saliti sul palco pochi minuti dopo la fine del set degli Origod ed hanno presentato Bury My Innocence, lavoro che vedrà la luce il prossimo 20 Marzo grazie alla produzione di Argonauta Records, Dio Drone ed una serie di altre labels.
Il trio toscano ha offerto una coinvolgente ed intensa miscela di sonorità. La tostissima sezione ritmica, coi suoi numerosi cambi di tempo e la sua precisione, ha dimostrato una consistenza ed una qualità molto elevate, ma la vera protagonista della serata è stata la chitarra di Gabo, principale artefice dei movimenti sonori della band. Le sue incursioni in territori ora più psichedelici, ora più Stoner, ora più Doom, suonano naturalissime e grazie all’ottimo lavoro di France e Lore risultano sempre capaci di mantenere una certa inquietudine di fondo.
La proposta della band è anarchica e complessa ma ha l’abilità di arrivare semplice, oltre che parecchio gustosa e impattante. Per quanto visto e sentito durante questo live credo sia dunque ipotizzabile immaginare si dirà un gran bene anche del prossimo lavoro di questa solida formazione fiorentina. Una sensazione ben più che personale vista l’ottima risposta del pubblico presente.
Matt Elliott @ sPAZIO211, Torino 16/12/2016
Nonostante qualche linea di una febbre che già sento esploderà nelle prossime ore ed una debolezza fisica per la quale faccio veramente fatica anche a star seduto raggiungo, con largo anticipo ed in compagnia di due amici, anche loro non al top della condizione (alè!), lo Spazio 211 per il concerto di Matt Elliott sentendomi comunque pronto per ricevere il profondo abbraccio del ragazzone di Bristol.
Siamo già dentro da un pezzo quando, dopo vari ripensamenti, mi convinco che stasera in queste condizioni non posso bere birra ed opto dunque per un whisky che spero mi ripulisca un po’. Proprio quando mi avvio al bar, mentre Matt chiacchiera amabilmente con un gruppetto di ragazzi, sale sul palco la formazione di casa che stasera aprirà la serata: The Spell of Ducks. La band propone un Folk piuttosto Irish che, escluso il pezzo conclusivo, risulta fin troppo allegro per precedere la malinconia di Elliott e sinceramente non cattura la mia attenzione. Diciamo che in queste condizioni fisiche e con un bicchiere di triplo distillato in mano avrei indubbiamente preferito delle songs più drinking ed howling, che comunque arriveranno di lì a poco, ma c’è da dire che una buona fetta di pubblico apprezza e risponde con entusiasmo alla proposta del quintetto di Torino e non manca nemmeno qualcuno che balla divertito. Il loro live dura poco meno di mezz’ora e passate da poco le 23, Matt Ellliott può fare il suo ingresso sul palco.
Ahinoi, anche il Nostro non se la passa benissimo ed oltre che dalla sua chitarra, sul palco, è accompagnato da un bicchiere di whisky (stasera una scelta di molti fedeli alla medicina alternativa). “My voice is broken” dice Matt, che per questa voce che non va si scuserà più volte durante l’esibizione ma, in realtà, grazie al suo grande cuore ed alla sua innata intensità nonostante qualche imperfezione il live risulterà comunque di buonissimo livello. E così, sin dall’iniziale dolorosa bellezza di “The Right to Cry”, nonostante qualche problemino effettivamente ci sia, vedremo immediatamente cadere quel velo che separa l’artista sul palco dal pubblico. Matt Elliott ha questo dono, ti sbatte in faccia il dolore in modo così profondo e sincero e subito, con incredibile facilità, ti raggiunge il cuore. Ti sbatte in faccia il dolore e cadono i veli, crollano i palchi, si placano le tempeste, e quel dolore diviene quasi una speranza, mite ed intimamente condivisa. A questo punto non siamo più allo Spazio 211, ognuno si trova dove meglio crede di viversi questo live che vedrà arrivare, tra le altre, la grandissima profondità di “I Put a Spell on You” brano firmato da Screamin’ Jay Hawkins ed interpretato da molti, Nina Simone in primis, che Elliott ha ormai fatto suo dimostrando, se ancora ce ne fosse bisogno, la sua enorme sensibilità musicale facendolo diventare più popolare (nel senso migliore che il termina conosca) e se possibile, grazie al suo cupo spleen, ancora più intenso. Altro momento penetrante giungerà con “The Kursk”, straziante elegia che il Nostro dal vivo dilata ulteriormente. Questo gioiello di disperazione con le sue note cariche di significato e le splendide stratificazioni di suono e voce tracimanti afflizione è ormai un appuntamento fisso dei live di Elliott e vedendoglielo interpretare è facile capire perché. Gli occhi di Matt saranno chiusi per quasi l’intera durata di ogni pezzo, la concentrazione per raggiungere il miglior climax possibile risulterà sempre altissima, solo tra un brano e l’altro li aprirà guardandoci sorridente e continuando a scusarsi e ringraziarci.
