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Witches Of Doom – Deadlights

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Ebbene, anche i Witches Of Doom giungono al loro secondo album intitolato Deadlights. La band, che miscela lo stile di colossi come Type O Negative, Rob Zombie e Paradise Lost, torna in scena con un disco che li definisce una volta per tutte. Se con Obey, il disco d’esordio, hanno dato buona impressione, con questo nuovo lavoro danno la conferma d’esser, prima che dei buoni musicisti, dei bravi artisti.

Deadlights è un disco che spazia dal Doom, al Gothic con venature Stoner. Parliamo di un album che può essere ascoltato in svariati momenti, ma è anche un lavoro che vanta di tracce che potrebbero fare da colonna sonora a qualche film di Tarantino o dello stesso Rob ZombieDeadlights ispira sofferenza ma anche rabbia e carica, puoi trovarti in un periodo triste o in uno più movimentato, va bene lo stesso. In questo disco è interessante l’uso delle tastiere e degli effetti, questi ultimi sicuramente più utilizzati rispetto al precedente album. È chiaro che i Witches Of Doom con questo nuovo lavoro segnano la loro maturazione. Certo, non è un capolavoro ma è un disco che si difende abbastanza bene e si inserisce senza dubbio tra uno dei lavori più interessanti dell’anno.
“Lizard Tongue”, primo singolo, ti travolge con i suoi effetti creati dalle tastiere e con i mastodontici giri di chitarra di Venditti. “Run With The Wolf” con la sua composizione piano-forte è trascinante non solo per la buona melodia ma anche per il cantato di Piludu chiaramente inspirato da Peter Steele. Passiamo direttamente a “Winter Coming”, tetra ed oscura, anche qui c’è un buon gioco delle tastiere mescolate all’ottima voce di Piludu. “Homeless” e “Black Vodoo Girl” mettono in mostra la vena Stoner e Doom del gruppo. Chiudiamo citando “I Don’t want to be a Star”, la traccia più calma del platter, dal sound pulito e melodico, anche qui un ottima prova di Piludu.

Deadlights è un disco onesto, nel senso che riesce ad omaggiare grandi nomi del Goth e del Doom ma con un evidente personalità.

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Witches of Doom – Obey

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Ogni tanto quella sensazione ritorna. Si, proprio quella che all’ascolto di un pezzo inizi a fantasticare: pensi ad un luogo, un colore, un paesaggio e addirittura ti riconduce ad un profumo. Non capita spesso come ben sapete, qualcuno dice che bisogna essere predisposti e forse un fondo di verità c’è, ma è anche vero che la band che riesce a farti emozionare in questa maniera deve saperla lunga. Parliamo dei Witches of Doom, una band capitolina nata nel Gennaio 2013 che unisce sonorità Gothic, Stoner e Doom. La loro musica ricorda in primis i Type O Negative e qualche piccola influenza la devono anche ai Katatonia. Obey è il disco d’esordio di questi grintosi ragazzi, si tratta di un pregiato lavoro elaborato nei minimi dettagli: ottime melodie, discreto sound e un eccellente lavoro di mixaggio. Obey è un coinvolgente disco, ispirato e sensuale. Insomma, basta sentire i primi giri di chitarra di “The Betrayal” per capire di cosa stiamo parlando e non solo, le melodie ed il pesante sound della successiva “Witches Of Doom” vi trasporteranno con la mente in cupi e nitidi luoghi. Stesso discorso per “To The Bone”, una traccia dai riff più taglienti e nervosi, probabilmente anche quella più pacchiana del platter. Si passa a “Needless Needle”, anche questa in puro stile Type O Negative con un interessante melodia ed una vena elettronica davvero interessante. “Crown Of Thorns” è la traccia più lenta, consideriamola come la quiete dopo la tempesta: parte con voce e tastiera e solo quasi alla fine c’è la partecipazione di tutti gli altri, ad ogni modo è un ottimo momento per riprendere fiato e ripartire alla grande con la successiva “Dance Of The Dead Files” (ricca di effetti del synth e con una chitarra pomposa). Ultima song da citare obbligatoriamente è la titletrack, che fa da chiusura. Quest’ultima della durata di ben quattordici minuti rappresenta la consacrazione dei Witches of Doom, ovvero quella di una band coordinata, variegata e incisiva. Questa traccia è un ottimo resoconto del gruppo, una chiusura col botto. Ci troviamo di fronte un gruppo di ottime qualità che ha le carte in regola per essere un caposaldo del genere nel nostro stivale. Speriamo continuino cosi.

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