Non mancheranno ovviamente brani dall’ultimo The Calm Before. “I Only Wanted to Give You Everything” sarà purtroppo il brano che stasera perderà di più nelle stratificazioni vocali ed alla loro conclusione, con il ritorno alla parte strumentale che non risulterà perfetto. Ho come l’impressione che se ne accorga lo stesso Elliott, tant’è che il brano dura un buon paio di minuti meno che su disco venendo tagliato di buona parte del finale strumentale, un po’ insolito per un artista che solitamente dal vivo i brani li espande. Spero di aver presto una nuova occasione per sentire dal vivo questa perla con un Matt più in salute. “The Calm Before” risulterà invece assolutamente perfetta, il cantato più disteso in quest’occasione aiuta lo chansonnier che su questo pezzo regala un’esecuzione veramente sentita ed elegantissima. La tripletta dall’ultima fatica verrà chiusa dal singolo “Wings & Crown”, col quale terminerà anche questa ricchissima parte di set, il rigoglioso Flamenco che inevitabilmente col solo Elliott sul palco risulta più misurato si rivela comunque non meno piacevole e incendiario. Dopo una brevissima pausa il Nostro tornerà sul palco per concludere, dopo quasi due ore di concerto (generosità incredibile vista la condizione non ottimale), con il Folk greco-turco di “Misirlou”, reso celebre da Pulp Fiction e con l’intensa “Also Ran” brano tranquillamente rabbioso, persino etereo, ancor più se spogliato quasi completamente della sua parte elettronica. Un degno finale di un concerto sicuramente meno perfetto che in altre occasioni ma comunque non meno incantevole.
Potrà anche avere problemi vocali ma Elliott, distillando alla sua maniera Folk, Flamenco, Songwriting e quant’altro regala sempre quella sensazione di intimità ed abbandono tipiche delle sue esibizioni. La sua capacità di raggiungere incredibili picchi di pathos, analizzando anime e cuori che cadono a pezzi e creando meraviglie partendo dalla sofferenza, nasce dall’innata capacità di trasmettere in modo raffinato e sincero i propri abissi interiori, aprendo a tutti, con estrema naturalezza, le immense stanze della propria memoria, personale e storica. Questo lo ha portato ad essere uno dei maggiori comunicatori musicali dei nostri giorni, musicista eccelso che sul palco trova la sua più profonda ragion d’essere. Insomma, nonostante i problemi alla voce (a causa dei quali le prossime date vedranno il suo set dividersi tra Matt Elliott e Third Eye Foundation, sicuramente non un grosso problema per chi lo ama), anche questa volta non possiamo che ringraziare l’umile e fiero Matt ed andarcene a casa felici e malati.
Questa la scaletta della serata:
“The Right to Cry”
“Zugzwang”
“I Put a Spell on You”
“Il Galeone”
“I Only Wanted to Give You Everything”
“The Calm Before”
“Wings & Crown”
Encore:
“Misirlou”
“Also Ran”